Le onde e la barchetta chiamata amore.


Albert aveva parcheggiato vicino a casa per permettere a Holmes di non affaticarsi troppo, ci aspettava seduto alla guida.

Mycroft si era attardato nel vestirsi era ritornato al suo vecchio stile: completo tre pezzi grigio chiaro spinato, camicia bianca, cravatta rosso scuro. Pensai fosse una specie di divisa che gli permetteva di darsi rispettabilità e una autorevolezza visto il ruolo che ricopriva. Lo aiutai ad indossare il cappotto.

"Sei una sorpresa costante, Laura." Aveva mormorato mentre lo vestivo.

Era rimasto stupito, quando mi aveva visto scendere con un tailleur beige e una camicetta in tono che dava risalto alle mie forme e alle mie gambe che spesso erano nascoste da jeans e maglioni over size. Mi rendeva un'eleganza equilibrata che non stonava nell'essere al suo fianco. Era quello che volevo, non ero una ragazzina sprovveduta e irretita dall'uomo di potere, lo amavo e volevo che ne fosse sicuro.

Rimase silenzioso, ma un sorriso malizioso gli illuminò il volto mentre allungava le mani per prendermi per la vita.

"Sei bellissima." Si sciolse, mi prese sottobraccio e si fece aiutare nello scendere le scale.

I pochi passi fino all'auto furono difficoltosi ma tollerò lo sforzo.

Albert con la solita gentilezza ci accolse e guidò silenzioso fino alla clinica.

Londra scivolava via velocemente alle nostre spalle, era il primo pomeriggio e brulicava di gente indaffarata.

Mycroft, abbandonato sullo schienale, tamburellava con le dita sane sull'impugnatura delle stampelle, parte della sua inquietudine si trasferì in me.

"Va tutto bene, Myc?" Girò la testa arricciando le labbra.

"Mentirei se ti dicessi di sì, penso a quanto hai lottato per me e per quanto lo dovrai ancora fare." Si zittì, la sua mano si distese verso la mia.

"Tutto il tempo che sarà necessario." Risposi sollecita per cancellare i suoi dubbi.

Temeva che avermi portato con sé potesse pesarmi in termini di stress, cercai d'impedire che si sentisse in colpa.

"Sai cosa penso del nostro rapporto Myc? È come se fossimo due naufraghi in mezzo al mare in tempesta aggrappati a una barchetta chiamata amore. Non ci siamo che noi e quella zattera che ci tiene a galla. Dobbiamo adoperarci per farla navigare affrontando le onde. Non affonderemo se la ripareremo insieme quando qualche squarcio aprirà la chiglia. La abbelliremo, la renderemo più forte, accoglierà le nostre notti e anche i giorni di sole. Se saremo uniti arriveremo alla meta, il mare diverrà piatto e ci sarà amico."

Incuriosito, la fronte aggrottata mi guardò con gli occhi addolciti, quanto di più bello avessi visto in quei giorni.

"Ti amo Myc, sai che ci sarò sempre nonostante tutto, tu fidati di me."

Avvertii il suo respiro che si calmava, la carezza delicata delle sue dita.

"Non ti facevo poetessa, ma d'altronde sei Italiana e...Italians are people of saints, navigators and poets."

Era bello il suo timbro di voce, gli diedi un bacio sulla guancia, lui si schernì leggermente. "Ti dovrai abituare anche a questo, siamo un popolo caloroso e gesticolante."

Una delicata fossetta gli comparve sul volto.

"Tutto il contrario del "British aplomb" così freddo e lontano dai tuoi modi, ma non avrò problemi a essere baciato mia piccola dottoressa operosa." Mi strinse al suo fianco, la mano sulla schiena mi procurò un brivido.

Albert imboccò una strada privata che ci condusse fino a una villa con un ampio colonnato bianco.

Assomigliava più a una casa di cura che a una clinica. Il viale era alberato, molti cipressi e pini e tanto prato lussureggiante.

Quando arrivammo nel piazzale mi accorsi che c'erano gli stessi uomini vestiti di scuro con gli auricolari che avevo visto al san Bart. Controllavano la zona con discrezione.

