CAPITOLO 24 Luna Nera

Il sole era già tramontato, e l'invisibile luna osservava i comuni mortali dall'alto.

Erano in molti a entrare nel teatro di Leatherhead: amici e parenti dei contendenti, uomini appassionati del settore, e donne che provavano una particolare attrazione per l'uomo forte e dotato di un corpo scolpito nei minimi dettagli.

In questa seconda, e ultima tornata, gli atleti si sarebbero esibiti, uno di fianco all'altro, nelle pose obbligatorie richieste dal Giudice; il quale avrebbe valutato lo sviluppo, la definizione e la simmetria dei vari gruppi muscolari.

Alle 17:00 in punto i sette culturisti entrarono sul palcoscenico disposti su due file.

I poliziotti, questa volta, erano tutti in abiti civili: alcuni sedevano tra il pubblico, un finto giornalista aiutato da un collega vigilava alla biglietteria, mentre un altro agente sotto copertura si fingeva inserviente e si aggirava tra la toilette dei clienti e il camerino. Questo fu l'assetto all'interno del teatro; per il controllo della piazza, invece, la Bennett aveva lasciato che se ne occupassero gli stessi agenti in borghese del giorno precedente.

<<Doppio Bicipite Frontale>> disse, il Capo Giuria; e i primi quattro atleti posti sulla prima fila assunsero la medesima posa. I giudici osservarono con attenzione la muscolatura frontale dalla testa ai piedi e assegnarono dei voti all'ampiezza dei dorsali, alle dimensioni dei bicipiti, degli avambracci e dei quadricipiti femorali.

<<Doppio Bicipite Posteriore.>> e i bodybuilder si voltarono. Era una delle pose determinanti per l'esito della gara, dove lo sviluppo della schiena e dei suoi dettagli, insieme alla definizione e lo sviluppo dei polpacci, costituiva la parte più grossa del corpo umano. Gli sguardi della giuria, attratti inizialmente dai muscoli di grosse dimensioni come il trapezio e gli erettori della spina dorsale, scesero successivamente sui glutei ben striati e i bicipiti femorali.

Si scambiarono di posto con la fila degli altri tre atleti che attendevano il proprio turno in fondo al palco; la Giuria chiese loro di fare le stesse pose, dopodiché ci fu un altro cambio e la fila con i quattro contendenti ritornò sul davanti.

<<Dorsali Frontali.>> lo speaker andò a sollecitare ulteriori pose che mettessero in luce la massa del petto e l'ampiezza delle spalle, insieme ai muscoli della parte anteriore della gamba.

<<Dorsali Posteriori>> e all'unisono gli atleti si voltarono.

Si esibì di nuovo la fila con i tre contendenti e dopo di loro, la fila dei quattro si cimentò in una delle pose preferite dai fan: il "Most Muscolar". La posa con le braccia a granchio che aveva reso famoso Lou Ferrigno nella serie televisiva Hulk.

Durante l'esibizione, dalla platea partirono molti applausi e qualche apprezzamento da parte del pubblico femminile. Con entrambe le mani di fronte all'addome e un sorriso a denti stretti i culturisti evidenziarono contemporaneamente lo sviluppo del trapezio, delle spalle, del petto, delle braccia, degli addominali e delle gambe. Un tripudio di muscoli.

<<Petto di lato>> e gli atleti rotearono il busto per mostrare ai giudici anche le spalle e la parte laterale delle gambe.

<<Tricipiti di lato>>, una mano da dietro afferrava il polso dell'altra mentre il corpo mostrava un lato alla giuria: le gambe erano leggermente flesse, il tallone della gamba fronte giuria era alzato, mentre gluteo e polpaccio venivano contratti.

Con entrambe le mani dietro la nuca si esibirono poi nell'ultima posa, "Addominali e gambe": l'addome era contratto e il busto era inclinato in un leggero crunch.

Le richieste dei giudici di gara erano terminate e la competizione volgeva alla conclusione. Finalmente era giunto il momento per i Bodybuilder di sfoggiare i propri muscoli in un libero "posedown", interamente dedicato al pubblico.

