Capitolo XVII

Il vagone ristorante pullulava di passeggeri come al solito. Quella confusione sarebbe stata l'arma vincente di Ella. La Guardiana si avvicinò con simulata indifferenza alle cataste di vassoi e allungò una mano verso quello che era l'alloggio delle posate.

Una lama sottile le illuminò il viso. Probabilmente era uno dei coltelli più affilati che avrebbe potuto trovare all'interno del vagone. La punta sembrava capace persino di tagliare l'aria. Certamente sarebbe stata in grado di trafiggere un cuore.

Ella rabbrividì per colpa dei suoi stessi pensieri. Non era sicura che stesse facendo la cosa giusta. E non era nemmeno sicura che avrebbe avuto la forza necessaria per compiere un atto tanto brutale. Ma aveva ripensato alle parole di Enom, che le dicevano di mantenere le promesse date ai suoi potenziali aiutanti, e sapeva che avrebbe dovuto trovarne il coraggio.

Non aveva nemmeno un vero e proprio piano. L'idea era quella di irrompere nella cuccetta del Posseduto e pugnalarlo a morte.

Strinse il manico del coltello fra le sue mani con tutta la forza di cui era capace, conficcandosi le unghie nella carne. Poi, ben attenta a non farsi vedere dal personale del treno, lo infilò all'interno della cintura della gonna, coprendolo infine con la blusa.

Raggiunse Lux mentre si trovava in uno dei corridoi, in compagnia di alcuni controllori e macchinisti. I membri del personale gli stavano parlando animatamente, esponendo problematiche relative sia al funzionamento del treno che al comportamento di alcuni passeggeri. L'Infiltrato li ascoltava distrattamente. Sembrava non avesse alcun interesse nei confronti dei loro discorsi. Annuiva ripetutamente nella speranza di toglierseli di torno il prima possibile. Ella ammirava l'intera scena da un corridoio adiacente, impaziente di poter raggiungere quella creatura maledetta. Sentiva la lama gelida premerle contro la pelle.

Il ragazzo congedò seccato gli uomini che stavano tentando di parlargli, percorrendo il corridoio in direzione opposta rispetto alla Guardiana. Lei non si diede per vinta, cercando un corridoio secondario che le permettesse di raggiungere il Posseduto e aggredirlo.

Dopo una interminabile serie di labirintici corridoi le si presentò l'occasione perfetta per attuare il suo piano. Lux era infatti passato davanti ad una "no rules room". Alla ragazza sarebbe bastato spingerlo lì dentro per poterlo uccidere senza ripercussioni.

Svoltò l'ennesimo angolo per potersi ritrovare finalmente davanti al suo bersaglio. La permanenza sul treno le aveva garantito una profonda conoscenza delle stanze e dei corridoi, permettendole di sfruttare utili scorciatoie. Si piazzò di fronte a lui, bloccandogli la strada. Il giovane sembrò sorpreso di vederla.

- Che vuoi? - sbraitò.

Ella non rispose. Avrebbe voluto dire tante cose, ma non ne aveva il coraggio. Poggiò una mano sulla vita, in corrispondenza del coltello. Tremava come una foglia.

- Allora Guardiana, che vuoi? - ripeté - Cos'hai di così importante da dirmi per cui vale la pena tenermi bloccato qui?

Lei gli si avvicinò ulteriormente, fissando i suoi inquietanti occhi rossi.

- Hai ucciso un bambino... - bisbigliò.

- E allora? Non è il primo e non sarà l'ultimo. Che altro vuoi?

- ...hai chiuso qui dentro Fenrir...

- Non mi ricordo nemmeno chi sia Fenrir. Spostati ora. Devo passare.

Ella mosse gli ultimi passi. Ormai era a pochi centimetri da lui. Sollevò leggermente l'orlo della blusa, pronta ad afferrare il coltello.

- Non vuoi spostarti? Come preferisci, ti farò cambiare idea io.

Il Posseduto mosse lentamente la mano sinistra in direzione di Ella. Lei non si spostò di un millimetro.

