Capitolo VI
I bambini sembravano essere la cosa migliore del treno. Erano allegri e spensierati, trascorrevano il loro tempo a giocare e ridere insieme e a volte facevano talmente tanto chiasso da essere ripresi dagli adulti, i quali temevano punizioni da parte di guardie e Infiltrati. Ai piccoli Imperiali però questo non importava. Sembravano essere interessati solo al gioco e a nient'altro.
- Perché ci sono dei bambini sul treno? sono schiavi anche loro? - chiese Ella la mattina seguente, mentre si trovava ancora fra le lenzuola del lettino posto sopra quello di Sara.
- Sì, alcuni di loro sono schiavi venduti al treno dai loro precedenti padroni, come tutti noi. Altri invece sono nati proprio qui, sul treno. I loro genitori erano passeggeri e loro non hanno avuto altra scelta che vivere qui. Probabilmente non conosceranno mai la libertà. - a risponderle fu Jasmeen, che si era svegliata da poco e ora stava seduta sul letto.
- Che cosa significa che sono nati qui? Cosa significa nato?
- Significa venire al mondo, cominciare a respirare, a muoversi, a vivere. Le Guardiane non nascono?
- Non credo che abbiamo lo stesso concetto di nascita. Di tanto in tanto alcune Anziane lasciano il palazzo per sette giorni e al ritorno portano con loro una piccola Guardiana, che diventa a tutti gli effetti una nostra sorella. Però... Le piccole Guardiane assomigliano in tutto e per tutto alle adulte, non nel corpo, ovvio, ma nello spirito. I vostri bambini invece hanno un animo diverso. E poi... noi ci occupiamo di loro come se fossero il bene più prezioso esistente.
- Questo lo facciamo anche noi Imperiali. Il nostro istinto e la nostra razionalità ci dicono di proteggere i bambini con tutte le nostre forze.
- No, non è vero. Se lo fosse non permettereste che i bambini diventino prigionieri o che lo restino per tutta la loro vita.
Jasmeen a quel punto sospirò mestamente.
- La schiavitù non è qualcosa a cui possiamo porre rimedio. Le cose vanno così e basta. È meglio accettarlo anziché combattere per uno scopo che non si potrà mai raggiungere.
Un controllore interruppe la piccola chiacchierata con il suo ingresso nella stanza. Aveva in mano un blocchetto di fogli.
- Cuccetta M-711 - disse leggendo uno dei pezzi di carta - scendete alla prossima fermata. Trasporto di merci e viveri.
L'Imperiale si allontanò senza dare ulteriori spiegazioni.
Ella scese dal letto e guardò con aria interrogativa l'amica bionda.
- Dobbiamo lavorare. - disse lei, intuendo i pensieri della Guardiana - Tutti i passeggeri del treno devono rendersi utili in qualche modo. Ora è arrivato anche il tuo turno. Adesso praticamente conosci tutto della vita sul treno.
- Che significa trasporto di merci?
- Lo vedrai.
Ella avvertì il treno rallentare. Probabilmente mancava poco alla fermata.
Quando il treno arrestò la sua corsa le tre ragazze si avviarono verso una delle porte scorrevoli. Accalcati davanti alle uscite c'erano decine di Imperiali, pronti a scendere e a cominciare a lavorare. sembrava che fossero impazienti di cominciare. Eppure c'era qualcosa nel loro sguardo che lasciava intendere che avrebbero fatto volentieri a meno di uscire e prendere una boccata d'aria fresca.
Ella e le sue compagne di stanza riuscirono a scendere solo dopo alcuni minuti, durante i quali avevano pazientemente atteso che la folla accumulatasi dietro alla porta riuscisse finalmente a disperdersi.
Quando la Guardiana poggiò il piede sulla terra ferma le sembrò che i suoi polmoni fossero nuovamente in grado di respirare. Non si era resa conto di quanto l'aria all'interno del treno fosse soffocante fino a quel momento. La brezza fresca che le attraversava i capelli la faceva sentire leggera, la visione di un un cielo terso e limpido la riportava a nuova vita e un sole brillante le feriva gli occhi e le faceva ardere l'anima.
