~ Alis In Wonderland ~

In una tiepida mattina primaverile, sotto l'ampia fronda di un ciliegio adornato da frutti ancora troppo acerbi da poter essere colti, se ne stava in solitudine un giovane asciugandosi la fronte e recuperando il fiato perduto dopo una lunga corsa. L'ombra della foresta gli accarezzava la pelle pallida dandogli ristoro, un abbraccio amichevole dal quale venir inghiottito. Desiderava solo poter diventare un tutt'uno con la corteccia e i fili d'erba sparendo così nel nulla. Tirandosi indietro i lunghi capelli biondi e legandoli con un nastro per non farli ricadere sul viso, si guardò indietro per un momento e sorrise vittorioso. Li aveva seminati. Rialzandosi, si diede una sistemata alle maniche della candida camicia arrotolandole fino ai gomiti, allentò i lacci del gilet color ciano e le stringhe delle eleganti scarpe nere. Fu come liberarsi dalla morsa di catene pesantissime. Era consapevole che quella libertà non sarebbe durata a lungo, volente o nolente, presto i precettori e le guardie lo avrebbero ritrovato e riportato indietro nella sua prigione. Sarebbe stato molto divertente vedere suo padre scusarsi con gli ospiti per il suo disdicevole comportamento. Quale onta che il pupillo della nobile famiglia Liddel fosse fuggito dalla festa per il proprio fidanzamento per poi dovervi essere riportato a forza come un bambino e spinto tra le braccia della sua trepidante futura sposa. Lei sarebbe stata la prima a prodigarsi per far sì che tale inconveniente non si ripetesse ancora, legandolo a sé con un pargoletto magari, ma no, non le avrebbe mai dato tale soddisfazione, l'evirazione piuttosto.
- Signorino Liddel! -
Delle voci, del movimento a poca distanza, come previsto quel breve attimo di gioia era appena spirato. Fece un passo indietro, poi un secondo, sapeva di non poter fuggire, gli inseguitori erano numerosi, lo avevano già accerchiato. Abbassando le spalle, si preparò all'inevitabile consolandosi del fatto che quella fosse stata la fuga più lunga degli ultimi giorni. Se già era arrivato così lontano, piano piano, un tentativo dopo l'altro, forse sarebbe riuscito a superare quella boscaglia e, chissà, andare ben oltre e vedere l'oceano di cui aveva tanto sentito parlare. Fu un lampo bianco a riportarlo alla realtà, gli passò accanto e passò oltre portando con sé il suo sguardo. Un coniglio bianco, molto più grande di qualsiasi altro avesse mai visto prima, lo osservava con i suoi occhi rosso fuoco facendogli cenni con il capo per invitarlo a seguirlo. Allucinanto da quella visione, il giovane obbedì alla richiesta implicita dell'animale e cominciò a rincorrerlo a perdifiato. Non poteva essere reale, forse i suoi timori si erano realizzati e le troppe imposizioni avevano infine fatto il loro lavoro facendogli perdere totalmente la ragione. I polmoni in fiamme, le gambe doloranti, la vista apannata, la sensazione del vento sul viso, i rami a graffiargli i palmi, erano troppo vivide perché fosse un'illusione, ma chi mai gli avrebbe creduto se avesse raccontato di aver visto un coniglio grande quanto un lupo. Un altro passo, un altro battito di palpebre e l'animale sparì alla sua vista, ma il suo corpo ci mise troppo per elaborare l'accaduto e così, prima di riuscire a fermarsi, il ragazzo mise il piede in fallo e sprofondò inghiottito dal terreno.

