Capitolo XXIII
Ella aveva ormai imparato quasi a memoria il percorso migliore per poter raggiungere Enom. Aveva capito alla perfezione quali erano i corridoi sicuri e quali quelli da evitare perché maggiormente frequentati da guardie ed Infiltrati. Aveva anche scoperto che l'angelo nero non permetteva a nessuno di entrare nella sua cuccetta e che trascorreva molto tempo da solo nei vagoni di ritrovo. Fu proprio dentro uno di questi che Ella lo trovò, seduto ad un solitario tavolo a ridosso della parete.
Il veggente stava seduto con la testa rivolta davanti a sé e gli occhi neri persi in un eterno buio. Ogni volta che lo vedeva, Ella non poteva fare a meno di sentirsi piacevolmente protetta e rassicurata.
- Enom, - pronunciò il suo nome con una soave delicatezza, afferrando una sedia ed accomodandosi di fianco a lui - sono io. Come stai?
- Guardiana, è un piacere poter risentire la tua voce. Ma credo che la domanda più giusta sia come stai tu.
Ella non rispose. Abbasso lentamente lo sguardo, intrecciando nervosamente le dita, e per un attimo pensò che la cosa migliore che avrebbe potuto fare in qual momento fosse restare in silenzio e lasciarsi coccolare dall'angelo.
- Enom, ho bisogno del tuo aiuto. Il mio progetto di fuga sta finalmente prendendo forma. Ma... sembra che ci siano ostacoli pronti a distruggerlo dietro ogni angolo. - sospirò - Alcuni magicanti mi stanno aiutando, ma hanno bisogno di sapere quale magia protegge e fa funzionare il treno. Tu lo sai, vero?
Il veggente sorrise con il suo solito fare paterno e amorevole.
- No, mi dispiace, non lo so. Questa è una cosa di cui solo i proprietari del treno sono a conoscenza. Devi andare a chiederlo a loro.
- Ma solo gli Infiltrati hanno il permesso di vederli...
- Vorrà dire che dovrai chiedere aiuto ad uno di loro. Ce n'è ancora uno con cui devi stringere un patto, vero? Va da lui, accetterà di aiutarti.
La Guardiana rimase perplessa per alcuni istanti. Aveva intuito a chi si stesse riferendo Enom, ma sapeva per certo che l'angelo nero sbagliava a dire che avrebbe potuto ricevere aiuto da quel mostro.
- Lux non accetterà mai nessun accordo. È una creatura abominevole, non ha pietà né rispetto per nessuno. Come puoi dire che mi aiuterà? Non lo farà, credimi.
- Ormai dovresti aver capito che le mie parole corrispondono sempre a verità, Guardiana. Fidati di quello che ti dico. So che hai promesso al lupo grigio che avresti ucciso il Posseduto. Allora ascoltami bene, risparmiagli la vita ed in cambio della tua clemenza chiedigli di darti il permesso di raggiungere le stanze dei proprietari del treno.
- Questo è impossibile. - Ella scosse la testa - Ho già provato ad ucciderlo, ma nessuno può riuscirci. È un mostro, può stravolgere il suo aspetto, diventare enorme e guadagnare una forza smisurata. Non c'è alcun modo in cui possa privarlo della vita.
- Te lo ripeto, fidati delle mie parole. Arriverà il giorno in cui avrai la possibilità di ucciderlo, ma non farlo, risparmialo. Ora va da lui e fagli sapere che in cambio della sua collaborazione tu lo lascerai in vita quando sarà il momento.
La Guardiana faticò per non contraddire il veggente.
- Non accetterà mai. Qui sul treno il potere lo hanno gli Infiltrati. Io sono un'insignificante schiava. Non crederà mai che io potrei essere la causa della sua morte.
- Digli che sono stato io a prevedere il momento in cui morirà. Digli che ho visto che perirà per causa tua. Lux mi conosce, ha paura di me perché sa di cosa sono capace. Abbi fiducia, Guardiana.
Enom si richiuse nel suo tipico silenzio. Prima di allontanarsi Ella si strinse a lui in un morbido e quasi imbarazzante abbraccio. Le sue ali nere erano incredibilmente soffici ed emanavano uno strano e rassicurante calore. Il veggente le sorrise, forse sorpreso da quel gesto, e le accarezzò debolmente una guancia prima di lasciarla tornare alla sua carrozza.
*****
Il corpo di Ella era attraversato da brividi di eccitazione e paura. L'ultima volta che aveva incrociato il cammino di Lux, lui l'aveva spaventata a morte e le aveva lasciato dei lividi alquanto spiacevoli sul braccio. Temeva di rivivere quegli orribili istanti. E, più di tutto, temeva che l'infiltrato le avrebbe negato l'aiuto.
