Capitolo XXIX
Ella trovò bambini spaventati gettati in ogni angolo del treno, tremanti ed in lacrime. Li prese tutti per mano, li accompagnò tutti verso una qualunque uscita utilizzabile. Li consolò ed abbracciò tutti.
Di adulti, invece, non c'era nemmeno l'ombra. Gli unici passeggeri che Ella vide, bimbi a parte, erano alcuni Imperiali ormai diventati cadavere. Probabilmente qualunque creatura fosse in grado di badare a sé stessa aveva immediatamente cercato una via di fuga.
Durante la sua ricerca era riuscita a ferirsi più di una volta e una delle maniche della divisa le era rimasta impigliata in un pezzo di vetro troppo sporgente, strappandosi quasi del tutto.
Riuscì a stento a raggiungere la carrozza N. Il pavimento dei corridoi era ricoperto di cianfrusaglie volate fuori dalle varie stanze e da schegge taglienti ed inoltre le porte interne che collegavano le due carrozze si erano ormai deformate, costringendola a bizzarre contorsioni per poterle oltrepassare.
Mentre vagava senza meta per l'ormai distrutto treno, un oggetto dalla forma strana attirò la sua attenzione. Quando si avvicinò capì che non si trattava affatto di un oggetto.
La testa di una guardia giaceva sul pavimento, con gli occhi chiusi ed un'espressione sofferente dipinta in viso. Accanto ad essa c'era il suo corpo, su cui spiccava il collare color porpora della divisa. Poco più in là un braccio riposava solitario accanto alla parete.
Ella si avvicinò con circospezione. Stranamente non c'era sangue accanto al cadavere.
La Guardiana allungò il collo per osservare meglio quel volto privo di vita.
La guardia spalancò gli occhi di scatto, rivolgendoli verso Ella, la quale trasalì, facendo un balzo indietro. La bocca di quel mostruoso essere si spalancò. Forse avrebbe voluto cominciare ad elencare tutte le regole che la Guardiana aveva infranto, e dovevano essere parecchie, ma non riuscì ad emettere alcun suono. Bocchegiava senza riuscire ad articolare le parole. Magari si era rotto qualche altoparlante.
Ella si allontanò turbata, mentre la testa guardia continuava a scrutarla da lontano.
*****
I corridoi sembravano tutti uguali. Tutti identici, tutti con la stessa tappezzeria, tutti ugualmente a pezzi. Ella credette di perdersi in mezzo a quello scenario di distruzione ben più di una volta. La penombra in cui il treno era immerso, a causa del danneggiamento delle luci artificiali, la spaventava, in un certo qual modo. Nonostante fosse mattina, il sole non riusciva a rischiare i corridoi interni, in cui la Guardiana era costretta ad addentrarsi a causa dei numerosi ostacoli che trovava lungo il suo cammino.
Quando girò l'ennesimo angolo, avvertì il cuore fermarsi. La testa le pulsò, in un impeto di paura e rabbia. Istintivamente strinse i pugni, conficcandosi le unghie nella carne.
- Ciao Ella. -
Hawk aveva il viso solcato da quel sorriso che Ella aveva sempre adorato, quando era bambina. Una ferita alla testa del magicante aveva fatto colare un rivolo di sangue sul sopracciglio e lo aveva alimentato fino a farlo scendere oltre la guancia e a permettergli di raggiungere il mento. I vestiti che gli mettevano in risalto i muscoli erano macchiati e sgualciti. Ella si rese conto che aveva sempre amato quell'abbigliamento. Le piaceva anche ora che era così disgustosamente sporco e rovinato.
- Hai visto? Alla fine ce l'hai fatta a combinare qualcosa. Hai creato un gran bel casino. - rideva in maniera innaturale, quasi folle.
- Fammi passare. Non ho tempo da perdere con te. - sentenziò la Guardiana.
- Ma come! Tu hai la brillante idea di distruggere l'intero treno e io non posso nemmeno ringraziarti a dovere?
Sollevò la mano. Una fiamma divampò fra le sue dita. Ella rimase immobile per qualche secondo. Sapeva cosa stava per succedere, ma voleva aspettare prima di compiere qualunque movimento.
