Capitolo XIV

La Guardiana si accomodò in mezzo al folto gruppo di Imperiali. Fra loro vedeva anche volti sconosciuti, segno che si era sparsa la voce dell'imminente fuga. Alla sua destra, immancabili, sedevano Sara e Jasmeen, trasformatesi da amiche a sorelle. Alla sua sinistra avevano preso posto Maya e Noah. I loro collari azzurri avevano chiaramente attirato l'attenzione degli Imperiali, che erano ben poco abituati a rivolgere la parola ai magicanti.

Fu proprio la Guardiana a dare inizio alla discussione. Tutti i presenti pendevano dalle sue labbra.

- Bene! Iniziamo! Prima le buone notizie!

Il silenzio eloquente degli Imperiali che la circondavano cominciò a farla preoccupare.

- Va bene... comincio io allora. Noah, Maya e il fratello di lei, Pitt - lanciò una rapida occhiata alla coppia di magicanti - hanno promesso di aiutarci ad incantare il globo.

Di comune accordo era stato deciso di chiamare l'oggetto da usare per far deragliare il treno "globo". Questo nome in codice sarebbe servito a parlare agevolmente della questione della fuga senza destare sospetti nel personale del treno.

Ella riprese a parlare.

- Ora, chi si è occupato di studiare il percorso del treno? Avete scoperto fra quanto tempo raggiungeremo il binario tortuoso?

Un silenzio imbarazzato la avvolse completamente. Alcuni Imperiali cercavano di farfugliare qualcosa nel vano tentativo di giustificarsi. L'espressione indagatrice di Ella convinse un ragazzo dai capelli rossicci a parlare.

- A dire il vero... non ne abbiamo idea...

- Cosa? - rispose lei quasi incredula.

- Guardiana... il percorso del treno è imprevedibile. Abbiamo provato a spiare controllori e macchinisti, ma non siamo riusciti a cavare un ragno dal buco. Non siamo neppure stati in grado di trovare le loro mappe. Probabilmente per adesso solo i proprietari conoscono il percorso esatto. Non abbiamo altra scelta che affidarci al caso...

- Come sarebbe a dire?! - urlò lei - Stiamo progettando una fuga - riprese a sussurrare temendo di farsi scoprire - che deve essere pensata fin nei minimi dettagli e non sappiamo il momento in cui attuarla? Non possiamo assolutamente affidarci al caso! Ogni cosa deve essere perfettamente studiata, altrimenti falliremo con certezza! Non potete dirmi di affidarmi al caso! Ma cosa avete in testa? Non voglio perdere la libertà perché non siete in grado di capire che ci serve un piano più che perfetto!

Il ragazzo si strinse delle spalle, abbassando lo sguardo. Ella si sentì quasi in colpa per averlo aggredito così. Sospirò sconsolata.

- Va bene, non importa. Troveremo il modo di scoprire il percorso esatto. Cercate di stare alle calcagna del personale del treno, spiate anche gli Infiltrati se possibile. Ce la faremo, in qualche modo... Brix! - riprese poi a parlare con il suo solito tono pieno di entusiasmo - Tu sei riuscito a trovare qualcuno che possa guidare la costruzione del globo?

- Beh... a dire il vero sì... si tratta di un mastro costruttore ormai anziano. È salito sul treno alcuni anni fa, perciò ha avuto quasi tutta la sua vita per diventare un vero esperto nel suo mestiere. Conosce anche le tecniche tecnologiche più avanzate. Grazie a lui potremmo avere la possibilità di costruire un marchingegno a dir poco perfetto.

- È fantastico! È la notizia migliore che qualcuno potesse mai darmi! Siamo finalmente un passo più vicini alla meta!

- Guardiana... a dire il vero... è meglio se prima parli con lui...

Il tono di voce titubante di Brix mise Ella in allerta, facendo scomparire il largo sorriso che un minuto prima era spuntato sul suo viso quasi in automatico.

- Che vuol dire? Perchè stai parlando così?

- Ella... non so se accetterà di aiutarci. Io ho provato a parlargli, ma forse è meglio che lo faccia tu... lui è... - sospirò profondamente, quasi come se l'aria gli potesse infondere coraggio - Si tratta del padre di Tyler...