- Ehi, ti senti bene? -
Qualcosa di morbido cominciò a solleticargli la punta del naso. Conosceva quella voce, ma, quando riaprì gli occhi, non riconobbe di certo lo splendido ragazzo che gli stava davanti. A nessun giovane tanto bello era permesso mettere piede nella dimora della sua famiglia, non dopo lo scandalo in cui era stato coinvolto.
- Dovresti imparare a tenere gli occhi aperti quando corri! Se fortunato ad essermi caduto addosso, altrimenti ti saresti ferito! -
Di nuovo una ciocca di capelli dello sconosciuto gli solleticò il naso, ma questa volta non vi prestò attenzione, era molto più concentrato a osservarne gli occhi fiammeggianti e, soprattutto, la pelliccia candida ad avvolgerne il capo. Così grande e soffice, gli ricadeva lungo le spalle in un ampio mantello, il cappuccio era la testa di un gigantesco coniglio. Il rapitore compì un agile balzo e, solo in quel momento, il biondo si rese conto che lo stava tenendo sollevato a mo di sposa conducendolo attraverso una foresta che, assolutamente, non era la stessa che circondava la sua magione.
- A-Aspetta! Dove siamo!? Chi sei!? Dove mi stai portando!? Mettimi giù! -
Fece per scendere, ma l'altro lo trattenne, il suo calore era così familiare, lo faceva sentire al sicuro.
- Sta fermo! Facciamo prima se ti porto io! Siamo in ritardo! -
Sbuffò stringendo di più la presa.
- In... In ritardo? -
- Sì, per il tè. Controlla l'ora se non mi credi! -
E, nel cenno che fece con il capo verso il proprio taschino, il giovane Liddel rivide lo stesso compiuto dal coniglio di prima. Allungando la mano fino al panciotto nero che l'altro indossava, estrasse un pregiato orologio dorato e osservò le lancette stupito. Andavano veloci, molto molto veloci, non avrebbe mai fatto in tempo a dichiarare una certa ora che sarebbe stato troppo tardi, quindi si limitò a rivolgere l'oggetto verso l'albino.
- Ecco, deve essersi rotto... -
- Oh no! Lo sapevo! È tardi! Tardissimo! -
Prese ancora più velocità, tanto che il giovane dovette premere il viso contro il suo petto per proteggersi dalla corrente d'aria che li investì. Nel silenzio di quel fitto bosco, i battiti del cuore del misterioso individuo, battevano alla stessa velocità di quelle lancette.