Gli atleti eseguirono in ordine sparso le proprie pose migliori. Qualcuno scese addirittura tra il pubblico per sfoggiare il proprio fisico statuario, imbattendosi in qualche ammiratrice che, al loro passaggio, ne approfittò subito per accarezzare gli addominali o tastare un bicipite dell'uno e dell'altro. Un culturista burlone, accorgendosi che una mano si stava avvicinando ai propri pettorali, d'improvviso li fece andare su e giù, suscitando l'ilarità della ragazza.

Tre poliziotti erano scattati in piedi, con l'intenzione di bloccare quelle donne un po' troppo euforiche.

<<Fermi, non intervenite!>> l'ordine di Jodie sibilò nel loro auricolare <<Non fate saltare la copertura per questi gesti del tutto ordinari. Mantenete la calma.>>

Una decina di minuti dopo i concorrenti ripresero posto sul palco e si concentrarono sul momento della premiazione; sapevano che quest'ultima parte della gara era del tutto irrilevante per i giudici, ma era comunque lusinghiero essere apprezzati dai propri fan.

Joe Piper, uno dei bodybuilder, ebbe un lieve giramento di testa: chiuse gli occhi per qualche secondo, come a voler ripristinare il proprio equilibrio, e fortunatamente quando li riaprì gli sembrò tutto sotto controllo. Lo sfarfallio delle luci sul palco era cessato, la sensazione di stordimento era svanita; e lui tornò a sorridere per le foto.

L'agente Taylor si era accorto che qualcosa in lui non andava, lo riferì alla Bennett e da lì in poi non perse d'occhio l'atleta. La poliziotta iniziò a prendere in considerazione l'eventualità che fosse stato drogato durante il bagno di folla di poco prima. Indirizzò lo sguardo sulle donne in platea, alla ricerca di una colpevole, e, a giudicare dalla mappa mentale dei posti che aveva memorizzato, c'era una poltrona che non sarebbe dovuta essere vuota. Guardò rapidamente verso le due porte di uscita e scorse una donna bruna che stava giusto varcando la soglia. Trovò strano che un cliente si allontanasse proprio sul più bello della gara, a poca distanza dalla premiazione.

<<Donna sospetta a ore nove. Sta uscendo dalla platea in questo momento; la seguo.>> sussurrò alla ricetrasmittente sul polso.

Tolse la sicura alla Glock e si precipitò dietro di lei.

<<Ho il contatto visivo, sono nel corridoio in direzione del camerino.>>

Il backstage era poco illuminato e deserto. La Bennett si fermò poco prima che la sospettata scomparisse dentro il camerino. Che cosa pensava di fare, quella donna? Si chiese la poliziotta. Forse, il passo successivo all'iniezione di ketamina effettuata sulla sua preda era quello di aspettarla là dentro? Il bodybuilder, sentendosi sempre peggio, avrebbe raggiunto il camerino, dove si sarebbero trovati da soli e lei avrebbe potuto aggredirlo senza testimoni?

<<Taylor, dimmi come sta l'atleta. È ancora sul palco?>> Jodie cercò delle conferme alla propria teoria.

<<È ancora lì. Mi sto avvicinando a lui.. ora sono a ridosso del palco. Credo che non stia affatto bene: è tutto sudato!>>

Due uomini della Giuria stavano salendo le scale per raggiungere i concorrenti, quando videro Piper accasciarsi sulle ginocchia. Nell'istante in cui Taylor aggiornò la collega di quanto accaduto, lei stava già puntando la pistola sulla donna bruna.

<<Ahhh!>> urlò, quella, di terrore, trovandosi improvvisamente la Bennett di fronte, mentre stava uscendo dal camerino.

<<Mani sopra la testa!>> le intimò la poliziotta <<Chi sei? Che ci fai qua dentro?>> le domandò, guardando la refurtiva che teneva in una delle mani, appena sollevate in alto.

<<Il mio.. il mio fidanzato ha bisogno del suo kit salvavita.>> cercò di spiegarle <<Sono venuta a prenderlo.>>

<<È uno dei culturisti in gara?>> continuò Jodie, mantenendo l'arma puntata.