La Guardiana rimase a bocca aperta mentre Brix fissava il pavimento con un'espressione triste. Il ragazzo riprese poi a parlare.

- Non credo che gli importi qualcosa della fuga. È già tanto se resiste alla tentazione di lasciarsi morire.

- Brix... davvero è in grado di aiutarci?

- È il miglior costruttore che puoi trovare in questa carrozza. E probabilmente è uno dei migliori dell'intero treno. Potrebbe riuscire a costruire il globo ad occhi chiusi.

- Gli parlerò... - disse solo. Non sapeva che altro aggiungere. E forse era meglio non aggiungere altro.

*****

Abraham, il padre di Tyler, era un uomo di mezza età con i capelli ormai quasi completamente bianchi. Ella lo aveva immaginato anziano e con una lunga barba arruffata. Invece, nonostante fossero evidenti sul suo volto i segni del tempo, era comunque un uomo affascinante e carismatico, dal fisico piuttosto atletico e dall'aspetto giovanile. Era però alquanto evidente che i suoi occhi dorati apparissero fin troppo stanchi. C'era, dentro quelle pupille, una disperazione che non era data né dall'insorgente vecchiaia né dalla prigionia. Nascondevano un dolore ben più profondo, una sofferenza che neppure l'animo puro di una Guardiana avrebbe potuto cancellare.

Ella temeva il categorico rifiuto dell'uomo, ma sapeva che parlare con lui ed ascoltare le sue ragioni era la cosa più giusta da fare. Si avvicinò a lui e quando questi la notò le sorrise con una tenerezza che credeva non potesse nemmeno esistere.

- Guardiana! È un onore incontrarti, finalmente.

- Per me è un onore incontrare te, maestro.

- Ti prego, non farmi sentire in imbarazzo ora. - sorrise lievemente. sembrava così calmo e tranquillo. e anche così infelice. E, al tempo stesso, sembrava che non fosse solo il padre di Tyler. Sembrava che fosse un padre e basta, il padre di tutti, sempre amorevole e garbato.

- Ho bisogno del tuo aiuto Abraham.

- Lo so, Brix mi ha già spiegato. Ti aiuterò Guardiana, te lo prometto. So che vuoi tornare a casa, so quanto stai soffrendo. Non potrei mai rifiutarmi.

- Grazie... - mormorò debolmente lei - Tornerai a casa anche tu.

- Guardiana... Non mi interessa tornare a casa. Non ho nessuno ad attendermi. Vedi... la mia vita è stata completamente stravolta qualche anno fa. E qualche giorno fa è stata completamente distrutta. Della libertà non me ne faccio niente. Non la voglio. E sai... non la voglio perché non credo che sarò mai più libero. Non so se mi capisci... Ti aiuterò senza volere nulla in cambio. Ma chiedo anche a te un aiuto. La tua magia, la magia delle tue sorelle è potente. Voi potete tutto. E allora ti chiedo... dammi la possibilità di vedere mio figlio per l'ultima volta. È l'unica cosa che voglio. È l'unica cosa di cui mi importa veramente.

Ella rimase a guardarlo ad occhi sbarrati. Balbettò un paio di volte prima di riuscire a completare un'intera frase.

- Ma... non posso farlo... noi Guardiane non abbiamo questo potere... - la richiesta di Abraham le aveva lasciato un profondo vuoto dentro. Le sembrava quasi di poter toccare con mano il suo dolore.

L'uomo sospirò sconsolato.

- Mi fido di te Guardiana. So che se troverai il modo di soddisfare la mia richiesta lo farai. - le sorrise ancora - Non preoccuparti, aiuterò Brix a costruire quell'aggeggio in ogni caso.

*****

Ella vagò per corridoi e vagoni come persa. Le sue gambe si muovevano da sole, sapevano dove stavano andando. Ed i suoi occhi erano costantemente alla ricerca di qualche guardia che potesse aggredirla per aver lasciato la sua carrozza. I suoi pensieri però erano inquinati dal ricordo dello sguardo del padre di Tyler. Quell'uomo sembrava morto da parecchio tempo. Eppure parlava, si muoveva, respirava... forse nel mondo degli Imperiali c'era ben più di un unico concetto di morte.