Un canto, il tintinnio di tazzine ed un fortissimo odore di erbe. Prima che potesse anche solo mettere a fuoco la situazione, il ragazzo si ritrovò seduto ad una grande tavolata con gli sguardi di tre nuovi ed assolutamente assurdi individui addosso. Uno di loro, forse dell'età di suo padre, lo osservava con aria circospetta da dietro una grande tazza sbeccata, aveva una chioma scompigliata color nocciola, se fosse capitato tra le grinfie della sua tata, sarebbe stato strigliato con una spazzola metallica fin quando l'ultimo capello non fosse tornato al suo giusto posto. Il secondo era poco più di un ragazzino e, quando non lo fissava, si spostava da una teiera all'altra ispezionandone il contenuto. Molte tra queste, per chissà quale ragione, erano state riempite di marmellata e, il fanciullo, senza alcun riguardo per l'etichetta o gli altri commensali, vi infilava le dita, assaggiava un paio di volte e poi passava a quella seguente. Il più curioso di tutti però era l'ultimo del terzetto, pochi anni in più dei suoi, portava un grande cappello a cilindro verde scuro, una giacca color senape ed un grandissimo papillon azzurro, indumenti davvero inusuali e molto più caotici di quelli composti del suo sequestratore. Da che erano arrivati, i due non avevano ancora smesso di discutere e, sinceramente, stava cominciando ad essere esausto di quelle bizzarrie. Senza pensarci troppo, il giovane Liddel prese la teiera più vicina e si versò una tazza di tè, profumava di frutti di bosco, ma, non appena poggiò le labbra sul bordo, il tipo con il grande cappello lo raggiunse e gliela tolse di mano.
- Sai, hai i capelli troppo lunghi -
- Maleducato -
Pensò. Nemmeno si erano presentati e già faceva commenti sul suo aspetto. Nonostante lui ed il coniglio fossero gli unici abbigliati in maniera accettabile, proprio quell'individuo, il più assurdo tra i presenti, si permetteva di fare tale precisazione. Raccolto un coccio dal tavolo, il giovane raccolse la chioma e si tagliò via la coda gettando ciò che ne restava al suolo.
- Ora sono di suo gradimento? -
Un ampio sorriso attraversò le labbra dell'altro dopodiché le strinse, tentando di soffocare una risata che però, poco dopo, gli sfuggì contagiando il resto dei presenti. Quella reazione gli riportò alla mente il ricordo di quando, da piccolo, riaccompagnato a casa dalle guardie dopo essere fuggito nel bosco per l'ennesima volta, era stato obbligato a tagliarsi i capelli dopo essere rimasto incastrato in una pianta spinosa. Nessuno rise di quell'evento, anzi, il padre lo punì severamente, eppure, in sottofondo, da qualche parte, gli sembrò di percepire quello stesso scoppio di ilarità. L'uomo si rialzò da terra e, sorridendo, ma con gli occhi pieni di lacrime, lo abbracciò forte.
- Sei proprio tu, Alis! Sei tornato!-
Erano anni che nessuno usava più quel soprannome. Da che aveva cominciato la propria istruzione era diventato per tutti il "Signorino Liddel", perfino chi gli era più vicino utilizzava termini come "padroncino" o "giovane Liddel", perfino la sua fidanzata lo chiamava solo "Liddel",  tanto che aveva quasi dimenticato di avere un nome. Ben presto anche il giovanotto ad averlo portato lì si avvicinò e, incrociando le braccia al petto, sorrise pieno d'orgoglio.
- Te lo avevo detto! Sapevo per certo che fosse Alistar, ma tu non mi hai voluto credere! -
L'atmosfera si allegerì, ma non per lui.
- Come sapete il mio nome? -
- Festeggiamo! -
Sollevando una teiera, il tipo con il cappello inneggiò ai presenti dopodiché controllò il proprio orologio da taschino.
- Giusto in tempo per l'ora del tè! -
- Ed oggi è perfino il Non Compleanno di Alistar! -
- Ehi! Anche il mio! -
- Ed il mio! -
- Che giorno felice! -
Il gruppetto iniziò a cantare senza degnarsi di dargli la minima spiegazione. Bene, era totalmente impazzito e stava allucinando. Con ogni probabilità in quel momento era steso nel proprio letto, febbricitante, in fin di vita, con un bel trauma cranico provocato dalla caduta nel bosco. La sua psiche lo stava abbandonando.

