La partenza di Mycroft.
Arrivati a Pall Mall, Albert ci lasciò all'ingresso della villa. Era l'involontario testimone della nostra intesa e del nostro primo bacio. Mycroft lo sapeva fidato non si preoccupò più di tanto. Holmes mi sorresse fino alla porta, anche se protestai con decisione, ma insistette così tanto che alla fine accettai le sue cure.
"Ora farai un bel bagno caldo ti rilasserai fino all'ora di cena." Lo fissai sorridendo. "Scusa e come mi vesto, non ho nulla con me." Lo strattonai ridendo.
"Ma come, sono l'uomo oscuro più potente di Londra, e non ho pensato alla tua biancheria? Mi sottovaluti Laura."
"Uhm...Aspetta fammi pensare...Anthea? Hai ordinato a lei di portarmi un cambio?"
Un sorriso malizioso gli comparve in volto.
"Indovinato! Un cambio completo che ti ripaghi del tuo rovinato dal sangue. Era il minimo che potessi fare." Prese a roteare il suo ombrello felice di avermi sorpreso.
"Myc, sei un manipolatore! Ti eri già preparato, dimmi la verità?" Gli diedi una spinta affettuosa.
"No, mia dottoressa operosa, sei talmente imprevedibile che ho atteso la tua decisione. Ma ero certo che avresti ceduto." Aggrottò la fronte, mi strinse per il fianco e mi trascinò lungo il vialetto.
"Come sapevi che avrei ceduto "oscuro uomo più potente" di Londra?"
"Perché mi ami, che altro." Aprì le braccia in segno di resa.
"Non ho detto di amarti e nemmeno tu l'hai fatto!" Ribadii abbassando la testa, lui storse il naso.
"Anche questo è vero. Forse non abbiamo ancora superato la fase "friends."
"Dopo quel bacio? Non dirmi che non hai provato nulla, mentiresti, perché sappiamo entrambi il sentimento che ci avvicina sempre di più." Mi fermai, respirai profondamente, non volevo dubitasse di me.
Lui annuì, ma parve esitare, qualcosa lo turbava.
"Prendiamoci del tempo Laura, ora però ti riposi."
Giunti in casa salimmo di sopra dove c'era la sua camera. Una matrimoniale ampia, con colori chiari, un lungo mobile basso di fronte al letto con appoggiato un ampio specchio. Un armadio a muro che probabilmente conteneva i suoi costosi vestiti. Un portabiti di legno vicino alla finestra. Il letto coperto con una trapunta panna con ricami in tinta.
Mi buttai in malo modo sul matrimoniale e mi raggiunse un'occhiata truce.
"Tira su le coperte, piccola selvaggia! Fila a lavarti, tra poco arriva Anthea con il tuo cambio." Mi mostrò un bagno sulla destra con doccia e un ampio idromassaggio. Per non bagnare la ferita, optai per la vasca, Mycroft la riempì con dei sali profumati.
"Hai praticamente le terme in casa." Era il bagno più lussuoso che avessi visto, dotato di tutti i confort.
Strizzò gli occhi. "Qualche comodità ci vuole, dopo tutto l'impegno che metto nel lavoro. Fai pure, la biancheria l'appoggio sul letto. Usa il mio accappatoio è pulito."
"Non lo metto in dubbio, conoscendoti." Si irrigidì alla mia frase.
"Perché, che vuoi dire?"
Agitai le mani in aria per tranquillizzarlo. "Non andare in allarme Myc, volevo dire che sei sempre così preciso nel fare le cose."
"Vuoi dire pignolo, Laura? Perché ti conosco, piccola selvaggia." Oscillò il corpo con le mani infilate nelle tasche dei calzoni.
"E smettila, lo sai che mi piace come sei!" Ridacchiai e iniziai a spogliarmi, lui uscì discreto.
Mi immersi nella vasca, rimasi a mollo. L'idromassaggio era divino, rilassante al punto giusto, ma la stanchezza si fece sentire, uscii cercando di non allagargli la stanza. Il suo bagno era così ordinato e pulito, nemmeno il tubo del dentifricio era piegato in modo asimmetrico. Non era pignolo, era proprio un maniaco dell'ordine.
Mi asciugai nel suo accappatoio e sorrisi pensando che era morbido e avvolgente come il bacio che ci eravamo scambiati.
Sul letto c'era la mia biancheria intima, una maglia di cotone oversize bianca che probabilmente era di Myc, la indossai come pigiama, sentivo la voglia di distendermi un po'. Tirai indietro le coperte attenta a non fare danni. Il cuscino aveva il suo profumo, appoggiai la testa e lo respirai. La spalla si era calmata e la ferita sul collo era inerme. Mi addormentai come una stupida.
