Capitolo III
Il treno procedeva ormai troppo velocemente per poter distinguere in maniera chiara i contorni del paesaggio circostante attraverso le numerose finestre di cui erano costellate le pareti del corridoio.
Ella non poté fare a meno di concentrare la sua attenzione sul corridoio interno in cui si trovava. Era scarsamente illuminato e proseguiva sia a destra che a sinistra apparentemente all'infinito.
La giovane Guardiana rimase immobile per qualche istante, gli occhi velati dalle lacrime. Decise di esplorare il corridoio solo perché spinta dalla disperazione. Si sentiva in trappola, temeva che quel mostro di metallo la avrebbe portata talmente lontano dal palazzo che non sarebbe più riuscita a ritornare a casa. Si sentiva nuda senza le sue grandi ali a proteggerla. Si sentiva spaventata da quel corridoio buio. E si sentiva tradita. Ferita nel profondo.
Decise di procedere verso destra, camminando praticamente aggrappata alla parete di velluto blu che delimitava il corridoio.
Dopo qualche passo scorse, di fronte a sé, la figura di quella che sembrava una Imperiale. Era vestita con una gonna lunga fino oltre il ginocchio e una blusa a maniche lunghe completamente grigie. L'unico tocco di colore era un semicerchio di tessuto posto subito sotto il collo, a coprire la scollatura, che era invece di un porpora scuro.
La donna procedeva a passo sicuro verso Ella, che per un istante fu tentata di andarle incontro e chiederle aiuto. La Guardiana si rese conto che sarebbe stato meglio fuggire dalla parte opposta solo quando l'Imperiale aprì bocca.
- È vietato indossare abiti non approvati è vietato indossare gioielli è vietato camminare scalzi
La sua voce suonava metallica ed innaturale. Ripeteva quelle frasi in continuazione, senza neppure fare una pausa per prendere fiato, in maniera fredda ed automatica.
Era chiaro che andare a destra non era stata la scelta giusta. Ella indietreggiò lentamente mentre la figura continuava a procedere verso di lei inarrestabile.
- Dove mi trovo? Cos'è questo posto?
L'unica risposta che ottenne fu la cantilena che elencava tutti i divieti da lei infranti.
Solo a quel punto la Guardiana si girò rapidamente su sé stessa e cominciò a correre in direzione opposta all'inquietante donna. Incontrò parecchi bivi durante la sua fuga. Sembrava che il treno fosse una specie di labirinto di corridoi completamente deserto.
All'ennesima curva scorse finalmente qualcuno. Sembrava un altro Imperiale. Avvicinandosi rapidamente vide altri individui ammucchiati insieme, in fila ad attendere qualcosa. La voce metallica alle sue spalle la spaventò tanto da convincerla ad unirsi a quel gruppo di persone. Si trattava di circa due dozzine di individui di ambo i sessi, tutti vestiti in modo diverso fra loro.
Stavano in fila in attesa di entrare in un'angusta stanzetta che presentava, oltre alla porta di ingresso, anche una di uscita, opposta alla prima. La stanza aveva all'interno quattro scrivanie, due poste a ridosso del muro destro e altre due esattamente di fronte, vicine al muro sinistro. Dietro questi quattro semplici banconi si trovavano altrettanti Imperiali. Il loro abbigliamento era identico a quello della donna con la voce metallica, salvo il fatto che gli uomini portavano dei pantaloni grigi, ma quella sorta di bavaglino che copriva il petto non era porpora, bensì rosso. Vicino a due degli angoli della stanza si trovavano altrettanti separé di tela bianca.
Gli altri Imperiali, quelli a cui si era unita Ella, erano suddivisi in due file, una che comprendeva solo individui di sesso maschile, l'altra che invece accoglieva le donne. Man mano che le file scorrevano gli Imperiali parlavano con i banconisti più vicini alla porta di ingresso della stanza, i quali consegnavano ad ognuno gli stessi identici abiti grigi che indossavano loro, comprensivi di scarpe. Dopo di che andavano direttamente dietro il separé e ne uscivano indossando i vestiti appena ricevuti. Solo a questo punto andavano a parlare con i restanti due banconisti e poi uscivano dalla stanza.
