Iniziare insieme


Albert come al solito ci aspettava paziente, Mycroft con il tutore posizionato sul ginocchio sembrava soffrire molto meno, anche se brontolava per quell'aggeggio ingombrante. Le stampelle rimbalzavano sulla ghiaia e stavo attenta che non finisse per scivolare.

"Stai bene Laura?"

Strinse le labbra mentre mi guardava con attenzione. In realtà mi sentivo malissimo e forse non lo mascheravo per niente.

Salutammo Anthea che mi sorrise complice per aver salvato la conversazione e l'amicizia con la Smallwood. Ci accomodammo in auto, Myc si sistemò nel sedile cercando di allungare la gamba. Lo aiutai ma fui poco attenta, non riuscivo a guardarlo in volto e fu uno sbaglio. Lui percepì subito che qualcosa non andava, ma lasciò che mi prendessi del tempo.

Quando Albert partì, mi attirò vicino a lui allungando il braccio attorno alla mia vita.

"Laura è stato in pomeriggio stressante, non volevo coinvolgerti, ma sembrano tutti in allarme per la tua vicinanza." Sbuffò seccato, mentre appoggiavo la testa sulla sua spalla.

"Ernest è stato scortese?" Aggiunse con voce severa.

"No, non è successo niente. Deve imparare a conoscermi! Come tutti i tuoi colleghi che si interrogano sulla tua solitudine e sul mio arrivo improvviso. Sei riuscito a tenermi nell'ombra, a quanto pare." Mormorai sfregandomi sulla sua spalla un po' avvilita per la piega che avevano preso gli avvenimenti.

"Con Malvest in giro era meglio tenerti al sicuro. Non ho azzardato di più." Mi accarezzò i capelli pieno di tenerezza e un po' pentito per quello che avevo dovuto sopportare. "Sei stata fantastica, ma del resto lo sapevo che avevi grinta da vendere."

"Non tanta, Myc, mi sento svuotata. Pensa che vorrei essere al san Bart insieme ai miei morti." Pensavo veramente alla pace dell'obitorio dove nulla mi infastidiva.

"Laura, non succederà più. Era Alicia lo scoglio più grosso." Lo sentii irrigidirsi, appoggiò la fronte sulla mia.

"Lo immaginavo, aveva un autorità non indifferente sia nei modi che nel parlare."

Socchiusi gli occhi silenziosa, con la testa altrove, incapace di sollevarmi dall'inquietudine che mi cresceva dentro come un'onda che arrivava lenta, la mia insicurezza stava prendendo il sopravvento, non riuscivo a chiarirmi con lui, che sembrava in attesa. La sua mano mi teneva stretta a sé, come per rassicurarmi.

Avevo lottato tanto per Mycroft, avevo aspettato, rispettato i suoi tempi, i suoi allontanamenti, le litigate. Quando finalmente eravamo riusciti a ristabilire un rapporto reciproco, mi ritrovavo a dover combattere con il suo lavoro e con i suoi colleghi.

Dover dimostrare che ero all'altezza del suo amore, delle sue attenzioni, mi rendeva fragile. Forse quello che mi sconvolgeva di più era che sapessero del mio passato doloroso che avevo cercato di seppellire sotto montagne di psicoterapie e forza di volontà. E invece era lì davanti a tutti come un libro aperto.

Mi mancò il respiro come succedeva quando mi prendevano gli attacchi di panico. Ebbi la paura insensata di non farcela, di non riuscire a stargli vicino, di non essere una compagna adeguata al suo rango.

Quanto potevo contare sull'amore che gli dimostravo?  Queste intromissioni quanto ci avrebbero ostacolato?  Tremai così forte che lui si spaventò.

"Laura, che hai? Albert accosta." Ordinò perentorio, mi sollevò la testa tremando più di me.

"Ho bisogno d'aria fresca Myc." Cercai di tranquillizzarlo, ma non ci riuscii per niente.

Quasi gridò. "Albert, aiutami. Prendi Laura e falla uscire."

Mi tenne abbracciata mentre l'auto si fermava. Albert sollecito praticamente mi trascinò fuori.

Mi appoggiò alla fiancata dell'auto, rassicurandomi e tenendomi per le spalle per dare il tempo a Myc di uscire. Mi maledissi per causargli ancora dolore con il ginocchio in quelle condizioni.

Ero in affanno, cercai di respirare tutta l'aria che potevo, controllando la respirazione.

