FATIMA


Questa è una storia che mi fa rabbrividire, ma ho deciso di raccontarla perché voglio dar voce a un'aspra realtà che purtroppo è molto diffusa. La storia è vera ma i nomi sono frutto della mia immaginazione per salvaguardare la privacy della protagonista. 

Quando a farti male è la tua famiglia, fino all'ultimo istante sei incredulo rispetto a quello che sta succedendo, l'istinto di sopravvivenza e il meccanismo di difesa tardano ad arrivare perché il cuore non si capacita di come chi ti ha visto nascere e crescere possa recarti tutto questo dolore e il messaggio di pericolo non arriva al cervello.

Fatima ha ventidue anni, occhi marroni come le caldarroste, capelli neri come il suo umore, labbra rosa pallido, un fisico gracile, segni e cicatrici sparse sulle braccia.

Appena parla scoppia in lacrime, sono venuta a trovarla in comunità, povera creatura.

Non ha mai avuto una vita felice, a tre anni mentre è a giocare nella sua cameretta, proprio mentre sta celebrando il matrimonio di Barbie e Ken circondata da tutti i suoi peluche , a infastidirla è il frastuono emanato dalle urla dei suoi genitori.

Stavano litigando per l'ennesima volta, le mani non tardavano a giungere nel litigio, sempre più animalesco, scene che cominceranno a segnare Fatima dalla tenera età portandola ad un futuro ricco di ansia.

Vivevano a Londra all'epoca, sua madre casalinga e suo padre meccanico, a tenerli in quella grande città era proprio il lavoro del padre, Mohamed, che doveva tenere in piedi una famiglia di quattro persone affamate, la moglie Soir e i due figli Fatima e Sayed.

Purtroppo qualche anno dopo Mohamed perde il lavoro e quindi decide di riportare tutta la sua famiglia in Marocco a Safi, dove anche con poco si sarebbero potuti "arrangiare" e dove avrebbero avuto come alloggio la casa dei nonni materni.

E' proprio a Safi, in Marocco, che inizierà l'inferno di Fatima, dalla quale non potrà tornare indietro.

Aveva sette anni, una bellissima bimba che nonostante le difficoltà non aveva perso la fantasia e la voglia di giocare, di fare nuove amicizie, poi aveva il suo fratello Sayed che la amava e che non la lasciava mai sola, tranne quando Fatima era con altri famigliari, pensava che sicuramente con loro era al sicuro.

Viveva nella casa dei nonni materni, una villetta che si affacciava sul mare, e oltre ai suoi avi anziani c'era anche il fratello della mamma, uno scapolo di quarantacinque anni che non era ancora riuscito a trovare moglie un po' per il suo brutto aspetto e un po' perché gli piaceva essere servito e riverito dalla mammina.

A Fatima capitava spesso di rimanere da sola con lui poiché i nonni dormivano spesso, suo fratello andava a giocare a calcio e i genitori andavano a fare qualche lavoretto.

Dopo un po' di tempo suo zio ha cominciato a prendere molta confidenza con Fatima, lei a sette anni non aveva ancora raggiunto lo sviluppo ma lui la guardava come se fosse già una donna.

A lei piaceva giocare a nascondino, e lui la cercava sempre.. ma più passava il tempo e più Fatima sperava di non essere trovata.

Suo zio aveva messo una regola in cui chi trovava l'altro era il vincitore e il perdente doveva fare quello che gli veniva ordinato, fu così che stupri e molestie iniziarono.

Baci rubati, carezze ovunque, mani pesanti su un corpicino, incisioni sulla pelle.

Due anni e sei mesi di violenze continue vissute in silenzio, troppo piccola per concepire l'accaduto, soprattutto se a farlo era lo zio, "il fratellino di mamma", che li diceva sempre: <<Habibi è un gioco, ti voglio tanto bene>>.

La salvezza di Fatima è avvenuta durante il suo decimo compleanno, il regalo più bello che potesse ricevere, il ritorno in Inghilterra e l'abbandono di quella casa degli orrori.

Mamma Soir, Papà Mohamed, Fatima e suo fratello Sayed pronti per una seconda avventura a Londra grazie al nuovo posto di lavoro del padre.

Una seconda vita che però andò subito in frantumi, successe l'assurdo, ma qualcosa di simile a quello che avvenne in precedenza.

Sayed, il suo premuroso fratello, aveva quattordici anni e aveva iniziato a vedere film hard, ad avere fantasie sessuali giunto nella fase della pubertà, Fatima invece aveva ancora dieci anni e nonostante ciò che aveva trascorso pensava ,o voleva impegnarsi a pensare, che tutto quello che era successo in Marocco era un gioco bizzarro.

In un giorno qualunque la vita della fanciulla è stata sgretolata di nuovo, ma questa volta aveva maggiore coscienza di quello che stava accadendo.

Di punto in bianco Sayed iniziò a minacciarla, doveva fargli un "pompino" o avrebbe detto alla mamma del gioco che aveva visto fare a lei e allo zio, e siccome, seppur piccola lei al solo pensiero si sentiva impaurita e "sporca" , in silenzio, iniziarono i soprusi da parte del fratello

Molestie, stupri e perfino penetrazione anale (hashakom).

Ecco, così finì la vita di Fatima che a quel punto stava solo respirando a stenti, ma non se ne accorgeva. Il fratello smise di punto in bianco, forse annoiato ,e la vita di tutti prosegui nella normalità ,anche quella di Fatima ,apparentemente, che aveva "dimenticato" tutto.

All'età di 15 anni aveva iniziato a soffrire di gravi attacchi di panico, andare a scuola e fare amicizie era diventato impossibile. Tachicardia, ansia molto intensa, fiato corto, paura di morire e impazzire l'avevano cominciata ad accompagnare per mano.

Le professoresse avevano convinto i genitori di Fatima a portarla in neuropsichiatria dove le gocce di lorazepam e la sertralina erano diventate pane quotidiano.

Lei non raccontava nulla di cui gli era successo agli psichiatri per paura che entrassero di mezzo gli assistenti sociali.

Nel frattempo aveva iniziato a tagliarsi, e all'età di diciotto anni per la prima volta tenta il suicidio provando a gettarsi nel vuoto dal balcone di casa, ma la mamma la ferma giusto in tempo.

Nel 2019 venne ricoverata spesso in psichiatria per tentativi vari di suicidio. 

Oggi Fatima si trova in un luogo che definisce accogliente, una comunità psichiatrica, dove ci sono tante persone che soffrono come lei, non si sente la sola, ha meno paura.

Mi ha chiamata in quanto reporter, sapeva che stavo scrivendo un libro sui legami di sangue.

Mi ha raccontato la sua paura di vivere, vorrebbe lavorare, essere indipendente, ma non ci riesce perché fatica a concentrarsi e non ha la testa, non riesce a dormire, il suo sonno sono gli incubi e i farmaci che prende gli impediscono di fare molte cose.

Vuole morire, pensa continuamente alla morte, è stanca, e soprattutto trova ingiusto che i suoi carnefici siano fuori , liberi, mentre lei.. imprigionata.

Ho chiesto a lei una domanda che penso sia sorta anche a voi lettori: Come mai non ha denunciato suo fratello e suo zio?

La risposta? è affezionata a suo fratello, e sua mamma non vuole che denunci suo zio sennò rovinerebbe LA FAMIGLIA.









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