La paura di essere aggredita dal mostro con il bavaglio porpora costrinse Ella ad entrare nella stanza seguendo la massa. Una volta giunto il suo turno andò dritta dalla banconista destinata alla fila femminile, la quale, prima di consegnare la divisa, le intimò di lasciare tutti i gioielli che aveva addosso all'interno di una cesta posta di fianco alla scrivania. La Guardiana accettò con riluttanza l'ordine. L'Imperiale gettò poi gli abiti fra le sue braccia e le indicò frettolosamente il separé.
Ella venne praticamente spinta via da altre Imperiali, che nel frattempo si erano unite alla fila. Lei non vide altra scelta che dirigersi al separé dedicato alle donne. Si nascose dietro quella parete di stoffa a testa bassa, pensierosa e spaventata. Quello che vi trovò dietro la lasciò basita, distraendola per un attimo dalle sue preoccupazioni. Quello che sembrava un banalissimo pezzo di telo pieghevole in realtà nascondeva una enorme stanza, all'interno della quale decine di Imperiali si stavano spogliando.
Un magicante deve aver incantato il separé.
Ella tolse di controvoglia il seducente abito bianco che indossava e si infilò il più lentamente possibile gli abiti che le erano stati consegnati. Anche questi erano identici alla divisa che indossavano tutti gli altri. Unica differenza, come al solito, era il colore del bavaglio, stavolta di un grigio spento esattamente come il resto della stoffa.
Si spostò fuori dalla stanza-separé e raggiunse uno dei due banconi vicini all'uscita. L'Imperiale che le stava davanti la fissò per pochi istanti e poi lesse qualcosa su un foglietto.
- Nome? - chiese.
- Ella
- Prigioniero numero 753822555101, cuccetta M-711.
Dopo aver pronunciato l'interminabile serie di numeri allungò una mano per porgere un pezzo di carta ad Ella, ma si bloccò istantaneamente. Chiamò un altro Imperiale, bavaglio rosso anch'esso, e, dopo avergli sussurrato qualcosa all'orecchio, indicò la Guardiana.
Questi le si avvicinò, appoggiò entrambe le mani sul suo bavaglio e quest'ultimo, dopo alcuni istanti in cui Ella sentì il collo andarle letteralmente in fiamme, cambiò colore, diventando dorato. Dovevano esserci numerosi magicanti su quel treno.
Il banconista diede finalmente il quadrato di carta ad Ella, la quale fu poi gentilmente spinta fuori dalla stanza. Si trattava di una mappa. Una mappa magica, all'apparenza. Sul foglietto era disegnata una luminosa scia verde che modificava la sua forma ogni volta che la Guardiana si muoveva.
Decise che sarebbe stato molto più saggio seguire il percorso verde piuttosto che ignorarlo.
*****
La scia verde era sparita dalla mappa. Ella si trovava di fronte ad una stanzetta che sul muro esterno aveva scritto soltanto "M-711". Entrò all'interno in un impeto di coraggio. Non c'erano altre porte ad eccezione di quella di ingresso e l'unica finestra presente era oscurata da una tapparella di stoffa. Sembrava che non ci fosse neanche alcuna fonte alternativa di luce, tanto che quello spazio era quasi completamente al buio nonostante fuori l'alba fosse sorta già da un bel po'.
Un piccolo lavandino era incassato in uno degli angoli. Dalla parte opposta svettava quello che sembrava un armadio di legno. Una sedia sgangherata completava l'arredamento. C'erano infine due letti sottilissimi, sospesi per aria e tenuti in posizione da due guide di metallo che li ancoravano al muro. Su uno di questi era rannicchiata, immobile, una figura talmente avvolta fra le lenzuola che per Ella era impossibile scorgerne qualche dettaglio.
La Guardiana si sedette sulla sediolina, fissando il vuoto per un tempo che le sembrò interminabile.
- Sei una nuova?
