"Shatter Me" di Tahereh Mafi

Sinossi:

264 giorni chiusa in una cella, senza contatti con il mondo, perché Juliette ha un potere terribile: se tocca una persona può ucciderla. A tenerla prigioniera è la Restaurazione, un gruppo militare che intende usarla come arma.
Scappare è impensabile, finché nella cella di Juliette entra Adam, un soldato semplice che scopre di essere immune al suo tocco. Il loro incontro è la scintilla che accende una speranza, la chiave che potrebbe aprire mille porte. Perché la vita li chiama, oltre i muri della prigione.

Recensione:

Buongiorno, cari lettori, e benvenuti in questa recensione fresca fresca. Oggi parleremo di un libro su cui ne ho sentite di tutti i colori: Shatter Me – altrimenti conosciuto come Schegge di me. Molti l'hanno devastato, altri l'hanno dipinto come un romanzo bellissimo, e io ammetto di essere partita abbastanza prevenuta; tuttavia, mi trovo a non dovermi schierare con nessuna delle due parti qui sopra citate: personalmente, l'ho trovata una lettura molto piacevole (l'ho finito in due giorni), seppur non salva da alcuni problemi seri.

La trama, già da subito, si rivela cronologica: l'opera inizia nella cella di Juliette, nel manicomio nel quale è richiusa da tre anni per mano della Restaurazione, un movimento politico che – dopo l'ammalarsi del pianeta e la conseguente precarietà della vita umana – ha preso il controllo del mondo; da 264 giorni Juliette non parla, fino a quando le viene assegnato un compagno di stanza, Adam, che lei non può toccare per via della sua "maledizione": quando tocca una persona, rischia di ucciderla.
La storia entra nel vivo dopo una quindicina di capitoli, quando il figlio del capo della Restaurazione la libera dalla cella per usarla come arma e trascinarla dalla propria parte. Da qui seguono amori lampo, fughe per la vita, persone con poteri strani e un mondo che dovrebbe essere distopico, culminando nell'arrivo dei protagonisti al quartier generale della resistenza.

L'ambientazione è un distopico futuristico mezzo fantasy, ma che non c'ha creduto abbastanza. Questo mondo devastato e governato dalla Restaurazione non appare limpidamente, non abbiamo infatti che lievi scorci di quello che si cela dietro le mura della caserma di Warner, e non abbiamo che accenni alla realtà della vita umana in quel secolo. Non abbiamo nemmeno idea di che secolo si tratti, di che anno o mese... sotto questo punto di vista è tutto molto confuso, cosa che non ha mancato di farmi storcere il naso. Avrei preferito vedere chiaramente la distopia di questa Terra, non sentirla raccontata da Adam e Castle. Non si sa nemmeno in che nazione ci si trovi.
Mi è stato inoltre detto che i libri seguenti seguono ancor di meno il filo distopico, e ciò mi ha fatto traballare sulla decisione di continuare la saga; solo una cosa mi mantiene sicura sul leggere anche gli altri libri: WARNER, PORCOGGGGGIUDA. Mi ricompongo.

Oltre alla consistente superficialità dell'ambientazione, abbiamo anche alcune falle gravi:
se Juliette è rinchiusa da tre anni nel manicomio e non parla da 264 giorni, perché viene detto nella trama che si trova "nella cella da 264 giorni"?
come ha ottenuto il suo taccuino, Juliette?
se Adam conosce Juliette e si è informato su di lei, deve già sapere delle sue capacità e della pericolosità del suo tocco... ma allora perché quando dorme la tocca? E perché si meraviglia nello scoprire cosa può fare quando tocca Jenkins?
come ha fatto Warner a trovarli a casa di Adam se Kenji non ha più il siero attivo? Ci viene data una teoria, ma non viene confermata, e spero verrà spiegata nei prossimi volumi.

Nonostante questo, nonostante le evidenti mancanze, ci sono state alcune cose che ho apprezzato non poco:
▪ Warner;
▪ la combattività di Juliette;
▪ Kenji;
▪ WARNER;
▪ la presenza di un apparato militare al comando invece di un tiranno (tuttavia questo punto non è ben delineato, così come l'ambientazione);
▪ un pianeta morente;
▪ l'ho per caso detto... W A R N E R?

