Capitolo IX
Ella si era alzata prestissimo quella mattina. Non aveva fatto altro che pensare ad Enom. Se davvero quella creatura aveva doti di chiaroveggenza, allora forse la avrebbe potuta aiutare ad ottenere delle risposte riguardo alla sua prigionia ed al tradimento di Hawk. E forse sapeva anche come fuggire dal treno.
La Guardiana aveva però riflettuto anche sul fatto che passare da una carrozza ad un'altra era apparentemente vietato. Confidava nel fatto che ci fosse una qualche eccezione che le avrebbe permesso di raggiungere la carrozza K senza ripercussioni.
- Dove vai? Non vieni a fare colazione? - le chiese Jasmeen quando la vide dirigersi dalla parte opposta rispetto al vagone ristorante.
- Non ho molta fame, vado a fare una passeggiata. Sta tranquilla...
Si avviò con passo deciso verso l'uscita della carrozza. Le carrozze erano collegate le une alle altre tramite delle doppie porte. Fra una porta e l'altra, al di sotto del pavimento, si trovava una cerniera metallica estremamente mobile che permetteva al treno di viaggiare anche su binari pieni di curve.
Quando Ella raggiunse e superò le prime porte di divisione, si sentì sollevata nel vedere che le guardie la ignoravano bellamente. A quanto pare l'eccezione in cui aveva sperato esisteva davvero.
Giunta alla carrozza K cominciò a cercare il famigerato Enom. Si sentiva, comunque, piuttosto a disagio. Era circondata da Imperiali sconosciuti che la fissavano con morbosa curiosità.
La ricerca fu estenuante. Il veggente sembrava invisibile, tanto era difficile da trovare.
La Guardiana stava ormai per rinunciare quando, entrata in uno dei vagoni di ritrovo, vide davanti a sé un paio di enormi ali nere. La creatura che sedeva dandole le spalle doveva essere Enom.
Quando quell'essere si voltò di scatto, Ella ebbe un sussulto. I suoi occhi, inclusa la porzione normalmente bianca, erano completamente neri. Quella creatura era totalmente calva e priva di sopracciglia e, tatuati sulla testa, aveva alcuni disegni ormai sbiaditi dal tempo. Il suo volto era dimora di numerose rughe che gli conferivano autorevolezza. Le guance erano scavate e la pelle, nella loro porzione inferiore, aveva ceduto alla gravità. Come tutti i passeggeri del treno indossava una divisa, ornata con un collare nero. Al di sotto della stoffa si intravedeva un fisico asciutto ed atletico. Benché forse seduto si intuiva facilmente che dovesse essere molto alto. La cosa più maestosa del suo essere, però, erano senza dubbio le enormi ali composte da piume nere. Assomigliavano molto, nella forma, alle ali delle Guardiane, ma sembravano, almeno in apparenza, più sottili e lunghe. L'angelo aveva un'aria stanca. Doveva essersi accorto della presenza di Ella, ma la testa non era rivolta verso di lei e il suo sguardo sembrava perso nel vuoto. La Guardiana si ricordò che quell'angelo nero era cieco.
- Enom?
L'angelo puntò la testa nella sua direzione. Ora che aveva parlato era riuscito a localizzarla.
- Sono io. E tu chi sei? - aveva una voce calda e profonda.
- Sono Ella. Sono una Guardiana. Qualcuno mi ha detto che hai previsto il mio arrivo sul treno...
- È così.
- Allora sei davvero un veggente?
- Forse. Che cosa vuoi chiedermi?
- Tu sai come uscire da qui? Come fuggire dal treno?
- Se lo sapessi non sarei un prigioniero, non credi?
Ella rimase delusa da quella risposta. Si avvicinò cautamente a lui.
- Ho bisogno del tuo aiuto. Ti prego, dimmi come posso fuggire da qui.
- Mi dispiace Guardiana, non lo so.