Vide la mia sorpresa. "È una clinica particolare per agenti in servizio che hanno avuto qualche "incidente" di percorso o per alte cariche dello stato e impiegati come me. Naturalmente l'accesso non è per tutti. Solo i familiari stretti e i partner of relevance."

"Sherlock ti ha portato qui? È rimasto con te?" Chiesi stupita, osservando tutta la villa e i visitatori.

Il suo bel volto si contrasse, socchiuse gli occhi, i ricordi dolorosi di quei giorni sembravano tormentarlo.

"Mi hanno trasportato qui con un volo speciale quando mi hanno ritrovato. Non ero propriamente in me, Sherlock è rimasto fino a quando non sono stato in grado di capire. Decideva per me. Ora lo farai tu."

Rimasi spiazzata immaginando in quali condizioni precarie fosse arrivato. Mi tranquillizzò sorridendo. "Ora sto molto meglio Laura."

Lo aiutai assicurandomi che fosse stabile e ci avviammo verso una scalinata bianca piuttosto alta, ma che aveva un accesso per disabili.

Al lato opposto c'era un ordinato giardino dove i degenti soggiornavano seduti su delle panchine con alcune infermiere accanto. Altre si occupavano di quelli in difficolta a deambulare. Tutto molto discreto e silenzioso, rabbrividii pensando che quel posto non era propriamente allegro, mi strinsi nel cappotto.

Mycroft ridacchiò. "Lo so, fa questo effetto anche a me. Tutto è così ascetico da mettere soggezione. Ma è uno dei vincoli a cui sono sotto posto."

"Non puoi decidere dove andare?"

"Diciamo che tutelano la mia salute ed essendo parte della governance non potrei svincolarmi, sono a conoscenza di interessi troppo delicati per lasciarmi alla mercè di altri medici." Mi prese sottobraccio e lo sentii stringermi delicatamente.

"Laura, sai del mio lavoro particolare e ora lo dovrai condividere e accettare."

Ero consapevole da tempo del suo incarico e dei poteri di cui disponeva e dopo i fatti di Malvest ancora di più.

Camminammo insieme fino all'ingresso.

All'accettazione, dopo vari convenevoli, Mycroft mostrò le mie credenziali. Dal suo portafoglio uscì una tessera magnetica che venne inserita in una banca dati.

Il pass era attivo e me la consegnò appena varcata la soglia.

"Tienila con accortezza Laura, ora sei parte del sistema." Non replicai e misi via la card, mi tremò un po' la mano.

"Non avere paura, mia piccola dottoressa operosa, ti proteggerò con tutto il potere di cui dispongo dovesse cadere Londra stessa."

Non dissi nulla tanta era la durezza che avevo avvertito nella sua voce. Ci avviammo senza fretta, ricambiando con gentilezza i saluti referenti che le persone ci rivolgevano.

Era molto conosciuto, molti si complimentavano per la sua guarigione.

Si appoggiò al mio braccio, consapevole di dimostrare la sua dichiarazione di fiducia. Il mio orgoglio crebbe, essere al suo fianco era infinitamente piacevole.

Alla fine del corridoio, un infermiere ci fece accomodare in uno studio elegante e spazioso. Sulla porta spiccava il nome del primario professor Ernest Green.

Due minuti dopo entrò un uomo distinto di media statura con un camice immacolato. Capelli grigi e sguardo indagatore, mi fissò e mi mise subito in soggezione.

Allungò la mano a Mycroft. "Ciao, Holmes. Vedo che sei in compagnia." Mi rivolse uno sguardo sospettoso. La prima impressione fu quella di non piacergli affatto.

"Ciao Ernest, lei è la dottoressa Laura Lorenzi, la mia attuale compagna."

Mi indirizzò un sorrisetto piccato. "Italiana? E dove lavora di preciso?" Mi allungò la mano che strinsi con vigore, lo feci principalmente per Mycroft.

"Al Sant Bartholomew's  Hospital sono patologa forense." Sfoderai il miglior accento possibile.

