11 Sul piede di battaglia -Biancarosa e Rosarossa-
Caleb: 《BRUTTO *bestemmie varie troppo shockanti per essere scritte al pubblico*!》
Alcuni degli adulti e i ragazzi, ossia i pochi che non sono rimasti shockati dalle varie bestemmie di Caleb, corsero nella direazione da cui provenivano le urla dell'adulto, la scena che trovarono li fece restare basiti: Caleb sbraitava contro Joe e cercava di saltargli addosso, mentre David e Jude lo mantenevano.
La scena in sé, bestemmie a parte, non era shockante, ma il fatto che ci fossero i grandi David Samford e Joe King nella villa e loro non ne sapessero un cappero.
Bryce:《Che sta succedendo?》
Caleb:《succede che Joe è coglione.》
Joe:《solo perché ho dett-》
Caleb:《ZITTO!》
Claude:《invece parla, voglio sapere.》
Caleb:《MA FATTI I CAZZI TUOI CHE CAMPI CENT'ANNI!》
Claude: 《io mi faccio quelli degli altri e ne vivo duecento.》
Questa volta Caleb cercò di saltare addosso a Claude, ma David e Jude continuavano a mantenerlo. Questa volta Joe prese di peso l'amico e lo butto sul letto della camera che condivideva con il suo ragazzo, mentre David spinse dentro la camera il migliore amico e chiusero la porta, battendo il cinque.
Victor:《che sta succedendo qui?》
Joe:《io e David siamo qui per aiutare gli adulti a prendersi cura di voi.》
David:《in verità Jude i ha invitati più per aiutarlo con Caleb per con voi, e Joe voleva rivedere il fratello.》
Victor:《ricordavo che Joe avesse solo quattro sorelle e non un fratello.》
Tutti i presenti si girarono a guardare Victor basiti.
Victor:《conosco una delle sorelle.》
Claude:《fai già le corna ad Arion?》
Victor:《almeno io ho un fidanzato, non come te, che non riesci nemmeno a dire alla persona che ami i sentimenti che provi per lei.》
Ci fu un attimo di silenzio, mentre Claude fissava il ragazzo dai capelli blu. Aveva dimenticato che lui aveva capito della sua cotta per Bryce, e un po' di tempo fa lo aveva detto davanti a tutti.
Bryce:《comunque, chi è il fratello di Joe?》
Joe:《Caleb, non siamo fratelli di sangue, ma lo considero tale.》
Claude:《chi vuole sentire la storia che ho preparato per oggi?》
David:《uh io!》
Bryce:《sapete già cos'è?》
Joe:《Jude ci ha informati.》
Claude:《meglio così. Tutti giù, tra cinque minuti si inizia.》
Victor guardò storto il rosso e giurò a sé stesso che lo avrebbe fatto parlare. Sapeva che Bryce ci soffriva non sapendo cosa provasse il tulipano per lui, quindi avrebbe aiutato l'adulto, anche a costo di fare una guerra.
Anche se non Lo faceva notare, era dolce, infondo, molto infondo, ma era dolce.
In cinque minuti tutti si ritrovarono in salone e Claude iniziò a raccontare.
Inizio storia
C'era una volta una povera vedova, che viveva in una modesta casetta con i suoi due figli, un maschietto e una femminuccia. Li aveva chiamati Jude e Celia: erano buoni, laboriosi e gentili. Jude era più tranquillo e remissivo, Celia più spensierata e vivace. A Celia piaceva correre e saltare per i prati, andare a caccia di farfalle e cogliere fiori campestri, mentre Jude stava volentieri in casa ad aiutare la mamma nelle faccende, oppure le leggeva qualche libro mentre essa cuciva. I due bambini si volevano molto bene e si tenevano per mano quando andavano fuori insieme: dicevano che non si sarebbero mai separati e che avrebbero sempre diviso fraternamente ogni cosa. Spesso si addentravano parecchio nella foresta a cercare fragole e mirtilli, ma gli animali feroci non facevano loro alcun male. Le lepri venivano a mangiare le foglie di cavolo che i bimbi porgevano loro, i caprioli pascolavano senza timori, le capre saltellavano intorno giocando, e gli uccellini rimanevano a gorgheggiare sui cespugli senza fuggire al loro avvicinarsi. Non capitava loro mai niente di male e, se indugiavano nella foresta e la notte li sorprendeva, si sdraiavano sul muschio e dormivano tranquilli fino alla mattina dopo. La mamma non aveva alcun timore, pur sapendoli soli nel bosco.