Quell'essere le ispirava fiducia. Nonostante l'aspetto insolito, aveva un'aria saggia e quasi amorevole. Ella si avvicinò ulteriormente a lui. Quasi senza pensarci si inginocchiò ai suoi piedi.
- Enom, ho bisogno di risposte. Ti prego, aiutami. Tu sei un veggente, sai le cose. Ti prego, dammi le risposte che cerco.
L'angelo scosse la testa.
- Non ho io le risposte alle tue domande, ma so chi le possiede. Cerca aiuto da chi pensi non possa aiutarti.
- Che significa?
- Vuoi sapere di più su chi ti ha chiusa qui, giusto? Allora parla con chi lo conosce. Parla con loro anche se li consideri nemici. Offri loro qualcosa che desiderano, non ti negheranno l'aiuto.
Ella intuì dove il veggente voleva andare a parare.
- Non mi aiuteranno mai. Loro vivono per distruggermi. Distruggono e uccidono tutti i passeggeri.
Enom le sorrise dolcemente, mettendo in mostra i denti ingialliti.
- Offri loro qualcosa che desiderano. - ripeté - Dai loro la tua parola. Sanno che non puoi mentire, accetteranno di aiutarti.
Il veggente si voltò, chiudendosi nel silenzio. Ella capì che era arrivato il momento di tornare alla sua carrozza. Si alzò lentamente dal pavimento su cui si era gettata, salutò Enom con dolcezza e ripartì per la volta della carrozza M.
La strada per tornare indietro non fu tranquilla come nel caso dell'andata. Ad Ella si gelò il sangue nelle vene quando sentì una guardia rimproverarla con voce meccanica.
- È vietato passare da una carrozza all'altra
La Guardiana iniziò a tremare quando si accorse che i connotati di quell'essere stavano cominciando a cambiare, così come era successo il giorno prima alla guardia che era corsa in aiuto di Daemon.
Le gambe di Ella iniziarono a muoversi freneticamente. Doveva raggiungere la sua cuccetta il prima possibile, li sarebbe stata al sicuro.
La voce automatica la piantonava, la avvertiva sempre più vicina. Iniziò una disperata corsa fra i corridoi nel tentativo di liberarsene. Quando si accorse della presenza di un'altra guardia che aveva cominciato a darle la caccia si sentì perduta. La sua fuga si fece ancora più rapida, ma sapeva di non avere speranze, sapeva che la avrebbero trascinata via.
Quando, svoltata una curva, si ritrovò davanti ad una guardia ormai deformata, si gettò dentro un piccolo stanzino nella speranza di ritardare il più possibile la sua cattura. Nel momento in cui varcò la soglia, la guardia si ricompose e smise di ripetere la frase che specificava il divieto infranto. Si allontanò come se Ella fosse diventata improvvisamente invisibile.
Lo stanzino in cui si trovava la Guardiana era minuscolo e completamente vuoto. Non c'erano mobili e non si vedeva neppure il cartello delle regole. Ella si accorse però che, appeso sulla parete esterna della stanza, c'era un cartello su cui spiccava la scritta "no rules room", circondata da un bordo circolare di colore rosso.
*****
Quando Jasmeen la vide tornare dovette resistere all'impulso di abbracciarla. Ella era stanca ed aveva un'espressione dura e risoluta. Non andò a salutare l'amica, ma anzi si allontanò da lei senza neppure rivolgerle uno sguardo. Sapeva cosa doveva fare, ma non era sicura di riuscire ad ottenere quello che voleva. Doveva andare dall'Infiltrato più anziano, l'amico di Daemon che il giorno prima aveva avuto pietà di lei e della bambina. Era l'unico che avrebbe mai potuto accettare di aiutarla. In fondo, non sembrava crudele come gli altri membri del personale. Girò per il vagone per almeno un paio d'ore inutilmente, dell'Infiltrato non c'era traccia. Poi, casualmente, si accorse di alcuni controllori che discutevano delle riparazioni al treno. Ad Ella brillarono gli occhi.
