"I diari del sangue" di Stephen Lloyd Jones

Sinossi:

"Mi chiamo Nicole Dubois, sono una studiosa di antichi miti. Per anni ho condotto delle ricerche su rari manoscritti ungheresi, un lavoro faticoso alla caccia di fragili indizi. Dai miei studi sono emerse delle tracce di una razza che viveva in gran segreto nell'Europa orientale cinquecento anni fa. Erano chiamati életek, da un'espressione ungherese, hosszú élet, che si riferisce allo straordinario potere che possedevano di rimanere in vita a lungo, anche se non si accenna a una vera e propria immortalità. Ora, bisogna sapere che nel Tredicesimo secolo, in Ungheria, i mongoli diedero inizio a un massacro senza precedenti. Donne e bambini. Nessuno riusciva a salvarsi. Un assalto dopo l'altro, una strage senza fine. I mongoli incendiavano, saccheggiavano, stupravano. Non è difficile comprendere come, in un contesto simile, si alimentò la credenza di una razza che avrebbe potuto resistere a quei terribili eventi, una razza che non aveva solo il potere di vivere a lungo ma anche quello di cambiare forma, di modificare le proprie sembianze per sfuggire ai nemici. Una leggenda nata dalla disperazione, forse. Ma purtroppo quella leggenda segnala, tra gli életek, anche un cattivo seme, una di quelle creature infatti non era pacifica, ma bensì un essere dalla mente contorta, incapace di empatia o di amore, imprevedibile nei suoi sciagurati comportamenti, malvagio nelle azioni. Un tuffo nella follia. Ora so con certezza che il suo nome è Jakab, nei miei quaderni viene anche chiamato démon. Si credeva che fosse morto in un incendio, ma passarono gli anni e un'altra leggenda affiorò: una donna raccontò che, quando gli abitanti si erano radunati davanti a quella casa in fiamme, avevano visto un uomo che urlava dietro una finestra del piano superiore, contorcendosi in modo innaturale. A un tratto aveva poi rotto il vetro e si era lanciato nel vuoto. Da quell'altezza chiunque sarebbe rimasto ucciso o gravemente ferito, invece lui si era rialzato ed era corso via. Da quel momento ho la prova che quella creatura è sulle mie tracce e mi insegue. E oggi mi ha trovato. Ma io possiedo dei diari, unici per i segreti che occultano. I diari mi possono salvare o forse salveranno soltanto mia figlia. Se scoprirò come usarli, se il mostro non ci troverà prima." Fortemente suggestivo nei suoi richiami a Underworld, i Diari del sangue intreccia, in una prospettiva storica ricca di dettagli, l'ascesa e la caduta di un'antica razza di creature con un'avventura dal ritmo incalzante, ambientata ai giorni nostri. Un debutto concepito con straordinaria sicurezza e che, come ha sottolineato l'inglese "Guardian", coniuga "con grande potenza immaginativa orrore, morte e passione in un inedito scenario neo-gotico".

Recensione:

Benvenuti, lettori, in questa nuovissima recensione, stavolta su un cartaceo che – bene o male – ho letto nel giro di quattro/cinque giorni. Si tratta di I diari del sangue, in originale The string diaries, libro d'esordio di Stephen Lloyd Jones e pubblicato in Italia nel 2017.

Definire il genere letterario di questo romanzo è... difficile. Dovrebbe essere un thriller paranormale dalle sfumature horror e storiche, ma personalmente non l'ho trovato molto "thriller". Ha suspense, questo è vero, ma il thriller è un'altra cosa. D'altro canto, nemmeno la parte paranormale è propriamente approfondita.
L'opera parla sostanzialmente di questo popolo, gli hosszú életek, che tradotto significa "lunga vita", i quali sono molto longevi e dotati di poteri come la metamorfosi. Possono infatti prendere le sembianze di altre persone.
I protagonisti sono tre, Hannah (dal presente), Charles (dal 1970) e Lúckacs (dal 1800). I PoV tra loro si alternano, seguendo il filo conduttore che li lega, ossia questo misterioso popolo ungherese, dal quale un membro, il malvagio Jakab, tormenta dall'800 la stirpe di Hannah.
L'opera inizia con una fuga, quella di Hannah stessa, a guida di un'auto, con un marito morente seduto accanto e una figlia addormentata sui sedili posteriori. La storia parte quindi in medias res, perché il lettore si ritrova già da subito all'interno degli eventi, e solo mano a mano, grazie alle spiegazioni del narratore e dei personaggi, riesce a capire cosa sta accadendo e da cosa Hannah stia scappando.

