capitolo 4

Ci fu poi un giorno che furono costretti a rimanere a casa; aveva piovuto sin dal mattino, ma le sacche fortunatamente erano colme di pomoblu; Ten, steso sul gelido pavimento, nella piccola cerchia di luce disegnata dalla candela sul comodino, mordicchiava la matita mentre pensava con cosa riempire il foglio ancora totalmente bianco. Renox guardava attentamente i tronchi posti a mo' di pilastri e i rattoppi del soffitto che essi reggevano, turbato dal fatto che l'acqua gocciolava qua e là. Voleva assicurarsi che nulla di ciò che aveva costruito si fosse infranto sotto il peso della pioggia. E purtroppo non ne era troppo certo.

Dai profondi squarci tra le nuvole, l'indomani mattina il cielo fu sferzato da grigiastri nastri di luce. I due erano usciti per cacciare calpestando il fango, bagnando i piedi nelle pozzanghere. Il morale era molto basso in quei giorni, sapevano che un altro fastidioso temporale era alle porte, e non furono proferite molte parole tra loro nemmeno quando presero la strada del ritorno nel tardo pomeriggio. Ma mentre Ten era in sovrappensiero, il vento condusse alle sue orecchie delle voci. Esse venivano da dietro alcuni alberi e fitti cespugli. Presto anche l'uomo iniziò a percepire qualcosa di distante, ma il votan aveva un udito molto più sensibile, quindi sapeva già che si trattava di molte persone.

"Sono in tanti", bisbigliò all'orecchio di Renox.

"Corri verso il lago, nasconditi, verrò io a chiamarti quando avrò finito!" ordinò lui sussurrando con voce gelida, guardando innanzi a sé fin dove gli consentiva la rigogliosa vegetazione. Ten non esitò e si allontanò dal padre tra i cespugli con un passo leggero, silenzioso e veloce come uno spiffero di vento. Ma il piccolo nella voce possente del padre aveva percepito un chiaro e freddo timore, e dentro di lui aveva iniziato a imperversare lo stesso sentimento mentre si allontanava. Non si sentiva affatto al sicuro da solo.

Renox, posando passi pieni di tensione tra le foglie bagnate, seguiva di nascosto le voci estranee. Si accorse ben presto che erano sulla via di casa sua. E una volta che vi erano davanti, loro si fermarono e lui restò dietro gli arbusti fissando le loro spalle coperte da sudici e laceri vesti. Stringeva rabbiosamente il pugno intorno all'impugnatura. Era come se l'arma olana gli sussurrasse di uccidere con voce profonda, infida, e oscura come il colore delle sue scaglie, mentre l'ira divampava nei suoi occhi. Ma dovette mettere a tacere quella voce assieme con ogni altro impulso: appena in tempo vide sopraggiungere delle altre persone; doveva solo aspettare il momento giusto e coglierlo al volo, così da eliminarli tutti colpendoli alle spalle come fosse un'esecuzione.

Intanto le loro parole si fecero più limpide e iniziò ad ascoltarle con più attenzione: parlavano di quelle pareti, dicendo che sarebbero un buon rifugio, che chiaramente erano state riparate da qualcuno alla meno peggio e che di conseguenza nei paraggi si potrebbero celare spiacevoli insidie. Ed era difatti così, ma non potevano accorgersene. Nel frattempo il freddo sole d'inverno iniziava a calare lasciando il mondo nel buio di un'altra lunga notte.

Uno degli sconosciuti si voltò da un lato e poi dall'altro dando degli ordini e nell'istante successivo il gruppo si divise in due file perlustrando scrupolosamente un certo raggio.

Sulle finestre sbarrate qualcuno indirizzava profondi sguardi, ma cogliendo solo buio attraverso gli spiragli tra gli assi; sospettavano che solo oggetti marciti nel freddo degli anni potessero scoprire là dentro.

Tuttavia si ricongiunsero dinanzi alla porta d'ingresso mentre fin sopra le caviglie gli arrivano le erbacce. Era quello il momento! Renox poteva colpirli tutti in una sola volta. Ma nel silenzio avvertì lo scricchiolio dei rametti che si spezzavano sotto la pressione dei passi, il fruscio dei cespugli che venivano mossi. Ne arrivarono degli altri ancora. L'uomo sgranò gli occhi maledicendo tutti loro. Desiderava unicamente toglierli la vita, cosicché lo lasciassero in pace.