La città in cui si trovava era di tipo portuale. La ferrovia era vicinissima al mare e, a poche centinaia di metri di distanza si potevano ammirare delle maestose navi con le vele spiegate. L'odore salmastro era quasi insopportabile, ma al tempo stesso insolitamente piacevole. Eppure, benché quel luogo sembrasse così magico, colorato e pieno di vita, non aveva nulla a che fare con la celestiale visione che era stata la Città Imperiale. In quel porto non c'era oro, né sontuosi palazzi. Tutto sembrava molto povero e insignificante.
Nonostante ciò, gli Imperiali che affollavano il porto, i venditori ambulanti che urlavano per attirare l'attenzione, i gruppi di casupole raggruppati nel centro della città e le piccole colline alberate che facevano da sfondo a quella cittadina rendevano l'atmosfera pittoresca e rilassante, ma anche entusiasmante, in un certo senso.
Ad Ella non sembrava vero di poter ammirare così da vicino degli Imperiali. Certo, sul treno ne era letteralmente circondata, ma questi Imperiali erano molto più simili a quelli della sua immaginazione. Erano veri e propri mercanti, grassi e ricchi, vestiti con stoffe pregiate ed adornati di gioielli e cappelli dalle forme bizzarre. Alcuni di loro parlavano animatamente con i controllori, indicando con buffi gesti delle mani un'innumerevole quantità di grosse casse impilate lì a fianco. Sembravano impazienti e nervosi. Qualcuno aveva addirittura cominciato ad urlare. I passeggeri nel frattempo stavano in disparte, attendendo ordini da qualche membro del personale del treno.
Finalmente, dopo alcuni minuti di interminabili e accesi dialoghi, uno dei controllori si allontanò dai mercanti, dirigendosi verso gli schiavi.
- Queste casse vanno portate sulla Steel and Jade, è la nave ancorata laggiù. - il controllore indicò la grossa imbarcazione con un rapido gesto del braccio - Alcune contengono merci delicate e costose, quindi vedete di stare attenti. Se danneggiate qualcosa verrete puniti talmente duramente da desiderare la morte.
I passeggeri non attesero oltre. Cominciarono tutti, Ella inclusa, a muoversi verso le casse. Altri controllori coordinavano i lavori, dando indicazioni dettagliate ad ognuno dei passeggeri. Ed a coordinare i controllori c'era una ragazza bionda, con i capelli legati, bassina e piuttosto magra. I pantaloni in tela beige, gli stivali alti fino al ginocchio e la blusa marrone fecero capire ad Ella che si doveva trattare di una Infiltrata. In mezzo alla consistente folla di collari grigi ce n'erano alcuni neri, viola e azzurri.
- Muoviti Ella! - Sara si era accorta che la Guardiana era rimasta come bloccata ad ammirare il mondo circostante.
Il lavoro cominciò. Consisteva semplicemente nel formare delle catene viventi per trasportare il più velocemente possibile le casse dalla banchina alla nave. Ella si rese ben presto conto di cosa volesse dire lavorare. E cominciava anche a capire qual era il modo in cui gli Imperiali dovevano faticare per procurarsi da mangiare.
Le casse erano pesantissime. Doveva prenderle una alla volta e trasportarle per un tragitto che le sembrava infinito. Il sole, che fino ad un'istante prima le era sembrato la migliore fonte di vita, ora la stava tormentando, facendole anelare un sorso d'acqua. Alla terza cassa trasportata cominciò ad avvertire chiaramente la stanchezza. Le gambe si rifiutavano di procedere oltre, la schiena si piegava sotto il peso della sofferenza, i capelli le si appiccicavano al viso, persino le sue dita cercavano di sfuggire a quell'orrore. Un chiodo mal piantato nel legno di una delle casse le graffio una mano, facendola mugolare. Con la coda dell'occhio vide Jasmeen restare a bocca aperta alla vista della ferita che si rimarginava quasi istantaneamente.
Alla quinta cassa il suo corpo cedette. Uno dei controllori le si avvicinò come una furia.
- Alzati!
La afferrò per i capelli tirandola su di peso. Ella non riuscì a trattenere un sommesso urlo di dolore. Il controllore la lanciò via letteralmente. Lei cadde sulle ginocchia, procurandosi delle ferite che di lì a poco sarebbero scomparse. Restò immobile, inginocchiata sul pavimento, con i palmi delle mani saldamente appoggiati a terra e la testa ciondolante in avanti. Qualcosa di dolorosamente duro la colpi sulla schiena. Un altro urlo le attraversò la gola.
