Capitolo XXVII

Ella venne imbavagliata e le sue braccia vennero immobilizzate da ruvide corde. I controllori le tolsero persino la divisa, coprendola con una semplice tunica bianca che la lasciava più nuda che vestita

La stanza in cui venne gettata era fredda e umida. La Guardiana non riuscì a capire come una stanza posta su un treno potesse essere umida, eppure sembrava persino che dalle pareti sgorgassero piccoli rivoli di condensa.

La sala era estremamente buia, forse la più buia fra le sale di tortura che avesse visto fino a quel momento. Aveva le pareti composte da ampie pietre rettangolari, di colore grigio scuro e scarsamente rifinite, tanto che la loro superficie appariva ruvida e frastagliata.

Era quasi completamente vuota e, a differenza delle altre camere di tortura, non erano presenti sedie e le catene che pendevano erano solo un paio. L'unica cosa che riempiva lo spazio era un lungo bancone, pieno zeppo di strumenti di tortura, situato proprio dalla parte opposta rispetto a quella in cui si trovava Ella.

La Guardiana era accovacciata a ridosso di una parete. Aveva le mani legate dietro la schiena e, stretto fra i denti, un bavaglio che i controllori avevano tirato talmente tanto da ferirle gli angoli della bocca.

Rimase in quella posizione, rannicchiata su sé stessa, per diverse ore. Probabilmente la notte era giunta ormai già da tempo, ma le era difficile capire con certezza che ore fossero, data la totale mancanza di finestrini. L'unica cosa che illuminava l'ambiente erano due alte lampade dalla luce calda.

Aveva ormai finito le lacrime. Persino l'odio sembrava essersi esaurito. Arrivò anche a sperare che chiunque si fosse occupato di torturarla le facesse anche dono della morte. Una volta Daemon le aveva detto che, secondo lui, la morte è una liberazione e lei stava cominciando a crederci.

Daemon...

Ella aveva pensato tanto anche a lui. Aveva pensato al suo tradimento, al suo essere incurante delle disastrose conseguenze che avrebbe avuto. E aveva ripensato anche alle parole di Jasmeen che la mettevano in guardia dagli Infiltrati. Forse se le avesse dato ascolto le cose sarebbero andate diversamente.

La porta della sala si spalancò, lasciando entrare piccole gocce di luce ed interrompendo il rapido susseguirsi di pensieri della Guardiana.

Un ragazzo alto e muscoloso entrò all'interno, per poi richiudere la pesante porta metallica alle sue spalle.

Ella sollevò lo sguardo speranzosa. Per un attimo immaginò che Daemon si fosse pentito di ciò che aveva fatto e che fosse venuto a liberarla. I due occhi dorati che la fissavano con fare perverso le fecero capire che si sbagliava.

Hawk si avvicinò con passi lenti al bancone, scrutando attentamente i vari strumenti che vi erano poggiati sopra.

- Spero tu appezzi che non ti abbia fatto rinchiudere con gli altri Imperiali. - le disse - Ho espressamente richiesto che non entrasse nessuno del personale del treno qui. Volevo occuparmi io di te. Non avrei potuto permettere a nessun altro di toccarti.

Aveva una voce tranquilla e a tratti quasi cordiale. Diede le spalle ad Ella, rivolgendosi verso il bancone, ed afferrò una barra metallica, lunga quanto il suo braccio, rigirandola fra le mani come a volerla ammirare. Poi si voltò di scatto per tornare a fissare la povera Guardiana, legata, imbavagliata e gettata sul pavimento dall'altra parte della stanza.

- Allora... Ti trovi bene qui sul treno? Ti piacciono i tuoi compagni di viaggio? Ti piace il cibo?

Ella lo guardò in cagnesco. Lo avrebbe ucciso con lo sguardo se solo avesse potuto.

- Oh, che sbadato. Stavo quasi per dimenticare che non puoi rispondermi.

Poggiò nuovamente la barra appena presa possa il bancone, poi sollevò la mano destra, mantenendo il palmo rivolto verso l'alto.

