4.
«Johanne» Ellie l'apostrofò mentre mangiavano, sedute al tavolo. «Come va con il lavoro?»
Johanne mise una mano in grembo, stringendo il pugno fino a farsi sbiancare le nocche. Aveva sempre odiato il modo in cui le si rivolgeva, con quella voce inquisitoria. Le faceva venire voglia di farla stare zitta per sempre.
«Bene», mentì, un sorriso disinvolto sul viso delicato. Era così brava a dire bugie che ne avrebbe potuto fare una professione. «Ho trovato qualcosa di interessante. Cercano un addetto all'amministrazione al Ministero. Hanno bisogno di qualcuno che smisti gli Scarti nei luoghi più idonei a loro.»
Più idonei.
Idonei.
Quelle parole avevano un sapore strano sulla sua lingua.
«Ah, interessante.» Era sicura che Ellie non avesse capito, la guardava con espressione vacua. Johanne si alzò in mezzo alle parole di Pierre e Christian, iniziò a togliere i piatti, si recò verso il lavabo. Christian era impegnato a dire la sua sulle politiche di smaltimento dei rifiuti, a quanto pareva non tollerava il numero troppo elevato di cadaveri che si ammucchiavano ogni giorno nel suo giardino. Eppure, non era colpa di nessuno se aveva scelto una zona del cazzo in cui vivere.
Johanne si morse la lingua mentre sciacquava i piatti con i residui di cibo.
«Volete tutti i caffè?» La voce di Pierre scoppiò la sua bolla di pensieri intrusivi.
«Sì», rispose Christian.
«Io con un goccio di vodka» Ellie parlò con quella sua inflessione che Johanne aveva sempre trovato lamentosa.
«Come sempre» Pierre sorrise e inserì le cialde nella macchinetta, che cominciò col suo leggero gorgoglio.
«Non hai detto una parola tutta la sera, Jo» se ne uscì Christian, mentre si accendeva una sigaretta. L'odore acre del fumo raggiunse le narici di Johanne. «Stai bene? So che non è un periodo felice, per te.»
Johanne si chiese per quale motivo glielo chiedesse. Una punta di fastidio le sfrigolò sul cervello come veleno corrosivo.
«No, infatti» disse, mentre prendeva le tazzine e le portava sul tavolo. Tenne quella di Ellie da una parte e tirò fuori la vodka dallo scaffale degli alcolici, stappò la bottiglia e lasciò che il liquido trasparente colasse nel bicchiere. Una goccia appena. «Ma, come dicevo prima a Ellie, cercano un addetto al Ministero. Mi dovrei occupare degli Scarti.»
«Gli Scarti?» Christian sollevò un sopracciglio, prese il suo bicchierino. «Sei sicura?»
«Perché?» Johanne non sopportava il modo in cui la sua voce suonava costantemente sulla difensiva.
«Non è un bell'ambiente» si limitò a dire Christian. «Conosco chi ci lavora. Non ne è uscito sano di mente.»
L'atmosfera si era fatta pesante. Ellie aveva tracannato il suo caffè in un sorso solo per prendere tempo, i suoi occhi da cerbiatto pieni di qualcosa che sembrava timore.
Johanne si affrettò a liquidare il tutto con un «Vedremo» detto con voce neutra. «Intanto devono prendermi. Al resto ci penserò.»
«Piuttosto, volevamo darvi i regali che vi abbiamo preso dal nostro viaggio. Siamo stati nel Mondo di Sopra, non ve lo avevamo detto?» alleggerì l'atmosfera Pierre.
«Sì! Aspettavamo questo momento, infatti» disse Christian, che nel frattempo aveva finito la sigaretta. La spense nel posacenere, picchiettando piano. Poi si alzò, avviandosi in sala.
La sua voce, però, non trasmetteva l'entusiasmo che aveva di solito.
*
«Hai parlato con qualcuno, al locale?» la voce di Odile tremava, mentre pronunciava quella domanda. Sentiva le gambe fatte di gelatina e i crampi di paura stritolarle la pancia. Si sentiva già sul filo del rasoio per non aver detto nulla a Iris delle incursioni di Vivienne.
Vivienne non doveva andare lì. Non spettava a nessuna di loro tre infilarsi nei locali dove la morte era inflitta illegalmente da altri e godersi lo spettacolo inermi.
Vivienne, invece, andava in quei locali e guardava e basta. Come se la cosa non la toccasse.
«Non ho parlato con nessuno» la voce di Vivienne era senz'anima.
«Stai mentendo.»
Ebbe il silenzio come risposta. A Odile venne voglia di urlare.
«Senti, non è colpa di nessuno se siamo legate a vita, ma» iniziò Odile.
«Oh, davvero?» Vivienne piegò la testa di lato e Odile sprofondò in quegli occhi che avrebbe voluto tanto dimenticare. La pelle candida di Vivienne si increspò, il sangue smise di scorrere sotto le sue guance. I suoi occhi velati adesso la fissavano, cieche biglie di latte lucido. «Perché questa frase è una presa per il culo» sputò tra i denti.
Si avvicinò. Gli occhi avevano ripreso il loro colore naturale. «E comunque, non ho parlato con nessuno.»
Odile non le credette, ma evitò di dire altro, perché altrimenti Vivienne avrebbe fatto quello che faceva di solito.
Nessuno voleva che accadesse.
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