Si appoggiò allo schienale con fare distaccato, le mani allungate sui braccioli. Gli ero proprio antipatica. "Immagino vi siate conosciuti per lavoro."

"Certamente dottor Green, come potrebbe essere altrimenti? Mycroft non è un tipo mondano!" Mi stampai un ghigno ironico, mentre il mio "compagno" sorrideva come un gatto che sta vedendo la fine del topo.

Il dottor Green capitolò, fu tregua, almeno per il momento.

"Uhmm, bene, allora vediamo i risultati dell'ecografia al ginocchio e degli esami del sangue. Mycroft, la dottoressa può rimanere in sala di attesa."

"Direi di no, Laura sarà con me."

Affermò secco Holmes. Compiaciuta del suo orgoglioso intervento gli accarezzai il braccio. Green ingoiò il rospo

"Bene Myc, sai la trafila, ti mando Costance e vai con lei." titubò, "andate con lei, scusate." Si sollevò dalla sua comoda poltrona con un atteggiamento altezzoso.

"Così va meglio, Ernest, più presto ti ci abitui più andremo d'accordo."

Mycroft gli batté la mano sulla spalla mentre gli passava vicino. Zoppicava faticosamente, ma era bello vederlo arrogante e sicuro di sé nonostante il dolore per quel ginocchio devastato.

Arrivò Costance che era un'infermiera spiccia e cordiale, ci accompagnò nell'ambulatorio.

Ebbe pazienza di aspettare Mycroft, intanto parlava della giornata che era stata clemente, quasi tiepida in quel fine inverno.

Non incontrammo molte persone, ma questo ne faceva un posto sicuro e protetto da occhi indiscreti.

L'ambulatorio era decisamente all'avanguardia, era fornito di un ecografo che riconobbi di ultima generazione, non avevano problemi di budget in quella clinica.

Costance lo aiutò a sistemarsi sul lettino, Mycroft si era liberato della giacca e del gilè rimanendo in camicia e pantaloni, ma non voleva toglierli. Insisteva, così intervenni e arrotolai il calzone liberando il ginocchio. Ci guardammo complici, il suo non era uno stupido capriccio e sapevo bene il perché.

Sopportò tutto senza lamentarsi mentre gli prelevava il sangue e prendeva i parametri di rito, non dava segni di nervosismo.

Quando Costance ebbe finito mi chiamò con un sorriso complice. "Siedi vicino a me Laura, non ti faranno problemi."

Ero indecisa, non volevo imbarazzare il dottore che si sarebbe occupato dell'ecografia, guardai prima lui poi Costance.

"Non si preoccupi dottoressa, il dottor Trevor è tollerante. E poi lei è una collega."

"Già, ma di solito faccio eco a qualche cadavere!" Mi fissò stupita. "È una patologa?"

"Sì, ma non si spaventi, ne capisco anche dei vivi." Mycroft ridacchiò, passò le mani sulla camicia appiattendo pieghe immaginarie.

Il dottor Trevor, al contrario del primario, era un giovane cordiale e aperto, ci mise subito a nostro agio.

Accettò di buon grado la mia presenza.

"Signor Holmes dovrò spingere un po'. Potrebbe sentire dolore, se non riesce a sopportarlo le farò un anestetico.

Mycroft annuì.

"Cercherò di sopportare."

Cercò i miei occhi, incerto. Non si faceva toccare facilmente il ginocchio specie quando lo medicavo. Mi prese la mano di nascosto.

All'inizio resse ma quando Trevor iniziò a premere lo strumento sul davanti prese a muoversi troppo, sussultando e stringendo la mascella.

"Dottor Trevor sarebbe meglio fermarsi un po'."

Lo interruppi con gentilezza cercando di fargli capire che il suo paziente soffriva. Quando vide il volto contratto di Holmes si fermò costernato.

"Non si preoccupi il mio compagno non si lamenterebbe mai." Gli sorrisi rassicurandolo, decise di iniettargli un leggero anestetico che fece presto effetto, Mycroft intrecciò le dita alle mie e i suoi occhi si rasserenarono.

Lo avrei preso a schiaffi per quanto era testardo! Non avrebbe mai chiesto al medico di fermarsi.