Lo sguardo di ognuno di loro era cauto e rivolto in una direzione mentre tenevano le armi alte e gli indici posati sul grilletto, sospettando che potessero celarsi minacce, ma nessuno sapeva della presenza di Renox che sbirciava prudentemente. Poi delle parole iniziarono a giungergli chiare alle orecchie:

"Avevamo paura che prima della fine di questo giorno non avremmo ritrovato la strada di casa. E' arduo non smarrirsi in questo territorio se ci si allontana troppo dal fiume, nostro unico punto di riferimento". Qualche corpo, fisso in silenzio come una statua, nascondeva l'uomo che parlava. "Ben tornato Rick; devo ammetterti che ora ho come la viscerale sensazione che vi sia qualcosa alle nostre spalle pronto a pugnalarci".

"E' più che lecito. E mi impensierisce anche questa vecchia casa, come se all'interno vi si nascondesse un enorme pericolo". Questo Rick aveva una voce rauca.

"Tuttavia ora siamo in tanti, e con più sicurezza possiamo affrontare qualsiasi minaccia. Non mi spaventa più di tanto l'ignoto dietro quella porta", disse l'altro.

"No, non parlare così. Non ricordi più quanti sono morti, insieme, in gran numero, in questa selva maledetta?" ribatté Rick, e l'altro tacque. "Non sempre un buon numero è una garanzia. E non dimenticare che il nostro peggior nemico è la notte, quindi ribadisco che dobbiamo fare in fretta, prima che questa arrivi!" chiuse il discorso. Poi fu lui ad abbassare la maniglia e lo stridulo rumore della porta echeggiò nel silenzio della stanza.

Quindi vi si affacciò lentamente con l'arma stretta in mano, mentre un timido raggio di luce avanzava da dietro le sue spalle e si ingrandiva nel buio ambiente rivelando gli spigoli e i piedi del tavolo, i robusti assi di sostegno, terminando nel sottoscala. Infine si fermò sulla soglia, la sua ombra si distendeva nel tratto di luce, e i suoi compagni iniziarono a scorrere all'interno della stanza. Ma quando si trovarono dinanzi, nel buio, le chiazze di sangue rapprese sul pavimento e sui muri, si fermarono per diversi attimi con un'espressione sconcertata stampata sul volto.

Una voce bassa e turbata richiamò la loro attenzione, infrangendo un tombale silenzio: Rick ribadì per l'ennesima volta che rimaneva pochissimo tempo.

Con questa spinta presero a frugare con mano svelta in quel poco dove c'era da frugare, come quei cassetti, nei quali reperirono sorprendentemente un buon malloppo di munizioni, molto più di quanto si sarebbero mai aspettati di scovare. Ma quelli oggetti appartenevano già a qualcuno. E uno di loro senza accorgersi si tagliò tutto il palmo tastando qua e là in un tiretto senza guardare. Si portò le lacerazioni vicino al viso, sembravano sottili labbra socchiuse e sanguinanti. Lo stesso sangue era sul filo di quelle affilatissime lame nel tiretto, che in realtà altro non erano che proiettili di fucile olano.

Lui uscì fuori, si guardò le ferite alla luce. Richiuse il pugno, il sangue colò copioso macchiando l'erba e il suo addome, strinse i denti e imprecò. Non sapeva che c'era un qualcuno che lo fissava gravemente.

"Ci servono delle fasce!"

Dopo qualche minuto Rick era fermo al centro del soggiorno, a fianco a un insicuro pilastro, e una luce dalle fessure si rispecchiava nei suoi chiari occhi verdi incastonati in un volto magro pieno di tante impronte del tempo. Sentì i passi sulle scale dei compagni che erano andati ad esplorare a fondo il piano di sopra.

"Rick..." si voltò verso gli occhi turbati di uno di loro, "possono esservi degli olani in questa terra..." questi porse al capitano quelli affilati metalli.

Rick ne prese in mano uno e iniziò nuovamente a pensare a ciò che aveva attorno, alle tracce del massacro avvenuto tra quelle pareti, e si domandò se fossero state proprio le persone che conosceva e alle quali riponeva da anni fiducia, la cui morte era rimasta un mistero, le vittime.

Il fiume è proprio alle nostre spalle.

"Incamminiamoci verso casa, è giunta l'ora. Dobbiamo terminare i preparativi per il viaggio".

