Prologo
Non è mai stata comprovata l'esistenza di due dimensioni; s'immagini, un mondo che si sovrappone al nostro nel tempo e nello spazio, unica cosa a dividerci quel sottile strato di realtà finora solo teorizzato.
Tale pensiero, lo si può ben ammettere, non è neanche il più illogico del mondo: anzi, avrebbe un suo fondamento, se si credesse nella dottrina delle probabilità e nell'infinità di essenza e non essenza che ci circonda.
Ma prima di volgere gli occhi alla volta celeste e ai suoi angoli più bui e reconditi, c'è qualcosa in questo mondo che non è stato ancora ben studiato. Sembra magico, pensando a tutti quei nervi che s'intrecciano, quelle connessioni che s'instaurano e l'universo che riescono a creare per pura volontà di una forza sconosciuta.
Il cervello umano, uno dei doni più affascinanti e complessi di madre natura.
Misterioso quanto la verità sull'esistenza di più dimensioni, ma in alcuni tratti talmente semplice da far risultare le ricerche sulle parti oscure ancor più frustanti.
È limitato, come ogni cosa umana degna di tale aggettivo, ma possiede immense capacità di cui l'evoluzione ha solo scalfito la superficie. Riesce a superare le proprie catene con l'immaginazione, una creatività che plasma ogni nostra epoca. Ha la stessa capacità di uno scatto istantaneo, ma imprime in sé non solo immagini ma sapori, suoni e tante altre sensazioni.
Si sa pochissimo su di esso.
Ed ecco che, supportata e scusata da tale motivo, vorrei proporre una mia teoria.
Che vede sì nel racconto il cervello, ma come palcoscenico di ciò che accade al suo interno.
Perché esso potrebbe non essere altro che la fusione di cose che mai dovrebbero avere un contatto, eppure spesso, durante la vita, seppur brevemente, riescono ad instaurarlo.
Supponiamo ora che il cervello sia diviso in due parti: d'altronde, quasi ogni persona che conosciamo è plurima e, nella maggior parte dei casi, suddivide la proprio esistenza in felicità e tristezza.
Dunque, nominiamo tali parti e assegniamo loro due ruoli ben definiti, per riuscire a distinguerle. Un ragazzo ed una ragazza, con caratteri che sconfinano l'uno nell'altro, a volte arrivando a formare un tutt'uno, a volte così in contrasto tra loro che non sembra facciano parte della stessa materia.
Diamo loro anche un nome? Rebecca? Lucio? Insomma, quale potrebbe essere un buon nome per quella vocina nella testa così fastidiosa e, di tanto in tanto, così d'aiuto?
Forse, almeno per il momento, deciderò di chiamarli semplicemente Ragazzo e Ragazza; le definizioni sono la scelta migliore, quando non si sa cos'altro fare.
E allora concediamo loro tali nominativi, come soluzione temporanea. E concediamogli anche la parola, perché nelle prossime pagine avranno modo di confrontarsi più e più volte.
Cosa manca? Ah, si. La storia.
Ma non ho nessun "c'era una volta" da proporvi.
Ho solo una teoria. Di un infinito in un finito.
Ho solo una pazza idea.
Pronti ad iniziare questo strambo viaggio?
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