CAPITOLO XXV - IL CORAGGIO DI UNO SCUDIERO

Il loro schieramento s'era disposto a difesa della porta nord, la stessa da cui erano entrati quella stessa mattina. Come c'era da aspettarsi il Principe si era piazzato in prima linea insieme con Titus, Vanni, Neraserpe e un recalcitrante Ianus. L'aspirante cavaliere non intendeva mettere in dubbio le strategie del suo signore, tuttavia non poteva negare di trovare piuttosto sciocco il fatto di non disporre ogni uomo abile alle armi intorno al castello: quello che sarebbe stato, fra tutti, il primo obbiettivo dei Cecrope.
In difesa della sede dei Reali, invece, erano state schierate soltanto le forze del Culto, comprendenti novizi, inquisitori e uno solo dei quattro paladini del Sol Invictus. In un bisbiglio Titus espose i suoi dubbi a Ianus, il quale lo infilzò con uno sguardo che sarebbe parso severo, se non fosse stato per l'estrema ilarità che gli destava la grigia cotta di maglia intorno a quel corpo attempato.
«La tua spada può forse ferire il fuoco, ragazzo?» Ianus sorrise «credo di no. Inoltre, se il Principe è stato abbastanza furbo, a quest'ora avrà già fatto spostare l'intera corte verso un luogo più sicuro.
«Quindi vuole usare il castello come -» fece per concludere Titus, quando venne anticipato dallo stesso Alfonso.
«Come un diversivo, esattamente».
«Continuo a non capire il perché abbiate voluto schierare un solo paladino allora» incalzò l'Avis, portando una mano al mento appena barbato «ci sarebbero più possibilità di abbattere il drago se tutti e quattro concentrassero le loro forze».
«Mio buon Avis» replicò Alfonso «voi dimenticate che tutta Clitalia è minacciata da creature non-umane e che, dunque, i servizi dei paladini sono richiesti anche altrove. Ma non temete: uno solo sarà più che sufficiente» gli assicurò, mentre tornava a dare le ultime disposizioni ai suoi sottoposti.

Titus gemette, pregando che l'Orimberga avesse ragione. Non aveva mai incontrato un drago, ma dai racconti e dalle leggende si diceva fossero creature di sterminato potere.

Si voltò verso Vanni, forse per cercare in lei qualche parola di confronto. Ma si stupì nel notare che la ragazza era intenta a fissare il lastricato, come fosse caduta in un'inestricabile catatonia. Si ritrovò a pensare quanto fosse bella nella sua armatura d'acciaio scuro, con la chioma finalmente libera e fluente dietro le strette spalle. I suoi occhi grigi luccicavano nella sera.
«Ehi, che ti prende?» le domandò, posandole una mano sullo spallaccio. Lei si riebbe come da un sonno profondo, guardandolo con le palpebre sbarrate.
«Oh, no, niente... niente» rispose, sottovoce.
«Sei spaventata?» le chiese con aria seria, alzando lo sguardo verso la linea rossa che squarciava le tenebre del cielo.
«Un po', forse» ammise lei, rinsaldando la presa sull'elsa della sua spada.
Titus si sciolse in un sorriso teso «Anch'io lo sono, sai... ma del resto sono molto meno coraggioso di quanto lo sia tu» le disse, baciandole il capo.
«Io più coraggiosa di te?» sbuffò lei, inarcando un sopracciglio «Non ricordi del nostro incontro con la Sfinge? Ti ci sei lanciato contro senza esitare neanche per un momento».
Titus scoppiò in una breve risata «Suppongo che quello, più che coraggio, fosse incoscienza» e poi, tornando serio «no, il mio non era affatto coraggio. Quando s'è trattato di prendere vere decisioni, di assumermi responsabilità, io ecco- io ho sempre esitato. Il più delle volte ho cercato delle scappatoie, mentre tu non l'hai mai fatto».
La ragazza arrossì impercettibilmente, riscuotendosi.
«Vanni, io ti faccio una promessa solenne, possa l'Unico maledirmi se non la manterrò! Questa notte entrambi sopravvivremo e, insieme, diventeremo cavalieri!».
E con queste parole spense la sua voce, affondando le labbra e la lingua in un lungo bacio.

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