Ella trasalì. La paura la fece scattare in piedi. La voce proveniva dal letto che, ad una prima occhiata, le era sembrato vuoto. Una ragazza era seduta su di esso, talmente nascosta dall'ombra che sembrava quasi invisibile. La giovane si spostò verso il bordo del letto, permettendo ad Ella di vederla. Aveva lunghissimi capelli biondi e perfettamente lisci e due occhi verdi come le foreste della Dime, incorniciati da due sopracciglia sottili ed eleganti. Gli zigomi erano alti e pieni, naturalmente tinti di un tenue rosa pastello. Le labbra erano le più carnose che Ella avesse mai visto e le due fossette che le segnavano le guance facevano apparire come se fosse sempre sorridente. In realtà non stava sorridendo affatto. Fissava Ella con aria interrogativa, attendendo una risposta. Era molto bella, aveva un tipo di bellezza canonico.
- Sei un'Imperiale? - chiese la Guardiana ignorando la domanda che le era stata rivolta.
- Sì - rispose la ragazza bionda indicandosi la divisa - mi chiamo Jasmeen.
- Io sono Ella.
- Perché hai il collare dorato? Sei una regina? Sei una importante?
- No, io... io sono una Guardiana.
Jasmeen rise di gusto.
- Sì certo!
- È la verità!
- Davvero? - la ragazza continuava a ridere - E allora dove sono le tue ali Guardiana?
- È vietato salire sul treno con le ali. - rispose, ripetendo quasi in automatico quelle parole fredde e meccaniche che aveva sentito quando le porte le avevano strappato la parte di lei che valeva più della sua stessa anima.
- Ma che dici? Mi prendi in giro? Gli angeli neri le ali le hanno. Forse... - fece una piccola pausa - forse per te valgono regole diverse. Non mi sorprenderebbe, qui si fanno sempre eccezioni e favoritismi.
- Che posto è questo?
- È il treno. - Jasmeen riprese a parlare non appena notò l'espressione dubbiosa che permaneva sul viso di Ella - È stato costruito per trasportare schiavi, schiavi come me e te. Ad ogni fermata ne sale sempre qualcuno nuovo.
- Tu sei una schiava? - Ella era a dir poco incredula - Ma sei un'Imperiale, non puoi essere una schiava. Voi vivete nel lusso, circondati da palazzi d'oro e da torri così alte che persino le mie ali non sono in grado di raggiungerne la cima. E...
Jasmeen la interruppe con un sorriso.
- Tu stai parlando della Città. Non tutti gli Imperiali vivono così. Io sono nata in una famiglia povera. Capitava spesso che non avessimo da mangiare. Quando uno dei miei fratelli è morto siamo caduti in una miseria ancora più nera. Allora sono stata venduta al treno, così i miei genitori ed i miei fratelli hanno ottenuto il denaro sufficiente a sopravvivere un altro po'.
Ella non riusciva a capire. Quello che Jasmeen le stava raccontando era l'esatto opposto delle storie che aveva sentito sul conto degli Imperiali.
- Ti hanno venduta? Ma... perché? Che cosa significa?
- Perché la fame ti spinge a fare questo ed altro. Molti dei passeggeri del treno provengono da famiglie povere. Altri erano schiavi ancora prima di salire qui e sono stati venduti al treno dai loro precedenti padroni. Altri ancora erano dei criminali che sono stati costretti a questa vita per pagare dei loro crimini. Questo treno è una sorta di prigione. Al suo interno dobbiamo sottostare ad una lunghissima lista di regole. E se le infrangiamo veniamo torturati o uccisi. Ogni passeggero è costretto ad indossare una divisa grigia e il colore del collare identifica la sua categoria. Io, che ho il collare grigio, sono un'Imperiale. I passeggeri con il collare grigio sono i più numerosi, ma ci sono anche prigionieri provenienti dalla Dime e dal Vortice.
- E quelli con il collare porpora? - Ella era sempre più incredula.