Mentre lo strano quartetto era ancora intento a festeggiare, versando tè, rompendo tazzine, scambiandosi di posto ancora ed ancora in un confuso girotondo, Alistar si alzò quatto quatto e tornò nel fitto del bosco. Troppe assurdità per quella giornata. Ora che aveva appurato si trattasse tutto di un'illusione, la confusione e la paura per quel luogo ignoto scemarono un po'. Se niente era vero, niente avrebbe potuto ferirlo, non più di quanto accadesse nella vita reale perlomeno. Superando un tronco caduto, ci si sedette ed osservò i vari sentieri che si intersecavano attraverso la foresta buia, senza avere idea di quale prendere. Ad un tratto, su un alto ramo, gli parve di scorgere il bagliore della Luna crescente e rimase ad osservarla rapito.
- Dunque quacosa di normale c'è -
Dovette ricredersi immediatamente. L'astro prese ad oscillare lentamente, a destra, poi a sinistra, a destra e di nuovo a sinistra, infine, ruotò in un ampio sorriso e venne sormontato da un paio di grandi occhi. Niente sclera, un'iride era gialla e l'altra color ghiaccio, spezzate da una pupilla nera verticale, felina. Così, poco a poco, apparve un grosso gatto viola, striato, ma Alistar non ne rimase troppo impressionato. Dopo quanto successo fino a quel momento, un micio, per quanto dotato una tinta insolita e apparso dal nulla, non fu un incontro così assurdo.
- Ciao, Alis... Mi sei mancato molto -
Di nuovo.
- Piacere. Non è che, per caso, sapresti  indicarmi, per favore, quale strada devo prendere per uscire da qui? -
- Tutto dipende da dove vuoi andare -
Disse il Gatto scendendo di ramo in ramo. Bella domanda, a dirla tutta non ne aveva idea.
- Non m'importa molto... -
- Allora ti risponderò proprio come ho fatto in passato. Non importa quale via sceglierai... -
Arrivato all'ultimo appoggio, il gatto scese a terra, ma, non appena le sue zampe toccarono il suolo, la sua forma cambiò in quella di un giovane elegantemente vestito dai lunghi capelli viola.
- ...basta che arrivi da qualche parte -
Completò Alis. Non seppe spiegarsi come mai furono proprio quelle parole a lasciare le sue labbra, era solo certo che fossero giuste.
- Ancora meglio se ti riporta da noi -
Avvicinandoglisi, l'altro lo baciò a lungo e, in quel lento contatto, molte immagini tornarono alla mente del biondo. Uno dopo l'altro si susseguirono vari scorci di vita e, in ognuno di essi, era lì, a passeggiare nella foresta con lo Stregatto, prendendo il tè con il Cappellaio, inseguendo il Bianconiglio. Più tempo passava più i giochi scivolavano via in sentimenti più forti dell'amicizia, dell'affetto per coloro che, più di chiunque erano in grado di capirlo e, soprattutto, accettarlo per chi era davvero.

Era amore, vero amore eppure, per quanto forte e sincero, era riuscito a dimenticarlo. Esserne consapevole lo portò alle lacrime. Allontanandosi, incrociò lo sguardo dello Stregatto e, pieno di vergogna, strinse le palpebre incapace di sostenere quel peso nel petto.
- C-Come? Come ho potuto? -
- La vita. Doveri, responsabilità, sono il modo più semplice per farci dimenticare ciò che amiamo davvero. Quante volte hai accantonato sogni, passioni o sentimenti perché non avevi spazio o tempo da dedicarvi? -
- Prima o poi, prima o poi... prima o poi... ma alla fine è solo un addio che non riusciamo a dare -
Voltandosi, Alistair vide il Bianconiglio e il Cappellaio.
- Farlo significherebbe perdere la sola cosa che ci impedisce di impazzire del tutto -
Senza pensarci, corse loro incontro e li abbracciò.
- Senza di te, Alis, siamo diventati matti... -
Il Gatto del Cheshire si avvicinò.
- Siamo tutti matti. Io sono matto. Tu sei matto. Se non lo fossi non saresti tornato qui. Se ci sei riuscito significa che non sei ancora imprigionato. Puoi ancora perderti, percorrere ogni strada, cambiare e goderti ciò che ami -
Uno dopo l'altro i tre si posizionarono su altrettanti sentieri, ma molti ancora se ne formarono, vie per luoghi sconosciuti che poco prima Alis non era stato in grado di vedere. Infinite possibilità e lui era al centro, non più smarrito perché finalmente era lì davanti a lui, la sua strada, ora non restava che imboccarla.

