003

Dafne si era unita alla vita di gruppo un po' a stenti. Era una ragazza taciturna, timida e le poche volte che l'ho vista parlare o fare un gesto di minima intimità è sempre e solo stato con Finn. Da quando era arrivata, infatti, stava sempre con lui; se mi avvicinavo per parlare con il mio compagno, lei smetteva subito di parlare e si limitava a procedere accanto al gemello con aria assente.
Non ho nemmeno la più pallida idea di quale sia il suono della sua voce.
Se è per questo, non so nemmeno perché sia venuta con il fratello. Se lui è il Custode, fine!, lei dovrebbe starsene fuori, e non saperne nulla.
C'è qualcosa tra quei due, però, che mi stringe lo stomaco ogni volta che li vedo. Sembrano quasi la stessa persona, due metà perfettamente complementari: e come due metà, infatti, non sembrano lasciare posto per nient'altro una volta vicine. O nessun altro, in questo caso.

-Dove stiamo andando?-

Ho già sentito questa domanda centinaia di volte negli ultimi giorni. Giorni di viaggio, di camminate, silenzi, fatica, e costante impressione di non avere una meta. Mi giro verso la ragazza che aveva fatto la domanda, e subito dopo verso Finn, che sta rispondendo.

-La sede dei Capi non ci comparirà dal nulla.- dice con voce secca, senza staccare gli occhi da terra. Vedo la mano di Dafne andare a toccare quella del gemello con un movimento impercettibile, come in segno di rimprovero. Lui la ritrae con fare nervoso, facendo attenzione a non incrociare lo sguardo silenzioso della gemella. Fa un passo in avanti, deglutendo, e guarda l'orizzonte davanti a noi. Siamo in cima a una collina coperta da un lenzuolo di erba secca, il sole è alto, e non ci sono nuvole in cielo. La brina gelata sui rami degli alberi luccica e impreziosisce quel triste posto dall'aspetto morto. Mi volto, e noto che tutti stanno scrutando il panorama, come sperando di vedere un segno, un indizio, o la sede dei Capi direttamente; ma nessuno vede nulla, e tutti finiscono con lo spazientirsi.

-Siamo stanchi di tutto questo! Di camminare, e camminare, senza sapere dove andiamo o cosa cerchiamo! Dicci la verità: hai davvero un piano?-

Einar di 009 riprende il fiato evidentemente perso durante lo sfogo. Negli occhi ha un bagliore di rabbia mista a soddisfazione, le labbra sono accartocciare in una smorfia di sfida; i capelli castano chiaro volano nel vento attorno al viso olivastro, sopracciglia dure sovrastano gli occhi verdi; le vene si gonfiano sulle braccia forti, le spalle muscolose di allargano. Solleva il mento, beffardo, e aspetta di non ricevere risposta, di vincere.

Finn si gira, lentamente, come godendo della sua autorità. Quando è completamente voltato verso l'altro ragazzo, gli lancia un'occhiata ad occhi stretti; poi taglia la distanza tra loro in pochi e enormi passi, avvicina il suo viso a quello dell'altro e le sue labbra di ritraggono in una smorfia di rabbia e delusione.

-Davvero dubiti di me fino a questo punto?- dice, con gli occhi scuri fissi in quelli smeraldi dell'altro. C'è tensione, come se in quella breve distanza tra i due volti siano contenute una miriade di emozioni, pensieri, sentimenti. Rimangono per qualche istante così, a fissarsi, come per vedere chi sia il primo a mollare; poi Einar tossicchia, abbassando gli occhi, e si allontana, imbarazzato. Qualcuno fischia. Sento le mani gelare, e una scossa di brividi mi attraversa la schiena, pur non capendo cosa stia succedendo. Guardo Finn, e vedo lui lanciarmi un'occhiata quasi impercettibile, che per me dura un'eternità. Poi si volta di nuovo, in silenzio, e torna a fianco della gemella. Io non stacco i miei occhi confusi da lui, e lo vedo arrossire, ma non capisco per cosa. Ancora più turbato, tossisco a mia volta, cercando di pensare ad altro; la voce del capogruppo, però, mi riporta subito a quella strana situazione.

-Stiamo andando lungo i confini della Terra,- inizia a dire, -e credo abbiate già capito che siamo arrivati al punto dove inizia la Valle Senz'Anima.-

"La Valle Senz'Anima", ripeto tra me e me. Conoscevo quel nome, me lo avevano citato i Capi il giorno del mio diciottesimo compleanno. Era quella zona nella quale non c'era nessun Mondo; solo villaggi abbandonati, magazzini con le cose del Vecchio Mondo e oggetti destinati ad essere dimenticati nel tempo.

