PROLOGO II - IL RESPIRO DEL DRAGO
Lungo la linea dell'orizzonte il sole stava tramontando, accendendo di fiamma il cielo azzurro sino a qualche ora prima. Neraserpe lanciò un'occhiata alle pire ancora fumanti: dei corpi dei condannati non era rimasto altro che un mucchio di cenere e ossa carbonizzate.
Aveva sempre trovato assurdo il fatto che, nonostante ogni singolo Cecrope conoscesse la pena, qualcuno scegliesse comunque di commettere il reato. Forse i criminali confidavano nel fatto di non essere scoperti... poveri illusi.
Ma in fondo, era meglio così. Qualche rogo durante il thig finiva sempre per rasserenare gli animi: chi aveva subito il torto sapeva che giustizia era stata fatta, e i parenti dei colpevoli erano coscienti che il fuoco ripulisse l'anima, prima che questa si riunisse al Grande Drago.
Neraserpe prese posto dinanzi alla Stele Spezzata: l'antica pietra nera, monca dell'apice, riportava ancora nitide le incisioni in cui era stata iscritta la storia della Creazione: il tempo in cui i Draghi avevano forgiato il mondo col fuoco.
Lo stesso fuoco che, infine, aveva acceso il sole.
Persino gli esseri umani, pur nella loro ignoranza, avevano incominciato a intravedere la verità, con il loro culto del Sol Invictus. O forse questo Sol Invictus era il nome di uno dei loro tanti ordini cavallereschi? "Bah, a chi importa." pensò, portandosi la coda sulle ginocchia.
«Come ogni anno tutti i Clan di Clitalia sono qui riuniti per prendere un'importante decisione,» esordì ad un punto Neraserpe, imponendo con la sua sola voce il più assoluto silenzio «formare, o meno, una Tribù. Non c'è bisogno che vi ricordi quanto una simile decisione sia da prendere con cognizione di causa. E se ve lo ripeto è solo perché quest'oggi ci sono capiclan eletti di recente. Obbiettivi minori di ciascuna comunità non richiedono uno sforzo collettivo.»
Boaspira, a capo dei Ramarri, agitò la lunga coda color smeraldo «Sono dell'idea che sia opportuno proseguire le nostre razzie verso ovest. Fondare un nuovo clan in quelle regioni, magari.»
Carapace, l'attempato Cecrope delle Zanne di veleno ribatté «Mobilitare la Tribù per qualcosa del genere è una sciocchezza bella e buona.»
«Concordo.» intervenne Neraserpe «I Clan interessati a fondare nuove colonie possono accordarsi singolarmente fra loro.»
Ci furono mormorii per tutto il thig. Oltre il cerchio dei capi, centinaia di Cecrope dalle più diverse fattezze e colori discutevano ad alta voce degli argomenti del giorno.
Il tramonto sprofondò nella sera, mentre le prime stelle facevano capolino nell'oscurità.
«Ebbene,» fece per concludere Neraserpe, esausta dopo quella lunga giornata «direi che il thig può dirsi c-»
«Aspettate.» intervenne un giovane dalle scaglie cremisi, alzandosi in piedi.
«Squamardente, hai forse una proposta?» domandò, scettica.
«In vero, sì, ho una proposta da fare a tutti quanti voi.»
«E quale sarebbe?» domandarono i capi più anziani.
Il giovane si schiarì la voce, gonfiandosi il petto «Secoli orsono i nostri antenati sono stati umiliati dalla più vile delle genti: gli uomini! Uccisero i nostri migliori guerrieri, violentarono le nostre donne, depredarono le nostre terre, ci privarono della stirpe più illustre e potente che la nostra razza abbia mai avuto. E quella stele,» disse, indicandola con un artiglio «è la testimonianza del loro affronto. Il nostro monumento più sacro deturpato in questo modo... ebbene, io vi dico: è giunto per noi il tempo della vendetta! È giunto per noi il tempo di radere al suo la più cara delle loro città, la tre volte maledetta Elea! E spargere sale sulle sue macerie fumanti.»
