Capitolo 4


Voyeurismo: Il voyeurismo è un termine con una connotazione morale che descrive un comportamento o una tendenza «voyeurista», ovvero basata sull'attrazione di osservare l'intimità o la nudità di una persona o di un gruppo di persone in condizioni particolari cercando di provare piacere e/o un'eccitazione  (diletto voyeurista). Le pratiche voyeuristiche possono prendere diverse forme, ma la loro caratteristica principale è che il voyeurista non interagisce direttamente con il soggetto che sta guardando, quest'ultimo a volte ignaro di essere osservato. Il «voyeur» è spesso rappresentato mentre osserva la situazione da lontano, guardando da un'apertura, un buco della serratura o utilizzando dei mezzi tecnici come dei binocoli, uno specchio, una fotocamera, etc.

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Chiusi immediatamente gli occhi, la mia mano si bloccò sulle pagine.

La verità era scritta qui, nero su bianco. Ero un guardone.

La definizione era illustrata con un immagine del secolo scorso, rappresentava un uomo che guardava delle donne nei bagni pubblici.

Rispondevo a tutti i criteri. Ero un fottuto guardone.

Cazzo. Ma cosa avevo fatto per meritarmi questo?

Cosa c'era di sbagliato in me?

— Voyeurismo? — Chiese la voce vicino a me con un tono curioso.

Chiusi il libro con un colpo secco come se stessi nascondendo un segreto e Seokjin alzò un sopracciglio indagatore:

— Dizionario sulla psichiatria di Jacques Postel, un classico, sorprendente conoscendoti. Pensavo tu volessi diventare pediatra?

— Sì lo voglio ancora, ho solo voluto controllare qualcosa...per curiosità...Come mai conosci questo libro? Non hai nemmeno visto la copertina...

Jin hyung si mise a sorridermi dolcemente:

— Pensavo di darmi alla psichiatria...

— Ah. Hai ancora cambiato idea.

La quinta volta in due anni.

Jin sbuffò:

— Non fare questa faccia, esploro tutti i settori, e basta.

— Non ho fatto nessuna faccia.

— Sì, hai fatto una faccia annoiata, come se avessi cambiato molto spesso idea.

Cambiava molto spesso idea.

Sistemai il libro nello scaffale indicato e mi risedetti nel mio tavolo della biblioteca. Eravamo in una delle piccole sale isolate e questo ci permetteva di parlare nel cuore degli scaffali senza disturbare i vicini.

Jin hyung era più grande di me, aveva tre anni in più di me ma ci trovavamo nello stesso anno. Aveva ripreso gli studi tardi, mi diceva che suo padre voleva che lui lavorasse nella sua azienda, come i suoi fratelli, ma dopo un po' di anni di prova, vedendo che suo figlio non era interessato, lo autorizzò a fare quello che voleva. Ovvero medicina.

Jin hyung non era un borsista ma aveva dei voti alti, viveva con i suoi genitori non lontano dall'università.

Era l'unica persona con cui parlavo della mia promozione e con cui lavoravo. Perché non ero molto socievole, ma la maggior parte del tempo non ero interessante per le altre persone, si allontanavano da me. Hyung era stato l'unico a restare vicino a me, senza che io capissi il motivo.

— Hai finito l'esposizione sulle malattie cardiovascolari e i loro nuovi protocolli di rilevazione?

— Non ancora. - ammisi - Invece tu e le infiammazioni respiratorie?

— Lo perfeziono, mi piacerebbe che tu lo ricontrollassi...

— D'accordo.

Jin hyung era qualcuno di dolce e gentile. Lo vedevo bene come pediatra ma non riusciva a decidere il suo futuro, aveva scelto delle opzioni più generali mentre io avevo deciso delle specialità pediatriche.

Avevamo l'abitudine di lavorare in biblioteca in completo silenzio. Era una cosa che mi piaceva tanto dello hyung: non mi deconcentrava mai.

Lui sapeva che avevo dei voti da mantenere se volevo tenere la mia borsa, quindi non provava mai a trascinarmi in feste o appuntamenti.

In ogni caso, sapeva che non era il mio genere.

In realtà, non ci vedevamo quasi mai al di fuori dell'università, non veniva da me e io non andavo da lui. So che si potrebbe pensare che non eravamo tanto legati ma questo tipo di amicizia mi conveniva perfettamente. Avevo bisogno di tenermi a distanza dalle persone e pensavo che doveva convenire anche a lui visto che non tentava di andare più in là di così nella relazione.