-Qua saremo al sicuro. Possiamo organizzare un piccolo accampamento, riposarci e ragionare sulla prossima mossa da fare. Prima, però, devo risolvere un problema.- aggiunge, attirando la nostra attenzione.

Il ragazzo si gira di nuovo, questa volta più enigmatico e sicuro di sé. Fa qualche passo titubante, mi passa accanto e si inoltra nella folla di Custodi. Gironzola un po', per poi fermarsi accanto a una ragazza alta dalle sopracciglia fini, il viso grazioso e una riccia chioma rossiccia. Fa un passo indietro, la guarda negli occhi celesti e sorride.

-Devi dirmi qualcosa, E'Leneha di 003?- dice, sorridendo.

La ragazza abbassa lo sguardo, scuotendo la testa. Finn indica lo zaino enorme che porta, e che aveva tenuto gelosamente durante tutti quei giorni. E'Leneha sospira, lo sfila dalle spalle e lo appoggia con delicatezza a terra. Scioglie dei nodi, slega delle cinghie e lo apre, con dita incerte.

Un paio di occhi colore del cielo sbucano fuori, contornati da innumerevoli riccioli colore del rame appena fuso. Una spruzzata di lentiggini colora la pelle candida, mentre le sue labbra si muovono con fare allegro.

-Ciao!- dice con voce vivace e bianca.

***
Quinto giorno del terzo mese, anno 333 d.S.
***

-E'Vlan, cosa fai? Sei impazzito?!-

Queste sono state le ultime parole che mi ha detto mia sorella solo qualche giorno fa, il terzo del terzo mese. Mi sono infiltrato nel salone della sede dei Capi nel nostro Mondo, e ho sentito tutto. Sono molto bravo nel nascondermi.
Da allora, non ne abbiamo più parlato. Io, però, l'ho sentita questa notte; ha ricevuto un messaggio da un certo Finn di 002, che le parlava del sistema dei Mondi, di quanto fosse ingiusto e di una ribellione. Nonostante la reazione di mia sorella E'Leneha alla storia raccontata dai Capi non mi sia sembrata molto convinta, non mi sembra molto presa nemmeno da quest'iniziativa. Si è limitata a leggere rassegnata, e non ha dormito tutta la notte. Si rigirava, osservava il soffitto, disegnava sul suo diario. D'altronde, è una delle poche cose che ci è rimasta.

Nel nostro mondo, dove Arte, Silenzio e Serenità sono i principi fondamentali, nessuno si era badato di fare caso a due piccoli e soli orfani come noi. Così, quando, alla mia età di due anni, i nostri genitori sono spariti misteriosamente, non c'è stato nessuno a darci dei soldi, del cibo, delle cure. A scuola ci vengono dati quadernini e matite di nascosto da un'insegnante che ha preso in simpatia E'Leneha sin da quando era piccola; per il cibo, qualche vecchio amico dei nostri genitori ci lascia gli avanzi della cucina davanti alla porta più o meno ogni giorno. Portiamo avanti la piccola casetta di legno da soli, tenendola pulita e ordinata con attenzione. Da quando ho memoria, E'Leneha, per me, è sempre stata come una mamma.

La osservo nel silenzio della notte mentre disegna, i lunghi e riccioluti capelli dello stesso colore dei miei che le penzolano davanti agli occhi, infastidendola; il viso pallido si staglia nell'oscurità, illuminato dalla luce tremolante di una candela.

-E'Vlan?-
-Mh?- mugugno, assonnato.
-Se... se partissi, per un lungo viaggio, supponiamo,- inizia, ma non sembra essere molto sicura di quello che sta dicendo.
-mi prometteresti di rimanere con la Maestra E'Thrine e di aspettarmi?-

Sposta gli occhi cristallini verso di me, serrando le labbra rosee in attesa di una risposta.

-Sono abbastanza grande per venire con te.- affermo, sollevando il viso. Vedo mia sorella sorridere, abbassando gli occhi.

-E'Vlan, io non...-
-Sono grande, ormai, grande quasi come te! Ho quasi dieci anni!- insisto.

Il silenzio cade sulla scena, coprendoci di un lieve lenzuolo familiare. Dopo un lungo periodo di tempo passato a guardarci nel buio della notte, mia sorella mi risponde.

-Non posso portarti. È una cosa più grande di te, non so nemmeno io se sono abbastanza per quest'impresa. Non voglio metterti in pericolo, capisci?- dice con voce tremante. Ha gli occhi lucidi, e le mani, che prima disegnavano freneticamente, si sono fermate.

