Capitolo XXVIII
Ella si sollevò a fatica dal pavimento. Le girava la testa e, a giudicare dal dolore alla tempia, probabilmente doveva averla sbattuta contro qualcosa, il che le aveva causato una sorta di stato confusionale. Intorno a lei altre decine di passeggeri erano riversati a terra e alcuni di loro sembravano svenuti. I vassoi e le posate del vagone ristorante erano sparsi praticamente in ogni angolo della stanza e una grande quantità di piatti e bicchieri era finita in frantumi, creando un tappeto di taglienti cocci di vetro. I cibi erano schizzati lontano dai banconi, arrivando ad imbrattare persino le pareti. Alcune pozze di sangue lasciarono intuire che qualcuno si fosse ferito.
La Guardiana diede una rapida occhiata intorno, sconvolta dallo scenario che le si stagliava davanti. Vano fu ogni suo tentativo di capire cosa fosse successo. Il cuore le stava esplodendo nel petto.
- Ella! - la voce familiare di Sara la aiutò a calmarsi - Stai bene?
- Sì... Credo... Cosa... - balbettò mentre cercava con lo sguardo Jasmeen.
L'Imperiale bionda si trovava a poca distanza dalle amiche, seduta sul pavimento, prendendosi la testa fra le mani. Ella e Sara le corsero incontro per aiutarla a risollevarsi.
- Cosa è successo?! - fu la prima, incredula frase di senso compiuto che la Guardiana riuscì ad articolare.
- Non lo so. - mormorò Jasmeen confusa.
- Forse il treno ha deragliato.
- Cosa?! - Ella era sempre più sconcertata - Come ha fatto a deragliare?
- Non lo so, è solo un'ipotesi. Forse c'era un ostacolo sul binario.
- Ma non è possibile! Come potrebbe un...
Ella fu bloccata da un improvviso scossone, accompagnato da un rumoroso cigolio metallico.
- Cosa è stato?!
Un nuovo cigolio, più forte del precedente, mise in allarme non solo le tre ragazze, ma anche gli altri passeggeri, che nel frattempo stavano cominciando a riprendersi. Il pavimento sembrò muoversi, inclinandosi a creare una pericolosa pendenza, dapprima quasi a rallentatore, poi sempre più inesorabilmente.
- Che sta succedendo?! - Ella iniziò a faticare per mantenere l'equilibrio. Il pavimento della stanza aveva ormai raggiunto una pendenza fin troppo pronunciata.
- Ci troviamo in un tratto collinare! Se il treno è davvero uscito dal binario ora sta per rotolare giù!
- Cosa?!
- Dobbiamo uscire!
- FUORI! - Ella cominciò ad urlare, rivolgendosi a tutti i presenti - Fuori! Dobbiamo uscire tutti! ORA!
Il panico esplose. Iniziò la corsa generale verso le porte del vagone. L'ultimo scossone fu quello decisivo. Prima che i passeggeri potessero raggiungere le uscite, il treno rotolò su sé stesso, prima un'unica volta, poi, dopo un breve stallo, altre tre o quattro volte.
Le lamiere si accartocciaro, la quasi totalità dei finestrini finì distrutta, spargendo lame di vetro ovunque. I tubi che garantivano l'apporto di acqua ai bagni esplosero, inondando intere stanze. Le carrozze si separano le une dalle altre e molti collegamenti furono completamente interrotti.
Ella riuscì ad aprire gli occhi solo alcuni minuti dopo. Le luci artificiali che illuminavano il vagone si erano danneggiate, gettandolo in una penombra spezzata solo dal lampeggiare di una lampada malfunzionante. L'inquietante ululato di una sirena squarciava l'innaturale silenzio.
Si ritrovò ricoperta di sangue. Probabilmente i movimenti del treno la avevano fatta precipitare addosso ai frammenti di vetro, i quali l'avevano riempita di tagli.