Li seguì di nascosto, finché non li vide entrare in una grande sala destinata al personale, in cui erano stipati alcuni strumenti di manutenzione. Riconobbe la voce della persona che stava cercando. Prese la saggia decisione di aspettare che i controllori si allontanassero prima di raggiungere il suo bersaglio. Durante l'attesa Ella si trovò a riflettere su sé stessa. Era nascosta dietro un angolo del corridoio adiacente alla stanza, in silenzio, pronta per fare qualcosa che, se i piani non fossero andati come previsto, la avrebbe messa in un mare di guai. Era disperata, ma sapeva di dover fare qualcosa. Sapeva che non poteva restare un minuto di più su quel treno. Sapeva di dover parlare con Hawk. Le spiegazioni che stava cercando gliele avrebbe potute fornire solo lui. E forse, sperava in cuor suo, le avrebbe restituito anche la libertà. Sentiva di stare cambiando. Non capiva se in meglio o in peggio.
Un animato vociare la distolse dai suoi pensieri e la riportò alla realtà. I controllori stavano dicendo qualcosa a proposito di alcune carrozze che necessitavano di un controllo da parte dei macchinisti. Non sembrava un discorso interessante per Ella, che era concentrata sulla voce dell'Infiltrato. Sembrava essere rimasto all'interno della stanza di manutenzione. Forse stava esaminando qualche oggetto in particolare. I controllori finalmente si allontanarono. Il silenzio che la circondava le fece capire che probabilmente l'Infiltrato era rimasto solo. Uscì di soppiatto dall'angolino buio in cui si era celata ed entrò rapidamente nella stanza affianco.
L'Infiltrato stava leggendo alcuni fogli ma, nel momento in cui Ella gli si presentò davanti, fu colto di sorpresa e si voltò a guardarla con un'espressione stupita.
- Che vuoi? Che ci fai qui? - la sua voce non aveva particolari inflessioni. Sembrava indifferente, anche se in realtà non lo era affatto.
- Ho bisogno del tuo aiuto.
Lui era incredulo.
- Aiuto da me? E per cosa?
- Voglio fuggire dal treno, ma prima ho bisogno di parlare con chi mi ha portato qui.
L'Infiltrato le rivolse un sorriso di scherno prima di riposare gli occhi sui fogli che teneva in mano.
- Non ti aiuterò. - le rispose con tono pacato senza nemmeno guardarla.
- Io sono Ella la Guardiana. - non sapeva nemmeno lei perché lo aveva detto.
- Io sono Troy e non mi importa nulla di chi sei tu. Non ti aiuterò.
- Dimmi cosa vuoi in cambio della tua collaborazione. Ti darò tutto ciò che mi chiederai.
- Non voglio niente. Vattene via.
- Posso darti tutto ciò che mi chiedi. Ti prego... - la voce tremante di Ella lo convinse a guardarla nuovamente in faccia.
- Vuoi sapere cosa voglio? Al centro della Dime c'è un lago in cui abitano numerose ninfe. Quello specchio d'acqua è protetto da uno spirito di nome Moonlight. Porta quello spirito da me e io ti aiuterò.
Ella era titubante.
- Va bene... Quando uscirò da qui parlerò con lo spirito e...
- No, prima mi porti lo spirito e poi ti offro il mio aiuto.
- Ma non posso farlo. Sono bloccata qui, come faccio a raggiungerlo?
- Questo non è un mio problema. Niente spirito, niente aiuto. Mi dispiace.
- Ti prego! Hai la mia parola! Quando uscirò manterrò la promessa!
Lui la guardò con aria severa. Mise da parte per un attimo le carte che stava leggendo.
- Ho detto di no. Ora vai, ho da fare.
Aveva un tono di voce tranquillo, che quasi fece sperare ad Ella che ci avrebbe ripensato da un momento all'altro. Ma così non fu. La Guardiana sapeva di dover cercare collaborazione altrove.