Un moto di ilarità serpeggiò nella folla e fra i capi, persino Neraserpe fece fatica a non sorridere dinanzi a quell'ingenua goliardia.
«C'è un confine sottile fra il coraggio e la follia e questo consiglio non intende oltrepassarlo. Hai la più pallida idea di cosa voglia dire prendere d'assedio Elea? Tre anelli di mura ciclopiche, sorvegliate da uomini armati per tutta la loro estensione. Almeno venti torri, munite di scorpioni, balliste, pece bollente e il Grande Drago sa cos'altro. Quasi un milione di soldati, non tenendo in conto delle forze a disposizione del Culto.»
Neraserpe sperò che le sue parole fossero sufficienti a quietare i bollenti spiriti del giovane, ma l'espressione di Squamardente non lasciava presagire nulla di buono. Sorrideva, e lo faceva in un modo che irritò profondamente la scura Cecrope.
«Di tutti i sistemi di difesa che hai elencato, non ce n'è nessuno che possa contrastare un attacco venuto dal cielo.»
Un mormorio concitato agitò la folla.
Neraserpe sollevò un sopracciglio squamoso.
«Cosa intendi dire?» domandò, fra il sospetto e la più viva curiosità.
«Basilisk, ti chiamo a testimone.» l'epiteto di spezzato risuonò in sussurri in lungo e in largo fra gli astanti.
Gli occhi ambrati di Neraserpe si ridussero a due fessure.
«Come osi convocare al thig un Cecrope esiliato? Vuoi forse essere posto sotto processo?!»
«Forse dovresti stare a sentire cos'ho da dire, prima.» intervenne lo Spezzato.
Gracile e rachitico, con squame il cui colore era pallido e smorto, si accompagnava ad un bastone, trascinando la sua zampa sinistra contro il soffice suolo erboso.
In tempi più antichi un Cecrope della sua schiatta sarebbe stato soppresso non appena uscito dall'uovo. Il Grande Drago, almeno così si credeva in passato, l'aveva messo al mondo solo per reclamarlo quale suo sacrificio.
«Molti di voi,» esordì, con voce rauca e sibilante «penseranno che vivere senza un Clan, senza radici, possa essere la disgrazia peggiore per un Cecrope. E avete ragione: non è stato semplice.» rivolse uno sguardo di ammonimento all'intera platea «Eppure, se non fosse stato per la mia gamba, per l'esilio a cui mi avete costretto, io non avrei mai scoperto ciò che adesso sto per mostrarvi. Nel corso dei miei viaggi sono stato nell'estremo est, dove sorgono montagne dimenticate. In una notte di tempesta, nel cavo nero di una spelonca, ho ritrovato un antico tesoro,» mostrò agli astanti una sfera nera e traslucida, al cui interno dardeggiava un nucleo di fuoco «accanto ad essa giacevano due tavole di pietra, sulle quali erano state incise altrettante frasi, nell'antica lingua driade "Qui riposa il respiro del drago" e "d'anime arde la sua brace".»
La folla tutta si ammutolì: dunque la leggenda era vera?!
Ma Neraserpe non poteva crederlo, non senza una prova a supporto di quelle parole.
«Puoi dimostrare la veridicità di ciò che dici?» lo sfidò.
«Se posso? Io no, ma i vostri occhi lo faranno per me.»
Basilisk arrancò nella sua direzione, e dopo averla sorpassata, si accostò alla stele, vicino alla quale pose la sfera.
Nel buio della sera le incisioni cominciarono ad agitarsi, come se gli occhi le vedessero attraverso il fumo. Lì dove lo scalpello aveva colpito, comparvero linee incandescenti, del colore vivo e accecante del fuoco.
Neraserpe sentì il respiro mozzarlesi in gola e il cuore perdere un battito.
"Non può essere... no, non può essere." si ritrovò a pensare, mentre nello sconcerto e nell'euforia generale una profezia si fece ormai certa realtà: un drago si sarebbe reincarnato, scatenando fuoco e fiamme sugli esseri umani.
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