Seguendo quello strano gesto, un appuntito coltello privo di manico si sollevò dal mucchio di strumenti di tortura, volteggiando nell'aria. Poi, spinto dalla magia di Hawk, si gettò sul bavaglio che impediva ad Ella di parlare, lacerandolo e imprimendo un profondo taglio sulla guancia della Guardiana.

- Oh. Scusa. Sono proprio distratto oggi. - riprese in mano la barra di metallo - Però hai visto che bella magia? Sai, la scuola dei magicanti è fantastica. Mi hanno insegnato cose a dir poco incredibili. E sai qual è il tipo di magia che preferisco? - sollevò nuovamente la mano e dal palmo nacquero alcune sinuose fiamme - La magia del fuoco.

Iniziò a scaldare la barra che teneva stretta tra le dita, arroventando il metallo.

- Già... - riprese, senza interrompere il lavoro di riscaldamento - Frequentare una scuola di magia così prestigiosa è stato davvero incredibile. Però dopo un po' i magicanti hanno iniziato ad annoiarmi. Ogni tanto andavamo alla Città Imperiale per vendere la nostra magia ed era lì che mi sentivo veramente a casa. Era lì che non riuscivo ad annoiarmi, lavorando come mercenario per gli Imperiali. I magicanti della mia scuola possedevano un senso etico impeccabile, ma molti Imperiali vogliono un servitore senza scrupoli. Loro vogliono la magia anche per scopi malvagi. E, sai, ho cominciato a pensare non ci sarebbe stato niente di male ad usare le arti magiche per i miei interessi. Quando gli Imperiali hanno capito che della morale mi importava poco, hanno iniziato a ricoprirmi d'oro. Una volta mi sono messo al servizio di un mercante disonesto che faceva affari con i proprietari del treno. È così che mi hanno notato. Forse hanno pensato che la mia magia sarebbe stata utile o forse, semplicemente, volevano un magicante che non fosse così schifosamente fedele alla Dime. Devo ammetterlo, quando mi è stato chiesto di diventare un Infiltrato ero titubante. Ma poi ho accettato. Forse è stata la montagna d'oro che mi hanno offerto a convincermi.

Fece una breve pausa, osservando Ella che stava ancora raggomitolata in silenzio a fissarlo con rabbia. Forse voleva accertarsi che lo stesse ancora ascoltando.

- Sono riuscito a guadagnarmi la fiducia dei proprietari e del personale fin da subito. In fondo, molti Imperiali mi avevano detto che ero così richiesto anche grazie al mio carisma. Forse è per questo che sono entrato fin da subito nelle grazie dei proprietari e degli altri Infiltrati. Pensa, all'inizio piacevo persino a Daemon. Daemon! - esclamò con un sorrisetto divertito - È sempre così spocchioso e arrogante. E ha sempre quel modo di fare sarcastico. Solo il cielo sa quanto lo odio.

- Strano! - Ella si decise finalmente a parlare - Dovresti amarlo invece! È identico a te! Un vile bastardo che non si cura altro che di sé stesso! Un mostro troppo impegnato a nutrirsi del dolore altrui per sentire il suo stesso fetore!

- Questo non ti ha impedito di andarci a letto. Sì, lo so. - disse vedendo l'espressione sorpresa della Guardiana - So tante cose. Ma non importa. - smise finalmente di usare la magia del fuoco sulla barra e si avvicinò alla ragazza - Non mi importa se ha preso lui la tua verginità. Io mi prenderò qualcos'altro.

Tornò improvvisamente serio. Sollevò il braccio e, con un rapido gesto, usò il bastone metallico per colpire Ella. La giovane Guardiana urlò di dolore, ferita non solo dalla violenza del colpo ma anche dal metallo arroventato. Attorno a lei si sparse l'odore della sua pelle bruciata.

- Vuoi la mia vita? - gridò a pieni polmoni - Prenditela allora! Non ha più importanza!

Hawk le rispose con una risata.

- Certo che no. Perché mai dovrei ucciderti? Voglio quello per cui ti ho portata qui. Ti ricordi di quando eravamo bambini, Ella? Ti ricordi dei momenti trascorsi insieme? Dei mesi precedenti alla mia partenza?