<<Sì, è diabetico e ho visto che sta per avere una crisi, perciò sono qui. Posso abbassare le braccia, adesso? Le faccio vedere che dentro l'astuccio c'è l'occorrente per un diabetico. Tutto qui.>>

<<Va bene.>> acconsentì la Bennett e, dopo aver verificato il contenuto, lasciò che la donna andasse a soccorrere il fidanzato.

<<Falso allarme, Greg, la donna sta tornando in platea con l'insulina per il bodybuilder.>>

<<Ricevuto.>>

Lentamente Joe Piper si stava riprendendo e la premiazione poté proseguire.

Mike Wheeler, il più elegante nel portamento e il più proporzionato nei volumi muscolari, venne premiato con il trofeo di "Mr. Muscolo 2035". Il culturista baciò soddisfatto la coppa appena consegnata da un membro della Giuria, mentre un altro giudice gli teneva il braccio alzato in segno di vittoria. Un reporter immortalò l'evento che l'indomani sarebbe finito senz'altro in prima pagina sul "The Mirror".

Un poco per volta i fan uscirono dal teatro.

I Bodybuilder, prima di sciacquare via tutta la patina bronzata dall'epidermide, si trattennero un momento con i personal coach a discutere sulla performance, focalizzare le aree critiche e pianificare gli allenamenti futuri.

I poliziotti avevano fatto capannello intorno alla Bennett; si aspettavano nuovi ordini da lei, perché non poteva esser finito tutto così. Sui loro volti, Jodie notò l'insoddisfazione che lei stessa avvertiva, fastidiosa, nel cuore.

<<Assicuriamoci che gli atleti tornino a casa senza problemi e poi siete liberi.>> fu il massimo che seppe dire.

Poi uscì dal teatro e fece una telefonata.

<<Ciao Sarah, avete rintracciato le Veneri?>> domandò ad occhi chiusi e gli zigomi sollevati in una smorfia di dolore. Sperò con tutta se stessa che la detective potesse darle la buona notizia di aver catturato le Veneri in Italia; in tal caso si sarebbe liberata dell'incarico che Crow le aveva assegnato e di cui lei continuava a non sentirsi all'altezza.

La detective Bruni sedeva insieme a O'Connor e al maresciallo nell'autocivetta parcheggiata sul Viale Italia, a controllare i movimenti della famiglia Romei. Stavano appostati là ormai da due ore. Alle otto di sera, ora italiana, le stelle, apparentemente orfane della luna, rischiaravano l'oscurità. Guardando una parte di cielo dal proprio finestrino, Sarah sospirò e le rispose con un monosillabo. <<No.>>

La Bennett le confidò di aver dato il massimo nell'operazione ma la grande frustrazione che sentiva le dava la nausea. A suo parere, quella forte concentrazione di testosterone sarebbe dovuta essere un'ottima trappola per una Venere in crisi di astinenza; e invece, quella strategia si era rivelata un buco nell'acqua. Ma ciò che maggiormente la irritava era il pensiero che Mara potesse trovarsi ancora a Londra, sul punto di uccidere la sua terza vittima, ed essere irrimediabilmente fuori dalla loro portata.

<<Cosa pensi che dovrei fare, Sarah? Dimmi qualcosa, ti prego!>>

La Bruni non poteva parlare liberamente e non poteva certo uscire dall'auto per farlo, perciò si limitava ad ascoltare e a rispondere con frasi molto brevi.

<<Ormai non è rimasto quasi più nessuno a teatro. Che faccio?>> insisté Jodie, preoccupata.

<<Segui l'istinto.>> le consigliò la detective.

Sarah era sempre stata convinta che, nel campo delle investigazioni, l'istinto fosse un'ottima guida ma questa volta, un istante dopo aver risposto a Jodie, si ritrovò a mordersi il labbro inferiore per l'imbarazzo di aver suggerito alla collega qualcosa che lei stessa stava ora tradendo. Le Veneri che in quella notte di luna nera avrebbero colpito dovevano essere Giulia Romei e Angela Baroni. Lo aveva dedotto dal ritmo con cui avevano ucciso, e aveva anche provato a condividerlo coi colleghi; ma poi, obbedendo agli ordini del Capitano, aveva lasciato perdere quella teoria.

