Dubbio fraterno
Londra, 1882, febbraio, lunedì mattina.
Sherlock uscì dal Saint Bartholomew's Hospital annoiato. Nessun assassinio, nemmeno un piccolo mistero interessante si era verificato in quei giorni.
Era la prima volta che ciò accadeva da quando aveva deciso di diventare consulente investigativo. Nonostante qualche collaborazione con Scotland Yard, a soli ventiquattro anni non vantava ancora una fama consolidata e doveva impegnarsi al massimo.
Non era servito accompagnare con una scusa il coinquilino, il dottor John Watson, per intrufolarsi all'obitorio e rimediare un caso.
Soffiò, si aggiustò il cappotto grigio spinato e si incamminò verso casa.
Scansò un passante che lo stava per travolgere.
Andavano tutti di fretta in quei giorni piovosi e grigi. La gente correva ad acquistare cibo, temendo che il prolungarsi del cattivo tempo portasse scarsità negli approvvigionamenti.
Cercò di evitare le pozzanghere ma si impantanò nella fanghiglia scura e appiccicosa che ricopriva le strade di Londra. Guardò le sue scarpe.
Aveva bisogno di acquistarne un paio di nuove, ma considerando il periodo di scarso lavoro, si sarebbe affidato al sostegno del fratello maggiore.
Mycroft gestiva l'appannaggio mensile. Sorrise immaginando il suo volto irritato all'ennesima richiesta di denaro. Doveva far leva sul suo buon cuore, ben nascosto dietro una facciata di lamentele, consapevole che alla fine avrebbe ceduto.
Qualche contrasto lo avevano avuto, ma era la sua famiglia e sapeva di poter contare su di lui.
Uno stridio di freni e un calpestio di zoccoli lo fece sussultare; una carrozza nera gli si parò davanti nella West Smithfield poco lontano dall'ospedale.
Il vetturino tirò le redini fermando il cavallo, con uno scatto repentino un giovane con i capelli biondi, alto e asciutto, scese da dentro. "Signor Sherlock Holmes? Mi scusi, sono un collega di Mycroft."
Gli porse la mano bloccandogli la strada.
Il detective non indietreggiò, lo osservò con attenzione.
Indossava vestiti di ottima fattura, ma mancava di eleganza nel portamento. Tuttavia, la sua situazione economica sembrava confortevole. Le sue mani erano ben curate, una piccola macchia di inchiostro sul pollice suggeriva un'attività di scrittura frequente, forse un impiegato o un segretario. Nonostante ciò, le nocche nodose indicavano un passato nel pugilato o in discipline simili.
"Mi scusi, lei sarebbe?" Gli chiese incuriosito da quell'approccio improvviso.
L'uomo fece un sorriso di circostanza, che assomigliava di più a una smorfia.
"Il mio nome, per ora, non ha importanza, ma se tiene a suo fratello mi seguirà." Affermò senza giri di parole, solleticandone l'interesse.
Holmes lo guardò sorpreso e ridacchiò abbassando la testa.
"Perché dovrei? Non sono il custode di Mycroft!"
Prendeva tempo, infilò la mano nella tasca interna sfiorando il contenitore del tabacco.
"Davvero? Non si direbbe da come ne parla, lei è sempre nei suoi pensieri, soprattutto dopo quello che è successo a Vienna." puntualizzò il tizio.
Il detective non si scompose e ribadì seccamente.
"Quel incidente è acqua passata, lo saprei se fosse stato in difficoltà." Sibilò mentre valutava la situazione in cui si stava cacciando.
"Forse le nasconde qualcosa, se si distrae in una cantina del West End e giace, stordito dal troppo bere, sotto un tavolo!" Insinuò velenoso il giovane. "Un guaio per un affermato diplomatico della Corona."
Sherlock ridacchiò per quella scusa ridicola.
"Mio fratello non frequenta quei posti ed è quasi astemio. Quale è il vero motivo che la porta da me?" Socchiuse gli occhi e osservò con attenzione l'interlocutore.
Un leggero tic sul labbro inferiore confermava che quell'uomo gli stava mentendo.
Se Mycroft fosse stato in difficoltà per altri motivi, non poteva permettersi di rischiare. Mantenne una distanza di sicurezza mentre dentro sentiva crescere la preoccupazione per il maggiore.
"Perché io so esattamente dove si trova." Sibilò quello, agitando la mano verso il vetturino per tenerlo pronto.
Il detective aggrottò la fronte, ora le carte erano scoperte, quella minaccia non tanto velata era la conferma dei suoi sospetti: Myc era trattenuto.
Si fece guardingo e replicò. "Forse la sua libertà è limitata?"
"Non credo... signor Holmes." Ghignò l'altro, aprendo lo sportello della carrozza.
"Se vuole togliersi il dubbio, mi segua." Mosse la testa facendogli cenno di entrare. Il conducente distese le redini, e i cavalli furono in tiro.
Il giovane titubò, c'era la possibilità che si infilasse in un guaio, però doveva essere sicuro che quel metodico del fratello stesse bene.
Era cambiato così tanto dopo Vienna, senza che lui riuscisse a capirne il motivo. Il rimorso di non esserci stato in quel brutto periodo, lo perseguitava da molto tempo.
Prese un bel respiro e annuì verso il tizio sgradevole che lo aspettava con lo sguardo melenso.
"E sia, mi porti da lui." Replicò deciso e salì, guardando in lontananza il Saint Bart.
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