Si diressero a piccoli passi verso l'uscita, verso quella luce morente. Ma lui si allontanò dagli altri che erano pronti per partire, andando verso la riva con lunghi passi e occhi ben attenti, alla ricerca di un'altra impronta di sangue. E lungo la roccia sferzata dal fiume, ove tra le ombre si posava una delle ultime luci, trovò una nera scia informe e tante altre macchie.

Impensierito cominciò a osservare i flutti fragorosi: le acque gli avevano riportato indietro i suoi amici, tutti dilaniati da ferite d'arma da fuoco olana.

Il gruppo si rimise in viaggio quando fu finalmente tornato, e ascoltò lungo un certo tratto di cammino le sue parole:

"Nonostante tutto, è stata una buona giornata. Abbiamo trovato armi, pellicce che sembrano essere state ricavate da korm, e delle coperte. Questa è una grande fortuna, mai ci era successo di trovare così tanto". Questo era vero, ma ciò che stavano portando a casa era pur sempre poco: i vestiti e le coperte scarseggiavano sempre, e tra loro vi erano anziani, reduci della Guerra, donne e bambini. Inoltre presto avrebbero abbandonato i loro fidati ripari. Un lungo viaggio era alle porte.

Lo sguardo di Rick era triste sui giorni a venire: il tempo li stava portando sulla soglia dell'abisso, credeva. E sul suo cuore gravava soprattutto il timore per i più deboli, come, tra tutti, coloro che erano rimasti mutilati in guerra, che avrebbero dovuto portarsi sulle spalle oltre i gran burroni, tra gli scoscesi valichi e i passaggi di roccia.

Renox continuava a seguire lui e il gruppo a cui era a capo, affiancato dalle acque torrenziali e dietro un sipario fatto di vegetazione. Loro avevano le coperte e i vestiti suoi e del figlio, quindi non poteva permetterli di andare via. Doveva compiere un gesto violento e crudele, ma l'avrebbe fatto senza esitare. Voleva soltanto lasciarsi tutto alle spalle il più presto possibile.

Ora c'erano troppi alberi, non poteva ancora aprire il fuoco. Ma, dopo che ebbero attraversato una certa distanza, il terreno diventò più libero e semplice. Loro proseguivano sempre dritti lungo la radura, che l'ombra della sera ricopriva, e lui sempre vicino al corso d'acqua che attraversava il versante senza mai dividersi, fissando le loro spalle celandosi come una serpe tra i cespugli.

Avevano fatto molti passi quando Renox decise di reagire subdolamente e sollevò la falce per mietere le vittime inconsapevoli. Ma un uomo si avvicinò alle sue spalle con passi felpati, e puntandogli un'arma urlò impetuosamente:

"Tu chi diavolo sei! Distenditi a terra, adesso!"

Il cuore di Renox mancò un battito, tuttavia fece un rapido movimento aggirandolo prontamente, rimbombò uno sparo a vuoto, e la sua mano fu lesta come l'azzanno di una serpe nel sottrargli l'arma. Strinse il collo dell'estraneo col braccio, puntandogli l'arma alla tempia, ma si ritrovò una fitta schiera di persone dinanzi.

"Che siate maledetti!" Bisbigliò nell'orecchio del suo ostaggio con voce empia di paura. Ma in verità in un'angustiante morsa era stretto il suo cuore: Ten era solo da troppo tempo. All'inizio credeva che avrebbe risolto velocemente quella faccenda, che sarebbe tornato da lui entro la fine del giorno. Ma la situazione si era fatta così grave e incerta, e non vedeva alcuna via d'uscita intorno a sé. E non vi sarebbe stata alcuna esitazione nelle loro mani, che brandivano gelidi strumenti di morte, o rimorso nelle loro coscienze.

Il mormorio incessante delle rapide acque divenne ancora più acuto alle sue orecchie, come se lo stessero isolando. Sì, c'era una via di fuga... e cominciò a muovere rigidi passi all'indietro, stringendo ancor più forte la presa intorno al collo dell'ostaggio, il cui sguardo terrorizzato era rivolto ai suoi compagni. Poi lo lasciò andare spingendolo in avanti buttandosi nel fiume. Le vorticose correnti lo travolsero facendolo scomparire, soffocandolo; fu portato via dalle tumultuose onde e sì, era oramai lontano da loro, ma sempre in grave pericolo. Tentava disperatamente di mettere la testa fuori, i suoi occhi erano sempre più vacui mentre annegava e sempre più deboli i suoi tentativi di riemergere.