La Bruni sentì qualcuno chiamare più volte la collega, con tono concitato.

<<Agente Bennett! Agente Bennett!>> erano due agenti della squadra di Jodie <<Si sono chiusi nel bagno, e dai rumori che sentiamo sembra esserci una colluttazione in corso..>>

<<Devo andare!>> disse, lapidaria, a Sarah, prima di riattaccare <<È lei!>> pensò la Bennett, correndo <<Ci starà provando con uno dei Bodybuilder..>>

O'Connor, seduto accanto al conducente, si voltò verso Sarah, con l'espressione di chi si aspettava di ricevere quelle informazioni da Londra. La detective condivise con lui e il maresciallo l'ipotesi che Mara Volpe stesse assalendo uno dei culturisti in quel preciso momento dentro il teatro di Leatherhead, ma colse anche l'occasione per ritornare sulla propria ipotesi.

De Fortis sembrò seriamente interessato alla probabile esistenza di un ritmo biologico. Se il corpo delle ragazze reagiva allo stesso modo di chi faceva uso di droghe, poteva avere senso. Mentre riflettevano su questo punto e sulla necessità, secondo la Bruni, di sorvegliare il panfilo dei Romei, un taxi superò l'autocivetta dei carabinieri.

L'auto bianca si fermò poco dopo, davanti la cancellata del Grand Hotel Palazzo. Il lussuoso fabbricato in stile neorinascimentale che da sempre ospitava i Vip a Livorno e affittava i suoi spazi a sfilate di moda e congressi.

La corsa era già stata pagata da Riccardo Spadoni, famoso imprenditore dell'alta moda. La portiera posteriore destra si aprì: una gamba ben tornita si allungò fuori dalla vettura per guadagnare il marciapiede e quando l'altra gamba la seguì, la donna, con il trench color sabbia, si eresse in piedi con tutta la sua avvenenza. Niente bagagli, solo una grande borsa nera che sistemò a dovere sulla spalla sinistra. Dopo aver richiuso lo sportello con un allungo elegante del braccio sinistro, ondeggiando sinuosa sugli stivaletti a spillo, si incamminò verso il vialetto; salì le scale bianche con disinvoltura e varcò la soglia dell'hotel a cinque stelle.

Adagiando un piede avanti all'altro con l'andatura di una top model, attraversò le maestose colonne di marmo bianco, sormontate da eleganti volte, e si fece accogliere dal ragazzo alla Reception. Era giovane e decisamente ben prestante: da sotto la divisa da lavoro s'intuiva la presenza di muscoli ben sviluppati.

<<Buona sera, come posso aiutarla?>> disse lui.

La donna, mantenendo sulla testa il proprio cappello a tesa larga e i grandi occhiali scuri, con voce morbida e sussurrata rispose: <<Mi stanno aspettando.>>

Non c'era bisogno di aggiungere altro, il ragazzo era già stato avvisato dal cliente della stanza.

<<Certo, attenda un attimo.>> tirò su la cornetta e avvisò Spadoni che la signora era appena arrivata.

<<Terzo piano, stanza numero 123.>> le comunicò, indugiando sui lineamenti dell'affascinante signora.

Sulle gradevoli note di musica classica, diffuse nel grande atrio, due uomini di mezza età aspettavano l'ora di cena leggendo un giornale; ma alla presenza di tali fattezze umane l'occhio non resistette ad una piacevole distrazione.

Di tutt'altro tono fu invece l'atmosfera in cui si trovò immersa la Bennett.

Uno dei Bodybuilder si trovava disteso sul pavimento con ancora il sapone addosso, aveva ecchimosi dappertutto e una brutta ferita da taglio sul fianco destro. La doccia era aperta e l'acqua corrente accompagnava nello scarico i fiotti di sangue della vittima. Taylor e un altro agente erano intenti ad ammanettare i due uomini sulla trentina che se l'erano presa con lui. Avevano saputo che era gay, e avevano aspettato che rimanesse da solo per pestarlo a morte.