Le sferrò un altro colpo, facendola urlare nuovamente.

- Ero innamorato di te, Ella. E so che anche tu, a modo tuo, lo eri. Ma che avremmo fatto? Cosa avremmo mai potuto fare una volta che fossi tornato dalla scuola di magia? Ti avrei visitato, avrei passato le giornate con te... e poi? E poi sarei dovuto andare via. Se avessi provato ad amarti le Anziane mi avrebbero cacciato per sempre. Ti hanno sempre tenuta lontana dalle emozioni, sanno quant'è pericolosa la corruzione degli Imperiali. Non ci saremmo mai potuti baciare, non avremmo mai potuto dormire insieme. Non è ingiusta la vita?

Un'altra bastonata si abbattè sulla schiena di Ella. La Guardiana aveva le lacrime agli occhi per il dolore.

- Ma qui sei libera. Puoi fare quello che vuoi. Puoi amare quanto vuoi. Io posso amarti quanto voglio. Che importa della corruzione? Che importa se non vivrai per sempre o se invecchierai? Non ne vale forse la pena?

Si allontanò, dirigendosi nuovamente verso il bancone.

- Sai, è questo che è successo ad Alma. Sì, so anche che hai conosciuto Alma.

- Che ne sai tu di lei?

- So che quando era a palazzo, commise l'errore di innamorarsi di un magicante. Certo, non si trattava davvero di amore. Le Guardiane non possono provare emozioni, ovviamente. Però lei sapeva che quello che sentiva era il preludio di un sentimento. Ma era un'Anziana. Sapeva che non avrebbe mai potuto concedere il suo cuore a qualcuno. Sapeva di essere condannata ad una vita senza emozioni. E così una notte fuggì dal palazzo, per raggiungere il suo amato. Scelta stupida. - rivolse un sorriso ad Ella - Il magicante la rifiutò e lei si ritrovò a vagare per un mondo che le era estraneo, tentata di uccidersi piantandosi una lama nel petto. Patetico.

Hawk prese un luogo coltello, rimirandolo a lungo prima di dirigersi verso Ella.

- Ha deciso di unirsi al treno perché era disperata. La sua potente magia le ha permesso di diventare una dei proprietari. Ora può riversare tutto l'odio che ha provato per il magicante che l'ha rifiutata sui passeggeri del treno.

- Come fai a conoscere questa storia?

- Me l'ha raccontata Alma. Sono riuscito a convincerla a parlarmene. Lei è stata contenta e io pure. In fondo, nonostante l'età, è ancora bellissima.

Il giovane si avvicinò ulteriormente alla Guardiana.

- Alzati! - le intimò. Era tornato serio.

- Puoi scordartelo!

A quella risposta Hawk la afferrò per il collo, sbattendola, con tutta la forza che riuscì ad accumulare, contro la parete. Ella boccheggiò tenendo gli occhi sbarrati, incapace di respirare. Il magicante stava premendo sulla sua gola, bloccando il flusso d'aria.

- Non sarebbe stato più semplice dirmi di sì? - le disse incurvando le sopracciglia in un'espressione fintamente triste.

Poi utilizzò il coltello afferrato in precedenza per tagliare le corde che tenevano ferme le braccia della Guardiana. Infine spostò la mano che premeva sulla gola di Ella, permettendole nuovamente di respirare.

- Capisci perché l'ho fatto? Capisci perché ti ho portata qui? Perché opporre resistenza quando puoi amarmi? - le accarezzò dolcemente il viso.

Ella gli rispose sputandogli in faccia. Hawk non si scompose. Si puli con il dorso della mano, con estrema calma.

- Preferisco morire che piegarmi a te.

- Sono certo di poterti far cambiare idea.

La scaraventò nuovamente sul pavimento, allontanandosi da lei di qualche passo. Poi usò la sua magia per far fluttuare altre taglienti lame provenienti dal bancone. Ad un suo gesto, una di queste si diresse veloce contro Ella, mancandola di pochi millimetri e andandosi a conficcare nella scanalatura tra le pietre della parete.