Tuttavia avvertì d'un tratto l'impatto con qualcosa, un gran cumulo di rocce cedute. Allorché i flutti spumeggianti iniziarono a infrangersi sul suo volto, poi si tirò su con respiri disperati, affannosi, trovando finalmente tregua nel piccolo vortice. I suoi occhi annebbiati si rianimarono pian piano mentre gli levava al cielo, alla notte appena sopraggiunta. Le sue orecchie erano gremite del baccano del fiume ingovernabile. Fu strappato alla morte; riuscì a trascinarsi sulla riva per sollevarsi in piedi sulle ginocchia, tremando grondante di acqua gelida nell'umida notte d'inverno. Impenetrabili tenebre lo circondavano, la luce delle stelle e della grande luna era remota e insignificante. Ma riconobbe il fiume al suo fianco: era proprio quello che sfociava a nord nel lago dove doveva trovarsi Ten. Cominciò a camminare, irrigidito dal freddo, tentando di mantenere un passo più svelto possibile.

I coralli splendevano quando si ritiravano le luci in cielo e soave era il movimento delle acque, il cui bagliore si rispecchiava negli occhioni di Ten, accovacciato sull'orlo; il suo viso, insieme con qualche pietra che giaceva lì vicino, veniva accarezzato dalla luce che emergeva dalle profondità, etera e delicata quanto quella delle lucciole sotto gli Alberi Giganti. Aspettava e aspettava il ritorno di Renox... e assai tanto tempo era passato a impressione del suo cuore spaventato, e la sua speranza vacillava mentre si sentiva abbandonato a se stesso nella malvagia notte.

L'oscurità si era impadronita del mondo, eccetto di quella luce sotto il suo sguardo perso. Nulla più avrebbe potuto in quel mondo senza nessun altro a fianco, e non gli sarebbe rimasto molto da solo. Ma, innanzi a sé, sulla distante estremità opposta, apparve sul limitare del chiarore un uomo. Era suo padre. Immediatamente si corsero in contro.

Per qualche attimo restarono l'uno dinanzi all'altro, e il piccolo negli occhi dell'uomo trovò già risposta alla domanda che non aveva ancora espresso. Era ciò che non avrebbe voluto sentire: non era ancora finita, anzi, era peggiorato tutto. E innumerevoli altri dubbi sorsero in lui, trovando voce nel suo sguardo fisso in quello di Renox: Cosa faremo adesso? Era solo uno. E si aspettava che il padre gli desse risposta, ma non vedeva molta fiducia nemmeno in lui.

"Adesso cos'è sicuro più?" parlò. Renox si voltò in un'altra direzione, però qualcosa sembrò balenare nelle sue pupille. Un piccolo fuoco si stava aizzando sempre più?

Esso magari era solo un briciolo di buon auspicio. Ma non sapeva cosa rispondere di preciso a Ten, che si riferiva alla loro dimora: era pericoloso oramai restare là?

"Combatteremo?" sperava in un sì.

"Sì".

"Come faremo?"

"Sono numerosi e sembrano perlustrare questa terra in tanti piccoli drappelli non troppo distanti l'uno dall'altro. Perciò se li rincontreremo, non dovremo mai essere avventati nello scagliarci contro di loro, poiché potremmo in questo modo venire colpiti alle spalle a nostra volta da un altro gruppo vicino, di cui potremmo non sentirne nemmeno i passi, come stava per succedermi". Parlava a voce molto bassa. "Ma non ci resta altro che scoprire dove sono soliti muoversi e sfruttare qualsiasi cosa che possa tenerci nascosti per tenderli un'imboscata".

"Io li sento così vicino a noi, alle nostre spalle, persino nascosti sotto i nostri occhi". Non tanta era la fiducia di cui Ten poteva sentirsi forte, però non si abbatteva.

"Prenderemo la situazione in mano".

"Combatterò. Lo farò senz'altro. Ma è come se tutti i nostri peggiori timori si stessero avverando, mai avrei potuto immaginare giorni tanto difficili".

"Passeranno presto..."

"Passeremo qui la notte?" chiese dopo un po'. Nel freddo e nel buio e sulle pietre. pensò.

"No, figliolo. Ora torneremo a casa. Non siamo troppo lontani". Iniziò a muovere i passi.