Approdò quasi in automatico in uno dei vagoni di ritrovo della carrozza K. In un angolino sedeva, da solo, un angelo nero che fissava il vuoto con i suoi occhi ricoperti di nero. Le belle ali ogni tanto avevano qualche spasmo muscolare e tentavano di allargarsi per provare a stiracchiarsi.

La Guardiana gli si avvicinò a passo deciso, gettandosi ai suoi piedi quando fu davanti a lui.

- Enom! - esclamò - Devo dirti tante cose. Devo raccontarti così tante novità. Ed ho così tante domante, e troppi, troppi dubbi e paure. E un turbine di emozioni...

Enom le sorrise dolcemente, come solo lui era in grado di fare. Lei si sentì immediatamente rincuorata a quell'espressione così rilassata e saggia. Non poté fare a meno di ricambiare il sorriso, pur sapendo bene che il veggente non era in grado di vederla. Decise di afferrargli una mano e poggiarla sulla sua guancia. Era calda e piena di rughe.

- Parla allora, raccontami tutto, Guardiana.

- Io ed altri Imperiali stiamo progettando la fuga. Voglio che tu venga insieme a noi.

- Sono troppo vecchio per fuggire.

- No, non dire così, te ne prego... Verrai con noi, avrai di nuovo la libertà. Potrai di nuovo usare le tue ali. Non ti manca poter volare?

- E dove mai potrebbe volare un angelo nero cieco? No, Guardiana, la libertà non è una cosa a cui aspiro. Ma non temere, ti offrirò i miei consigli. So quanto sia importante per te, non ti abbandonerò.

- Enom... ti ringrazio... Ora ti chiedo... devo sapere come posso usare una delle stanze senza regole... e poi... devo anche sapere se è possibile parlare con i morti... tu ne sei in grado?

L'angelo scosse la testa.

- Non posso aiutarti, mi dispiace. Ma posso dirti qualcosa che ti aiuterà più avanti. So che stai cercando la collaborazione di molti qui sul treno. Ascoltami attentamente. Convincili a darti una mano promettendo loro di esaudire tutte le loro richieste. E mantieni sempre la parola. Fallo sempre, anche se credi che sia ingiusto o impossibile. Loro guadagneranno ciò che più desiderano e tu guadagnerai una nuova storia.

- Che cosa... cosa significa? - le parole del veggente erano più enigmatiche della sua espressione.

- È importante che tu lo faccia, o non troverai più nessuna strada da seguire. Quando avrai bisogno di spiegazioni che sai per certo di non poter avere da nessun altro, torna da me, avrò altre cose da farti sapere.

La Guardiana lo osservò perplessa. Intuì che Enom non avrebbe aggiunto nient'altro per il momento, così decise di trovare da sola il significato di quelle parole. Quello che sapeva per certo, forse in maniera innata, è che il veggente aveva più che mai ragione.

- E tu? qual è il tuo desiderio? Non vuoi volare, non ti interessa la libertà... qual è la promessa che ti devo?

- Non mi devi niente, Guardiana. Quando arriverà il momento ti offrirò la mia collaborazione senza chiederti nulla in cambio. In fondo, io nella tua storia servo a poco.

Il modo di fare di Enom era fin troppo misterioso ed Ella non capì cosa intendesse realmente dire l'angelo nero. Come già successo in precedenza, la Guardiana capì che il veggente non era più disposto a parlare con lei. Si era chiuso in un bizzarro silenzio, aveva perso quell'espressione rassicurante che a lei piaceva tanto e aveva voltato la testa in direzione opposta rispetto a dove era inginocchiata lei.

Si alzò dal pavimento riluttante, procedendo verso la carrozza M con un passo ancor più lento e svogliato di quello che aveva usato per raggiungere Enom.

*****

L'ultima meta della giornata fu la stanza di Daemon. Ella stava cominciando a trovare squisitamente rassicuranti le lenzuola nere del suo letto.

Bussò timidamente alla porta, fermamente chiusa. Passarono un'infinità di secondi senza che nessuno dall'interno desse segni di vita, tanto che stava quasi per rinunciare e tornare nella sua cuccetta.

Daemon le venne ad aprire dopo almeno un paio di minuti. Ella fu quasi certa che la avesse fatta aspettare apposta. Indossava un paio di pantaloni bianchi ed era a petto nudo. Quando si accorse che a bussare era stata la Guardiana assunse un'espressione maliziosa e si appoggiò con un braccio allo stipite della porta.