<<Qualcuno pensi a quel poveretto, cazzo!>> gridò Jodie, indicando l'atleta a terra, mentre alla ricetrasmittente richiedeva allo Yard di mandare urgentemente un'ambulanza. Poi si guardò attorno e afferrò due asciugamani bianchi. Uno lo lanciò ad un suo agente, <<Prendi, Morris! Tienilo premuto sulla sua ferita fino all'arrivo dei paramedici!>> con l'altro si premurò di coprire le parti intime della vittima, e lo incoraggiò a resistere.

I due aggressori omofobi furono portati alla Centrale e arrestati per tentato omicidio. La Bennett fu felice di sapere che l'atleta aggredito se la sarebbe cavata, ma dover combattere ancora contro questo genere di crimine le stringeva il cuore. E, ogni volta, si tormentava con le stesse domande <<Com'è possibile nutrire un odio del genere? Quando smetteranno le persone di ficcanasare nella vita degli altri, e impareranno a vivere in armonia con ciò che diverge dal proprio sé?>>. Al confronto, gli atti criminosi delle Veneri le sembrarono meno crudeli: loro, almeno, uccidevano per necessità e non per rivendicare un'ideologia.

Nel frattempo, una gazzella dei carabinieri era stata mandata a fare un sopralluogo al piccolo porto di Antignano, uno dei quartieri di Livorno Sud.

Il natante di sei metri, di cui i militari dovevano riferire, non era ormeggiato in quel molo. De Fortis allertò immediatamente il vertiporto, allestito sul tetto del Commando dell'Arma, e fece decollare un supporto aereo per pattugliare il littorale labronico.

Mentre si svolgevano le ricerche del panfilo di casa Romei, al Grand Hotel Palazzo, l'avvenente e misteriosa signora entrò in ascensore e raggiunse il piano desiderato. Percorse un terzo del corridoio e bussò due volte alla numero 123.

Un uomo di bella presenza, sulla trentina, l'accolse con un sorridente 'Sei bellissima!', e con un cenno della mano la invitò a entrare nella camera. Si fece da parte e, mentre lei varcava la soglia, la squadrò da capo a piedi.

Con l'abilità di un illusionista, la donna sistemò un adesivo trasparente al meccanismo della serratura, prima di ondeggiare sinuosa verso il lato sinistro del letto.

Rapito dalla coinvolgente sensualità di lei, il giovane imprenditore non fece attenzione alla porta che non chiudeva più interamente.

Qualche minuto prima che l'ospite arrivasse in Hotel, Riccardo Spadoni si era fatto portare del buon vino rosso dal cameriere; e ora, mentre la donna si toglieva il cappello e gli occhialoni scuri, lui, girato verso il carrello portavivande, stava riempendo i due calici. Nell'istante in cui andò ad allungargliene uno, lei lasciò cadere a terra il trench color sabbia; ed eccola là, una statua dallo sguardo libertino. Il piede destro posizionato appena dietro l'altro e la mano sinistra sul fianco gli avrebbero ricordato una ballerina in una posa di danza, se non fosse stato per il suo essere completamente nuda, maledettamente appetibile, e in procinto di penetrarlo con le sue iridi verde intenso.

<<Ah! Se la metti così..>> commentò lui, colto di sorpresa.

Prima di passare al piatto piccante della serata, il giovane imprenditore aveva immaginato di doversi conoscere un po', sorseggiando del vino tra una chiacchiera e l'altra. I piani di lei sembrarono invece esser diversi, ma lui non se ne dispiacque. Bevve un sorso da uno dei calici e andò incontro ai suoi turgidi seni, bianchi come l'avorio; poggiò quindi i bicchieri sul comodino, e la baciò voluttuosamente.

Le lingue si dibattevano in un vortice senza respiro. Le mani di lei scioglievano il nodo della cravatta e, brutalmente, divaricarono i lembi della camicia. I bottoni saltarono, uno dopo l'altro, e presto l'indumento volò a terra. Poi fu il turno della zip e, quando Spadoni la sentì abbassare, sospese di colpo i palpeggiamenti per slacciare rapidamente la cintura. Nella foga di togliersi l'impaccio dei pantaloni, non vide che la donna, dal proprio anello, aveva fatto cadere qualcosa nel bicchiere.