Sentii i rintocchi del pendolo del corridoio, mi svegliai coperta, con la stanza e il bagno in ordine. Mi maledissi per non aver messo a posto le sue cose, sapevo quanto ci tenesse.
Mi cambiai, infilai la camicia azzurra e i jeans che aveva portato Anthea, scesi di sotto curiosa di vedere cosa stesse facendo.
Lo trovai vicino al camino, in camicia, le maniche arrotolate con le buffe giarrettiere, il gomito appoggiato sul tavolo, la mano sotto al mento, guardava il suo prezioso laptop. Non si avvedeva di nient'altro.
Scesi le scale in silenzio e mi avvicinai.
"Laura, ti sei svegliata, come stai?" Alzò gli occhi e chiuse di scatto il laptop.
"Sto meglio, ma non avere paura, non voglio sbirciare il tuo prezioso computer." Evitai di avvicinarmi troppo, ma la sua reazione mi aveva infastidito. Lui se ne avvide.
"Meglio che tu ne stia alla larga, molti vorrebbero metterci le mani."
"E lo metti in mostra così?" Glielo indicai. "Ci avrebbero ucciso per quello." Sorrisi amaramente, mi accucciai sulla poltrona a godere del tepore del fuoco.
"Già è vero," si pizzicò il naso, la fronte segnata dalle rughe, "ho deciso di cambiare metodo."
"E quale Myc? Qual è la soluzione che ci allontani dai pericoli e dalle tue maledette cartelle!" Stavo andando oltre e cercai di calmarmi, non volevo ferirlo di più...
"Non ti do torto Laura, ho messo in pericolo molte vite, e anche stroncato quella di Gwen." Si fermò un paio di secondi. "Parto... Domani vado in Europa, in Serbia."
Se mi avessero sparato avrei reagito in modo più sobrio.
"Ma per quale motivo?" Mi agitai sulla poltrona che improvvisamente era diventata scomoda.
"Volevo dirtelo dopo cena, ma fa lo stesso, se dobbiamo litigare facciamolo subito." Mi alzai seccata. "Hai una faccia che non promette nulla di buono. Cosa stai per dirmi?"
"Torna a sederti e ascolta ti prego." Obbedii e lui si accomodò di fronte.
Il camino crepitava ed era uno spreco non stare abbracciati a goderne il calore. Mycroft aveva il potere di rovinare tutto. Parlò lentamente, però sembrava determinato.
"Ci era giunta voce di un attacco terroristico a una delle linee di volo della British Airways. Così decidemmo di preparare un aereo con persone decedute, che in caso di abbattimento fossero verosimilmente...morte: il nome in codice Bond Air. Sherlock mi aiutava con la collaborazione di Molly, venivo all'obitorio a cercare cartelle di persone decedute che nessuno reclamasse. Sventato l'attentato, la trappola per individuare i mandanti, avrebbe dato i suoi frutti. Ma qualcosa è andato storto."
Prese tempo, si versò dello scotch che io invece rifiutai.
"Sir Malvest fa il doppio gioco, è infedele alla corona, ma non ne abbiamo le prove. Si è insospettito dopo il tuo arrivo, per il fatto che ti frequentassi e questo l'ha allarmato. Mi ha mandato un avvertimento, importunando... te. Fu allora che incaricai Gwen di introdursi nelle sue fila." Mandò giù lo scotch troppo in fretta e tossì.
"Non so come l'hanno scoperta, ma per mantenere il segreto del piano Bond Air lei si è fatta uccidere."
La voce gli mancò.
"Edwin sa che ti proteggo, come tutta la mia famiglia siete il mio "pressure point". Appoggiò il bicchiere, sospirò.
"Così inscenai l'esca di stamane facendo filtrare la notizia che il laptop conteneva tutti i codici del piano. Una loro visita e io impaurito avrei consegnato un file che conteneva un virus informatico, sarei risalito a lui, Malvest sarebbe finalmente caduto in trappola."
Si abbandonò sulla poltrona. "Non avevo calcolato il tuo ritorno e ho dovuto cambiare i miei piani."
Agitò la mano per scacciare un dolore nascosto. "Il resto lo sai, certo non potevo lasciare che ti facessero del male. Così ho chiesto l'intervento della sicurezza." Si alzò e si portò davanti a me. Avevo inconsapevolmente mandato a monte la sua trappola.
"Mi dispiace di averti rovinato tutto, ma Molly è andata via prima e di conseguenza sono rientrata. Mi alzai, lo raggiunsi, lo presi per il braccio. " Scusami."