*****
La sera era arrivata velocemente. Ella non sapeva di preciso quando iniziava il coprifuoco, ma sapeva che, non appena scende il buio, è meglio tornare nella cuccetta. Lei però era ben distante dalla sua stanza. Non aveva sonno e non le importava di infrangere il coprifuoco. Stava fissando una piccola stanzetta al cui esterno spiccava il cartello "no rules room", cercando il coraggio per entrarvi. Prese un lungo respiro, poi si avvicinò al piccolo stanzino. Quando raggiunse la porta di ingresso la attraversò di corsa, quasi come se volesse darsi coraggio e convincersi a fare quello che stava per fare.
La stanzetta era quasi completamente vuota, c'erano solo alcuni tavoli e sedie sparsi un po' a caso al suo interno. Seduto su una delle sedie c'era Daemon, con un coltello stretto nella mano destra ed un frutto rosa e perfettamente sferico nella sinistra. Lei si piazzò in piedi davanti a lui, che nel frattempo la scrutava con il suo solito, snervante sorriso.
- Sì? - disse sbattendo le palpebre un paio di volte.
- Mi serve il tuo aiuto.
Lui rise.
- Allora puoi anche andartene, perchè non ho intenzione di aiutarti in alcun modo. - tagliò una fetta del frutto rosa che stringeva tra le mani e la mise in bocca, poi riprese a parlare - Allora Guardiana, non dovresti essere nella tua cuccetta a quest'ora?
- Mi chiamo Ella, non Guardiana!
- Non mi interessa. - lo disse con un tono quasi canzonatorio. Tagliò un'altra fetta del frutto.
- Aiutami.
- E sentiamo, che tipo di aiuto vorresti da me?
- Tu sai chi mi ha portato qui?
- Sì, lo so.
- Allora portalo da me. Voglio vederlo.
- Perché? - mangiò un altro po' della succosa sferetta rosa.
- Voglio fuggire dal treno, lui sa come fare.
Daemon rise di gusto.
- Dovrei aiutarti a fuggire? Dovrei andare contro i miei stessi interessi? Mi credi stupido? Ritenta Guardiana.
- Allora aiutami per farmi ottenere la mia vendetta. - non si era nemmeno resa conto che quella parola fosse davvero uscita dalle sue labbra. Non aveva nemmeno ben chiaro quale fosse il concetto di vendetta. Ma sapeva che in quel momento era la cosa giusta da dire.
- Vendetta? La vendetta non si addice ad una Guardiana. - tagliò un'altra fetta - Se ti aiuto cosa ci guadagno?
- Che cosa vuoi? Oro? Gioielli? posso dartene quanti ne desideri.
- Dubito tu possa darmi più oro di quello che ricevo dai proprietari del treno. Se pensi di corrompermi così, rischi di fallire miseramente. No... - fece una breve pausa, poi riprese a parlare sorridendo maliziosamente - Sai cosa voglio? Voglio entrare nel palazzo delle Guardiane. Garantiscimi l'accesso al tuo palazzo e io ti accontenterò.
Ella rimase a fissarlo con gli occhi sbarrati.
- Ma... non posso farlo... Non posso permetterti di entrare nel palazzo.
- Allora io non posso aiutarti.
- No aspetta! Va bene! Va bene, ti farò entrare nel palazzo. Agli Imperiali non è permesso avvicinarsi a noi, ma se sarai insieme a me dovranno farti entrare. Ti garantirò l'accesso.
- Ho la tua parola, Guardiana?
Ella sospirò.
- Hai la mia parola.
Il ragazzo prese un ultima fetta di frutto, la mangiò gustandola lentamente.
- Nella carrozza N, quasi all'inizio, c'è una stanza senza regole come questa. Vacci domani notte, farò in modo che la persona che ti ha portato sul treno si trovi lì. - si alzò in piedi, avvicinandosi a lei. Si era fatto improvvisamente serio. - Vieni meno alla tua parola e te ne farò pentire. Ora puoi pure andartene.
Ella restò immobile, in silenzio, a guardarlo insistentemente. Poi, senza aprire bocca, si incamminò verso la sua cuccetta.
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