Eppure ero legato a lui ma non mi piaceva portare gente a casa mia. Come vi ho già detto, ero un tipo molto noioso, terribilmente noioso.

Il cellulare di Jin suonò facendoci deconcentrare, mormorò una scusa e prese il suo telefono prima di aggrottare ancora di più le sopracciglia.

— Cosa succede? — Mi preoccupai.

— Hoseok mi ha appena mandato un messaggio.

— Chi è Hoseok?

— Non conosci Hoseok? — Si sorprese lui.

— No.

— È praticamente il ragazzo più conosciuto di tutta l'università.

— Ah, veramente?

— È il presidente del consiglio degli studenti .

Ah sì. Mi diceva qualcosa.

— Non hai ricevuto il suo messaggio?

— No, perché avrei dovuto?

— Normalmente distribuisce i suoi messaggi a tutti gli studenti migliori, se non l'hai mai visto significa che non dovresti essere nella sua lista base...

— E cosa dice il messaggio?

— Dice che ci sarà una festa sabato, a Hongdae.

Aggrottai le sopracciglia:

— Ed è il presidente del consiglio degli studenti che manda questo?

— È particolare - ammise Jin sorridendo - è favorevole alle relazioni tra i dipartimenti e dice anche che le feste sono un buon modo per raccogliere fondi.

— Non è per caso il ragazzo compassato, con degli occhiali che sembra gelido e spaventoso e che si crede il preside?

— Ah no, lui è il vice presidente del consiglio degli studenti. Hoseok è il ragazzo con i capelli rossi che grida tutto il tempo e che sta dappertutto.

Ah.

Mi ricordo di aver visto un energumeno di questo genere, il giorno dell'ammissione. Avevo fatto tutto il possibile per tenermi alla larga il più possibile da lui.

— Taehyung, - sospirò Jin- tutti sanno chi è Hoseok. Potrebbe venderti la cosa più inutile al mondo promettendoti meraviglie, e diresti sì. Ha una cosa particolare, è veramente un caso a parte, ma è un eccellente presidente, sta sistemando tantissime cose nell'università da due anni.

Alzai le spalle poco interessato:

— Vuoi venire, a questa festa?

— No, non veramente. - Risposi con il naso nei miei appunti -

— Sapevo che avresti detto così. A quanto pare è il dipartimento di diritto che l'organizza, non è normale che la organizzino loro...

— Non mi interessa.

— Va bene.

Jin non era deluso, sapeva che non mi piacevano questo genere di cose. Il nostro lavoro era stato ripreso in modo silenzioso dopo questa discussione fino a che non mi accorsi dell'ora. Stavo inizia a raccogliere le mie cose quando lo hyung alzò le sopracciglia prima di sorridere:

— Ah è vero siamo mercoledì, parti sempre prima.

Corrugai le sopracciglia:

— Non tanto presto... dici questo come se fossi puntuale come un orologio.

— Taehyung, tu sei puntuale come un orologio.

Alzai le spalle ma lui continuò a scherzare:

—Ma se non avessi le tue abitudini non saresti Kim Taehyung. Ho solamente voglia di darti fastidio...

— Avevo capito bene. Ti piace darmi fastidio, hyung.

— È perché le tue reazioni sono molto divertenti.

— Veramente?

— Direi soprattutto la tua mancanza di reazione. - precisò lui con un sorriso divertito -

— Suppongo di sì. A domani?

— A domani, buona serata.

Lo lasciai rapidamente, attraversando subito dopo la biblioteca, il complesso universitario fino all'uscita, poi aspettai l'autobus e scesi alla mia fermata pochi minuti più tardi. Presi la direzione del supermercato, comprai qualcosa da mangiare a cena e rientrai subito nel mio appartamento.

Sistemai le mie cose, preparai i miei vestiti per il giorno dopo, diedi da bere alle mie piante, misi a scaldare l'acqua per i ramen e infine alzai gli occhi verso l'orologio: le nove e un minuto.

La luce si illuminò qualche minuto dopo dal mio vicino di fronte ed entrò. Indossava la sua tuta da ginnastica nera e rossa. Era spesso vestito con i pantaloni della tuta è una T-shirt, ma tra tutti quelli che aveva quello era il mio outfit preferito, non so bene perché.

