Capitolo XVI

La corsa in direzione della stanza M-100 si rivelò un successo. Ella era riuscita a raggiungerla in tempo per non sforare il coprifuoco. Certo, poi sarebbe anche dovuta uscire da lì per tornare nella sua cuccetta e a quel punto il coprifuoco sarebbe entrato in vigore, ma aveva preferito preoccuparsi di questo dettaglio dopo.

La cuccetta delle streghe era molto diversa da quella degli Imperiali. La Guardiana stava cominciando a capire che ogni passeggero aveva una stanza creata secondo le sue specifiche esigenze. Quella in cui alloggiavano le streghe era circolare, molto spaziosa e ricca di mobili. C'erano sedie, poltrone, divanetti, armadi, comodini e cassapanche che facevano bella mostra di sè. Le pareti erano costellate da armadietti pensili e da mensole su cui spiccavano soprammobili dalle forme bizzarre e libri dai titoli impronunciabili. C'erano persino alcuni lavabi e dei banconi ricoperti di piatti e posate. Erano inoltre presenti cinque letti sparsi per la sala, disposti senza un ordine particolare. Si trattava di letti veri e propri, molto simili a quelli degli Infiltrati, con un materasso alto e una innumerevole quantità di lenzuola e coperte buttate sopra. Infine, proprio al centro della stanza c'era una sorta di piccolo salottino, composto da almeno una mezza dozzina di poltrone e da quattro bassi tavolini, su due dei quali erano poggiate cinque tazze. Comodamente sedute sulle poltrone c'erano cinque donne, con un collare viola e, solo nel caso di quattro di loro, un fazzoletto in testa del medesimo colore, che copriva completamente i loro capelli.

Quando Ella si avvicinò al piccolo gruppo, solo una delle streghe, quella seduta più in disparte, si voltò verso di lei. Aveva un viso solcato da innumerevoli rughe. Alcuni ciuffi di capelli, bianchi come le nuvole, le sporgevano dal simpatico copricapo. Gli occhi erano piccoli ed infossati, di un verde acqua molto chiaro, ed erano contornati da ciglia piccole e bianchicce, ormai diradate dal tempo. La strega le sorrise, mettendo in mostra una bocca piuttosto sdentata e trascinando ancor più verso il basso il già cadente naso. Le fece poi cenno di avvicinarsi e, indicando con un dito nodoso una delle poltrone, la invitò a sedersi di fronte a lei.

Ella prese posto nella più totale indifferenza delle altre quattro streghe. La vecchietta che l'aveva esortata a prendere posto sembrava l'unica a interessarsi a lei, probabilmente incuriosita dai suoi occhi marroni rossi di pianto.

- Ma che bella sorpresa! Una Guardiana in carne ed ossa, qui nella nostra stanza! - disse indicando con l'ossuto dito il collare dorato di Ella - Io sono Lamia. Capito? Lamia, con l'accento sulla "a". Hai capito? - Aveva una voce acuta dominata da un'inflessione lamentosa e graffiata dall'avanzata età.

- Sì... - Ella non capiva perché la strega le stesse parlando così - Sì ho capito. Io sono Ella.

- Ella! - ripeté la vecchina - Ma che bel nome! E dimmi, Ella, cosa ti porta qui da noi?

La Guardiana la fissò senza tentare di nascondere la sua incredulità.

- Io... Ho bisogno del vostro aiuto. Mi serve la vostra magia.

- Oh cara! Non è tempo di parlare di magia! Hai sete? Vuoi qualcosa da bere? Empusa! Empusa, vieni qui e renditi utile! - Lamia agitava le mani in modo ridicolo per richiamare l'attenzione di una delle sue sorelle.

Le streghe si votarono all'unisono nella loro direzione. Finalmente Ella poteva guardarle tutte in viso. Erano tutte ricoperte di rughe. Talmente anziane da raggiungere, insieme, il millennio di vita. Ed avevano tutte i capelli di un bianco candido, nascosti dal fazzoletto viola. I loro occhi erano tutti molto chiari, quasi trasparenti.

L'unica a fare eccezione era proprio Empusa. Era una bellissima e giovane ragazza, l'unica delle quatto ad avere il copricapo abbassato sulle spalle anziché in testa. Aveva dei capelli biondissimi, lunghi fino alle spalle e lisci come seta, e un paio di enormi occhi blu profondi come l'oceano. Le ciglia folte e nere sembravano fare a pugni con delle eleganti sopracciglia color biondo miele. Il minuscolo nasino aveva una punta sottilissima che, messa a confronto con quella delle altre streghe, sembrava tanto all'insù da poter toccare il soffitto. Il viso a cuore era dominato da una bocca rotonda dotata delle labbra più carnose che Ella avesse mai visto. Quando si alzò in piedi mise in mostra il fisico minuto ma talmente longilineo da sembrare, otticamente, più alta della Guardiana. La ragazza aveva un'espressione serissima.

