Capitolo XII

Daemon la trascinò fino ad una stanza molto spaziosa. Arrivati sulla soglia della porta di ingresso lanciò letteralmente la Guardiana al suo interno e si chiuse dentro insieme a lei.

Ella, che era dolorosamente atterrata sul pavimento, lanciò un'occhiata furente all'Infiltrato, prima di analizzare velocemente il mobilio del luogo in cui si trovava.

La stanza era decisamente diversa da ogni altra che avesse visto sul treno fino a quel momento. Era enorme e curatissima. Erano presenti un paio di comodini in legno scuro, abbinati a due alti armadi che svettavano ai due lati opposti dello spazio. Poi sul lato destro c'erano una cassapanca, anche questa in legno, e una scrivania rivolta verso il muro, con alcune scartoffie sopra e illuminata da una simpatica lampada bianca e azzurra. Due sedie con lo schienale in velluto rosso scuro e due poltroncine del medesimo tessuto completavano il tutto. Al centro della stanza spiccava un sontuoso letto a due piazze con le lenzuola di seta nera. Era il primo vero letto che Ella poteva ammirare da quando era salita sul treno. In realtà anche le camere destinate al personale avevano letti veri e propri, ma erano più piccoli e probabilmente non erano comodi come sembrava quello. L'intera stanza era poi decorata con dipinti e tappeti ed era addirittura arricchita da una elegante carta da parati che rendeva l'arredamento completo. Nell'angolo in fondo a sinistra era sistemata una porta chiusa che forse dava accesso ad un bagno privato.

- Sei nei guai Guardiana. - la voce pacata di Daemon interruppe l'analisi che Ella stava effettuando alla stanza.

La giovane rimase accovacciata sul pavimento finché il ragazzo non la sollevò di peso, strattonandola per un braccio. Si ritrovarono faccia a faccia.

- Adesso dovrei punirti, dovrei torturarti. - sembrava calmo in maniera quasi malsana - Ma magari potresti trovare un modo per evitare il dolore. Magari potrei avere pietà di te... se fossi un po' carina con me...

Lei lo fissò dritto negli occhi. Le sue iridi blu e marroni si mescolarono con quelle nerissime di lui.

- Preferisco morire.

- Che risposta carina.

Daemon sollevò un sopracciglio subito prima di scaraventare Ella contro un muro. La ragazza mugolò quando avvertì la sua testa sbattere violentemente contro la cornice di uno dei quadri appesi. Lui le si avventò addosso, schiacciandola contro la parete e bloccandole il polso destro con la sua mano sinistra. Quei gesti furono l'interruttore che riportò alla memoria di Ella quanto era successo solo pochi giorni prima con Hawk.

- Oh scusa, ti ho fatto male? - l'aria era impregnata di sarcasmo - Allora Guardiana, davvero preferisci la morte?

- Perché mi stai facendo questo? - Ella sentiva la paura risalirle lungo la spina dorsale.

- Perché? Aspetta, fammi pensare... Hai rotto un bicchiere, il che significa danneggiare il treno, il che è vietato. E mi stai mancando di rispetto. Cosa che hai fatto già altre volte. Il che, indovina un po', è vietato. Hai avuto la fortuna di suscitare in me una pena sufficiente a farmi desistere dal torturarti. Ma la fortuna svanisce Guardiana. Scegli tu, puoi fare quello che ti chiedo o scoprire quanto posso essere sadico.

- Non ti importa di vedere gli altri soffrire? Non stai male a far del male? Non ti fai schifo? - mise un'insolita enfasi nell'ultima frase.

Daemon rise.

Quale essere può ridere di fronte ad una Guardiana spaventata? Quale creatura malata può ridere davanti a insulti e rabbia?

- No, non mi importa. Sto bene così.

- Perché sei un'Infiltrato? Perché lo fai?

- Perché no? Vorrei potessi sapere quanto è divertente vedere i passeggeri contorcersi dal dolore e urlare implorando pietà. - rise di nuovo.

- Parlami... - Quella parola uscì dalla bocca di Ella quasi senza volerlo. Era sgorgata fuori dalle sue labbra come un torrente ingrossato dalla pioggia straripa. Suonava così tranquilla e morbida, quasi seducente. Parlare in quel modo in quel momento non aveva il benché minimo senso.

- Cosa?

- Raccontami della tua vita. Parlami degli Infiltrati.