Adesso erano entrambi nudi. Lui emise un sospiro carnale prima di avvinghiarsi a lei; ma la donna ritenne opportuno fermarlo.

<<Aspetta, ci vuole altro vino.>> sussurrò languida al suo orecchio, afferrò quindi i bicchieri e lo invitò a bere.

L'alto livello di libido gli fece trangugiare il vino tutto d'un fiato, mentre lei lo fissava, roteando, molto lentamente, il nettare d'uva lungo le pareti del proprio calice.

<<Che fai! Tu non bevi?>> le chiese lui, sorpreso.

<<Lo farò adesso.>> fu la risposta della donna e simultaneamente s'inarcò all'indietro e si rovesciò il vino sul seno. Si disfece dei bicchieri vuoti e, centrando il torace di lui con entrambe le mani, lo spinse con forza sul letto.

Il giovane rimbalzò con le spalle sul materasso. Non se lo aspettava proprio; del resto molte altre cose di lei erano state imprevedibili, e questo l'attizzava molto. Grazie ai forti addominali, si mise seduto; afferrò i fianchi di lei e cominciò a leccare le goccioline rosse che stavano penetrando la nera peluria del pube. Risalì con le labbra tutto l'addome, superò le perfette rotondità dei seni e, di nuovo in piedi, poté sollevarla e distenderla sul letto; le andò sopra e si sistemò tra le sue calde cosce. Un capogiro lo colse d'improvviso e la vista sembrò annebbiarsi.

La donna avvertì il piccolo cedimento e assunse il comando della situazione: le unghie affilate, color ebano, si ancorarono alla schiena dell'uomo e con un colpo di reni lo fece rotolare sull'altro lato del letto. Ora le posizioni si erano invertite e lei, con la schiena dritta, cominciò a ondeggiare il bacino sopra di lui.

Gli ansimi ripetuti contribuirono a innalzare l'eccitazione. Lei gemette in modo strano, animalesco; con i denti afferrò il labbro inferiore di Spadoni, che istintivamente si ritrasse, e la pelle si lacerò di netto. L'odore e la vista del sangue accrebbe l'appetito della donna, che subito cominciò a berne con ingordigia.

In uno stato di allucinazione, lui la guardava: ora con desiderio e subito dopo con interrogazione e sgomento; sentiva il proprio corpo eccitarsi, e nel contempo non si capacitava della presenza di tutto quel sangue su di sé. Sempre più debole, non riusciva a mettere a fuoco ciò che stava succedendo: c'erano due donne nella stanza, o forse era lui a vedere doppio.

All'apice dell'orgasmo la donna smise di cavalcarlo, gli andò di fianco e, continuando a nutrirsi, strizzò i testicoli senza alcuna pietà. Le urla di piacere e di dolore si fusero in un unico grido, l'ultimo della sua vita.

Quando fu sazia, scese dal letto, leccandosi le labbra ancora umide e ferrose.

Nel bagno della camera lavò via il sangue dalle mani e dalla faccia, mentre dell'uomo in fin di vita se ne stava ora approfittando un'altra donna.

<<Fai in fretta Giulia, c'è poco tempo.>> disse la donna bruna mentre raccoglieva il trench da terra e, assicurando un bottone dopo l'altro nelle asole del soprabito, raggiunse la terrazza. Si fece un nodo alla cintura, preferendolo alla normale chiusura con la fibbia, allargò le braccia e, appoggiando le mani sulla bianca balaustra in stile Liberty, ammirò l'incantevole skyline del mare d'autunno, di poco distante dall'hotel. Inspirò, soddisfatta, l'aria salmastra che una leggera brezza le porgeva, e s'indirizzò all'impercettibile ombra rotonda nel cielo notturno, unica testimone di quel delitto.