- Cosa preferisci cara, - le chiese Lamia - estratto di radici o linfa di alberi?

- La linfa andrà benissimo.

- Hai sentito Empusa? Vai a prendere la linfa! - l'anziana donna continuava a gesticolare vistosamente. La giovane strega si avviò verso uno dei banconi mantenendo l'espressione impassibile.

- Ma... È vietato mangiare o bere nelle cuccette...

- Sciocchezze, Guardiana! Noi siamo streghe! I controllori hanno troppa paura di noi per obbligarci a rispettare le regole!

- Allora perché siete prigioniere del treno?

- Perché i proprietari del treno non hanno abbastanza paura di noi! - lo disse come se fosse la cosa più ovvia del mondo.

Empusa si avvicinò a loro, posando due tazze sul tavolo. Erano colme di un maleodorante liquido verdognolo che non aveva nulla a che vedere con la linfa che conosceva Ella. La Guardiana fece finta di berne un sorso, tentando di celare l'espressione di disgusto provocata dal nauseabondo odore.

- Allora cara, dimmi, che tipo di magia ti serve?

- So che voi streghe potete parlare con i morti, vorrei poter...

- Un incantesimo di contatto dunque! - Lamia la interruppe in malo modo - Quello che mi chiedi è difficile, ma si potrebbe fare. Da quanto tempo è morto colui che vuoi rivedere?

- Da un paio di settimane... Io vorrei...

- Speravo in qualcosa di più antico - la interruppe di nuovo - ma va bene. Medea! Nimue! Ecate! Venite qui! Sai cara, - disse rivolgendosi nuovamente ad Ella - non posso fare tutto da sola. La magia di cui hai bisogno è complessa.

Le tre streghe che Lamia aveva chiamato si alzarono a fatica dalle loro poltrone ed andarono ad accomodarsi vicino alla loro sorella. Sembrava avessero raccolto su di loro tutte le rughe del mondo.

- La Guardiana ha bisogno di un incantesimo di contatto! Ce la fate o devo fare tutto da sola? - disse con voce arcigna.

- Non ci penso proprio! Ci vorrebbe troppo tempo! - la strega che aveva parlato possedeva, se possibile, una voce ancor più acuta e lagnosa di quella di Lamia.

- Oh stai zitta Nimue! Ecate! Vieni qua! Aiutami tu! Che dici, è possibile?

La strega Ecate era forse la più vecchia del gruppo. Il suo viso era talmente rugoso da sembrare un frutto rinsecchito dopo essere rimasto troppo tempo sotto il sole di mezzogiorno.

- E non urlare, vecchia! - rispose urlando più forte - Certo che si può fare! La mia magia è forte, mica come la tua!

- Bada a come parli megera! Stai invecchiando a vista d'occhio! Ti sei completamente rincitrullita!

- Io direi di vedere prima quale sarà la nostra ricompensa. - a parlare era stata quella che Ella intuì dovesse chiamarsi Medea.

- Sempre così avida tu!

- Ma che dici! Sei tu ad essere troppo accondiscendente!

- Basta urlare! Mi state facendo venire il mal di testa!

- Brutte vecchie! Già mi tocca dividere la stanza con voi, ora sono pure costretta a lanciare incantesimi per farvi contente!

- A chi hai dato della vecchia?! Ma guardati! Hai la pelle che sta cadendo a pezzi e i tuoi denti stanno morendo di solitudine!

- Io da ragazza facevo strage di cuori! Mica come te, che facevi scappare a gambe levate persino i Posseduti!

- Ma che strage di cuori! Ma se sei brutta come la fame!

La situazione stava diventando surreale.

- Allora, potete aiutarmi? - Ella le interruppe timidamente.

Lamia si girò di scatto verso di lei, quasi come se si fosse appena ricordata che nella stanza c'era anche qualcun altro oltre alle sue sorelle.

- Ma certo che possiamo, cara! Ma naturalmente noi non facciamo mai niente per niente. Vogliamo qualcosa in cambio.

- Va bene, ditemi solo quale volete sia la vostra ricompensa.

- È semplice, vogliamo una piuma proveniente dalle ali di una Guardiana.

Ella le guardò incredula. Non pensava di dover specificare l'ovvio.

- Ma... io non ho più le mie ali... come faccio ad accontentarvi?

