CAPITOLO XXVI - IL RISVEGLIO DEL DRAGO

Le fiamme lo corrosero nel vortice delle loro viscere: i suoi occhi si sciolsero liquefacendosi lungo le guance; la carne e le squame si fecero una massa carbonizzata sprizzante sangue bollente; tutto di Basilisk lo Spezzato fu preso e consumato, sino a quando di lui non rimase che fumo e cenere. Riecheggiarono le grida di quanti aveva mietuto nella sua impresa di morte, le eco si contorsero sino a riunirsi in un cupo boato che divenne la sua voce.
Il fuoco prese forma e divenne carne, squame scarlatte e impenetrabili, ali così grandi da poter oscurare il sole. Ogni dolore vibrato nella mente e nel corpo cessò lo scoccare dei suoi strali: perché un drago, un dio, non può soffrire.
Basilisk riaprì gli occhi fra le macerie fumanti di Palazzo di Stelle, dinanzi a sé minuscoli Cecrope alzavano gli occhi a lui con sguardi increduli.
«Dunque era vero».
«La profezia si è realizzata!».
Provò a proferire parola, ma della sua voce si udì soltanto un ruggito che scosse la terra sin nelle sue viscere più profonde. Scelse allora la favella del pensiero, rivolta all'orecchio dell'Alveare.
«Quanto abbiamo sacrificato perché si compiesse questo prodigio? Quanto sangue abbiamo versato, il nostro e quello dei nostri nemici? Il prode Squamardente ha offerto in voto la sua stessa vita, perché il drago tornasse a fendere il cielo. Ora egli riposa nello spirito del Grande Drago insieme con ciascuno dei nostri perduti compagni» concentrò il mana nella propria gola, liberando una lingua di fuoco verso le stelle «rendiamo onore al loro sacrificio: che stanotte Elea bruci!».
«Lode al Drago! Lode al Drago! Lode al Drago!» in ogni anfratto di Utopia si levò l'acclamazione.
«Vi precederò sulla via della distruzione, figli miei. Quando vedrete le fiamme sciogliere la roccia delle loro mura, allora attaccate!».
E ciò detto vibrò le poderose ali, levandosi con un'ondata d'aria nel cielo notturno. Per tutta la vita aveva a stento camminato, mentre adesso poteva persino volare! Il suo muso spiovente trapassò la tenera carne delle nuvole, per poi voltarsi a picco in direzione della città. L'aria fischiò, spezzata dalle sue squame e il calore ardeva fra le sue fauci, quando schiudendole liberò le fiamme che dentro gli ruggivano: dardi rossi e arancioni saettarono in direzione dei corpi di guardia, esplodendoli in un assordante fragore, il fuoco illuminò la città a giorno, mentre le urla della gente si univano al chiasso delle macchine da guerra in frantumi, dei blocchi di roccia franti e spezzati.

Basilisk sorrise, virando e riprendendo quota in un nuovo battere d'ali, mentre sotto di lui si ergeva la fortezza nella fortezza, bardata di vessilli bianchi. Ancora una volta fu il suo respiro di fuoco che in una meteora precipitò verso il castello: assistette con ludibrio all'ombra rossa che essa proiettava lungo le strade di lastricato. Quasi non poté credervi quando vide la fiaccola estinguersi, chiudendosi nel palmo di un solo uomo: vestiva un'armatura smaltata di bianco, con finimenti d'oro e una stella a quattro punte saldata sui pettorali della corazza. Brandiva un spada la cui lama baluginava di un lieve lume di sole, ma ogni luce cozzava con l'ombra nera celata dietro il suo elmo, un essere di cui Basilisk ebbe intimo orrore. Intorno al castello brillarono gli incanti umani, da cui si levarono catene d'oro e d'argento, diretto verso le sue carni. Lo Spezzato calò in picchiata, scostandosi all'ultimo istante dal metallo stregato. Con la coda spazzò sugli inquisitori umani, spezzando le loro carni come fosse tenero pane. Liberò nuovamente fiamme ardenti sulle loro armature, ma quando tentò di vibrare i suoi artigli contro il castello ecco che il paladine che, per primo l'aveva ostacolato, si parò nuovamente dinanzi a lui, tentando di trafiggerlo con un affondo. Basilisk saettò indietro, evitando il filo della lama.

Gli armigeri degli uomini, approfittando del momentaneo impedimento, provarono a sopraffarlo ma a Basilisk bastò una scrollata, per disfarsi di loro. Quelli erano solo vermi. Il paladino era l'unico nemico con cui valesse la pena confrontarsi. Per tutto il corso della guerra si era limitato ad ordinare ad altri di combattere in suo nome, adesso toccava a lui in prima persona...
Frustò con la coda, frantumando la strada sottostante. Il paladino saettò innanzi con un balzo, pronto al fendente, ma Basilisk lo chiuse fra le sue fauci e lo scagliò contro la cupola di marmo. Quell'impatto avrebbe ucciso qualsiasi altro uomo, ma quello non era un essere umano, e pur se con l'armatura ammaccata, egli combatteva ancora. Si slanciò in un ulteriore affondo e questa volta il suo acciaio penetrò nell'incavo squamoso dell'ala, slogandola con una forza sorprendente e uno schiocco secco. Basilisk gemette, emettendo un boato, per poi scrollarselo di dosso. Il paladino crollò al suolo, la lama che aveva brandito per l'intera battaglia scivolò lontano dalle sue dita. Questi provò a riafferrarla, ma le fiamme di Basilisk, il Drago Rinato, lo consumò lì sul posto e null'altro se non una scura macchia nera rimase di lui.

Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top