Quella richiesta riuscì, incredibilmente, a cancellare il sorriso di Daemon. Il ragazzo si fece quasi serio, mentre fissava la sua vittima incuriosito.

- Cosa vuoi sapere? - le chiese, sollevando leggermente il mento.

- Da quanto tempo sei sul treno?

- Da cinque anni.

- Hai passato cinque anni a distruggere gli altri...

- È per questo che mi pagano. È il nostro lavoro. Manteniamo l'ordine sul treno scoraggiando qualunque tentativo di ribellione.

- Ed è solo per l'oro? Che te ne fai quando arrivi a non poterti più guardare allo specchio...

- Chi ti dice che io non mi guardi allo specchio? A me piace molto specchiarmi, sai? - ancora sarcasmo - Io sto bene così. E tu Guardiana?

- E io cosa?

- Parlami tu ora. - il solito ghigno perverso era riapparso. Era incredibile quanto Daemon somigliasse a Hawk. Eppure era anche così diverso. Sembrava sempre aggressivo e vendicativo, con un temperamento dominante che avrebbe messo in soggezione persino una divinità. Ma al tempo stesso sembrava non riuscire mai a prendere sul serio qualcosa. - Tu stai bene? Stai bene nelle vesti di Guardiana pura ed eterea?

- Non parlare di cose che non conosci, verme! Quando tornerò al mio palazzo dirò alle Anziane di distruggerti!

- Sei in vena di complimenti oggi. - rise mentre stringeva ancora più forte il suo polso - Puoi mentire a me, ma non a te stessa. Sei felice di quello che sei? Non è meglio questo?

- Questo cosa? Le torture? Ma certo! Chi non è felice del dolore e della paura? Chi non ama la sofferenza e la prigionia? Questo cosa, Infiltrato? Di cosa stai parlando? Tu sei solo un pazzo!

- Questo...

Daemon si avvicinò al viso di Ella. Le stava fissando le labbra. Lei cominciò a tremare. Il pensiero di rivivere quella sensazione di bruciante calore che aveva sentito quando Hawk la aveva baciata la spaventava. E la sensazione di vuoto provata quando lui si era staccato da lei le aveva corroso l'anima, non avrebbe potuto sopportare di nuovo un tale dolore.

L'Infiltrato lasciò che la sua guancia sfiorasse quella di Ella. Poi voltò leggermente la testa, in modo da schiacciare le labbra contro la pelle della Guardiana.

Ora che la bocca del ragazzo era vicino all'orecchio di Ella, lei poteva sentire tante cose. Il respiro di Daemon aveva un suono unico. Era pesante e veloce, ma al tempo stesso profondo. Come se ogni volta che inspirava i suoi polmoni affamati d'aria si riempivano fino in fondo, per poi svuotarsi con calma.

- Non vedi come sei? Non vedi quanto sei bella? - rise di nuovo. Stavolta però non era una risata malata. Era una risata dolce, sincera. Una risata normale. - Nemmeno tu ti guardi mai allo specchio.

Tolse finalmente la mano che le teneva bloccato il polso, per poi farla scivolare fino al suo fianco, stringendolo. Ma non nello stesso modo in cui aveva stretto il polso. Era una presa salda ma non dolorosa. Ed era fastidiosa, ma solo perché non era abbastanza avvolgente.

Ella fu costretta a deglutire un paio di volte prima di spingere via Daemon. Sentiva la gola andarle a fuoco. Non era nemmeno sicura che volesse davvero allontanarlo da lei. Rimase delusa quando lui non oppose resistenza. Lo fissò per qualche istante e sperò con tutto il cuore che l'Infiltrato non potesse ascoltare il suo respiro come aveva fatto lei con quello di lui in precedenza. Perché se lo avesse fatto, avrebbe sentito tutta la sua paura e tutta la sua eccitazione. Infine puntò lo sguardo sul pavimento.

- Hai fame? - chiese lui mentre si scostava. Quella domanda la colse alla sprovvista. Non aveva senso. Non era il momento di mangiare. Non c'era nessun motivo al mondo per cui Daemon si sarebbe dovuto preoccupare della fame di un passeggero del treno. L'espressione più che mai seria di lui lasciò Ella a bocca aperta. Era rilassato, ma aveva smesso di sogghignare.