- Questo non è un nostro problema! - rispose secca Lamia. La sua voce si era fatta ancor più acuta. - Ti aiuteremo solo se soddisferai la nostra richiesta! In caso contrario, non potrai mai più rivedere il defunto!

- Ma come potrei...

- Saremo io, Nimue e Medea ad eseguire l'incantesimo. - per la terza volta non le permise di concludere la frase - Ecate ci guiderà. Sai, sembra una vecchia debole e inutile, ma in realtà è la più potente fra noi. Ha una grande conoscenza. Empusa invece è ancora un'apprendista, sta ancora imparando. Perciò è meglio che non prenda parte al rituale.

Ella rispose con un semplice cenno del capo. Non sapeva più cosa dire. Lamia afferrò la tazza che la strega bionda le aveva posato davanti, portandola alla bocca.

- Naturalmente dovrai anche fornirci un luogo in cui eseguire l'incantesimo. - disse fra una sorsata e l'altra.

- Ma hai detto che ai controllori non importa che andiate contro le regole... perché non utilizzate la vostra magia qui?

- Non si tratta di una regola. La magia sul treno è bloccata ovunque tranne che in alcune sale designate. Sono stati i proprietari del treno a ideare questo sistema per tenere sotto controllo i passeggeri magici. Usano una magia potente per muoverlo e per far funzionare le cose al meglio.

- Il treno è mosso dalla magia?

- Ma certo, sciocchina! Come credevi che facesse a correre sui binari?! Devo proprio spiegarti tutto! - bevve un altro luogo sorso di linfa maleodorante, poi riprese a parlare gesticolando - Ora vattene! Dobbiamo riposare! Sai, non so se te ne sei accorta, ma siamo molto anziane... - lo disse quasi bisbigliando, come se non volesse farsi sentire da un invisibile ascoltatore.

Sarebbe stata una situazione incredibilmente divertente se non fosse stata la cosa più assurda a cui Ella avesse mai assistito. La Guardiana si sollevò in piedi e provò a salutare quelle strane vecchiette. Quando si rese conto che non la avrebbero degnata di uno sguardo nemmeno se si fosse messa a sbraitare, lasciò la stanza in silenzio.

*****

- È aperto! - Daemon sembrava sapere già chi avesse bussato.

Ella aprì timidamente la porta, trovando l'Infiltrato comodamente sdraiato sul suo letto. Probabilmente recarsi nella sua stanza era la cosa peggiore da fare in quel momento. L'immagine del piccolo Tommy riverso a terra la stava tormentando, ma una parte di lei voleva a tutti i costi gettarsi fra le braccia del ragazzo. E poi c'era anche una vocina più che mai razionale dentro la sua testa, che le imponeva di raggiungere l'Infiltrato e di estorcergli una apparentemente insignificante informazione...

La Guardiana si adagiò al fianco del bel ragazzo moro, poggiandogli una mano sul petto e baciandolo con forzata leggerezza. Lui la cinse con un braccio, stringendola a sé. Quando lei intrufolò le mani sotto la sua camicia, lui le sorrise. Si baciarono a lungo, si abbracciarono, si spogliarono e rimasero a guardarsi per interminabili istanti.

Ogni volta che lui la toccava lei si sentiva rinascere. Eppure dopo ogni notte trascorsa insieme un pezzo di vita la abbandonava, quasi come se fosse un respiro che andava via. Ma, in fondo, che importanza aveva? Si sentiva felice come mai era stata fin ora. Si chiese se le sue sorelle avessero mai provato quelle sensazioni.

Quando finirono restarono per un po' avvinghiati insieme, con le dita intrecciate ed i respiri affannosi coordinati. Fu lei a sciogliere quell'unione. Si sollevò a sedere sul letto, fissando un punto a caso della stanza. Daemon restò sdraiato, con gli occhi chiusi.

- Daemon?

Le rispose con un mugolio svogliato.

- Jasmeen mi ha detto che vuole parlare con il Posseduto. L'Infiltrato, intendo... - mentì. Ma davvero sapeva cosa significava mentire?

- Lux?

Lux...

- No, non è lui... - mentì ancora.

- Lux è l'unico Posseduto fra gli Infiltrati che sono al momento sul treno, se Jasmeen voleva parlare con uno di questi, intendeva sicuramente lui.

È stato lui! È stato Lux a fare prigioniero Fenrir! Ma certo! Non poteva essere altri che quel mostro! Ma pagherà! Pagherà per tutte le atrocità che ha commesso!

- Forse mi sono sbagliata. Avrò capito male. - disse con finta calma.

Il suo sguardo si perse nel vuoto, fin troppo pensieroso.

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