In pace con se stessa, il corpo e la mente non deliravano più dalla sofferenza. Sarebbe stato bello sentirsi così per sempre, ma la luna nera le avrebbe ricordato ancora di essere una Venere difettosa. Dopo aver rimuginato a sufficienza sul loro triste destino, fece una domanda alla "sorella di luna nera": <<Dimmi Giulia, cosa siamo diventate?>>

<<Non ci pensare.. per un po' staremo bene, no?>> replicò l'altra, mentre ripuliva la scena dalle loro tracce <<Aiutami, piuttosto!>>

Qualche istante dopo, il tonfo di un calcio improvviso sulla porta precedette l'urlo del maresciallo: <<Mani in alto e non fate un movimento! E' finita!>>

De Fortis aveva convinto il Capitano che l'ipotesi formulata dalla detective Bruni era verosimile e pertanto perseguibile. Il panfilo della famiglia Romei fu infatti ritrovato dall'Airone dei Carabinieri, a largo dei Bagni Pancaldi, mentre pattugliava la costa.

Il volocopter quattro posti, in dotazione ai Carabinieri, era un velivolo elettrico di nuova generazione. Con decollo e atterraggio verticale, un'autonomia di 80 km e una velocità di volo superiore ai 210 km orari, rappresentava un'importante risorsa per il controllo del territorio urbano.

L'apparecchio con la livrea dell'Arma si era avvicinato all'imbarcazione e due carabinieri addestrati si erano calati sul ponte, da una corda in acciaio. Non sapendo cosa aspettarsi, tenevano in pugno la Glock e, in assetto di combattimento, scesero, guardinghi, sotto coperta.

Il natante seguiva i lenti movimenti delle onde e niente sembrava far pensare che qualcuno si trovasse a bordo, in quel preciso momento. Le luci erano spente e, a parte le onde che s'infrangevano sulla chiglia del panfilo, non si udivano altri rumori. I militari proseguirono l'ispezione: la mano sinistra governava la torcia mentre il polso fungeva da punto d'appoggio per l'altra mano, che puntava la pistola in avanti.

Un gran tonfo avvertito sulla superficie dell'acqua gli fece capire che, chiunque ci fosse stato, si era appena tuffato in mare, tentando la fuga. I militari corsero sul ponte: il faro del dell'Airone" illuminava chi stava nuotando disperatamente verso la terrazza Mascagni.

Mentre il fuggitivo raggiungeva gli scogli prospicenti la terrazza, l'Airone era atterrato sulla scacchiera. Crow, l'ultimo passeggero rimasto a bordo insieme al pilota, era sceso dal volocopter e lo aveva sorpreso mentre stava scavalcando la balaustra.

L'ispettore non avrebbe potuto chiedere di meglio: si trattava di Mara Volpe, ed era proprio lui a mettergli finalmente le manette.

<<Parla! Dove sono Angela Baroni e Giulia Romei!>> le gridò contro <<Mettiamo la parola fine a questi omicidi!>>

L'acqua grondava dalle vesti e dal corpo di Mara, che si ostinava a non rispondere.

<<Non hai ascoltato i notiziari?!>> incalzò lui, guardandola dritto negli occhi <<Abbiamo i responsabili della sperimentazione che hanno fatto su di voi, e pagheranno per questo crimine; perché non vuoi dirmi dove sono le altre Veneri? Dannazione!>>

<<Oramai per noi è tardi: saremo giudicate da un tribunale e mandate in prigione chissà per quanto tempo!>> replicò lei <<Non sarò io a tradire le mie sorelle!>>

<<No, non capisci: per voi potrebbe esserci una vita normale; dopo tutto quello che è emerso dalle nostre indagini, i vostri crimini saranno giudicati in un contesto più ampio, di cui voi stesse eravate vittime.>>

Mara iniziò a credere alle parole di Crow e gli rivelò il loro piano di fuga: non appena le Veneri avevano finito con l'uomo all'Hotel Palazzo, lei le avrebbe recuperate con il gommone e si sarebbero dileguate con il panfilo.

L'ispettore aveva dato quindi l'allarme alla Bruni e tutto si era messo in moto per la cattura.

De Fortis teneva sotto tiro le Veneri mentre i due detective le stavano ammanettando, recitando i loro diritti. Il maresciallo avvertì il Comando che le Veneri erano in loro custodia, richiese una gazzella per l'arresto, il medico legale e un'ambulanza, senza fretta perché il poveretto era già morto.

Purtroppo non erano arrivati abbastanza in tempo per scongiurare l'omicidio, ma per fortuna le Veneri non erano ancora fuggite.

Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top