Suppongo che questi colori gli stessero bene.

C'erano tre persone con lui: due ragazzi e una ragazza. L'amico con la pelle pallida che veniva spesso, aveva dei capelli verde fluo in questo momento, un altro che veniva raramente ma che non aveva nessuna particolarità e una nuova ragazza.

Non era la stessa del mese scorso. Anche questa era alta e sembrava che fosse la prima volta che veniva a casa sua. Abbassai la luminosità del mio appartamento al minimo e misi l'acqua nella mia ciotola in plastica, poi degustai i miei ramen semi girato verso il salotto di fronte.

Il vicino aveva fatto le pulizie, un po'. La ragazza doveva piacergli veramente tanto.

Faceva sempre questo per alcune, ma non per altre. Mi piaceva questa sua abitudine, la trovavo una cosa carina.

Si sistemarono nel salotto con delle birre e delle pizze. Tutti discutevano, il Signor-il-vicino-di-fronte era vicino alla ragazza, non si toccavano ma erano abbastanza vicini.

Lei, rideva, sorrideva e discuteva con tutti. Non aveva nessuna idea di quello che le sarebbe potuto accadere su quello stesso divano tra un ora o due.

Le ragazze non erano stupide, di sicuro avevano già immaginato qualcosa. Forse venivano solo per questo.

In più, era sempre sul divano, le ragazze che avevano il diritto di accedere alla camera erano rare.

E questo, non era per niente un dettaglio carino.

Aspirai i miei ramen rumorosamente e accesi la televisione.

Era spesso di mercoledì che riceveva le ragazze. Non sapevo perché era proprio quel giorno.

Il resto della settimana sembrava troppo occupato, a parte il sabato in cui a volte c'era una ragazza che rimaneva dopo la festa, oppure ne riportava una a casa sua.

In generale le ragazze del sabato sera avevano poche possibilità di diventare delle "fidanzate".

Infatti a volte aveva una "fidanzata" però aveva dei rapporti con un'altra ragazza il sabato sera.

Signor-il-vicino-di-fronte non sembrava che rispettasse le ragazze in generale ma dal mio salotto, e dal mio punto di vista, non sembrava cattivo.

Solo una persona che gioca con i sentimenti della gente.

Questo ragazzo aveva quasi tutti gli elementi di un cliché, ma era cosciente di questa cosa ?

Non invidiavo la sua vita, ero solamente curioso. Io preferivo la tranquillità, la riservatezza, la mia routine, la mia solitudine.

Mi piaceva essere così in un ambiente senza niente attorno, solamente con me stesso. È per questo che mi trovavo noioso a volte. La maggior parte della gente non era come me.

C'era sempre stata una discrepanza tra me e gli altri. A volte faticavo a capirli nello stesso modo in cui avevo dei problemi a comprendere tutti i comportamenti del mio vicino di fronte.

Eppure mi rendeva curioso.

Improvvisamente il mio telefono squillò, riportandomi alla realtà. Vidi il nome che lampeggiava sullo schermo ed esitai due secondi prima di rispondere.

«Tae?»

— Buongiorno Jimin.

La voce del mio migliore amico era dolce e bella da ascoltare.

«Come stai?»

— A meraviglia.

«Lavori sempre come un forsennato eh?»

La sua risata era musicale ma deformata dal suono del cellulare.

— Come sempre. Tu invece?

«Va tutto bene. Sto lavorando duramente per provare a partecipare al concorso del prossimo mese»

Ah, il concorso è già il prossimo mese?

Continuai a mangiare, ascoltandolo solo con un orecchio. Il vicino di fronte e la ragazza discutevano mentre mangiavano attorno al tavolino vicino al divano.

«Sono veramente stressato, ma questa volta voglio farcela. Devo riempire i moduli per il fascicolo ma preferirei spostarmi di persona, mi permetterà di vedere dove si terranno le audizioni. Ti chiamo per questo motivo. Sabato sarò sicuramente a Seoul»

Sabato? Sabato di questa settimana?

«Sì, posso venire a dormire da te?»

Certo che sì! — Esclamai distogliendo per un attimo lo sguardo.

«Grazie Tae. Tornerò tra un mese e se tutto va bene, e se riesco a superare l'ammissione, sarò in una scuola di danza di Seoul e ci vedremo più spesso»

Lo spero Jimin.