- Ti ho detto di muoverti! Non abbiamo tutto il giorno!
Ella aveva cominciato a piangere di riflesso ma, quando il crudele Imperiale le diede un calcio che quasi le fece mancare il fiato, si vide costretta a rialzarsi.
Le mani le tremavano, sentiva il cuore battere all'impazzata. Ma ora sapeva di non avere scelta. Riprese a trasportare le casse, cercando di trovare la forza necessaria a non cadere di nuovo.
Il pianto di uno dei bambini la fece però bloccare. Il pargolo si era fermato ed appariva visibilmente disidratato. Ella provò a muovere qualche passo verso di lui ma si arrestò immediatamente quando vide un altro controllore prendere a bastonate il malcapitato bambino, che a quel punto riprese in mano la merce che aveva precedentemente lasciato cadere e ricominciò a lavorare per sfuggire alla furia del suo aguzzino. Ella sentì il cuore spezzarsi.
La giovane Infiltrata bionda, accortasi della negligenza della Guardiana, le si avvicinò rapidamente e la colpi in viso con una violenza inaudita, insolita per una ragazza con una corporatura così minuta.
Ella cadde nuovamente a terra. Qualche goccia di sangue fuoriuscita dal labbro spaccato precipitò sull'asfalto della banchina.
- Fermati un'altra volta e farò in modo che tu non ti possa muovere mai più. - le parole dell'Infiltrata suonavano cariche di odio e ferocia.
Ella trovò la forza per rialzarsi. Pensò che probabilmente era la disperazione che la faceva andare avanti. E continuò a lavorare. Continuò finché il caldo del mattino non lasciò il posto al fresco del pomeriggio. E finché il fresco del pomeriggio non lascio il posto alla penombra del tramonto.
*****
Ella era a pezzi. Dopo ore di estenuante lavoro era finalmente rientrata sul treno. Si sentiva distrutta nel corpo e nell'anima. Benché la ferita al labbro fosse già guarita, sentiva ancora un fortissimo dolore alla guancia. E sentiva un grande dolore al cuore, un dolore che nemmeno la sua natura di Guardiana avrebbe potuto risanare. Rivedeva quel bambino spaventato ogni volta che chiudeva gli occhi. Nelle sue orecchie risuonava ancora quel pianto innocente.
- Ella dobbiamo andare. Se aspettiamo ancora un po' il vagone ristorante chiuderà.
- Non ho fame...
- Ma non dire sciocchezze! Non puoi restare digiuna. Hai lavorato tutto il giorno, devi mangiare e bere.
La Guardiana ignorò le parole di Jasmeen.
Sara le afferrò con fermezza un braccio.
- Muoviti Ella. Non puoi restare qui senza mangiare nulla. E rischi la vita se non bevi qualcosa. Ora vieni con noi e basta!
Ella decise infine di seguire le coinquilinine per cenare insieme a loro. Sapeva che se insistitevano era solo per il suo bene e, in un certo senso, non voleva deluderle.
Il vagone M-540 era affollato come al solito. Molti passeggeri avevano già preso posto, qualcuno aveva addirittura già finito il pasto. Ella e le sue due amiche dovevano essere alquanto in ritardo. Le tre afferrarono in fretta i vassoi e si diressero verso il bancone. Mentre Sara e Jasmeen discutevano su quale frutta prendere, lo sguardo di Ella stava vagando in cerca della sua amata Alif.
Distratta dalle diverse pietanze e con la mente annebbiata dal lavoro mattutino, non si accorse che il suo lento camminare la aveva condotta più vicina non solo alla preziosa linfa, ma anche a due spaventosi occhi rossi e a delle enormi fauci.
Quando finalmente si risvegliò da quella sorta di trance in cui era entrata si rese conto che davanti a lei si ergeva una imponente montagna di peli grigi. Un respiro affannoso e pesante la convinse a sollevare lo sguardo ed incrociare quegli occhi assassini.
