CAPITOLO XXXII - ALL'ALBA

Nel suo cuore l'acciaio penetrò in un fiotto di sangue, che caldo intrise le sue scaglie dello stesso colore. Il dolore percorse ogni filamento della sua carne, gli annebbiò lo sguardo. Sentì le zampe tremare e infine cedere sotto il suo peso, mentre con il corpo si afflosciava lungo il moncone di una torre, in una zaffata di polvere e macerie. Diresse lo sguardo verso le mura che giganteggiavano dinanzi a lui, oltre i tetti degli edifici in fiamme.
Scorse squarci di cielo fra i cumulonembi di fumo nero: l'azzurro scuro si stinse in un colore più tenue, mentre una corposa luce bianca esplodeva ad est: stava ammirando la sua ultima alba.
Dalle stelle sopravvissute alla notte, a Basilisk parve di udire il richiamo dei suoi compagni e degli antenati, la loro voce unirsi nella unica eco del Grande Drago. Era questa la fine? I Cecrope abbandonarono le loro armi e si riunirono attorno al suo corpo esanime, con un dolore vivido quanto il suo. Lo Spezzato si ritrovò a pensare all'unica creatura per cui avesse mai provato una qualche forma di amore... "Squamardente, cosa penserai di me, adesso? Io- io ho fallito miseramente" emise un sospiro d'aria calda, fissando il cavaliere che gli aveva dato la morte, disteso a terra ormai privo di sensi "e nelle voci che mi chiamano alla fine, io non sento la tua. Forse ho sacrificato la mia possibilità migliore per l'ambizione più sbagliata" sentì le palpebre scagliose farsi grevi, sempre più grevi sulle iridi di fuoco "in fin dei conti sono rimasto sempre lo stesso... un piccolo storpio che sognava di volare". Gli venne quasi da sorridere: dopotutto quel piccolo sogno infantile lo aveva realizzato...
Adesso però aveva sonno, il sonno che avvolge il corpo dopo una giornata che non sembra voler finire mai. Provò a lottare, per un poco, poi si stancò anche di questo e infine i suoi occhi si chiusero. Un filo di fumo sgusciò dalle sue labbra, andando a dissolversi con l'ultima stella, prima del mattino.

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