"Non mi sento più di chiamare quel posto casa. Non è più la nostra casa. E potrebbe trasformarsi in una trappola in un momento qualsiasi. Dobbiamo essere preparati all'eventualità di dover fuggire".

"Sì, io lo sono. Lo sono sempre stato. Ma è ancora la nostra dimora, e dobbiamo difenderla".

"Lo farò. Ma adesso voglio solo sapere cosa è successo di preciso". Fianco a fianco si addentrarono nello spettrale anello d'alberi risalendo il fiume.

"Ti racconterò tutto domani".

"Ti hanno visto? Hanno messo mano sulle nostre cose?" a questo avrebbe trovato comunque risposta appena giunto a casa.

"Sì. Sì e sì!"

"Ti hanno fatto del male?"

"Se così fosse, ora non sarei qui". Rispose con maggior compostezza. Ten però si rattristò e abbassò lo sguardo assonnato sulle gelide acque increspate che scorrevano lentamente con un sommesso fruscio.

"Cosa ci rimane? Hanno preso tutto?"

"Non proprio. Poi tranquillizzati, perché rimedieremo presto".

"Ma le scorte per l'inverno e tutto ciò che ci serviva per sopravvivere..."

"Risolveremo".

Erano rimasti in silenzio per diversi passi sotto il barlume della luna costeggiata da nuvole nere che strisciavano nel cielo, fin quando non notarono una luce distante, simile a un piccolo lume di riferimento in una gola di oscurità, ma dalla tonalità vagamente verde.

Cominciarono a seguirla senza sapere cosa aspettarsi, e una volta vicini ad essa scoprirono che era assai più grande e splendente di quanto sembrasse da lontano: a emanarla si rivelarono essere innumerevoli grandi lucciole che come una veste avvolgevano un grande albero ricurvo.

Alcune di esse si levavano simili alle scintille di un verde fuoco senza fiamma che viene soffiato, danzando nella notte e perdendosi nel buio.

I due vi passarono di fianco e ammirando provarono una calda e inaspettata emozione che per pochi attimi li fece dimenticare tutto il resto. Era la prima volta che vedevano questo fenomeno.

Ma ben presto quel barlume si perse alle loro spalle.

"Mai avevamo camminato tanto in questo mondo di notte. Credevamo che ci avremmo trovato solo buio", disse Ten. "Tuttavia non è la prima volta che scopriamo qualcosa di nuovo, e non sarà l'ultima" continuò, "non potremo mai pretendere di conoscere a fondo qualcosa di così vasto, selvaggio e vario. E ostile".

"Ostile solo per noi uomini e votan. Questa natura è il risultato di una fusione tra mondi, e in essa ogni strana creatura trova il suo spazio per vivere. Ma per noi non è lo stesso e siamo costretti a costruire l'essenziale per sopravvivere e pareggiare le nostre debolezze. Tuttavia, talvolta, il pericolo più nascosto e peggiore si rivelano essere gli stessi umani quando da questa realtà vengono spinti a rubare. Perciò voglio che tu impari a evitare gli estranei. Sono loro che talvolta non ci fanno sentire veramente al sicuro. Sono loro che ci hanno privato di ciò che ci serviva per sopravvivere, portandosi via tutto".

Casa era alle porte, ma le vie che ogni giorno attraversavano assumevano un volto avverso ed estraneo nella notte. Il passo pieno di inquietudine si alleggerì solo percorrendo la famigliare radura, schiarita dalla luna piena che d'inverno era sempre più luminosa e bella, ma successivamente scomparvero nuovamente nelle profondità della selva.

E lì avvenne che la loro strada si incrociò con quella di un altro: fermarono il passo non appena i loro sguardi si incrociarono, tenendovisi distanti. Renox guardando quegli occhi distinse solo tanta paura, ma anche prontezza. Ma sapeva che costui non voleva altro che continuare per la sua strada, e non aveva né ragione né desiderio di impedirglielo. Questi sarebbe dovuto soltanto restare alla larga da entrambi e andare via e nulla di male gli avrebbe fatto.

L'umano e il votan si allontanarono assai svelti e rallentarono solo dopo un certo tempo per non perdersi.

Ma uno scricchiolio squarciò il silenzio: chi l'aveva causato era appena caduto dal cavo sospeso su cui camminava.