Un enorme lupo si stagliava davanti a lei. Non un semplice animale selvatico, bensì un lupo antropomorfe, dalle dimensioni ben superiori a quelle di qualunque altro animale Ella avesse mai visto. Aveva gli occhi relativamente piccoli, socchiusi e con due iridi rosse come il sangue. Le orecchie erano sporgenti ed estremamente mobili ed in quel preciso momento avevano il padiglione puntato su di lei. Un muso allungato e coperto di spessi peli e sottili baffi donava alla sua espressione un che di feroce e corrucciato. Una spaventosa fila di denti sporgeva dalle labbra arricciate in segno di minaccia. Quattro affilati canini, lunghi quanto la mano di Ella, contribuivano a rendere la creatura ancor più terrificante. Il corpo sembrava stato creato apposta per mettere in soggezione. La statura del lupo fece capire alla Guardiana perché i soffitti del treno erano così alti. I peli grigi che lo ricoprivano interamente apparivano duri e ispidi e sembrava che ci fossero delle incrostazioni di fango. O di sangue. Si reggeva in piedi appoggiandosi sulle relativamente piccole zampe posteriori e sulla a dir poco gigantesca zampa anteriore sinistra. Quella destra teneva invece un vassoio stracolmo di carne. Fra quegli artigli aguzzi e quelle enormi dita, fra cui spiccava un pollice opponibile, appariva stranamente piccolo. Anche il lupo indossava una divisa, che però gli copriva soltanto il torso, lasciando libere sia le zampe posteriori che la lunga e forte coda. Il suo collare era nero.
Ella era pietrificata.
Sta calma Ella... Non può farmi nulla. Non può aggredirmi. È contro le regole. Non può sbranarmi.
- Ma guarda un po'. Mi sembrava di aver sentito il fetore della Dime. - la voce del lupo suonava come un profondo ringhio carico di odio. Pareva che tutto di lui fosse stato creato per spaventare - Le streghe mi avevano detto di aver avvistato una Guardiana, ma io non avevo voluto crederci. Quale Guardiana sarebbe così stupida da avvicinarsi al treno? Ma a quanto pare mi sbagliavo.
Con uno scatto il lupo avvicinò il suo muso al viso di Ella. Ora si trovava a pochi centimetri di distanza da lei. Dalle sue fauci usciva un nauseabondo odore di carne marcia.
Resta calma.... Non abbassare lo sguardo... Non può attaccarmi. Non può uccidermi nel peggiore dei modi. Non può smembrare il mio corpo per poi mangiarmi e bere il mio sangue.
- Vedi di starmi lontana, Guardiana. Le creature della Dime come te mi disgustano. E stanne certa, non appena ne avrò la possibilità, affonderò le mie fauci sul tuo innocente visino. - si avvicinò ancora di più. Ora la punta umida del suo naso toccava quello di Ella - Sai quanto sarebbe piacevole veder scorrere il tuo sangue e sentirne il delizioso odore?
Le minacce del lupo furono interrotte da un improvviso e inquietante urlo. Mentre Ella era distratta dalla presenza della mostruosa creatura, un Imperiale aveva fatto cadere una delle caraffe d'acqua, mandandola in frantumi. Le grida non erano però dovute alla rottura del recipiente.
Sul luogo era giunta una guardia, attirata dall'incidente. La sua voce metallica risuonava per tutto il vagone, ribadendo la regola secondo cui era vietato danneggiare il treno e gli oggetti in esso contenuti. Incurante del fatto che l'Imperiale non avesse infranto volontariamente la regola, lo aveva afferrato per un braccio, trascinandolo via.
Le urla disumane erano state lanciate proprio dal malcapitato, che scalciava con foga nel disperato tentativo di liberarsi da quella morsa.
Il ragazzo si dimenò per tutto il tempo, gridando a squarciagola, finché sia lui che la guardia oltrepassarono la porta e sparirono alla vista. Molti dei presenti erano rimasti sconvolti. Ella lanciò una rapida occhiata in direzione di Brix, Sara e Jasmeen, che ormai avevano preso posto ad uno dei tavoli. Avevano dipinta in viso un'espressione di terrore e preoccupazione.
Finalmente il lupo si allontanò da lei, lasciando i suoi pensieri liberi di fluire.
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