L'anno della maturità, Jimin ed io ci eravamo promessi di andare insieme nella capitale una volta diplomati, io nel dipartimento di medicina lui in quello delle arti. Solo che Jimin era stato bocciato nelle audizioni, era stato gravemente depresso per molto tempo prima di riprendersi e di giurare a se stesso di riprovarci l'anno dopo. Mentre aspettava di poter superare l'audizione lavorava come cameriere per guadagnare un po' di soldi.

Questa promessa l'avevamo fatta alle medie prima di lasciare Busan per Daegu, promettendoci di mantenere i contatti. Una relazione a lunga distanza si era creata ma non era mai fallita.

E pertanto sapevo, nel profondo del mio cuore, che un giorno vivremo nella stessa città come se fosse il nostro destino.

Io e Jimin parlammo ancora per un po' prima di salutarci e di mettere giù. Il resto dei miei noodles erano freddi ma li mangiai comunque dando un'occhiata alla scena del salotto di fronte.

Anche loro avevano finito di mangiare da un po' e le birre erano di sicuro vuote visto che gli amici del vicino si alzarono e partirono, lasciando la ragazza che stava pulendo la tavola.

Vera educazione oppure scusa per restare?

Il vicino propose un film mostrando la televisione e lei annuì sorridendo. Si accomodarono sul divano, l'uno vicino all'altra.

Era assurdo come facesse continuamente la stessa cosa. Se io ero abitudinario, lui lo era altrettanto. Procedeva nella stessa maniera ogni volta.

Metteva un film, si avvicinava lentamente, finivano per discutere durante il film e iniziava a guardarla per molto tempo, sembrava imbarazzata a causa del suo sguardo e lui riusciva a baciarla prima di saltarle letteralmente addosso sul quello stesso divano.

E io, immerso nel mio voyeurismo più losco, li guardavo fare anche se conoscevo questa scena a memoria.

Diedi un'occhiata alla mia ciotola di ramen che misi nella pattumiera, il piede sul pedale, il coperchio aperto.

Ebbi un momento di latenza. Perturbato dai miei stessi pensieri. Ero un pervertito. Perché non mi sentivo poi così male a riguardo a questo?

Dovevo smettere, se mi facevo vedere, se mi scoprisse, sarei messo male.

Peggio che messo male.

Non mi piaceva che qualcuno spiasse la mia vita, ma lo facevo a qualcun altro. Era immorale, decisamente. Non avevo mai avuto dei comportamenti del genere nella mia vita allora perché adesso?

Mi avviai verso il bagno per farmi la doccia e mettermi il pigiama, quando ritornai nel salotto asciugandomi i capelli si stavano baciando e restai ad osservare. Mi ipnotizzava ogni volta.

Non capivo bene come si potesse baciare una persona e mi domandavo come si poteva riuscire ad amare una cosa simile, era strano, anche un po' disgustoso.

Però c'era qualcosa di bello, di sensuale, di carnale, di piacevole in questa scena. Ero come stregato da quello che accadeva nell'appartamento di fronte.

Ero ammaliato da lui, da lei, da loro.

La ragazza aveva preso delle iniziative che sembravano piacere al mio vicino, perché li calò i pantaloni, poi i suoi boxer e cominciò a prendere il suo membro nella sua bocca. Era un'immagine estremamente erotica e avevo il permesso di vedere nei minimi dettagli. La ragazza sembrava ci sapesse fare visto che il viso del vicino esprimeva una sfilza di emozioni incredibili ed era l'immagine di lui che più mi piaceva.

Lì, seduto sul divano, i gomiti sullo schienale, il respiro accelerato, la testa piegata all'indietro, la bocca leggermente aperta. Ma sembrava che fosse ritornato in sé velocemente visto che intimò alla ragazza di smettere e la fece sdraiare sul divano prima di prendere posto sopra di lei. La spogliò con dei gesti controllati senza mai smettere di baciare il suo corpo.

Era una danza calcolata, durante la quale lui voleva gestire tutto.

Poi gli dava piacere prima con la sua lingua e poi con le sue dita.

Ogni movimento, ogni sfioramento, ogni fase si attivava fino alla fine. Tutto si scriveva nella stessa maniera, tra lentezza, eccitazione e dolcezza.

Riproduceva sempre la stessa sinfonia e non faceva mai errori.

Mai.

Si vedeva sull'espressione che avevano tutte. Sembrava che le amasse teneramente, amasse teneramente come se fossero dei gioielli, o un oggetto fragile.