-Veramente,- inizio, -credo che tu possa fare qualsiasi cosa. E secondo, no, non capisco! Non c'è pericolo che può farmi del male, posso affrontare tutto!-

L'eco della mia voce rimbomba sulle assi scure delle pareti. E'Leneha non risponde, solo sospira. Chiude il quadernino, mette via la matita e soffia sulla candela, senza fare un minimo rumore. La vedo stendersi, mentre la luce della Luna penetra attraverso le tende. Mi stringo nelle coperte, cercando calore, e mi giro sul lato opposto, ritrovandomi a guardare il muro graffiato. Dentro di me, una tempesta di emozioni accende in me un forte desiderio di far capire a mia sorella che sono cresciuto, ormai, e che ha bisogno di lei, e non più il contrario. Sono arrabbiato, perché non mi considera abbastanza, perché mi vede ancora come il piccolo fratellino indifeso a cui ha insegnato ad allacciarsi le scarpe; sono triste, perché il pensiero di separarmi dall'unica persona presente nella mia vita è troppo per me; infine, sono anche molto, molto determinato. Stringo la coperta nei miei palmi, senza battere ciglio.
Inspiro, come a prendere le forze per una grande decisione.
"Io andrò con lei", penso.
"Costi quel che costi."

***

-Come immaginavo,- dice Finn, per poi scompigliare i capelli dal bambino e sorridergli.
-E tu, come ti chiami?- gli chiede poi, piegando le game e abbassandosi abbastanza da guardare dritto nei suoi grandi occhi.

Il bambino si schiarisce la gola, e gonfia il petto.

-Sono E'Vlan Theodoric di 002.- dice con tono autoritario.

Il sorriso di Finn mi contagia, scaldandomi le guance.

-Piacere di conoscerti, E'Vlan.- risponde il ragazzo, inchinando leggermente la testa.
-E benvenuto!-

-Cosa succederà?- chiede E'Leneha in un sibilio. Finn si alza, tornando a guardare la ragazza, e scuote le spalle.

-Nulla. Portandolo qua hai preso una decisione, e scelto delle responsabilità. E' corretto quindi che tu le porti a termine, quanto anche la faccenda riguarda esclusivamente te.-

Diversi ragazzi e ragazze si girano a commentare questa decisione, ritenendola come troppo buona. E'Leneha ha portato qualcuno che non solo non è Custode, ma è anche più debole, un peso per il gruppo. Non in pochi pensano di dover mandare indietro entrambi, ma il capogruppo sembra non importarsene. Procede a grandi e lenti passi verso la Valle, invitandoci a seguirlo. Dafne lo affianca, cercando con gli occhi un posto per accamparci, mentre io mi avvicino a Finn dall'altro lato. Non dico nulla, ma capisco che si è accorto della mia presenza quando esita, come per dire qualcosa, per poi serrare le labbra.

Inizia a farci strada tra l'erba secca, lungo la discesa. Anne, schiamazzando, mi raggiunge, implorando aiuto con gli scarponi. Senza aprire bocca, la prendo per mano, mi infilo sulla spalla il suo borsone sopra al mio e la accompagno facendo in modo che non cada. Alla fine mi ringrazia, sorridendo allegra, ma non molla la mano. La ritraggo d'istinto, ma me ne pento appena vedo l'espressione che le si appisola sul viso grazioso.

-C'è qualcosa che non va, Michael?-

Scuoto la testa, negando l'evidenza. Non voglio ferirla, né vederla soffrire a causa mia, ma non ricambiarla è più forte di me. Lei serra le labbra delicate, abbassando lo sguardo con tono rassegnato.

-Capisco.- mormora.
-Anne, io...-
-No, tranquillo, non mi devi spiegazioni.- dice, interrompendomi. Si sistema la tracolla della borsa sulla spalla e, inspirando, fa un balzo in là, allontanandosi. Rimango a guardarla, dispiaciuto, per poi raggiungere a mia volta il gruppo di Custodi.

Poco dopo raggiungiamo uno spiano all'ombra che sembra fare per noi. Ci organizziamo per montare le tende, e sistemiamo il fuoco con dei tronchi secchi attorno per sederci sopra la sera. Una volta finito il faticoso lavoro, le stelle iniziano a comparire in cielo. Un gruppo si raduna attorno a Einar, Silvius e Grace, che stavano ricontrollando i diari tenuti da molti Custodi nei quali hanno scritto ogni minimo dettaglio della consegna del Compito, in cerca di un dettaglio o un particolare che poteva essere sfuggito. Faccio per aggiungermi a loro, quando sento una voce chiamarmi in lontananza. Guardo e vedo Finn, vicino a un capanno. Mi indica di raggiungerlo in fretta.

Corro e lo raggiungo. Lo seguo dentro, ove un forte odore di muffa mi pizzica le narici. Starnutisco; poi, riaprendo gli occhi, mi accorgo dell'enorme ammasso di oggetti che mi trovo davanti. Ovunque io guardi c'è un qualche dettaglio che mi sembra assurdo, mai visto prima; che si tratti di cartelli con nomi scritti sopra, o di enormi volumi, libri, scatole, e altre cose che non so nemmeno come definire.