Renox svoltò a sinistra tenendo la mano sulla schiena del piccolo ed entrambi sfuggirono da un certo sguardo nascosto e si annidarono a loro volta tra le ombre. Chi li seguiva non si tirò indietro, ma dopo essere avanzato di pochi piccoli passi, fu per lui una morsa al cuore e terrore quando non li vide più.

Si sono accorti della mia presenza, si domandò privato di quel coraggio che l'aveva fino ad allora mosso, rendendosi conto della gravità del suo passo falso.

Iniziò delicatamente a indietreggiare scrutando attraverso la fitta trama tessuta dagli alberi, insicuro di voltare le spalle. Qualcosa a sua insaputa poteva strisciare come un verme tra quelle tenebre. Poi si voltò, affrettandosi a tornare indietro con un cuore pesante di angoscia. Ma il suo cuore mancò l'ennesimo battito quando un fantasma dal nulla gli si avventò addosso.

Cadde, e cominciò a dimenarsi come fosse avvolto dalle fiamme mentre un braccio stretto intorno al collo non gli permetteva di gridare. I suoi occhi rimasero aperti tutto il tempo.

Renox sentì la vita abbandonare il suo corpo, tuttavia il suo volto rimase di ghiaccio e non lo guardò nemmeno quando si rialzò. Bensì guardò Ten, sempre più esausto.

"Andiamo, non manca molto", protese la mano verso di lui, ma egli sussurrò con voce appesantita da tanti turbamenti:

"Temo nel lasciare lì il cadavere", l'umano si rese conto che aveva ragione e, sospirando, nascose con scrupolosità il corpo tra i cespugli.

La porta, come i cassetti, era rimasta aperta e dentro c'era il gelo come fuori, l'umidità dell'inverno impregnava le logore pareti; i due salirono su, ove non vi era rimasto nulla per coprirsi.

Dormirono abbracciati. Ten riuscì a prendere un po' di sonno con quel poco di calore che trovava tra quelle braccia, ma l'umano no. Fu una lunga notte.

Il pallido tramonto strisciava sugli impervi muri di roccia e sui capannoni che si reggevano l'uno sull'altro nelle profondità dell'esteso burrone.

Con testa alta e sguardo vagheggiante, pieno di pensieri e fardelli, e con le mani sul bordo del tavolo, parlava Rick, un vecchio generale. Questi, nei giorni più bui del genere umano, aveva protetto molti superstiti con l'aiuto dei vecchi generali che ora aveva intorno, conducendoli in un lungo viaggio finché non giunsero in quel vasto burrone, ove avevano costruito una società che durava ormai da qualche anno.

"Non abbiamo mai esplorato così a fondo il sud prima d'ora, e solo adesso stiamo scoprendo quanto veramente sia ricco di risorse..."

"Stiamo andando troppo oltre. Ne sono già morti troppi. Fermiamoci finché siamo in tempo! Ne abbiamo perso un altro ancora ieri notte e non sappiamo chi o cosa sia l'artefice di tanta morte!" lo interruppe un anziano generale.

"Guarda dove dovremo spingerci fra poco. Guarda!", Rick indicò il nord dal lungo squarcio della tenda, ove si intravvedevano rupi che sembravano denti fracassati e, assai più distanti, si accennavano vette incappucciate di neve. "Necessitiamo di numerose provviste per il viaggio che ci attende e non è semplice cacciare qui. Dobbiamo cercare a sud! Inoltre ieri abbiamo trovato un punto più sicuro, che useremo come avamposto per qualche giorno con l'obiettivo di racimolare più risorse possibile, prima che sia troppo tardi".

"Siate ben attenti a ciò che cacciate. Controllate bene! Non deve ripetersi ciò che è già successo".

Il giorno dopo, all'albeggiare partì con un gruppo. Marciarono lungo una vasta e amorfa terra di pietra mentre le ultime stelle della notte si dissolvevano alla nascita di una vaga e remota luce tra le tenebrose nuvole. Passata un'ora, una vasta fenditura tra le nuvole si aprì poco al di sopra della linea tra cielo e terra, riempiendosi di una luce simile a quella di una fiamma morente. Allora arrivarono dove, tra le rocce, vi erano piccole distese di un verde raggrinzito e secco. Poi, risalendo il pendio, si fermarono ad ammirare la selva interminabile innanzi a loro. Consumarono un fugace pasto prima di ripartire.

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