Hawk le scagliò addosso una palla di fuoco. La Guardiana fu rapidissima a schivarla, nascondendosi nel corridoio adiacente. Il cuore stava per uscirle dal petto.
- Ella, che fai? Non è il momento di giocare. - aveva un tono canzonatorio.
L'aria davanti alla ragazza vibrò. Il corpo di Hawk si materializzò di fronte a lei, come un'illusione ottica. Quella stessa illusione ottica che settimane prima la aveva affascinata, convincendola che non ci sarebbe stato nulla di male nel visitare la Città Imperiale.
Ella tentò di sferrargli un violento calcio, che il magicante riuscì a schivare come sempre.
La Guardiana gli si gettò addosso. Una furia incontrollabile la guidava. Riuscì finalmente a colpirlo, facendo impattare il suo pugno contro la mandibola del ragazzo.
Un'energia magica la spinse via, facendola sbattere con violenza contro una parete. Emise un piccolo rantolo di dolore.
Superato lo stordimento iniziale, Ella riprese nuovamente ad aggredire Hawk.
Si lanciarono gli uni contro gli altri, cercando di colpirsi a vicenda, restando stretti in un cruento abbraccio che li faceva assomigliare ad amanti più che a rivali.
Un nuovo incantesimo riuscì a far vacillare la Guardiana, che perse l'equilibrio e venne colpita da una delle fiamme generate dal magicante.
Sentì la pelle accartocciarsi sotto il bruciante calore. Strinse il pavimento con le dita.
La figura di Hawk si avvicinò a lei. La sovrastò. Il suo sorriso si era fatto più largo. Fiamme rosse e blu lo avvolgevano.
Ella sollevò lo sguardo, fissando il ragazzo dritto negli occhi con espressione dura. Giurò a se stessa che sarebbe morta a testa alta.
Una sbarra di metallo si abbattè su Hawk. Il giovane riuscì a parare il colpo con il braccio, impedendo all'Infiltrato che lo aveva sorpreso alle spalle di colpirlo sulla tempia.
La Guardiana non fu sorpresa nel ritrovarsi Daemon davanti. Ricordava fin troppo bene il momento in cui il ragazzo moro gli aveva giurato vendetta.
I due si studiarono come animali feroci pronti alla battaglia. Il bastone ferroso di Daemon sfidava la magia di Hawk. Il loro atteggiamento presuntuoso e sicuro era fin troppo simile, talmente identici da entrare in competizione, l'uno contro l'altro.
E mentre cercavano di colpirsi a vicenda, sfruttando le armi che avevano a disposizione, Ella pensò che l'arrivo di Daemon era stato provvidenziale. Però la vendetta spettava a lei. Sarebbe stata lei ad ottenerla.
Mentre Hawk era intento ad usare il suo fuoco magico contro il suo rivale, lei afferrò un pezzo di legno pesante, staccatosi da un armadio o forse da un comodino, e gli si avvicinò da dietro.
Pensò che sarebbe stato scorretto colpirlo alle spalle.
Fece schiantare il blocco di legno sulla sua nuca, impiegando quanta più forza riuscì ad accumulare.
Hawk vacillò. Si piegò su sé stesso, stordito. Barcollò fino a raggiungere una parete, poi si sedette sul pavimento, appoggiando la schiena al muro. Ansimava.
Daemon gettò via la sbarra metallica che stringeva in mano. Sembrava sorpreso. Si allontanò dal nemico ormai indebolito.
Ella si avvicinò ad Hawk. Lo osservò dall'alto.
- Ella. - la voce di Daemon era distante, forse più di quanto fosse in realtà - Dobbiamo andare.
La Guardiana non rispose. Osservava il suo più grande amico con rancore. Il magicante sembrava distrutto. Forse gli incantesimi avevano esaurito le sue energie.
Poi guardò il finestrino frantumato che aveva davanti. Strappò l'unica manica della sua divisa rimasta intatta e la avvolse sulla mano, a creare una spessa fasciatura.