Il dopo fu sopportabile, allentò la sua presa e socchiuse gli occhi.

Il dottore osservava il monitor con attenzione e anch'io vedevo il disastro dei legamenti di quel ginocchio dove avevano infierito con cattiveria.

"Dottoressa vede anche lei?" Strinse le labbra con lo sguardo rivolto alle immagini.

"Vedo e il mio caro Myc dovrà portare un tutore se vorrà camminare."

"Che... cosa?" Sussurrò appena sentì quella parola. "Un tutore antiestetico e ingombrante?"

"Lo porterai o starai a letto. Quindi decidi." Trevor rise vedendo la faccia allibita di Holmes. Sapeva quanto ci tenesse alla raffinatezza dei suoi completi di marca.

"Non per molto signor Holmes. Non ha alternative per ora. Costance lo adatterà e le insegnerà a indossarlo. Sono sicuro che non sgarrerà, con una collega e partner così attenta."

Mycroft sbuffò e sbuffò, ma si arrese quando lo fissai risoluta. Non riuscii a trattenermi dal sorridere, perché era in quei momenti che l'ice man che conoscevo, diventava umano come tutti.

Green entrò in quel momento con una cartelletta dove probabilmente c'erano i risultati degli esami.

Non fu contento di trovarmi lì.

Il mio partner irritato dal suo modo di fare, si vestì frettolosamente e si fece scostante, seguì l'infermiera con riluttanza.

"Ernest parla con Laura. Io indosso quel coso. Lei è la mia compagna e ha tutta la mia fiducia. Non farmi rimpiangere di esserti amico." Sibilò a denti stretti.

Seguì l'infermiera e mi ritrovai faccia a faccia con il primario.

Era sconcertato, una ruga sulla fronte dimostrava la sua stizza, cercai di stemperare la situazione scherzando.

"Lo perdoni è arrabbiato per dover sciupare i calzoni di marca con il tutore."

"Lo conosco bene, Lorenzi." Agitò la mano in aria.

"Mi permetta di dirle che la sua comparsa così improvvisa mi ha confuso. Non sapevo nulla di lei e Mycroft è sempre stato...solo."

"Non più ora, le cose cambiano dottor Green."

Un'espressione cattiva gli passò in volto.

"Ricopre una posizione particolare! Che io sappia non ha dato mai confidenza a nessuno."

"Non mi faccia ripetere la stessa cosa. Non più ora. La sorprende così tanto che possa essere innamorato di me?"

"Mi permetta lei è molto giovane!" Sibilò stringendo la cartella.

"Grazie, lo prendo come un complimento, perché tra noi ci sono otto anni di differenza e non ne vedo il nesso."

Non si accontentò. "Sa in che condizioni è arrivato qua dottoressa Lorenzi? C'era solo Sherlock con lui."

"Si tranquillizzi, so bene il perché non mi ha voluto vicino." Mi sforzavo di contenere la rabbia che mi saliva incontrollabile.

"Sa degli abusi che ha subito? Difficilmente sarà sessualmente attivo." La buttò lì con un'ironia che mi offese ancora di più.

"Green, abbia rispetto di Mycroft visto che si reputa suo amico. Lo lasci dire a noi se avremo una vita sessuale appagante. Non la riguarda!"

Sbottai per quella mancanza di rispetto per un uomo che aveva dato tutta la sua vita per il lavoro.

"E comunque grazie del modo delicato che ha avuto nell'avvisarmi della sua condizione! Ne sono a conoscenza, si tranquillizzi."

Strinsi le mani a pugno, fossi stata un uomo lo avrei colpito.

"Forse perché nemmeno lei è in grado di avere rapporti carnali." Incalzò soddisfatto.

Era indecente come mi buttava in faccia quello che avevo passato.

Non mi trattenni più, la mia parte italiana venne fuori tutta. Mi avvicinai al suo volto.

"Vedo che sa tutto di me, si è documentato! Non mi aspettavo che fosse così meschino Ernest. Le è piaciuto leggere i particolari dello stupro che ho subìto?"