Myc afferrò le mie mani. "Di cosa, Laura? Di un piano che era traballante? Dove ho rischiato di coinvolgere altre persone? No, io ho sbagliato mettendoti in pericolo e io rimedierò." Si allontanò senza che potessi trattenerlo. Temevo qualcosa di grave, la sua voce mi spaventò, era dura.
"Per tenervi al sicuro, devo partire, entrare nel loro covo: in Serbia." Era al centro della stanza, il volto incupito.
"Il mio rapimento è già programmato, dovrò resistere tre o quattro giorni, poi arriverà Sherlock e li prenderemo tutti, e se tutto funzionerà, avrò anche Malvest."
Si aspettava la mia reazione che arrivò puntuale. "Dico, ma sei ammattito? Ti tortureranno, vorranno i codici a qualsiasi costo! Finirai per farti uccidere."
Balbettai, incespicai nelle parole confusa, mentre lo fissavo esasperata. "Ti vuoi sacrificare, ma per Dio, Mycroft, sei completamente fuori!"
"Fuori? Come? In che senso?" Chiese guardingo.
"Non fare questi giochetti con me e la Lingua. Pazzo, va bene, vuol dire PAZZO!"
Ero terrorizzata dalla sua decisione, gli occhi lucidi, incapace quasi di respirare, mentre il mio cuore accelerava.
"Ma che razza di piano è? Fai più presto a spararti un colpo in testa!" Si avvicinò con l'aria bastonata, mi prese per le spalle dimenticandosi della ferita. Mi lamentai.
"Scusami, non volevo." Abbassò rapidamente le mani.
"So che tieni a me, so quanto, ma non posso fare altro Laura, è il mio lavoro ed è un mio errore. Sono comunque addestrato, non sono sempre stato dietro a una scrivania." Sospirò, ma la voce mi sembrò incerta. "Forse potrebbe non succedere nulla, ci sono molte variabili."
"Parli come un martire! Ma ti rendi conto di cosa vuol dire resistere a giorni di torture?" Non riuscii a trattenere le lacrime, perché sapevo, ero assolutamente certa che non si sarebbe fermato.
"L'hai vista Gwen come l'hanno ridotta? " Singhiozzai, lo fissai, lui era dannatamente vicino.
"Chi l'ha uccisa ha già pagato." Un ghigno cattivo gli passò sul volto.
"E questo ti consola? Dovrebbe consolare anche me? Lei aveva una vita, te ne rendi conto?" Gridai, troppo e malamente.
"Era un agente, sanno i rischi che corrono, anch' io lo so."
Persi la ragione, piena di dolore e paura.
"Ma ti senti? Senti quello che dici?" Lo spinsi via da me, furiosa. La voce mi morì in gola.
"Laura, mi dispiace, avrei voluto avere più tempo, ma è andata così." Mi tenne testa, si riavvicinò e mi abbracciò. La sua stretta mi sembro disperatamente rassegnata, mi lasciò piangere sulla sua spalla.
"Non puoi farmi questo, Myc! Non così." Lasciò che mi sfogassi, come fossi una bambina capricciosa mi dondolò dolcemente, poi mi prese il volto fra le mani.
"Promettimi che se tornerò cambiato, sarai paziente col tuo British Government, anche se non dovessi essere.... propriamente in me."
Annuii e con il volto bagnato gli stampai un bacio sulle labbra che lui ricambiò dolcemente, ma non andammo oltre.
Ora non ero più sicura di nulla: se provavo amore, se dolore, se rabbia per la sua partenza.
E nemmeno lui capiva bene come comportarsi. Lo sentii esitare, si allontanò perché ebbe il sopravento il suo senso del dovere come custode della nazione. Mi asciugai le lacrime, un mutuo accordo passò tra noi. Nessuno dei due doveva parlarne più.
Cenammo mantenendo una falsa serenità. L'unico contatto che mi permise fu tenergli la mano e accarezzarla.
Parlammo dei suoi libri preziosi, stemperammo un po' la tensione. Riordinammo in cucina prima che me ne andassi, doveva prepararsi e non potevo restare di più.
Si avvicinò alla poltrona, prese il suo libro prezioso: Il mercante di Venezia.
"Laura, prendilo tu e rileggilo, ma non finire l'ultimo capitolo." Si fermò e stancamente aggiunse. "Lo finiremo insieme quando tornerò."
Mi mancò l'aria e afferrai tremando quel libro che tanto mi legava a lui. Mantenni la calma cercando di non fargli pesare la partenza.
"Promettimi che tornerai." Mormorai, affondando i miei occhi nel suo sguardo smarrito.
"Te lo prometto, perché ora ne ho il motivo... e sei tu, Laura Lorenzi."
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