-Direi che diverse cose sono cambiate dopo la Separazione.- commenta Finn, quasi ridendo dall'incredulità. Si avvicina alla prima pila che trova, e inizia a prendere in mano qualcosa e a osservarlo. La mia attenzione, invece, cade su una strana scatola a quadri a pochi passi da me; la prendo, e, cercando di aprirla, mi cadono moltissime piccole statuine addosso. Le raccolgo, e le scruto, incuriosito: una torre, un cavallo, una corona, un elmo...

-A cosa potrebbe mai essere utile una cosa del genere?- penso ad alta voce.

-Me lo sto chiedendo anche io.- risponde Finn, passando tra le mani un piccolo oggetto rettangolare e lucido con dei tasti sui lati.

-Com'è possibile che tutto ciò sia resistito a 333 anni?- domando allora.

-Queste cose non sono qua da tutto quel tempo,- inizia a spiegarmi Finn.
-Durante la Separazione, ogni oggetto trovato è stato bruciato. Questi sono recenti, e sono stati trovati nelle case delle persone che provavano a tenerli nascosti.-

Annuisco, passando al seguente oggetto. Trovo uno strano affare di pelle di forma sferica, con delle parti nere e la maggioranza delle altre bianche. Lo prendo in mano, cercando di capirne lo scopo.

-Portiamo qualcosa all'accampamento,- propone Finn.
-Potremmo studiarcela insieme.-

Prendo quella strana sfera e qualche altra scatola di oggetti, e seguo il mio amico nella via di ritorno verso le tende. Il sole sta iniziando a far arrossire il cielo, e vedo Grace accendere il fuoco. Ci sediamo sui tronchi, attirando l'attenzione di tutti i Custodi. Ognuno allunga le mani per afferrare qualcosa, e la rigira studiandola con fascino.

-Aspetta, io so cos'è quello! Passamelo!- esclama Henritov di 030. Silvius gli lancia la strana sfera di pelle, e il ragazzo, dopo averla guardata sorridendo, la lancia in aria; poi la colpisce con la testa, poi il petto, un piede, il ginocchio e l'altro piede, facendola rimbalzare sugli arti con agilità. Infine la calcia in alto, per poi riprenderla e fermarla sotto la suola dello scarpone.

-Chi gioca a calcio?- propone, con un sorriso soddisfatto.

Tutti, un po' incerti, si guardano, per poi avvicinarsi. Alcuni iniziano a passarsi la sfera - che poco dopo scopro chiamarsi "pallone" - con i piedi, ridendo. In men che non si dica, improvvisiamo un campo e due porte. Finn e Henritov sono i capisquadra, e dividono i Custodi in due gruppi. Iniziamo, ridendo, a giocare, pur non sapendo né regole né come giocare. In poco tempo tutti si fanno prendere dalla partita, e partecipano con determinazione.

-Chi fa questo punto vince tutto!- esclama Finn, dopo diverso tempo di gioco, vedendo che il buio inizia scendere fitto. Improvvisamente, tutti tornano a correre, passando il pallone da una parte all'altra del campo, urlando, ridendo e saltando.

-Michael!- mi chiama Silvius, passandomi la palla. Un po' impacciato, continuo a correre, tenendo d'occhio l'oggetto per non perderlo. Lo calcio con i piedi piano piano, per tenerlo sotto controllo; poi, quando vedo uno squarcio libero, tiro un calcio più forte, lanciando la palla in quella direzione. La vedo entrare nella "porta" - lo spazio tra due borsoni vuoti - e tutti iniziano a esultare. Vedo Finn sorridermi, Henritov mi fa i complimenti nonostante sia dell'altra squadra, e Anne inizia a saltellare ridendo; mi abbraccio, e la stringo a mia volta. Poi, quando si stacca, la guardo negli occhi, che vedo così allegri e zampillanti. Esito, poi allungo il mio viso verso il suo, e sfioro le sue labbra con le mie. Sorpresa, ricambia il bacio, e sento tutti fischiare e applaudire, gioiosi.

Questa sera, gli occhi chiari di Anne non smettono di brillare, molto più delle stelle in cielo; nonostante questo, nonostante sia felice, nonostante non soffra, e nonostante io abbia fatto il suo bene, non riesco a sciogliere il nodo che mi tiene stretto lo stomaco.
Più che ricordarmi lo sguardo innamorato di Anne, infatti, gli occhi che mi rimangono impressi in mente sono quelli di Finn; non allegri e non felici, bensì in un misto di confusione e profonda, amara delusione.

(Nota dell'autrice: non c'è l'immagine all'inizio del capitolo perché non si carica. Riproverò più avanti.)

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