- Loro appartengono al personale del treno. Sono le guardie. Si occupano di far rispettare le regole e di segnalare se qualcuno le infrange. Sinceramente, non credo che le guardie siano... vive... Sembrano dei mostri automatizzati. Noi passeggeri crediamo che qualche potente magicante abbia fatto un incantesimo su di loro per trasformarle in bambole senz'anima. Al personale del treno appartengono anche i controllori, che hanno il collare rosso, e i macchinisti, con il collare giallo. I primi si occupano di coordinare i prigionieri, i secondi mantengono funzionante il treno.
- E come si fa ad uscire da qui?
Jasmeen rise di nuovo. Sembrava una ragazza molto dolce e paziente. In fondo stava rispondendo con gentilezza a tutti i dubbi di Ella.
- Non si può uscire. Le regole lo vietano. Una volta che sali sul treno sei prigioniero per sempre. Le uniche volte che possiamo scendere sono quando ci costringono ad eseguire qualche lavoro sulla terra ferma. E anche in quel caso sarebbe impossibile scappare. Controllori e guardie non perdono mai di vista i passeggeri. Se qualcuno prova a fuggire viene immediatamente ucciso. I passeggeri sono insignificanti. Se anche qualcuno muore, ce n'è sempre un altro pronto a salire e rimpiazzarlo. Qui sopra valiamo meno della polvere. Ti consiglio di leggere le regole, così imparerai in fretta cosa puoi e cosa non puoi assolutamente fare.
Jasmeen spostò un grosso pannello ancorato alla parete, scoprendo in questo modo un enorme cartello identico a quello che Ella aveva visto quando era salita sul treno. La parola "REGOLE" svettava in cima al testo, scritta a caratteri cubitali. Sotto di essa, a caratteri estremamente più piccoli, c'era un muro di testo che elencava ogni possibile regola. La Guardiana fu costretta ad avvicinarsi talmente tanto che il suo naso quasi toccava il cartello per poter leggere.
Alcune regole sembravano sensate ed inevitabili. Era vietato aggredire il personale del treno ed i passeggeri, così come era vietato danneggiare qualunque oggetto. Altre però sembravano assurde. Era vietato, ad esempio, fare la doccia completamente nudi. Era vietato dormire con gli occhi aperti, era vietato cantare dopo le quattro del pomeriggio ed era vietato starnutire per sette volte consecutive.
Le regole erano, senza voler esagerare, almeno un migliaio. Sarebbe stato impossibile leggerle tutte.
- Dunque il colore dorato è riservato alle Guardiane. - disse Jasmeen interrompendo il silenzio - Non avevo mai visto un passeggero con il collare dorato. Credo che sul treno non sia mai salita una Guardiana. Perchè sei qui? Hai infranto la legge?
Ella non parlò, i suoi occhi fissarono il vuoto per alcuni interminabili secondi. Ripensava a quel sorriso dolce e ammaliante. Ripensava a come era riuscito a trasformarsi in un ghigno. Ripensava al dolore delle frecce che la trafiggevano e al dolore del tradimento che le aveva spezzato il cuore.
- Sono stata ingannata. - mormorò infine - Una persona di cui mi fidavo ciecamente mi ha convinto a salire e prima ancora che potessi rendermene conto le porte di erano chiuse e il treno era partito.
- Avete finito di chiacchierare? Ne avete ancora per molto? - la voce proveniva dal groviglio di lenzuola adagiato sul secondo letto. - Voglio dormire!
Ella guardò Jasmeen con aria interrogativa.
- È Sara. - la informò - Scusala, è molto stanca. La scorsa notte siamo rimaste sveglie per pulire le stanze e ora siamo esauste. Piacerebbe anche a me dormire qualche ora, ma non ci riesco. E poi al momento sono troppo affamata. Ti va di andare insieme al vagone ristorante a fare colazione?
Ella annuì.
- Sai - proseguì Jasmeen mentre uscivano dalla stanzetta - questa era l'unica cuccetta del vagone che ospitava solo due passeggeri. Io e Sara ci siamo sentite quasi come delle regine fin'ora. Adesso che sei arrivata tu staremo un po' più strette. Credo che Sara sia nervosa anche per questo. Probabilmente per i prossimi giorni ti odierà.
Jasmeen concluse quest'ultima frase con un risolino che Ella non capì.
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