- Non credo tu possa competere con la mia magia. - le disse ridendo, mentre lei si rialzava barcollando

La giovane tentò di sferrargli un calcio che, grazie al repentino scatto di Hawk, finì per colpire l'aria. In risposta lui la schiaffeggiò talmente violentemente da farla ricadere a terra.

Il ragazzo di accovacciò al suo fianco, prendendole il viso fra le mani.

- Non sarebbe più semplice smettere di fare resistenza? - le chiese con un tono fin troppo dolce - Non vedi che ti amo? - provò a poggiare le labbra su quelle di Ella, ma la Guardiana allontanò repentinamente la testa.

- Tu sei pazzo! Tu non ami niente e nessuno! Sei un verme!

Un altro schiaffo la convinse a tacere.

Il magicante usò poi la sua magia per lanciare altre lame. Stavolta le taglienti armi colpirono il bersaglio, lacerando la carne di Ella e facendola nuovamente urlare.

La Guardiana vide il suo sangue creare piccoli fiumi sul pavimento.

Estrasse a fatica una lama che le era rimasta conficcata nel braccio.

- Pensi di farmi paura? - sbraitò contro il ragazzo - Puoi torturarmi quanto vuoi, ma non puoi farmi niente! - si alzò dal pavimento con un balzo inaspettato, avventandosi su Hawk e graffiandolo con le unghie - Avrai quello che meriti! Avrò la mia vendetta!

Il magicante si liberò dalla presa di Ella, scaraventandola contro il muro e afferrando una sorta di frustino, poggiato sul bancone a poca distanza da lui.

- Speravo di non doverti fare del male. - le disse con snervante calma - Ma a quanto pare sono costretto a trattarti peggio di quanto ho fatto con quegli idioti che ti hanno aiutato.

Ella si pietrificò. Il suo sguardo, fino ad un istante prima duro e battagliero, divenne lo specchio della sua paura. E Hawk ne capì subito il motivo.

- Oh... - rise - Credo di aver sbagliato metodo... forse le torture non ti spaventano, ma di certo spaventano gli altri passeggeri. A quanto pare se voglio colpire te mi basta fare del male a qualcun altro, vero?

Il magicante gettò via il frustino, avviandosi verso la porta.

- No! - Ella cerco di fermarlo aggredendolo nuovamente, ma il ragazzo fu più forte di lei. La lanciò via, poi uscì.

Sparì avviandosi lungo il corridoio e richiudendo la Guardiana all'interno della stanza.

*****

Ella tornò nella sua cuccetta la mattina seguente, con alcuni lividi, tagli sparsi, del sangue rappreso addosso e un graffio sulla guancia. Ma le sue ferite si rivelarono insignificanti di fronte al volto tumefatto di Sara. Una preoccupata Jasmeen si occupò di medicarle.

A pranzo le tre compagne di stanza scoprirono che alcuni dei passeggeri torturati non avevano fatto ritorno nelle loro camere, incluso Abraham.

Nel vagone di ritrovo in cui si recarono successivamente albergavano volti spenti e vuoti. I magicanti non avevano più avuto il coraggio di avvicinarsi agli Imperiali, riprendendo quella sorta di segregazione che vigeva prima dell'arrivo di Ella. Persino Sorien aveva perso il suo sbarazzino modo di fare.

Ella aveva il cuore spezzato.

Aveva fallito.

Aveva deluso tutti.

Era tutto finito.

Ed era finito nel peggiore dei modi.

Alcune persone erano morte per colpa sua.

Altre avevano visto le speranze che lei stessa aveva alimentato distruggersi come fogli di carta gettati fra le fiamme.

Pianse a lungo, pur sapendo che nemmeno le lacrime la avrebbero aiutata.

Il binario tortuoso era ormai lontano, e con esso si era allontana per sempre ogni speranza di vita.

Ella riuscì a calmare la sua disperazione solo un paio di giorni dopo.

Si rassegnò.

Si spense anche lei.

Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top