- Ella! Forza! Andiamo!
Sfruttando lo strano bendaggio, lanciò la mano contro il finestrino e afferrò saldamente uno dei pezzi di vetro più grandi e appuntiti.
E lo utilizzò per pugnalare l'ormai inerme Hawk. Gli trafisse il cuore. Lo sentì esplodere sotto i suoi colpi. Il suo sangue le schizzò addosso, imbrattandole il viso e i capelli.
Lo colpì più e più volte, conficcò quella tagliente scheggia di vetro nel suo corpo ormai privo di vita, controllata dalla sua stessa furia, mugolando sempre più forte ad ogni pugnalata.
Infierì sul suo cadavere con sconcertante violenza, lasciando fluire tutto il rancore accumulato. Teneva le mascelle serrate e stringeva talmente forte l'arma vetrosa che persino il bendaggio ricavato dalla manica non le impedì di ferirsi la mano.
Si fermò solo dopo una ventina di colpi, ansimante. Il corpo di Hawk giaceva immobile davanti a lei, con gli occhi dorati sbarrati e fissi, persi nel vuoto. Era morto da vile. Era morto come meritava.
Scagliò il pezzo di vetro più lontano che poté. Poi tolse velocemente le scarpe, quelle stesse scarpe che avevano imprigionato i piedi eternamente liberi di una Guardiana. Caminò in mezzo alla pozza di sangue che si era venuta a creare, come fosse un laghetto di acqua fresca. Come ultima cosa, strappò via il collare dorato, il primo vero simbolo della sua schiavitù, tirando la stoffa con un gesto quasi disperato e lasciando finalmente libera la pelle del petto.
Poi si avviò in direzione di Daemon, che per tutto il tempo era rimasto a guardarla ammutolito.
*****
- Più avanti c'è una porta che è rimasta semiaperta. - le disse l'Infiltrato - possiamo usare quella per uscire.
Ella si sentiva esausta. E sporca. Era ricoperta di sangue, le era persino arrivato nei capelli. Aveva il corpo pieno di ferite e la sua divisa era ormai ridotta a brandelli. Aveva sognato tanto il momento della fuga e ora che era giunto, non si sentiva minimamente soddisfatta o felice. Era solo arrabbiata.
- Il treno... è deragliato - riuscì a dire soltanto.
- Lo so. Sono stato io a farlo deragliare.
- Cosa?!
La Guardiana si arrestò di colpo. Daemon si voltò per osservarla con il suo tipico mezzo sorriso.
- Ho preso quell'affare che Hawk vi aveva confiscato da uno dei magazzini e l'ho lanciato da un finestrino. Uno degli Imperiali che lo aveva costruito ha spiegato a cosa servisse mentre lo stavano torturando. Non avrei mai saputo come utilizzare quell'aggeggio altrimenti.
- Perché lo hai fatto? - non riusciva quasi a credere alle parole del ragazzo.
- Perché no?
Rise, prima di voltarsi e ricominciare a camminare. Ella lo seguì dopo qualche istante di immobile incredulità.
- Come hai fatto a scoprire il nostro piano?
- Me l'ha detto Eden, una notte che abbiamo dormito insieme. O meglio, mi ha detto che vi aveva dato a disposizione una delle sue camere e di andare a controllarvi perché era certa steste tramando qualcosa. Non avrai mica creduto che sarebbe stata così idiota da lasciarvi fare quello che volevate senza sospettare di nulla, vero?
Giunsero finalmente all'uscita indicata da Daemon. Ella credette di aver camminato per ore. Il treno stava cominciando a farla impazzire.
- No aspetta... non posso uscire. Ci sono ancora bambini, devo aiutarli a...
- Piantala Ella. Hai idea di quanti passeggeri ci siano sul treno? Hai idea di quanti di questi siano bambini? Non puoi aiutarli tutti. Per una volta, guarda in faccia la realtà ed accettala. Dobbiamo uscire, muoviti.
La Guardiana oltrepassò la porta parzialmente distrutta. Poggiò un piede nudo fuori dal treno e sentì qualche filo d'erba umido accarezzarle la pelle.
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