Sorridendo, aprì le braccia verso i propri amici e questi lo raggiunsero cominciando a spogliarsi. Ben presto lo avvolsero fra i propri corpi, fra carezze e baci a volte rubati a fior di labbra, altre contro la pelle delle spalle, del collo. Poco dopo si ritrovò nudo a propria volta. Era pura poesia, ogni contatto tra mani e pelle nell'interno coscia ad invitarlo a spingerlo ad aprirsi di più, a scioglire i muscoli. La presa salda lungo la vita, con maggiore intensità per non farlo cadere e permettergli di arcuarsi con fiducia, consapevole che vi fosse qualcuno a trattenerlo, a non lasciarlo crollare del tutto. L'odore umido della foresta si unì a quello fruttato delle labbra del Cappellaio, ad ogni bacio gli fu possibile cogliervi qualcosa di nuovo, merito delle varietà di tè, ma ad accenderlo di più furono le sue grandi mani contro il petto, così delicate e precise intorno alle aoreole dei capezzoli, passarono sulle punte fino a renderle turgide, ma questo non fu abbastanza perché si fermasse. La tortura proseguì in modo estenuante, ma per Alis fu difficile concentravisi a fondo quando sentì solleticare la propria intimità dai soffici capelli del Bianconiglio. Quelle labbra morbide sulla punta della cappella catturarono le sue attenzioni fino a quando una ventata di fiato caldo gli avvolse il membro privandolo del respiro. Gemette forte e se ne vergognò terribilmente, ma le braccia gli si erano ormai sciolte, anche solo tentare di sollevare le mani per provare a contenersi sarebbe stato impossibile. Non era abbastanza lucido per agire con tale razionalità, infatti non poté fare altro che cominciare a muovere i fianchi per almeno tentare di attenuare il bruciore che andava crescendo fre le proprie natiche. Fu allora che lo Stregatto vi si avvicinò e, gettandogli uno sguardo divertito, lasciò al Cappellaio il compito di tenerlo in posizione eretta e al Bianconiglio quello di concentrarsi sulla parte frontale. Le sue unghie scavarono a fior di pelle su entrambe le natiche dopodiché, dopo averle aperte esponendolo alla propria vista, cominciò a passarvi sopra la lingua. Era ruvida e questo non fece altro che rendere ancora più piacevole il suo lento passare, prima solo intorno e poi, finalmente, all'interno per dilatarlo. Un dito, poi un altro, Alistar aveva già perso il conto di quante volte era venuto, ma non aveva modo di sottrarsi e nemmeno aveva intenzione di farlo, voleva ancora di più. Per una volta era davvero libero di amare e lasciarsi amare senza preoccuparsi del giudizio altrui, di essere considerato un mostro per questo. Adagiato sull'erba, osservò i tre ragazzi sopra di sé e, sorridendo sereno, ne accettò ancora una volta i baci con gioia. Quando finalmente le loro turgide carni cominciarono a scavare nella sua, violandola con voracità, Alis fece un profondo respiro e perse i sensi.