Molti passeggeri, disperati, iniziarono la loro fuga. Anche la Guardiana, accompagnata dalle due amiche, era tra questi.
Le tre ragazze uscirono dal vagone, attraversando a stento la porta che, ormai deformata, era rimasta bloccata, lasciando aperto solo un piccolo spiraglio.
- Che facciamo adesso? - chiese Ella.
- Le porte esterne saranno quasi tutte chiuse, non credo sia più possibile aprirle. E uscire dai finestrini è fuori questione. A meno che non ne troviamo uno privo di cocci di vetro, rischiamo di finire tranciate in due. Quindi o abbiamo l'incredibile fortuna di trovare una porta o un finestrino aperti, oppure dobbiamo sgusciare fuori usando una lacerazione su una delle pareti esterne. Credo che quest'ultima sia la soluzione più attuabile. Il treno è distrutto, ci saranno decine di buchi e fratture nella struttura.
- E gli altri passeggeri?
- Stai scherzando, Ella? Gli altri passeggeri penseranno a loro stessi, chi se ne frega!
La Guardiana si bloccò nel bel mezzo del corridoio che stavano percorrendo.
- Ma non possiamo. Dobbiamo aiutarli. Dobbiamo aiutare Brix, Maya e gli altri magicanti. E le fate. E i bambini... Non possiamo lasciarli qui!
- Ella, per favore...
- Non lascerò il treno senza aver portato in salvo i bambini. Vi prego... andate a cercare altri passeggeri che hanno bisogno di aiuto. Andate a cercare Brix, o Pauli, o chiunque altro e guidateli verso l'uscita. Io vedrò di trovare il maggior numero di bambini. Ci rivediamo fuori dal treno.
- Ella, non puoi essere seria! Dividerci adesso è la cosa più stupida che possiamo fare!
- Se ci dividiamo avremo maggiori possibilità di trovare passeggeri bisognosi di aiuto.
- È stupido!
- Non mi importa. - lo disse con un sorriso - Ci rivediamo fuori. - ripeté prima di incamminarsi, da sola, lungo il corridoio.
*****
Trovò Brigitta rannicchiata in un angolo, con a fianco un bambino sconosciuto, più piccolo di lei, che piangeva disperato. Ella strinse la piccola bimba con foga, trattendo a stento qualche lacrima di gioia. Poi prese in braccio il bambino spaventato e, tenendo per mano Brigitta, si avviò alla ricerca di un'uscita. Durante gli interminabili minuti di cammino, la sua gonna si impigliò più volte con le lamiere aguzze, strappandosi in più punti. Quando, finalmente, si lacerò definitivamente, trasformandosi in un piccolo fazzoletto di stoffa che a stento le copriva le cosce, Ella non poté fare altro che tirare un sospiro di sollievo, contenta di essersi liberata di quell'ingombrante indumento.
All'improvviso la Guardiana sentì Brigitta stringerle la mano con più forza, quasi come se fosse spaventata da qualcosa. Quando si voltò verso la fonte di tale paura, vide davanti a sé un enorme lupo grigio dal pelo arruffato.
- Fenrir!
Il lupo si era strappato la divisa di dosso, rimanendo coperto solo dal suo folto manto grigio. Per Ella vederlo fu come respirare l'aria di primavera dopo un acquazzone. La Guardiana gli corse incontro, trascinandosi dietro anche una diffidente Brigitta, per poi affondare il viso in mezzo al suo pelo.
- Guardiana, a quanto pare ce l'hai fatta. - le disse.
Ella scosse la testa, intuendo cosa intendesse dire la creatura.
- Non è merito mio. Non so neppure cosa sia successo.
- Non importa. - il suo ringhio, solitamente intimidatorio, si era fatto più profondo e tranquillo - Quello che conta ora è riuscire a fuggire. C'è uno squarcio sulla fiancata del treno, poco più avanti. Avrei potuto attraversarlo e uscire finalmente da questa prigione, ma ho preferito provare a cercarti, prima.