Una volta, dopo aver così trascorso la notte nella foresta, quando l'alba li svegliò videro una bella fanciulla vestita di un bianco abbagliante che stava seduta vicino al loro giaciglio. Ella s'alzo guardandole con amore e, senza dir nulla, rientrò nella foresta. Quando i bimbi si guardarono intorno, si accorsero che il luogo dove avevano dormito era sull'orlo di un precipizio, nel quale sarebbero certo precipitate se nel buio avessero fatto due passi di più. La mamma disse che l'apparizione che avevano veduta era, senza dubbio, uno degli angeli che proteggono i bambini buoni da ogni pericolo. Jude e Celia tenevano la loro casetta così pulita che era un vero piacere entrarvi. Ogni mattina, nell'estate, Celia metteva prima in ordine la casa e poi coglieva un mazzolino di fiori per la mamma, e ci metteva sempre un bocciolo bianco e uno rosso che prendeva da ciascuno dei due rosai che crescevano davanti casa loro. Ogni mattina, nell'inverno, Jude accendeva il fuoco e vi poneva sopra, piena d'acqua, la caffettiera, che, benché fosse di rame, splendeva come l'oro tanto era ben lucidata. La sera, quando cadevano i fiocchi di neve, la mamma chiedeva Jude di chiudere la porta col catenaccio e poi si sedevano intorno al camino e la mamma si metteva gli occhiali per leggere un grosso libro a voce alta, mentre i bambini filavano. Accanto a loro stava accucciato un agnellino domestico e dietro, appollaiato sopra una pertica, c'era un piccioncino bianco, che dormiva con la testa sotto l'ala.
Una sera, mentre sedevano così pacificamente, si sentì un colpo alla porta, come se qualcuno volesse entrare. La madre ordinò a Jude di aprire la porta, pensando fosse qualche viaggiatore che aveva bisogno di asilo. Jude tirò il catenaccio e aprì la porta, aspettandosi di vedere un povero uomo; invece, fu un orso grosso e grasso che fece capolino. Jude cacciò un grido e tornò indietro di corsa, l'agnellino belò, il piccione svolazzò sulla pertica e Celia si nascose dietro il letto della mamma. L'orso, però, si mise a parlare e disse di non avere paura poichè non voleva far male loro ma essendo mezzo congelato e vorrebbe scaldarsi un poco. La mamma intenerita invitò l'orso ad entrare e poi rassicurò i figlioletti dicendo che le sue intenzioni erano buone. Così loro si avvicinarono e pian piano anche l'agnello e il piccione dominarono la loro paura e fecero buona accoglienza al rude visitatore. L'orso prima di entrare chiese ai due di scuotere via la neve dal suo pelo. Loro andarono a prendere le scope e gliela spazzarono via tutta. Allora l'orso si distese davanti al fuoco e fremeva dalla contentezza; a poco a poco i bambini presero tanta confidenza con lui da osare fargli degli scherzi: gli tiravano il pelo, gli mettevano i piedi sulla schiena, lo facevano rotolare avanti e indietro e arrivarono perfino a picchiarlo col battipanni, ridendo quando lui brontolava. L'orso sopportava serenamente tutti questi giochi e se picchiavano troppo forte esclamavano:
La vita a me lasciate, Jude e Celia, o mai vi maritate!
Quando venne l'ora di andare a letto e i bimbi si coricarono, la madre disse all'orso che se avrebbe voluto poteva dormire davanti al camino, al riparo dal freddo e dal cattivo tempo. Appena spuntò l'alba, i bambini fecero uscire l'orso che se ne trotterellò via sopra la neve: e ben presto prese l'abitudine di tornare alla capanna ogni sera alla stessa ora. Si sdraiava davanti al fuoco e lasciava che i bambini giocassero con lui finché volevano: a poco a poco esse si abituarono talmente alla sua presenza che non mettevano il catenaccio alla porta finché non era arrivato. Ma appena tornò la primavera e tutto era verde nella campagna, una mattina l'orso disse a Jude che doveva lasciarlo e non sarebbe tornato per tutta l'estate, egli chiese dove andasse e lui rispose di esser costretto a stare nella foresta per custodire i suoi tesori dai nani cattivi. Durante l'inverno, quando il gelo indurisce la terra, essi se ne devono stare rintanati nelle loro grotte e non possono uscire, ma ora che il sole ha riscaldata la terra e l'ha ammorbidita, i nani scavano lunghe gallerie e rubano tutto quello che trovano. Ciò che è passato nelle loro mani e che essi nascondono nelle loro grotte non si può riavere facilmente.