Ma una volta che le penetrava, che iniziava il va e vieni in un ritmo sempre più rafforzato, diventava diverso. Non le baciava mai più, non le coccolava più, la sua espressione diventava concentrata come se si stesse imponendo una challenge su se stesso, una resistenza stupida.

Come se, visto che aveva già dato all'inizio, adesso voleva che il piacere tornasse indietro. Infatti non dovevano mai chiedere troppo, mai provare a baciarlo, mai mormorare nel suo orecchio e quando lo facevano, e lo facevano tutte, le girava e le prendeva da dietro.

Ed è solamente nel momento in cui non lo potevano vedere che la sua espressione si rilassava e poteva mostrare delle espressioni piene di piacere.

Tutti questi momenti, tutta questa sinfonia finivano in quel preciso instante.

Era difficile da capire ai miei occhi, mi chiedevo cosa cercasse di fare in questo modo.
Si impegnava tanto per assaporare l'istante in cui entrava dentro di loro, e nel quale non potevano vederlo.

Dovevo chiudere le tende, dovevo smettere di guardare ma era più forte di me.

Rimanevo stupefatto da questa specie di canto fisico che il vicino suonava ogni volta.

Lo componeva sempre della stessa maniera e sembrava suonare sempre le note giuste.

Mi accaldava, un po'. Eppure non ero per niente attirato dal sesso.

Avevo ventidue anni e non ero mai stato attirato da nessuna persona. Né dalle ragazze, né dai ragazzi.

Jimin ci aveva scherzato un po' su, una volta, dicendomi che i miei ormoni non si erano mai attivati. Tutto il contrario rispetto a lui. Si erano attivati così tanto che aveva acquisito molta esperienza, ragazzi e ragazze, capendo poi di preferire gli uomini.

Io non sapevo cosa preferivo e non mi piaceva fare parte di una categoria. Trovavo delle ragazze belle e dei ragazzi belli, trovavo delle ragazze brutte e trovavo dei ragazzi brutti.

Non sentivo nessuna attrazione fisica, per nessuno. Né per un genere né per un altro.

Non avevo mai provato il desiderio di volere un fidanzato o una fidanzata, e nemmeno di sposarmi.

Non avevo mai sentito qualcosa di diverso con qualcuno.

Jimin pensava che fosse un modo di pensare intrigante io invece mi trovavo solamente noioso.

Al giorno d'oggi tutti i giovani della mia età si definiscono per la loro sessualità, le feste erano sempre per questo. Anche le relazioni. Non avevo niente contro il principio, stavo attento a non giudicare, ma semplicemente non mi sentivo attratto.

Beh, credevo di non aver nessun desiderio fino a che non iniziai a vedere queste coppie dal mio vicino di fronte.

Supponevo che capivo il piacere che procurava, lo immaginavo. Se avessi guardato un porno l'effetto sarebbe stato probabilmente identico no ?

Ma in questa situazione, era puramente visivo, solo un fantasma niente di più. Era una reazione fisica di fronte a uno stimolo prodotto dal cervello.

Era elementare.

Vedevo, credevo a quello che vedevo, fissavo dunque le mie emozioni verso delle sensazioni che vedevo percepite.

Ma non significava che avevo voglia di sperimentarle nella realtà. Rimaneva nella mia immaginazione, il corpo aveva dei desideri, era semplice.

Tutto era semplice nella mia esistenza. Forse era perché mi sentivo bene.

Solo che c'era questo fatto particolarmente degradante del voyeurismo che stavo sperimentando adesso.

Sapevo di avere dei difetti e non pochi, ma questo mi causava dei problemi, veramente.

Ma non riuscivo a trovare una soluzione, proprio niente.

Credo che nel profondo di me stesso avevo bisogno di vedere questa realtà che mi sforzavo di allontanare dalla mia quotidianità.

Avevo bisogno di vedere come gli altri vivevano indipendentemente da me, per comprendere un'esistenza che non avrò mai.


☆*:.。. oo .。.:*☆

Spazio autrice ed eventuali domande ⭐️

Ciao a tutti
Mi scuso per il ritardo. Solamente a causa della scuola non sono riuscita a tradurre questo capitolo.

Cosa pensate di questo capitolo?
Come sempre potete commentare eventuali correzioni nei commenti
Se vi è piaciuto lasciate una stellina

Al prossimo aggiornamento :)

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