Riaperte le palpebre, Alistar si sollevò a sedere e, immediatamente, riconobbe la propria stanza. In piedi, davanti al capezzale del letto, il padre stava parlando con un medico e, al suo fianco, c'era la sua fidanzata. Non appena si rese conto che era sveglio, il genitore gli si avvicinò e gli tirò un sonoro ceffone. Appoggiando una mano alla guancia in fiamme, il biondo si irrigidì.
- Fuggire nel bel mezzo della tua festa di fidanzamento! Che diavolo ti è saltato in testa!? Sei forse uscito di senno!? -
Sorridendo il ragazzo strinse forte le labbra, ma non riuscì a trattenersi ed infine scoppiò a ridere. Scioccato dalla sua reazione, il padre fece un passo indietro. Scostando le coperte, il biondo si alzò in piedi, era un po' intorpidito e, toccandosi la nuca, sentì i capelli accorciati e ci diede una violenta strofinata scompigliandoli definitivamente.
- Proprio così, padre! Sono fuori di senno, impazzito, completamente! -
Avvicinandosi alla sua futura sposa, Alistair le prese le mani nelle proprie.
- Sono dispiaciuto mia cara, ma temo di dover annullare il nostro fidanzamento! Non vi dispiacete troppo, non mi sono nemmeno preso il disturbo di imparare il vostro nome! Meritate un uomo migliore di me, che vi ami sinceramente e non provi repulsione al solo pensiero di giacere con voi, non perché siate ripugnante, ma perché, semplicemente, preferisce gli uomini alle donne! -
Un attimo dopo la fanciulla era a terra, svenuta sul tappeto, pallida come un lenzuolo. Alistar la superò e corse fuori dandosi una sistemata agli abiti, ma, prima che potesse raggiungere l'esterno, venne afferrato per il polso dal padre. Era nero di rabbia.
- Sei matto! Con tutti i soldi che ho speso per tenere segreta la tua onta! Tutti i medici e i trattamenti pagati per guarirti! Tu ora tornerai indietro, ti scuserai, sposerai quella donna e mi darai degli eredi! Richiamerò subito la struttura e ritenteremo con l'elettroshock! Ti hanno curato una volta, lo faranno di nuovo! -
Liberando il braccio con uno strattone, il giovane indietreggiò.
- La morte piuttosto! Non intendo più avere alcun rapporto con voi, padre! -
- E come pensi di cavartela!? Tutto ciò che hai lo devi a me! Farai come ti ordino! -
- Vi sbagliate! Ci sono infinite strade! Mi basta arrivare da qualche parte, quindi non importa quale scego! Spero solo che sia il più lontano possibile da voi! Addio! -
Sentir chiudere le porte della magione alle proprie spalle fu un'emozione indescrivibile. Non si voltò indietro, nemmeno in attimo, salì di corsa sul cocchio e si rivolse all'orizzonte, solo davanti a sé.   
- Al porto! -

L'aria di mare, il viavai, l'oceano come un'unica strada solitaria, infinita, protratta in ogni direzione. Alistar lo sapeva, era lì che doveva essere, oltre quelle onde la vita lo stava chiamando e lui era pronto a rispondere. Erano ormai un paio di giorni che stava chiedendo a tutti gli equipaggi di potersi imbarcare, ma con scarsi risultati. Nessuno voleva fra i piedi un ragazzetto tutto pelle e ossa e, senza cibo o un alloggio decente, il giovane temette davvero che presto sarebbe morto di stenti. Una fine di certo migliore rispetto a quella a cui sarebbe stato condannato tornando a casa. Anche quel pomeriggio, si aggirava tra i marinai e, puntando quelli di grado maggiore, cercava di proporsi al meglio. Non aveva mai ricevuto così tanti rifiuti prima, ma non demorse, non voleva fermarsi, non ora che era giunto così lontano, quindi si preparò a fare l'ennesimo tentativo, ma venne fermato.
- Ehi -
Qualcuno gli picchiettò sulla spalla e, quando si voltò, il ragazzo riconobbe un volto familiare ed un paio di occhi fiammeggianti incorniciati da un'ampio cappuccio di pelliccia di coniglio.
- Ho sentito dire che stai cercando lavoro, il nostro equipaggio avrebbe bisogno di un mozzo. Non è una vita facile, e non torneremo mai più in questo porto, ma se a te va bene comunque... -
Alis sorrise.
- Assolutamente -

Quando quello stesso giorno la Wonderland lasciò il porto, a bordo aveva un membro in più.
Come al solito, tardò leggermente a mettersi in viaggio rispetto alle altre navi mercantili, ma, dopotutto, non sarebbero potuti partire proprio durante l'ora del tè.

Nota Autore

Ed eccoci alla fine di un'altra One-shot 💚

Non è proprio una coppia, sarebbe più corretto dire quartetto in questo caso, ma spero vi sia piaciuta 😏

Se tutto va bene la prossima sarà una  One-shot speciale. Sarà su una coppia molto importante per la persona che me l'ha suggerita, quindi intendo fare il possibile per rispettare al massimo i due personaggi protagonisti. Speriamo bene 😅

Tenetevi pronti e, se ne avete da suggerire, fatevi avanti 😉

Alla prossima

Corvix ~ 💚

Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top