Si piccò che lo avessi chiamato per nome, ma fece un passo indietro cercando di recuperare l'offesa gratuita che mi aveva fatto.

"Sono un primario ed esigo rispetto." Lo fissai e sogghignai ironica.

"No, Ernest è soltanto un uomo arrogante e prepotente come quelli che non mi hanno rispettato."

"Mi offende, non mi può paragonare a dei criminali." Le vene del collo gli pulsavano di collera.

Sibilai furiosa. "Lei è soltanto un emerito imbecille pomposo, signor primario. Badi di curare il mio uomo al meglio. Non una sbavatura sulla diagnosi o userò tutto l'ascendente che ho su di lui per rovinarla."

"Ora mi dica tutto e faccia alla svelta, non voglio che Mycroft veda quanto si fidava di un uomo villano come lei."

Le mani del piccolo uomo arrogante tremarono, si aggrapparono alla cartella, respirò più volte.

Stava valutando di cambiare approccio, temeva l'ira di Holmes.

Sciolse la rabbia mentre lo fronteggiavo apertamente, non fu facile digerire le parole offensive che mi aveva rivolto.

Lui chinò la testa, mi fece strada per il suo studio.

Fu finalmente professionale, prescrisse i farmaci adeguati e mi ascoltò con più attenzione. Accettai quella tregua silenziosa per amore di Mycroft.

"Dottor Green mi occuperò di aiutarlo al meglio, non ho scavalcato suo fratello, ridurremmo di comune accordo i farmaci antidepressivi. In modo costante e lento."

"Lo sa che non sono d'accordo."

"Ma lo sarà se gli è amico, lo accetterà per il bene di Myc."

Mi guardò soppesandomi, mi studiava con gli occhi ostili che non riuscivano a mascherare il disappunto di avere una donna troppo giovane che gli teneva testa. Improvvisamente si sgonfiò come un palloncino bucato.

"Ora capisco perché Mycroft l'ha scelta, è caparbia e innamorata come poche."

"Vedo che ha compreso anche se in ritardo, mi preme solo la sua salute. Se Myc non mi avesse voluto mi sarei fatta da parte."

Abbassò la testa scuotendola rassegnato, appoggiò la cartella sulla scrivania.

"Mi scuso per come l'ho trattata. Sono stato offensivo senza pensare quello che ha passato e che dovrete affrontare insieme."

"Per amore di Mycroft resterà fra noi. Forse lei gli vuole bene nel suo modo contorto, temendo che io sia la persona sbagliata e possa farlo soffrire." Mi appoggiai alla sedia, lasciando la rabbia svanire.

"Lo conosco da anni Lorenzi e so quanto la solitudine lo abbia limitato."

"Dottor Green ora è con me e farò l'impossibile per aiutarlo, ne sia certo." Era meglio chiudere la questione al più presto.

"Lorenzi, mi scuso ancora. Mi chiami Ernest, voglio bene a Holmes e voglio sia sereno, vedo che è in buone mani. Se avrà bisogno io ci sarò."

Mi allungò la mano e lo ricambiai semplicemente perché mi serviva: era il medico che aveva aiutato Mycroft e non volevo fosse un nemico.

Quando Holmes tornò con la sua gamba stretta nel tutore, nessuno di noi disse più nulla. Esercitammo un controllo formale per non insospettirlo. Anche se il mio compagno intuì qualcosa, si limitò ad accettare la situazione e si concentrò sulle direttive mediche di Green.

"Bene Ernest, vedo che hai capito che ho una totale fiducia di Laura, non scordartelo mai."

Il dottor Green annuì sorridendo.

"Beh, è decisamente inflessibile su quello che ti riguarda, mi dispiace per la mia presunzione."

"Credo che ci siamo chiariti Mycroft, a tutti e due preme la tua salute." Sorrisi in parte per rassicurare il mio compagno, in parte perché volevo superare quel momento di pura follia.

Ce ne andammo silenziosi, mentre lo accompagnavo ripensavo a tutti gli avvertimenti che mi aveva fatto riguardo i suoi colleghi e sentii crescere un vuoto dentro il cuore.


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