Si avvicinò ad uno degli armadi senza nemmeno aspettare una risposta, lo aprì e ne estrasse un frutto sferico e rosa, lo stesso tipo di frutto che stava mangiando il giorno in cui Ella gli aveva chiesto aiuto. A quanto pareva l'armadio doveva in realtà essere una credenza. La posizione in cui si trovava impediva però alla Guardiana di vedere quali altri cibi contenesse.

- Prendi. - Daemon le lanciò la piccola sfera color pastello. Ella non riuscì ad afferrarla in tempo, facendola sfracellare al suolo.

- Complimenti per i riflessi. - il ragazzo prese un altro di quei frutti rosa - Stai attenta a non far cadere anche questa.

Stavolta Ella fu più abile, catturando al volo la sfera. Riusciva comodamente ad avvolgerla con tutte e cinque le dita. Al tatto era morbida e vellutata.

- È una bacca di serra. - le spiegò mentre estraeva un coltello da uno dei cassetti del comodino a sinistra del letto - Di solito crescono nel sottobosco e sono molto più piccole. Ma noi Imperiali le coltiviamo nelle serre, per questo diventano così grandi.

Il ragazzo le porse il coltello prima di gettarsi su una delle sedie.

- Credevo fosse vietato mangiare nelle cuccette.

- Le stanze degli Infiltrati sono quasi come le no rules rooms, qui dentro chiunque può fare quasi qualunque cosa.

La guardò mentre restava pietrificata col le spalle strette al muro.

- Puoi anche sederti. - solo a quelle parole Ella mosse qualche titubante passo in direzione del letto. - Le bacche di serra sono composte per la maggior parte di acqua. Le usiamo per dissetarci nei momenti in cui non possiamo portare con noi borracce. Ma saziano discretamente. Meglio che restare a digiuno, no?

- Nessuno te l'ha chiesto. - rispose Ella a quell'ultima frase sedendosi sulle morbide lenzuola nere. Erano fresche e profumavano di pulito.

- Lo prendo come un ringraziamento.

- Che lavoro facevi prima di salire qui?

Daemon si strinse nelle spalle.

- Quello che faccio adesso più o meno. Picchiavo la gente. Ogni tanto rubavo qualcosa.

- Non credo che questo sia un lavoro.

- Tu cosa facevi nel tuo palazzo?

- Curavo i giardini, accarezzavo gli alberi... E studiavo con le Anziane...

- Nemmeno accarezzare gli alberi è un lavoro.

- Non capisci. - rispose lei scuotendo la testa - Gli alberi parlano. E respirano. Tutto respira. Tutto ha bisogno di contatto. È come se ogni cosa vivesse insieme a me. Tu... Voi non potete capire... Questo posto non ha niente di vivo. Dovresti vedere il nostro palazzo. È immerso nel verde. E sembra che persino le sue parti abbiano un'anima. E c'è musica nell'aria. Ma non è una musica che si può sentire. È il suono che fanno le piante, che emettono le creature della Dime. È il rumore dell'acqua e quello della luce. È la carezza del vento. Sembra che ogni cosa nel nostro mondo si crei per compiacerci e renderci felici. E poi i profumi... il palazzo profuma di natura, di vita. Profuma come profuma la pelle di coloro a cui vuoi più bene.

- Detta così la pazza sembri tu. - sorrise.

- Hai ragione! È meglio nutrirsi di odio e sofferenza, vero?

- Tu vieni proprio da un altro pianeta. - sorrise ancora, stavolta accompagnando l'espressione ad un piccolo sbuffo. - Su di me che cosa vuoi sapere?

- Perché non te ne vai?

- Perché dovrei?

- Hai la libertà. Puoi andare ovunque vuoi...

- Quindi se resto qui è perché voglio starci, no?

- Hai stretto amicizia con gli altri Infiltrati?

Daemon sollevò rapidamente le sopracciglia prima di rispondere.

- Più o meno. Qui non c'è molto spazio per le amicizie. Ma va bene così. Ho sempre avuto bisogno di stare solo ogni tanto.

- E con Hawk hai stretto amicizia?

- Non ti piace? - chiese indicando la bacca che giaceva ancora intatta tra le mani di Ella. Aveva completamente ignorato la domanda precedente. La giovane gettò un rapido sguardo al frutto che stringeva fra le dita affusolate.