Le dita del ragazzo cominciarono ad allungarsi a dismisura, assottigliandosi, e iniziarono a muoversi in maniera scomposta, piegandosi in tutte le direzioni. Sembrava che il numero delle articolazioni fosse aumentato all'improvviso.

Quando Ella riuscì finalmente a distogliere l'attenzione da quello strano arto ed a guardare Lux in volto, rimase inorridita da ciò che vide.

Gli inquietanti occhi rossi erano diventati enormi, arrivando ad occupare persino la fronte del ragazzo. Le pupille si erano trasformate in due sottilissime strisce nere, che tagliavano le iridi in orizzontale. Il naso, già in origine poco pronunciato, si era appiattito ancora di più, fondendosi con la pelle circostante e lasciando visibili solo le due piccole fessure che erano le narici. La bocca si era allargata, riempiendo l'intera porzione inferiore del viso e spalancandosi in un malefico sorriso. Gli aguzzi canini che la popolavano si erano fatti più sottili e lungi, trasformandosi in taglienti spilli. Sembrava fossero anche aumentati di numero. Racchiudevano al loro interno, come fossero una gabbia bianca, una lingua appuntita che apparentemente viveva di vita propria. La cosa più spaventosa era la presenza, fra i denti, di sangue rosso vivo che pareva sgorgare da una invisibile ferita. Il collo aveva cominciato ad allungarsi verso l'alto, diventando morbido e snodato. Era come se non avesse più la forza di sorreggere la testa, che così veniva sballottata da un lato all'altro. L'intero corpo del ragazzo si fece più imponente, sovrastando la Guardiana, che si ritrovò ad essere squadrata dall'alto da quegli occhi rossi sbarrati.

Ella rimase pietrificata di fronte a quel mostruoso spettacolo. La mano che fino a qualche istante prima stava rapidamente cercando il coltello nascosto sotto i vestiti si era ora paralizzata, incapace di eseguire anche il più semplice dei movimenti. Sentiva il cuore pulsare talmente forte che credette di sentirlo uscire dal petto, rompendole le costole.

Le lunghissime dita del Posseduto si avvolsero intorno al braccio della ragazza. Come spesse corde indistruttibili la intrappolarono, premendo talmente forte sulla sua pelle da farle mancare il fiato per il dolore. Ella guardò terrorizzata la testa rotonda del Posseduto che ciondolava disordinatamente. Avrebbe voluto gridare, ma persino la sua voce sembrava essere scappata in preda alla paura.

- Forse avresti fatto meglio a spostarti, vero?

La voce del Posseduto suonava profonda e minacciosa. La testa del ragazzo si spostò proprio sopra Ella. Alcune gocce di sangue scivolarono lungo gli aguzzi denti, cadendo sulla Guardiana e imbrattandole la divisa. Le pupille del mostro erano minacciosamente puntate su di lei.

Quando l'altra mano di Lux si poggiò sul muro di fianco a lei, allungando le dita alle sue spalle per bloccarle ogni via di fuga, Ella credette di essere davvero perduta.

Il Posseduto avvicinò gli spaventosi denti al viso della Guardiana. Erano talmente aguzzi che avrebbero tranquillamente potuto perforare le lamiere del treno.

- Non ti uccido solo perché sei il giocattolo preferito di Daemon. - ansimò - Ritieni fortunata. Ora vai via. Tornatene nella tua stanza. E vedi di non intralciare mai più il mio cammino. Ora sai di cosa sono capace.

Solo a quel punto, con grande flemma, il mostro allentò la presa sul braccio della Guardiana. Sembrava si muovesse al rallentatore. A poco a poco i denti ridussero le loro dimensioni e gli occhi tornarono normali. Prima che l'Infiltrato riprendesse completamente il suo solito aspetto, Ella fuggì via senza dire una parola. La sua pelle aveva riscaldato talmente tanto la lama premuta contro il fianco da farla diventare quasi rovente.

*****

Ella giunse al vagone di ritrovo quasi in lacrime. Il piano di uccidere Lux era fallito miseramente. E probabilmente non esisteva alcun modo per succedere in tale impresa. Quella creatura nascondeva una natura demoniaca che le avrebbe permesso di difendersi da qualunque attacco.