Camminò lungo il corridoio ostentando una finta sicurezza, fino a raggiungere la stanza senza regole in cui era entrato Lux. La sala era piccola e accogliente e sembrava essere letteralmente ricoperta di cuscini e divani. Degli eleganti arazzi abbellivano tre delle quattro pareti color pastello e l'enorme un enorme dipinto dalla cornice in legno, raffigurante una città portuale, svettava proprio al di sopra della porta di ingresso. Sull'unico grande tavolo, posto sul fondo della stanza, c'erano diversi centrotavola e tre vasi con dentro dei fiori rosa e azzurri che risultarono sconosciuti agli occhi di Ella. Quei boccioli erano probabilmente la cosa più simile alla rigogliosa natura della Dime che si sarebbe mai potuta trovare sul treno. Alcune tenui luci artificiali sopperivano alla totale mancanza di finestrini.
Il ragazzo dagli occhi rossi stava comodamente seduto su un lunghissimo divano bianco, intento a leggere alcuni fogli su cui erano segnati, almeno ad una prima occhiata, numeri e codici. Inizialmente sembrò ignorare Ella ma, quando si accorse della sua presenza, le rivolse un tetro sogghigno.
- Guardiana! Sei venuta a reclamare la tua dose di torture?
- Sono venuta a chiedere il tuo aiuto. Devo riuscire a parlare con i proprietari del treno. E tu - calcò con enfasi quest'ultima parola - mi dovrai permettere di succedere nel mio intento.
Lux rise, spalancando la bocca e mettendo in mostra gli strani denti. Una risata sguaiata e violenta gli scosse il corpo. Fece fatica a ritornare serio e a riprendere a parlare.
- Potevi dirlo subito che stai cercando la morte! Rivolgiti ancora a me con quel tono e sarò ben lieto di concedertela.
- Ti offrirò qualcosa in cambio della tua collaborazione. Se mi aiuterai, ti risparmierò la vita.
Questa frase regalò una nuova risata incontrollata al Posseduto.
- Vuoi uccidermi, Guardiana? Provaci allora. Temo però che non ci riuscirai.
- Non è questo il momento. Il giorno in cui ti ucciderò deve ancora venire. Enom lo ha visto. Ha detto che morirai per mano mia. Perciò ora ti sto concedendo di avere salva la vita, in cambio di un piccolo aiuto.
Lux si fece improvvisamente serissimo e sbarrò gli occhi in un impeto di rabbia.
- Tu menti, Guardiana!
- Se non mi credi va a parlare con Enom. - Ella cercò di mantenere una imperturbabile calma - Lui ti confermerà le mie parole.
Il Posseduto scattò in piedi. Sembrava furioso, eppure nei suoi occhi si poteva scorgere un insolito terrore. Si avvicinò con un balzo alla Guardiana, mentre i suoi arti cominciavano ad allungarsi e il suo viso iniziava il macabro processo di trasformazione.
Quando fu a pochi centimetri di distanza da Ella i suoi connotati si erano ormai deformati e i suoi denti aguzzi erano grondandi di sangue.
- Stai cercando di ingannarmi, Guardiana. - le sue lunghissime e mostruose dita roteavano nell'aria come fruste fatte di ossa - Pensi che sia tanto stupido da crederti? Pensi di potermi fare paura?
Il respiro dell'Infiltrato pareva affannoso. Forse le parole di Ella erano davvero state in grado di spaventarlo. Forse davvero temeva Enom e le sue predizioni.
- Fai come credi, Posseduto. Se vuoi morire, non sarò di certo io a fermarti. In un modo o nell'altro, io ne uscirò vincitrice.
Le dita di Lux si mossero con una lentezza inverosimile. I suoi denti iniziarono ad accorciarsi, gli occhi si rimpicciolirono e le pupille tornarono normali. Si muoveva a rallentatore, quasi come se fosse circondato da acqua anziché da aria. Prima di riprendere quasi completamente il suo aspetto normale, si rivolse nuovamente alla Guardiana.
- Che cosa vuoi? - sembrava arrabbiato. Forse sperava di poter mascherare la paura con la ferocia - Vuoi vedere i proprietari del treno? E perché? Pensi che potrebbero avere pietà di te? Pensi che potrebbero liberarti? Ma sai... non mi importa. Fai quello che vuoi. Le loro stanze si trovano proprio all'inizio del treno, dovrai camminare parecchio per raggiungerle. Farò in modo che le guardie non ti attacchino. Tu fatti prestare dei vestiti dal tuo Infiltrato preferito. Se ti avvicini alle stanze dei proprietari con la divisa desterai sospetti nel personale. E bada bene - le afferrò con violenza un braccio, tirandola verso di sé - se scopro che mi stai prendendo in giro la pagherai cara.
- Non sto facendo niente del genere. Hai la mia parola, ti risparmierò la vita.
*****
Non ci fu bisogno di chiedere dei vestiti a Daemon. La stanza di Eden pullulava di abiti di ogni genere che Ella avrebbe tranquillamente potuto prendere in prestito. La Guardiana scelse di indossare quello che aveva capito essere il tipico abbigliamento dell'Infiltrata bionda. Un'ampia camicia bianca con le maniche copriva completamente le sue forme mentre degli attillati pantaloni di cotone marrone sottolineavano le sue gambe snelle, tuffandosi, all'altezza del polpaccio, all'interno di un paio di stivali, marroni anch'essi.