L'ambientazione, già da subito, non viene studiata a dovere. Né per quanto riguarda i luoghi (infatti, gli unici luoghi in cui si svolgono gli eventi che vengono descritti sono Snowdonia, la casa della madre di Charles – dove lui si rifugia con Nicole e Alice – e Moulin Bellerose, dove i protagonisti si rifugiano alla fine del libro), né per quanto riguarda il folclore:
- dell'Ungheria c'è davvero poco, se non si tengono in considerazione i PoV di Lúckacs nei momenti in cui si trova all'aperto. Idem per Oxford;
- la popolazione degli hosszú életek è fumosa, poco descritta. Di loro sappiamo solo le informazioni base, ma non sappiamo come siano venuti a crearsi, come abbiano fatto a sopravvivere dopo la strage, come funzionino i loro poteri, come scelgano i membri del potere e come sia disposta la loro gerarchia. In somme, Jones si è limitato a creare una stirpe, ma non è andato nei dettagli, lasciando le cose un po' al caso.
Ciò è un peccato, perché le basi c'erano, quando ho cominciato a leggere avevo tante aspettative, sono pochi i libri dalle trame simili e ambientati in luoghi come questi... ma sono rimasta abbastanza delusa. L'originalità c'era, ma qualcosa è andato storto; che sia stato il fatto che è il primo libro di questo autore o che lui non sia molto attento quando scrive, non possiamo tuttavia saperlo.

La narrazione è fluida, ma molto, molto lenta. Ho fatto fatica ad avanzare, non perché non volessi o perché fosse mal scritto, ma proprio perché gli eventi si protraggono troppo a lungo, quando si potrebbe renderli più veloci e così adatti al genere a cui dovrebbe appartenere il libro.
Le descrizioni, come detto, non sono soddisfacenti, e quelle presenti sono confusionarie, tanto che a volte dovevo rileggere perché, sia per via di come scrive l'autore sia per via del fatto che la narrazione è lenta, non capivo cosa leggevo e non riuscivo a immaginare a dovere. I personaggi, dal canto loro, non sono praticamente descritti, tranne che per Sebastien, infatti per tutta la durata del libro ho dovuto dare loro l'aspetto che io pensavo avessero. Hannah potrebbe pure avere i capelli viola e la pelle verde, e non lo sapremo mai.
Per quanto riguarda i dialoghi, spesso e volentieri li ho trovati verosimili e concretamente legati al contesto, ma spesso ci sono botte e risposte che non hanno senso, come quelle fra Gabriel e Hannah.
Lo stile di narrazione, invece, è forse l'unica cosa che si adatta al libro e alla scelta di più PoV senza scadere in difetti.

