Prologo






Iris assaporò l'odore della foresta che le solleticava i sensi. Una foglia stava per morire, aggrappata al ramo più alto di un albero.

Succedeva a tutti, prima o poi.

Appoggiò una mano a terra, immergendoci le dita. Tutto era umido, anche la foglia che cadeva sulla sua pelle.

Iris chiuse gli occhi. Non aveva mai pensato alla morte come a qualcosa che la faceva stare bene, ma da quando il Disastro aveva cambiato la sua vita le sue percezioni non erano più state le stesse.

Quel giorno avrebbe dovuto morire un ragazzino. L'acqua aveva fame, non poteva aspettare molto.

Di solito le vittime non volevano morire. Iris era abituata ai pianti, alle lacrime, ai volti accartocciati dalla disperazione. Nessuno era mai pronto, quando si trattava di morire.

Quel ragazzino, però, stava zitto. Si avvicinò con passi stanchi, incredibilmente eleganti per una persona della sua età. Guardava il fiume, che ora aveva iniziato a vibrare di bagliori iridescenti, coi suoi occhi profondi. Le acque fluttuavano in aria, indecise.

Iris era solita vedere il fiume spalancare la sua bocca, colma di denti affilati come rasoi, e divorare la vittima. Ma adesso sembrava temere il ragazzino. L'acqua stava ribollendo, le fauci non si erano ancora mostrate.

C'era qualcosa che non andava.

Il fiume emise uno stridio, si ritirò e riprese a scorrere.

Il ragazzino, che fino a quel momento aveva mantenuto lo sguardo sul nulla, si voltò in un gesto meccanico. Poi parlò, facendo aleggiare una voce adamantina nell'aria.

«Il Disastro è appena cominciato. Non sapete quello che vi aspetta.»

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