"Dottoressa prenda un po' d'acqua." Albert mi porse una bottiglietta che gli aveva allungato Mycroft. Cercava di scendere il più in fretta possibile. Ne bevvi dei piccoli sorsi nella convinzione di stabilizzarmi.

"Scusami Albert." Mormorai vedendo il volto preoccupato del mio amico.

"Stia serena dottoressa, lei è una donna forte e il mio capo è molto innamorato." Mi sussurrò all'orecchio cercando di non farsi sentire.

"Grazie, sei un aiuto prezioso." Sorrise mentre Mycroft era riuscito finalmente a raggiungermi.

Sostituì Albert e mi fu accanto con il volto tirato, incapace di dare forma al suo groviglio emotivo.

Lo vidi per quello che era in realtà: l'uomo che tutti credevano razionale e autoritario non c'era più, era teso e agitato come qualsiasi altro uomo innamorato,  le sue mani erano incerte.

Mi sciolsi e gli accarezzai il volto. Se volevo una dimostrazione d'amore era in quella angoscia che vedevo nel suo volto.

"Stai bene? È colpa mia! Dovevo capire che eri già stressata e invece ti ho caricato di un peso ulteriore. Sono un imbecille Laura, ti prego perdonami." Respirava quasi meno di me, la voce rotta e la fronte corrucciata.

Mi chiuse il cappotto elegante, forse troppo per una come me che spesso era in jeans e maglietta. Mi alzò il bavero. "Prenderai freddo, my loving care." Sussurrò.

Lo guardai negli occhi non riuscendo a mascherare un'infinita tristezza per dover ancora lottare.

"Mi sento inadeguata, Myc, sarò mai capace di essere al tuo livello? E se non mi accettassero per quella che sono? Pensano che ti abbia confuso, che ti allontani dal tuo lavoro."

"Lo sai che non è così, non sarei rimasto se non fossi sicuro di te, della donna che sei. Perché ti voglio e ti amo, mia piccola dottoressa operosa."

Mi abbracciò così forte che sussultai. "Non pensare mai di essere inadeguata, perché sei molto più di tutti loro. Forse dovevo darti del tempo, ma desideravo così tanto che fossi con me. Mi rende orgoglioso che tu sia il mio sostegno."

Affondai il volto sul suo petto. Il suo calore, il suo profumo mi calmò. Le sue mani si erano fatte forti, mi accarezzavano piene di amore, mi sentii appagata e stupida allo stesso tempo, perché ci amavamo contro tutto e tutti.

"So che senti un peso ulteriore sulle spalle, Laura, non soltanto sono un uomo difficile e ammalato, ma ho una vita sociale importante da gestire."

Mi sollevò il mento, i miei occhi erano pieni di lacrime. Sorrise gentile.

"Ti ricordi di quella barchetta che hai paragonato al nostro amore? Beh, ora aggiusteremo anche questo squarcio e andremo avanti."

Scoppiai a piangere come una stupida, lui mi spinse delicatamente la testa al centro del suo petto dove c'era quel cuore che tutti dicevano essere di ghiaccio e mi dondolò mentre non riuscivo a calmarmi. Sussurrava al mio orecchio che saremo stati bene, che avremmo navigato a vele spiegate.

"Ci sarò Laura, sempre, non temere, non soffrire, divideremo il peso di tutti i problemi che verranno."

Quanto calore, quanto amore potevo assorbire da lui? Da quelle mani ancora fasciate, torturate in quel modo atroce, che cercavano di annodarsi fra i miei capelli. Dai baci gentili che mi appoggiava sulla testa. Dal suo corpo, magro e ancora sofferente che mi avvolgeva, dalla tenerezza di quel dondolare che mi dava sicurezza.

Lo amavo, lo avrei amato anche di più. Aveva ragione, avremmo fatto navigare quella barchetta, che sarebbe diventata una nave grande e robusta.

"Ti amo Myc. Perdonami ho avuto paura. Ma se mi aiuti sarò forte, sarò la tua amica, la tua compagna, la tua donna." Mi allontanò con gentilezza, fissandomi con quegli occhi grigi che tanto ammiravo.

"Bene, perché ora un bacio lo merito, visto che sto in equilibrio su di una sola gamba."

Ridemmo e ci regalammo un bacio dolce e profondo. Lo ressi io, cercando di non pesargli. Perché lui sapeva che lo avrei sorretto sempre e comunque.

Albert si era appartato, come sempre testimone di tutta la nostra storia.