Ella lo guardò senza dire nulla. Quelle parole le avevano colpito il cuore talmente forte, che ogni piccola frase avrebbe sminuito l'affetto che stava provando, in quel momento, per il lupo.
Fenrir allungò poi una zampa in direzione di Brigitta, la quale, dopo una iniziale paura, salì in groppa alla creatura, spinta dalla Guardiana. Anche il bambino in lacrime prese posto sul dorso del lupo, che, subito dopo, iniziò a muoversi rapidamente fra i corridoi, nel tentativo di raggiungere la via d'uscita. La sua groppa era così ampia che i due bambini avrebbero comodamente potuto sdraiarcisi sopra.
Le sue zampe si dimenavano talmente frenetiche da lasciare Ella indietro. Le gambe della Guardiana erano stanche e non riuscivano in alcun modo a tenere il passo. Ciononostante, non si arrese, continuando la sua disperata corsa. Mentre tentava di stare alle calcagna della creatura, poteva chiaramente vedere alcune zone del suo corpo, solcate da profonde cicatrici, in cui il pelo non cresceva più. Dovevano essere i ricordi delle torture.
Fenrir distanziò Ella di circa una decina di metri, dirigendosi verso lo squarcio che dava sull'esterno.
Qualcosa catturò l'attenzione della Guardiana. Un corpo sdraiato occupava il corridoio parallelo a quello che lei e il lupo stavano percorrendo.
Un prigioniero?
Si avvicinò con uno scattante balzo, dimenticandosi di Fenrir. Un uomo brizzolato stava gettato sul pavimento, con la schiena leggermente sollevata, reggendosi sui gomiti. Aveva una gamba intrappolata sotto una lamiera deformata e sicuramente questo gli impediva di sollevarsi, bloccandolo.
Ella fu sorpresa nel scorgere in lui non il volto di uno schiavo, bensì quello di un Infiltrato. Rimase a fissarlo titubante. Una parte di lei sarebbe voluta scappare verso la libertà, ma un'altra stava trattenendo i suoi piedi ben ancorati al pavimento, costringendola a guardare quell'uomo con compassione.
- Che sorpresa, Guardiana.
Troy ruppe il silenzio. Non sembrava spaventato, tutt'altro. Aveva il modo di fare calmo e impassibile di sempre, come se la gamba schiacciata sotto quella montagna di metallo appartenesse ad un insignificante passeggero anziché a lui.
- Curioso... ora io sono in trappola e tu sei libera. È proprio vero che la ruota gira. - le rivolse un sorriso rassegnato.
La parte più protettiva e testarda di lei prese il sopravvento, convincendola ad avventarsi sulla lamiera che teneva bloccato Troy, nel disperato tentativo di liberarlo. Il pesante pezzo di metallo non si mosse di un millimetro, nonostante gli sfiancanti sforzi di Ella. La Guardiana provò a spingere via quella trappola con tutte le sue forze.
- Lascia perdere, non ce la farai. A quanto pare per me finisce così. Vai via, esci dal treno prima che qualcosa lo mandi in frantumi o lo faccia incenerire. La tua vita ora sarà fuori dal treno, la mia finisce fra i suoi corridoi.
Il modo pacato con cui parlava diede sui nervi ad Ella. Non gli importava di morire? Forse, per gli Infiltrati nessuna vita aveva realmente valore, nemmeno la loro.
La giovane fermò improvvisamente i suoi tentativi di spostare la grossa lamiera metallica. Lo sforzo a cui si era costretta le aveva fatto venire il fiatone. Guardò Troy negli occhi, indagò il suo viso sperando di intravedere un'anima. Poi corse via, senza voltarsi indietro.
- Fenrir! - gridò, la sua voce risuonava per i corridoi deserti - Fenrir! - il lupo sembrava essersi volatilizzato - Fenrir! - urlava quasi disperata.