La narrazione degli eventi risulta chiara e cronologica, non ho avuto problemi nella comprensione delle azioni e degli avvenimenti, e questo è punto a favore, vista la vasta presenza di scene d'azione (forse l'unica parte confusa è stata quella dove Juliette sfonda il muro e attacca Warner, lì ho faticato seriamente a capire cosa stesse succedendo).
Le descrizioni, invece, sono purtroppo carenti. Ci viene detto che tutto è cupo, grigio, tetro agli occhi di Juliette, tuttavia sappiamo con sicurezza che ci sono diversi ambienti tratteggiati qui e lì, che però non vengono sfruttati a dovere. Al contempo, i personaggi sono descritti solo tramite colore di capelli e occhi, senza scendere nei dettagli, quindi per lo più io non avevo idea di che volto assegnar loro.
I dialoghi sono forse uno dei punti che più mi ha lasciato delusa: spesso ci sono scambi di battute privi di senso, o che vorrebbero dare un certo spessore alla lettura ma che falliscono nel tentativo; soprattutto il modo in cui sono scritti mi ha fatto storcere il naso, perché il più delle volte mancano le virgole, segni di interpunzione, il punto finale e le parole vengono ripetute.
Lo stile di narrazione scelto è abbastanza inflazionato negli YA (presente indicativo, prima persona), ma riconosco che qui ha un suo perché, dipeso dallo stile di scrittura adottato: per tutto il libro è come se fossimo dentro la testa di Juliette, come se seguissimo i suoi pensieri, e qui il fatto che le parole o le frasi spesso vengano sbarrate da linee prende un significato completo: sono pensieri che la protagonista idea ma che non vuole ammettere a se stessa. Non mi è piaciuto il fatto, invece, che all'inizio sembri quasi che lei scriva sul taccuino, dando un senso al tutto, e che poi questo senso si capovolga perché lei smette di scrivere. Diciamo che viene tratteggiata una legge del testo che poi viene... come dire... buttata alle ortiche quasi a ogni paragrafo?

La caratterizzazione dei personaggi non è fatta alla perfezione. Juliette è la tipica Mary Sue dalla vagina magnetica che tutti vogliono/desiderano o tutti odiano, non ci sono vie di mezzo. Non ho apprezzato il triangolo amoroso che si viene a formare tra lei, Adam e Warner, per il semplice fatto che:
A) io capisco che lei e Adam si conoscano da quando erano bambini, ma uno, non si vedono da tre anni, e due, non si sono mai rivolti la parola. Come possono affermare di amarsi dopo venti capitoli in cui a malapena si danno informazioni personali?
B) Warner instaura un rapporto univoco d'amore verso di lei (che a tratti sembra non essere manco tanto univoco) senza una spiegazione precisa: si innamora a caso, senza che appaia chiaro al lettore perché. Forse perché la ritiene una sua simile? Perché ha un enorme potenziale e come lui può aspirare a far inginocchiare il mondo? Boh.
Oltre questo, ho odiato Juliette dal profondo del mio cuore, anche per via della sua ostinatezza nel "non mi piegherai"! Ammetto che alla fine ho iniziato ad apprezzare questo suo lato combattivo, perché una protagonista che spara-ai-cattivi e distrugge pareti di cemento armato con i pugni non può non piacere... ma non posso affermare mi piaccia come personaggio. È troppo perfetta e troppo cocciuta, si comporta come una bambina, e facile da abbindolare con paroline dolci... senza che questo suo aspetto venga definito "negativo", anzi, viene dipinto come "perfetto", cosa su cui non mi trovo d'accordo.
Gli altri personaggi, contemporaneamente, sono macchiette. Adam, se devo essere sincera, non ho capito che carattere dovrebbe avere: ho capito solo che è talmente geloso da tirare una gomitata in faccia al suo migliore amico solo perché fa vaghi apprezzamenti su Juliette; James è stato trattato troppo poco per permettere al lettore di affezionarsi o comprenderlo appieno; Kenji l'ho apprezzato, lui è già più chiaro degli altri nella sua personalità: si capisce che è un po' il buffone del gruppo; Warner è la perfezione. Se gli altri personaggi sono per lo più macchiette come da copione, Warner è stato creato ad arte: instabile, psicopatico, crudele, debole, bisognoso d'amore e comprensione... lui ha mille sfaccettature, e come villain è uscito benissimo, tanto che è impossibile per chi legge non tifare un po' per lui, non sperare che vinca. Ho imprecato mentalmente quando Juliette, nel baciarlo, nella confusione di ciò che provava, invece di mandare al diavolo quel palo di Adam e aprire gli occhi... gli ha sparato... tipica protagonista che non capisce 'na tega.
Su Castle e gli altri personaggi che appaiono alla fine non posso dire molto, purtroppo, ma mi è stato riferito più volte da chi aveva già letto il romanzo che la resistenza di ribelli guidata da Castle sembra copiata dall'accademia del dottor Xavier di X-Men, anche per quanto riguarda Juliette, che ha lo stesso potere di Rogue, ma personalmente... non l'ho trovato così uguale. Sì, ci sono delle somiglianze, ma si trovano in ambientazioni diverse, con motivazioni diverse e sviluppi diversi. Non l'ho trovato così scopiazzato, insomma, anzi, ho faticato a sentire questo accostamento.