Ella si sentiva strana ad indossare quei particolari vestiti. Aveva passato così tanto tempo con addosso la divisa del treno che oramai era diventata quasi come una seconda pelle per lei. Indubbiamente i pantaloni erano molto più comodi della pesante gonna grigia che era costretta a portare ogni giorno.
La Guardiana iniziò il suo viaggio fra i corridoi con il batticuore. D'improvviso gli ambienti del treno sembravano essersi fatti più scuri e stranamente sconosciuti.
Bastò una mezz'ora di camminata a farla tranquillizzare. Le guardie la ignorano persino quando passò da una carrozza all'altra. Ogni tanto qualche controllore la osservata con un po' di diffidenza, ma probabilmente avevano tutti troppa paura di infastidire un'Infiltrata per fermarla ed accertarsi della sua reale identità.
Quello che più catturò l'attenzione di Ella,durante l'infinita passeggiata fra i corridoi, erano i prigionieri che la circondavano. Molti, vedendola, distoglievano lo sguardo e spesso cercavano di allontanarsi da lei il più rapidamente possibile.
Il treno pullulava di collari di ogni genere di colore. Oltre agli immancabili Imperiali erano presenti anche esseri provenienti dal Vortice e dalla Dime. Fra le creature che Ella riconobbe c'erano alcuni lupi grigi solitari, praticamente indistinguibili, nell'aspetto, da Fenrir, e dei Posseduti di ambo i sessi, tutti caratterizzati da iridi rosse come il fuoco. La Guardiana incontrò sul suo cammino persino un angelo nero, molto più giovane di Enom. Quando Ella scorse gli occhi completamente velati di nero di quella creatura, si sentì una stupida per aver pensato che quella caratteristica fosse una conseguenza della cecità del veggente.
La cosa che più le fece venire i brividi, durante la lunghissima camminata in direzione della testa del treno, fu la presenza di numerosi bambini. Non si sarebbe mai abituata al fatto che quelle innocenti creaturine altro non fossero che schiavi come chiunque altro. Rimase sconvolta nel vedere addirittura un infante, nato probabilmente solo da poche settimane, coccolato fra le braccia di una donna che sembrava decisamente troppo vecchia per esserne la madre.
Dopo molte ore di cammino, durante le quali il sole, all'esterno, aveva attraversato l'intero cielo per andarsi a gettare dalla parte opposta rispetto a quella da cui era sorto, Ella cominciò a pensare che non avrebbe raggiunto la sua meta prima della prossima alba. Si sentiva stanca, aveva i piedi doloranti e persino la sua schiena la stava implorando di fermarsi e riposare.
Un peculiare dettaglio, però, la convinse a proseguire. I passeggeri erano diminuiti di numero ed invece si vedevano intorno molti più controllori, macchinisti e, soprattutto, Infiltrati. I corridoi, improvvisamente privati dei prigionieri, si erano fatti più silenziosi ed inquietanti. L'aria stessa sembrava più buia.
E poi, all'improvviso, senza nemmeno essersene sera conto, aveva raggiunto le stanze dei proprietari del treno.
Intorno non si vedevano altro che Infiltrati e molti macchinisti, che armeggiavano con strani dispositivi tecnologici, pieni di cavi e pulsanti. Sembrava quasi incredibile il modo in cui il personale del treno si destreggia tra tutti quei bizzarri aggeggi.
Il corridoio in cui si trovava la Guardiana si apriva, lateralmente, su un alto numero di stanze. Alcune erano sale che contenevano i macchinari necessari a far funzionare il treno, altre erano stanze di ritrovo, con divani, banconi e tavoli e ricolme di cibo e bevande. La ragazza provò ad osservare quanto più a lungo possibile l'interno di ciascuno di quegli ambienti, cercando al tempo stesso di non dare troppo nell'occhio. C'erano poi alcune stanze chiuse da pesanti porte, spesso bloccate con un lucchetto. Ella intuì che si trattasse delle camere da letto dei proprietari del treno.
I proprietari...
La Guardiana fu pervasa dalla più grande delusione mai avvertita da quando Hawk, settimane prima, l'aveva tradita.
I proprietari del treno erano semplici Imperiali. Forse era presente qualche magicante. E nessun altro. Non c'era nessun segreto da scoprire. Nessun colpo di scena. Nessuna rivelazione che avrebbe potuto portare al successo il piano di fuga. Non c'era niente di importante, niente per cui valesse la pena affrontare una massacrante camminata lunga una decina di ore.
Niente.
A parte una porta. Una normale porta chiusa, come se ne vedevano tante sul treno. Era situata proprio alla fine del luogo corridoio che Ella stava percorrendo.
Si avvicinò.
Poggiò una mano sulla maniglia.
La aprì.
Quello che vide all'interno dell'ultima stanza del treno la lasciò pietrificata.
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