Jude era molto triste per la partenza dell'orso, e gli aprì la porta così malvolentieri, che, quand'esso sgattaiolò dalla fessura, lasciò sulla maniglia un pezzetto di pelliccia: e nel buco prodottosi nel suo mantello parve a Jude di intravedere un luccichio d'oro; ma non ne fu sicuro. L'orso, pertanto, se n'andò in fretta, e fu presto nascosto dagli alberi. Poco tempo dopo, la mamma mandò i bimbi nel bosco a raccogliere legna e, mentre erano intenti a cercare ramoscelli secchi sparsi sul terreno, s'imbatterono in un albero caduto attraverso al viottolo. Videro qualcosa tra l'erba che andava su e giù e non capirono dapprima che fosse: ma quando si furono avvicinati, videro un nano dalla faccia vecchia e grinzosa, e dalla candida barba lunga un metro. La punta di questa barba era incastrata in una fessura del tronco e l'omino saltava qua e là come un cane legato a catena, non sapendo come fare a liberarsi. Guardò i bambini con gli occhi fiammeggianti ed esclamò che cosa ci fassero lì senza muoversi e se non se ne andassero senza aiutarlo. Celia chiese che cosa avesse fatto il nonnino. Egli di tutta risposta gli disse che ella era sciocca e curiosa, poi le rispose che volevo spaccare l'albero per fare legna per la sua cucina. Aveva messo il cuneo e tutto procedeva bene, quando esso è saltato via a un tratto e la spaccatura si è richiusa così presto che non ha fatto in tempo a tirare indietro la sua bella barba, e ora è presa lì dentro e non può andarsene. I bambini riunirfono i loro sforzi per tirare fuori la barba del nano, ma non vi riuscirono. Celia provò ad andare a chidere aiuto, ma il nano la bloccò e iniziò a lamentarsi del fatto che due persone erano già troppe. Jude replicò dicendo di avere un'idea e, tirì fuori dalla tasca le sue forbicine, tagliò la punta della barba.
Appena il nano si sentì libero, afferrò il suo sacco, che era nascosto fra le radici dell'albero ed era pieno d'oro. Ma si guardò bene dal mostrarsi riconoscente: si gettò sulle spalle la bisaccia e se ne andò con aria corrucciata, brontolando e gridando: "Stupidi, tagliare un pezzo della mia barba!" Un po' di tempo dopo, Jude e Celia se n'andarono a pescare; quando si avvicinarono allo stagno, videro qualcosa che sembrava una grossa cavalletta e che saltellava sulla riva come se stesse per balzare nell'acqua. Corsero a vedere e riconobbero il nano. Celia preoccupata gli chiese cosa stesse facendo e che sarebbe potuto cadere in acqua, il nano rispose di non essere tanto scemo, poi fece notare ai due una cosa. Il nano stava pescando e il vento aveva imbrogliato la sua barba col filo della lenza in modo che, quando un grosso pesce aveva abboccato all'amo, le forze del piccolo essere non erano più state sufficienti a tirarlo su e il pesce era sul punto di avere la meglio nella lotta. Il nano si aggrappava ai salici e ai cespugli che crescevano sulla riva, ma anche questo non serviva; il pesce lo tirava dove voleva e lo avrebbe portato ben presto nello stagno. Per fortuna i due fanciulli arrivarono in tempo e cercarono di liberare la barba del nano dal filo della lenza; ma essa si era talmente attorcigliata che non fu più possibile sciogliere quell'intrico. Jude tirò fuori le forbici una volta ancora e tagliò un altro pezzo di barba. Quando il nano se ne accorse, montò su tutte le furie ed iniziò ad urlare contro i due, senza essergli riconoscenti per averlo aiutato ancora. Sollevò un sacco di perle che stava fra i cespugli e, senza aggiungere parola, scivolò via e sparì dietro una pietra.