Senza ombra di dubbio, l'originalità non è indiscussa: abbiamo il tipico YA, con lo stesso stile di narrazione, con i tipici personaggi che si incentra più sulla storiella d'amore lampo che sull'ambientazione vera e propria... ma l'ho trovato una lettura piacevole, che mi ha risucchiata fra le pagine e mi ha tenuta incollata fino alla fine.

Lo stile di scrittura, invece, è una delle cose che più mi ha lasciato perplessa, non per forza in senso negativo. Ci ho messo un po' ad abituarmi al modo in cui tutto era raccontato, ma dopo averci rimuginato su l'ho trovato un punto a favore. È vero, i dialoghi sono strani e inizialmente le frasi rigate e il ripetersi delle parole o dell'andare a capo senza una motivazione precisa nel bel mezzo di una frase confondono... ma già dopo una decina di capitoli ci si è abituati e si comincia ad apprezzare. È un metodo strano, insolito, che alza l'originalità dell'opera.
Tuttavia, ci sono alcune cose che proprio non si possono far passare lisce:
i numeri scritti in cifre invece che lettere quando non sono date o numeri specifici;
i voli pindarici assurdi che ogni tanto prendono la protagonista, o le similitudini/metafore che vorrebbero essere poetiche e profonde ma risultano strane e assurde (già dopo la terza ripetizione del "vado a fuoco/siamo elettricità/che altro" di Juliette in riferimento al tocco di Adam non ne potevo più);
errori di battitura e dimenticanze;
tempi verbali errati (dovuti probabilmente a una traduzione malfatta).
Generalmente, però, questo non disturba troppo la lettura, perché questi punti si disperdono nel testo un po' lì e un po' qui, senza concentrarsi in una parte specifica.

Infine, quindi, questo libro vale?  Lo consiglio? Sì e no. Diciamo che:
1) se siete persone che non sopportano gli YA e le storie d'amore troppo intense vi consiglio di lasciar perdere;
2) se volete un vero distopico Schegge di me non fa per voi;
3) se siete aperti a nuove letture che, seppur con qualche problema si rivelano interessanti o libri capaci di prendere dall'inizio alla fine con uno stile particolare e non disprezzate le storie d'amore un po' ingenue allora vi piacerà;
4) se volete una lettura leggera che vi intrattenga mentre siete in spiaggia, andrete sul sicuro;
5) se vi piacciono i villain incompresi ma con un gran potenziale accorrete a comprarlo.
Non credevo lo avrei detto, ma Shatter Me non è una brutta lettura, ha senza ombra di dubbio delle mancanze, ma per il target a cui è indirizzato riesce a distinguersi dalla massa.

Il prezzo è di 7,16 euro nella versione con l'occhio e il titolo originale e 9,18 in quella più grande con il titolo tradotto, e personalmente credo che siano entrambi giusti per il romanzo (l'ideale sarebbe una mediazione, e ho ancora da capire perché vi siano due versioni che sostanzialmente sono uguali).
Come accennato credo che continuerò con la lettura della saga, e nel caso verrete aggiornati!

Ora vado, che devo studiare (sigh).
Vi auguro una buona giornata,
ci vediamo alla prossima recensione!
E attenti ai soldati della Restaurazione!

Stelle: ⭐⭐⭐ ½

P.S.: prima o poi capirò il motivo di questo mio incondizionato amore per i villain psicopatici. Prima o poi, forse.

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