- Non l'ho mai assaggiata. Alla mensa di solito prendo la Alif. È una linfa che mangiamo noi Guardiane. Forse dovrei assaporare anche i cibi degli Imperiali. Ma ho paura che poi potrei trasformarmi in una di voi.

Ella a quel punto tentò di affondare il coltello all'interno del frutto che, per tutta risposta esplose liberando il suo succo e riversandolo sulle lenzuola. Guardò Daemon con un'aria di sconfitta.

- Mi dispiace... forse mi serve un po' di pratica. - stavolta a ridere era stata lei. Rise di gusto. Non ricordava nemmeno quando era stata l'ultima volta che si era sentita così. Eppure trovava tremendamente divertenti quei teli di seta nera imbrattati. Si sentì stranamente sollevata.

- Non importa. - Daemon prese un altro di quei frutti rosa dalla credenza, poi si sedette sul letto di fianco a lei. Afferrò la mano di Ella che stava ancora tenendo saldamente il coltello, guidandola con sapienza - Devi usare la lama, non la punta, altrimenti la bacca scoppia. Così invece resta compatta, vedi?

Tagliò una fetta perfetta. Sembrava incredibile. Quelle bacche erano fatte di acqua colorata, eppure rimanevano stranamente solide se affettate nel modo giusto. Gliela porse dolcemente ed Ella riuscì finalmente ad assaggiarla. Era dolcissima e succosa. Effettivamente dissetava moltissimo. Anche Daemon ne mangiò un po'. Masticava lentamente, senza fretta. Aveva le labbra sporche di succo.

Ella si avvicinò a lui e leccò via dalla sua bocca quel dolce nettare. Non aveva nemmeno capito quello che aveva appena fatto. Non sapeva nemmeno se era davvero quella la sua intenzione. Lo aveva fatto e basta. Poi appoggiò le labbra contro le sue. E sentì di nuovo il rumore del suo respiro. Ora sapeva che anche lui poteva fare lo stesso. Certo, era un Imperiale. Forse era troppo preso dalla sua inutile natura per ascoltare il suono di queste piccole cose. Ma il modo in cui le accarezzò i capelli le fece capire che stava ascoltando più di quanto Ella credesse.

La strinse a se, trascinandola sulle morbide lenzuola. Lei si accoccolò di fianco a lui e non smise più di fargli domande.

- Hai un colore preferito? - chiedeva lei.

- Il nero, credo.

- Ma non è un colore. Il nero è il buio.

- Il nero è tutti i colori mischiati insieme. Se ci pensi, è come dire che mi piacciono tutti.

- Quanti anni hai?

- Ventotto. Tu Guardiana?

- Io non ho età. Hai mai sognato di volare?

- Sì, tante volte.

- Sai suonare uno strumento?

- Non sono mai stato bravo in queste cose.

- Dove hai passato l'infanzia?

- In una città che si chiama Kaliji. Tu non hai mai visitato il mondo? Non hai mai lasciato il tuo palazzo?

- No, mai.

Passarono ore insieme, alternando domande a carezze e baci. Le labbra di Daemon non erano calde come quelle di Hawk ed Ella non si sentiva avvampare come quando aveva baciato il magicante. Daemon era tranquillo e rilassato. La avvolgeva ma non si sentiva opprimere da lui. Però sentiva il cuore batterle in gola. Avrebbe voluto sentire per sempre quell'intenso pulsare nella gola.

Dopo un tempo che le sembrò essere lungo giorni, si scostò da lui, sollevando la testa e lasciando ricadere i lunghi boccoli castani sulla spalla di Daemon.

- Io... Ora... - non sapeva più che dire. Si sentiva in imbarazzo. Si sentiva stupida. - Devo andare... C'è il coprifuoco... Credo...

- Va bene. - rispose soltanto lui. Non si alzò, non cercò di fermarla, non aggiunse nient'altro. E smise di riempirle le labbra di baci.

Ella uscì dalla stanza indispettita.

Quando tornò nella sua cuccetta Jasmeen e Sara la abbracciarono stringendola fino a farle mancare il fiato. La Guardiana sperò con tutto il suo cuore che non potessero sentire quel delizioso profumo in cui si sentiva avvolta.

- Come stai? - a Jasmeen tremava la voce. Doveva essersi preoccupata molto. - Ti ha violentata?

- Cosa? - rispose Ella interrogativa - Che vuol dire?

- Niente... non importa, lascia stare.

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