- Guardiana! Ma che inaspettata sorpresa!

- Sai anche tu che non è poi così inaspettata...

La guardò con un sorriso beffardo prima di scostarsi dalla porta per farla entrare. Lei si accomodò su una delle poltroncine di velluto rosso, lui rimase in piedi a scrutarla.

- Che c'è, non sei più riuscita a dimenticarmi dopo quello che è successo ieri?

- Posso dormire qui anche stanotte?

A lui brillarono gli occhi. Probabilmente non aspettava altro.

- Puoi fare come ti pare. - rispose con sufficienza.

- Quello che mi pare... - iniziò lei - ...è la cosa più stupida del modo. Quello che mi va di fare è restare in compagnia di un essere da cui mi hanno messo in guardia fin da quando ho messo piede sul treno. Quello che voglio è dormire con lui nonostante il buon senso mi indicherebbe di stargli il più lontano possibile. Hai idea di quanto sia ridicola questa cosa? Io e te dovremmo odiarci!

Lui alzò le spalle.

- Io non ti odio. Ti trovo attraente. E se tu vieni ogni sera qui magari la cosa è reciproca.

- Ciò non toglie che sia una cosa stupida.

Daemon le di avvicinò, si piegò su di lei e poggiò le mani sui braccioli della poltrona su cui era seduta Ella. Ora i due si trovavano faccia a faccia. Lui era serio come la Guardiana non l'aveva mai visto.

- Qui dentro comando io. Posso fare quello che voglio quando voglio senza dovere spiegazioni a nessuno. Non dirmi che quello che faccio è stupido. Non permetterti mai nemmeno solo di pensarlo. Perché sai - riprese a sorridere con cattiveria - non me ne frega niente.

- Capisco... - sussurrò lei - Sai... sei un vero idiota.

Sorprendentemente lui non si arrabbio per l'insulto ricevuto. Anzi, iniziò a sorridere di gusto, allontanandosi di scatto da Ella.

- Che carina sei, Guardiana. Amorevole e piena di complimenti come al solito. - sembrava divertito. Di certo non era la reazione che lei si aspettava.

- Pensi stia scherzando? C'è mai qualcosa che prendi seriamente?

- La vita è già abbastanza pesante di suo, meglio riderci su, no?

- No! Non su qualunque cosa.

- Perché non mi racconti qualcosa di te Guardiana? Magari la smetto di ridere. Tu mi hai fatto tante domande, ora è il mio turno.

- Che cosa vuoi sapere?

- Com'è che conosci Hawk?

Per Ella quella domanda era un vero e proprio colpo basso.

- Eravamo amici...

- Magari prova ad essere un po' più specifica. - rise.

- Alcuni magicanti hanno il permesso di entrare nel palazzo delle Guardiane. Lui era uno di questi. I suoi genitori erano molto stimati dalle Anziane. So che quando hanno saputo che la madre di Hawk lo aveva dato alla luce le hanno donato un incantesimo che la proteggesse e la rendesse in grado di prendersi cura di lui al meglio. Quando io e lui eravamo piccoli passavamo molto tempo a giocare nei giardini del palazzo. Ci volevamo bene. Era come un fratello. Anche se aveva una natura diversa dalla mia, eravamo uguali. Quando mi facevo male era sempre pronto a consolarmi. Poi un giorno mi ha detto che sarebbe andato via. Ricordo di essermi sentita piccola, minuscola. Non avrei potuto fermarlo. Non avremmo più potuto giocare insieme. Avevo paura che si sarebbe dimenticato di me. Non si è dimenticato - sospirò - ma questi cinque anni lo hanno cambiato come mai avrei creduto.

- Forse non lo hanno cambiato. Forse è sempre stato così, solo che tu non lo sapevi.

- Forse... - gli fece eco lei.

- Tu e lui siete mai stati insieme?

Ella gli piantò i grandi occhi spalancati addosso. Le sopracciglia si aggrottarono in maniera appena percettibile.

- Perché me lo chiedi? Che ti importa?

Lui alzò le spalle e rise con un piccolo sbuffo.

- Come preferisci, Guardiana, non dirmelo.

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