E ora arriviamo alla parte per me più divertente... i personaggi.
Saprete bene, ormai, voi che mi seguite da un po', che io baso soprattutto il mio parere su come l'autore caratterizza i propri personaggi. Ecco... qui i personaggi sono stupidi, incoerenti, insensati, insopportabili e dalla personalità inesistente.
▪ Hannah dovrebbe rappresentare l'eroina della storia, ma è un'idiota priva di spessore, che basa la propria esistenza su "devo proteggere mia figlia e Nate, a costo della vita". A un certo punto ho cominciato ad avere la nausea da quante volte lo ripeteva. Lei è inoltre la più incongruente di tutti. Un esempio? Sai che c'è una creatura quasi immortale che ti dà la caccia e vuole fare del male ai tuoi cari e, quando uno sconosciuto che pare insistere un po' troppo per avere legami con te, e verso cui provi una brutta sensazione, si presenta alla tua porta per una gita a cavallo tu ci vai e porti pure tua figlia? Mentre tuo marito è morente sul divano?! Se Gabriel fosse stato Jakab e le avesse uccise entrambe avrei riso. Davvero.
▪ A Nate viene data un'importanza fondamentale da parte di Hannah, nei suoi pensieri... ma lei non lo dimostra affatto, anzi. Inoltre, lui non è di alcuna utilità per tutta la durata del libro.
▪ Leah, la figlia di Nate e Hannah, è torda. Sua madre le dice che deve sempre fare delle domande personali ai suoi cari per verificare che non siano Jakab, e quando Sebastien va da lei per liberarla e invece di portarla dalla madre la porta via Leah, invece di fare quello che la madre le chiede, VA' CON LUI! Sembra che tutti vogliano morire, in questo libro.
▪ Nicole è talmente immatura da avermi provocato l'orticaria.
▪ Jakab è... uno dei peggiori cattivi che abbia mai visto. È insopportabile, con le sue manie di protagonismo sembra un bambino, convinto che tutto gli sia dovuto, soprattutto quando uccide delle persone perché convinto sappiano qualcosa e poi, quando si rende conto che non è così, fa "ah, non stavano mentendo". La sua malvagità appare più l'ossessione di uno stalker, e sinceramente non condivido le scelte dell'autore. Certo, un cattivo instabile può essere ossessionato da qualcuno o qualcosa, tanto da diventarne il perseguitatore... ma Jakab stupra senza un motivo, solo perché è stato rifiutato, rapisce e uccide senza ragioni valide e si comporta davvero come un bambino capriccioso. Se doveva creare timore nel lettore ha fallito miseramente.
▪ Gabriel, Sebastien ed Éva sono gli unici messi bene di testa.
Tutto il resto è un ammasso privo di spessore e logica che sembra avere l'unico scopo di riempitivo, i personaggi privi di spessore psicologico o carattere proprio.

La storia è inoltre piena di falle, alcune dovute all'incongruenza del comportamento dei personaggi, altre a mancanze dovute alla disattenzione dell'autore, e sono talmente tante da rendermi difficile elencarle tutte.

Perciò, passiamo a parlare dello stile.
Jones scrive in modo schietto, semplice, non si lascia andare a termini arzigogolati e tende a troncare frasi mettendo un punto quando la frase seguente avrebbe potuto perfettamente essere una subordinata/coordinata. Non ho trovato ripetizioni, e questo è da riconoscere, ma a volte mette troppe virgole, scrivendo proposizioni lunghissime che il lettore si trova a volte costretto a rileggere per capirne il significato.
Gli errori trovati si possono contare sulle dita di una mano, ma sono presenti in parti in cui creano confusione, proprio perché fanno capire a chi legge un'altra cosa.

Pertanto: il libro vale? Nì, a dir la verità.
Il romanzo comincia molto bene, e nonostante abbia molti plot twist inaspettati, dalla metà in avanti si lascia cadere, e ciò è un peccato, per via di tutte le promesse che dalla trama sembra fare. Riassumendo... è un libro strano, questo. Molto strano.
Il cartaceo costa 17 euro, ma a mio parere è veramente troppo. La traduzione è fatta bene, ma il contenuto lascia troppo a desiderare per costare così tanto.

Infine, lo consiglio? Nì anche qui.
Se avete voglia di leggere qualcosa di interessante con argomenti un po' fuori dal normale, forse potrebbe fare al caso vostro, ma se desiderate una lettura ben studiata, coerente e dalla trama solida è meglio se scegliete qualcos'altro.

Stelle: ⭐⭐½

E niente, questo è quanto.
Io vi aspetto alla prossima recensione,
szia!

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