Non molto tempo dopo quest'avventura, la mamma di Celia e Jude ebbe bisogno di filo, aghi, spilli, merletti e nastri, e mandò i figlioli a comprarli nella città più vicina. La strada passava per una zona dove numerosi massi erano disseminati qua e là, ed essi scorsero, proprio al disopra delle loro teste, un grande uccello che volava a spirale abbassandosi via via finché, a un tratto, piombò dietro a uno di quei massi. Udirono subito un grido lacerante e, correndo, videro con orrore che l'aquila aveva afferrato il loro vecchio conoscente, il nano, e cercava di portarlo via. I bimbi compassionevoli lo afferrarono a loro volta e lo tennero forte finché l'uccello rinunciò a lottare e se ne volò via. Però, appena il nano si riebbe dalla paura, ancora una volta sgridò i due per il loro operato, lamentandosì per la sua giacca marrone ormai tutta strappata e piena di buchi. Si caricò sulle spalle un sacco pieno di pietre preziose e scivolò nella sua grotta fra le rocce. I ragazzi ormai erano abituate all'ingratitudine del nano e seguitarono la loro strada fino alla città, dove fecero le loro compere. Tornando a casa ripassarono da quella località e, senza accorgersene, attraversarono una radura sulla quale il nano, pensando d'essere solo, aveva sparso le pietre preziose del suo sacco. Il sole brillava e le pietre luccicavano rifrangendo i suoi raggi: c'era una tale varietà di colori che i bambini si fermarono ad ammirarli stupite. "Che cosa state a fare lì a bocca aperta?" domandò il nano, mentre il viso gli diventava paonazzo per la rabbia. Continuava a gridare improperi contro i poveri fanciulli, quando si udì un ringhio e un grande orso nero venne fuori pesantemente dalla foresta. Il nano diede un balzo, terrorizzato, ma non fece in tempo a rientrare nel suo antro prima che l'orso lo raggiungesse. Allora il nano iniziò s gridare pietà per la sua vita e fece notare all'ordine quanto egli fosse basso, poi fece notare la presenza dei due fanciulli e propose all'orso di mangiare loro.
L'orso però, senza darsi la pena di parlare, dette una zampata a quel nano senza cuore, che non si mosse più. I bambini stavano per fuggire, ma l'orso le chiamò: "Jude, Celia, non temete, aspettatemi che vi accompagno!" Essi riconobbero allora la voce del loro amico e si fermarono rassicurate. Ma quando l'orso arrivò loro vicino, il suo mantello gli cadde di dosso e apparve uno splendido giovanetto, vestito tutto d'oro. "Sono Caleb, il figlio di un re," disse, "ed ero stregato da quel nano cattivo che aveva rubato tutti i miei tesori, condannandomi a errare in questa foresta sotto forma di orso finché la sua morte non mi avesse liberato. Ora ha finalmente ricevuto il castigo che si meritava." Così se ne tornarono alla casetta: Jude sposò il bel principe (che si scoprì essere gay) e Celia un giovane signorotto di nome Darren, che serviva nel papazzo come consigliere del re. Scoparono tutti allegramente con il loro partner e si divisero l'immenso tesoro che il nano aveva raccolto. La vecchia madre visse ancora felicemente per molti anni con i sui figlioli; i rosai che stavano davanti alla casetta furono trapiantati davanti al palazzo, e ogni anno diedero delle bellissime rose rosse e delle rose bianche ancora più belle.
Fine storia
Caleb:《mi piace questa storia.》
Claude:《non ne avevo dubbi.》
La giornata passo tranquilla, Victor aveva iniziato a preparare il campo di battaglia, domani sarebbe iniziata la vera e propria guerra, la guerra d'amore.
Salve a tutti ragazzi, scusate la mia inattività e spero che la storia com'è strutturata ora vi piaccia, in caso ancora non la avete letta rileggetela, ci sono stati dei cambiamenti.
Detto questo, spero che il capitolo vi sia piaciuto! Liria vi saluta 💙
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