E, come se non bastasse il dolore fisico che aveva causato ad Ella, aveva anche pronunciato delle parole che avevano ferito l'anima della Guardiana.

Il giocattolo di Daemon... Che cosa significa?

Si mosse distrattamente in direzione del gruppo di Imperiali con cui avrebbe dovuto discutere riguardo alla fuga. Si sentiva estremamente demoralizzata. Sembrava che ognuno, sul treno, volesse qualcosa che lei non poteva dargli in alcun modo. Troy voleva uno spirito della Dime, Abraham voleva rivedere suo figlio, le streghe, le uniche che avrebbero potuto parlare con Tyler, non avrebbero aiutato Ella senza avere in cambio una piuma proveniente dalle sue ali. E poi c'era la richiesta di Fenrir di uccidere il Posseduto. Richiesta che, probabilmente, era la più assurda ed irrealizzabile di tutte.

Enom le aveva detto di mantenere tutte le promesse, ma, a quanto pareva, si trattava di una cosa a dir poco impossibile.

Ella sentiva le speranze di fuggire affievolirsi inesorabilmente.

La Guardiana gettò una rapida occhiata ad un angolo del vagone che era rimasto insolitamente deserto. Solo una coppia di ragazzi stava occupando quello spazio, mentre gli altri passeggeri si tenevano a debita distanza. Quando si accorse dell'identità dei due, Ella capì immediatamente perché non c'era nessun altro intorno a loro. Si trattava di Daemon e di Eden.

I due Infiltrati stavano parlando pacatamente, ignorando gli altri passeggeri presenti nel vagone. Daemon era appoggiato alla parete a braccia conserte, mentre la ragazza bionda era in piedi davanti a lui, sorridendogli e toccandogli il braccio di tanto in tanto. Sembravano divertirsi molto.

Ella fu tentata per un attimo di avvicinarsi ai due. E magari di frapporsi proprio in mezzo a loro. Stava per muovere un passo nella loro direzione quando un gesto di Eden la fece immobilizzare.

L'Infiltrata si era accostata a Daemon ed aveva smesso improvvisamente di parlare. Lo fissava negli occhi con fare malizioso e gli aveva addirittura appoggiato una mano al petto. Sorrideva leggermente. E Daemon ricambiò quel debole sorriso, lasciando scivolare le braccia lungo i fianchi.

Poi lo baciò. Fu un bacio appassionato, da mozzare il fiato. Si avvinghiarono più stretti che mai, trasportati da una passione che Ella scrutava con invidia. Si accarezzarono il viso e i capelli, continuando a intrecciare le lingue per una manciata di secondi. Secondi talmente sporchi da sembrare lunghi meno di un battito di ciglia e talmente dolorosi da sembrare lunghi una vita intera.

La Guardiana si sentì avvampare. Una rabbia bruciante le nacque nel petto. Un sentimento enorme, avvolgente, esplosivo e malvagio la invase. Una sensazione talmente opprimente da farle desiderare di distruggere l'esistenza di Eden. Quella perfida Infiltrata non meritava un bacio. Non meritava carezze, né abbracci. E non meritava Daemon. Eppure, per qualche motivo, lui le aveva dato il permesso di toccarlo e di mordergli e leccargli le labbra. E per qualche motivo quell'intera scena stava distruggendo l'anima di Ella.

Si sentì persa, si sentì fragile e triste. E al tempo stesso nacquero in lei ferocia e una disperata voglia di vendetta. Il terribile nodo che le stava stringendo la gola la convinse a distogliere lo sguardo. Le sembrava di non essere più in grado di respirare. Ed era certa di non essere più in grado di vivere.

I suoi occhi si fermarono sul gruppetto di Imperiali capeggiato da Sara e Brix. Seduta in disparte c'era Jasmeen intenta a stringere le mani di un ragazzo dai capelli castani e gli occhi verdi. Sembravano molto affiatati. I due si stavano scambiando dei timidi e dolcissimi baci, isolandosi completamente dal resto della sala.

Deve essere la giornata dei baci...

Ella non poté fare a meno di provare, in cuor suo, un distruttivo e perverso odio.

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