Trovò la creatura ad alcune decine di metri di distanza, intenta ad aiutare Brigitta e il suo piccolo amico ad uscire dal treno, attraversando un frastagliato squarcio che, aprendosi sulla fiancata, collegava il corridoio all'esterno.
- Vieni con me!
La Guardiana non perse tempo a dare spiegazioni, il lupo non perse tempo a chiederle.
Fenrir la seguì rapidamente, fino a raggiungere insieme a lei il corridoio in cui era intrappolato Troy. Alla vista dell'Infiltrato emise un ringhio talmente potente che Ella credette di sentire il pavimento tremare. L'uomo guardò lei e il mostro che aveva portato con sé con una lieve sorpresa. Ella non riusciva a capire se non fosse in grado di provare emozioni o se fosse solamente molto bravo a mascherarle.
- Aiutami, dobbiamo liberarlo.
- Sei pazza, Guardiana?! - la creatura arricciò il muso, scoprendo gli aguzzi denti in modo minaccioso. I suoi occhi erano diventati furenti, le sue fauci si spalancarono e i suoi muscoli si irrigidirono. Violenti ruggiti gli attraversavano la gola, in maniera quasi incontrollabile.
- Ti prego, Fenrir, aiutami. È bloccato.
- Non lo farò! Questo verme merita la peggiore delle morti! Resterà qui fino a quando fame e sete non lo uccideranno!
Il lupo la osservò immobile, il suo corpo era scosso da involontari spasmi di sabbia. L'aggressività accumulata nel suo sguardo fece temere ad Ella che avrebbe azzanato persino lei, pur di non darle retta. La Guardiana lo fissò con aria di sfida, tenendo il mento alto.
- Aiutami. Subito.
Fenrir finalmente smise di mostrare i canini, ma continuo ad emettere un sommesso ringhio. Si avvicinò alla lamiera, spingendola via con poca fatica e scoprendo, in questo modo, la gamba sanguinante di Troy. Sembrava ferita in maniera fin troppo grave.
- Ascoltami, lupo. Vai dove c'è lo squarcio sulla parete del treno ed allargalo in modo che anche l'Infiltrato possa passarci senza ferirsi. Io nel frattempo lo aiuto ad alzarsi.
Il lupo eseguì l'ordine con riluttanza. Ella si avvicinò a Troy per aiutarlo a sollevarsi e a rimettersi in piedi. L'uomo zoppicava vistosamente e apparve chiaro che non sarebbe mai stato in grado di camminare da solo. La Guardiana si affiancò a lui, facendo in modo che le passasse un braccio intorno al collo, e sorresse parte del suo peso, aiutandolo a raggiungere l'unica via d'uscita che era riuscita a trovare. Il sangue che fuoriusciva dalla ferita di lui si andò a mischiare con quello di lei, arrivando ad imbrattare di rosso anche la sua divisa grigia.
- Perché stai facendo questo? - le chiese - Perché non mi lasci morire?
- Perché tu non hai lasciato morire una bambina innocente. Perché hai avuto pietà di me e delle mie lacrime.
- Quindi solo perché mi sono dimostrato compassionevole un paio di volte merito di vivere? - rise - Hai idea di quante atrocità ho commesso? Hai idea di quante vittime ho sulla coscienza? Per ogni volta che ho avuto pietà, ce ne sono altre dieci in cui sono stato il più crudele dei carnefici.
- Non importa. - Rispose Ella. Non credeva alle parole di quell'Imperiale. Non voleva crederci.
Affidò Troy alle cure di Fenrir, intimando al lupo di non permettere che qualcuno gli facesse del male in alcun modo. L'Infiltrato uscì dal treno aggrappato al pelo di quella creatura. Ella rimase a bordo del veicolo, alla disperata ricerca dei bambini che lo popolavano.
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