Si era fatto già tardi, sollecito e sorridente il nostro amato autista ci riportò a Baker Street.

Avevamo deciso che saremo stati con loro qualche giorno in più. Almeno fino a quando Mycroft non avesse ripreso a lavorare a livello ridotto.

Trovammo i nostri amici che ci aspettavano. Mycroft si fermò a parlare con Watson mentre la piccola Rosie sembrava attratta dal tutore che gli comprimeva il ginocchio e lo osservava curiosa.

Informai Sherlock delle condizioni di Myc, e rise un bel po' quando lo vide con il tutore sulla gamba.

"Immagino quanto avrà brontolato. I suoi calzoni si sciuperanno e per lui questo è un affronto bello e buono." Mi fissò e, da come mi studiava scuotendo la testa, compresi che aveva capito che non era stato un pomeriggio tranquillo. Così decisi di chiarirmi subito.

"Va bene, ho dovuto lottare un po' con Green. E anche con Lady Smallwood. Ma ci siamo capiti."

Strinse le labbra e socchiuse gli occhi. "Però ti hanno fatto soffrire, a quanto vedo. Green vuole bene al testardo di Myc, a suo modo, naturalmente." Mi sorrise dolcemente. "Ha salvato la vita a mio fratello quando l'ho riportato a casa."

"Lo so mi ha detto che sei sempre stato presente. Ho sempre saputo che sei un buon fratello. Tu e John siete stati perfetti dopo Sherrinford." Al miglior detective di Londra non gli ci volle molto a capire quello che era successo.

"Immagino sappiano tutto di te e del tuo passato, Laura. Purtroppo è un prezzo alto da pagare per stare al suo fianco.  Conoscendo l'ira di Mycroft se lo venisse a sapere, è come se fosse sepolto sotto una spessa lapide." Fu tagliente, le labbra strette. "Sono interferenze che potrebbero evitare ma non riescono a restare fuori dalla nostra vita privata.

Sospirai, stare con un Holmes aveva un costo in termini di stress, gli risposi pacata.

"Non dire nulla a Mycroft, Green non è stato molto gentile parlando del mio passato. Ma per il suo bene ho smorzato i toni." Sherlock allungò la sua mano delicata sopra la mia, un gesto che non mi aspettavo.

"Sei saggia Laura, ma se ti daranno fastidio puoi dirlo a me." Sentii il suo calore passarmi attraverso la pelle. "Ci penserò io, sta serena e cerca di non abbatterti." 

Quella carezza gentile, fatto da lui che era meno espansivo di Mycroft, mi diede ulteriore coraggio.

"Lotterò stanne certo, avrò cura di tuo fratello." 

Sherlock con un lieve sorriso che gli illuminava il volto mormorò.  "Myc non sa la fortuna che ha avuto nell'incontrarti." 

Non ebbi il tempo di rispondergli, perchè Mycroft reggendosi alle stampelle, ci raggiunse accigliato, aveva visto il gesto del fratello che ritrasse rapido la mano.

"Che state complottando voi due?" Sorrise ironico. "Bada fratellino lei è la mia donna."

"La tua cosa?" Esclamammo in coro, aggrottò la fronte pensieroso, poi aggiunse. "La mia compagna?"

"Meglio," risposi ridendo "ma va bene lo stesso, stupido." Mi baciò sul fronte e quasi gli caddero le stampelle.

"Come siete sdolcinati!" Sherlock sbuffò sarcastico. "Fratello sei cotto al punto giusto! Chi si occuperà dell'Inghilterra adesso..." Scosse la testa riccia.

"Sempre io, ma doserò le forze e il mio tempo. Laura sarà al primo posto, lo Stato può andare avanti anche senza di me."

"Mi lusinghi oscuro uomo di potere. Ma lo sai che non voglio che tu rinunci al tuo lavoro. Bada che l'ho promesso, nessuna interferenza da parte mia." Ridacchiai vedendo il suo volto imbronciato.

"Va bene ma allenterò un po' gli impegni, voglio passare molto più tempo con te."

Sherlock alzò la mano per scacciare tanto sentimento melenso, ma mascherava la sua felicità. Ora Mycroft era al sicuro con me. Dopo Sherrinford le incomprensioni e le preoccupazioni sulla stabilità emotiva del fratello maggiore si stavano sciogliendo, erano molto più vicini di quanto pensassero. 

Sogghignò rasserenato.  "Fa il bravo fratello, fate i bravi tutti e due, non voglio più riaggiustare i vostri cuori infranti." 

Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top