~ Ade e Persefone ~

Il calore dell'estate dorava il grano e nutriva la terra con il sudore della fronte dei contadini, i quali, piegati sotto il Sole cocente, proseguivano lenti nella mietitura annuale. Stanchi, ma contenti, perseveravano nelle loro semplici vite sancite dalla ciclicità naturale, sottomessi e devoti al volere degli dèi. Ad un tratto, una folata gentile ne accarezzò i volti affaticati procedendo attraverso le spighe, fu piacevole e li ristorò all'istante, così si concessero una breve preghiera rivolta al cielo, ma, poco dopo che ebbero ripreso i propri doveri, uno di loro cadde al suolo, morto. Fu quello stesso zefiro di passaggio a portarne l'anima via con sé.
-Ehi, Thanatos!-
Il figlio della Notte si fermò restando a mezz'aria e, abbassando il capo verso il suolo, vide un giovane fargli cenno in mezzo al campo circondato da un gruppetto di ninfe. Completamente invisibile al resto dei presenti, gli stava donando un ampio sorriso avvicinandosi avvolto in un peplo leggero color ciano a malapena sufficiente a coprirne il corpo scultoreo. Un battito d'ali e il dio scese per andargli incontro portando con sé lo spirito appena raccolto che, una volta davanti al piccolo corteo, si inginocchiò. Thanatos lo ignorò, ben presto lo avrebbe condotto nell'Oltretomba ed allora non gli sarebbe neppure rimasto il ricordo del rispetto dovuto alle divinità. Tutti erano condannati al medesimo destino dopo il suo passaggio, ombre erranti prive di passato o futuro. Guidare gli spiriti in quell'ultimo saluto alla propria vita mortale era il suo compito, il che non lo rendeva un dio particolarmente allegro o affabile. Quest'ultima era la ragione principale per cui molto spesso si chiedeva cosa esattamente spingesse Persefone, figlio della dea Demetra, ad accoglierlo con tale gioia ogni volta che lo incrociava, illuminandogli la giornata con le sue iridi verde brillante.
-Ehi, Kore...-
Spostandosi indietro i lunghi capelli castani, il ragazzo sollevò ancora di più gli angoli delle labbra rosse.
-Scusa, non mi ero accorto che fossi occupato!-
Annunciò platelamente, ma, immediatamente dopo, si girò ad osservare l'anima sbiadire sempre di più, senza che ciò lo intristisse minimamente.
-Ricordo quando fece i primi passi al limitare di questo campo, era così carino-
Si abbassò per osservarlo meglio e un paio di ninfe alle sue spalle fecero lo stesso continuando a pettinarlo ed agghindarlo intrecciandogli fra le ciocche papaveri e spighe di grano. Il figlio della Notte sapeva benissimo che l'amico lo aveva fermato appositamente per osservare la Morte da vicino, ma a causa delle guardiane affidatagli dalla madre non avrebbe mai potuto ammetterlo alla luce del Sole. Alzandosi, Persefone sbuffò e si rivolse alle fanciulle infastidito.
-Vi dispiace allontanarvi un po'? Vorrei parlare con Thanatos, se indietreggiate di qualche metro non mi succede nulla!-
Le altre si guardarono un po' incerte e poi obbedirono, ma non si allontanarono abbastanza da permettere che le due divinità parlassero in privato. Il figlio di Nyx capiva bene quelle poverette, se fosse accaduto qualcosa al giovane mentre era sotto la loro supervisione, Demetra le avrebbe trasformate in cardi e fatte mangiare dal bestiame di qualche pastore. Non che il castano non lo sapesse, ma aveva un disperato bisogno di libertà, per questo di quando in quando tirava un po' la catena a cui era imprigionato, proprio come stava facendo in quel momento. Kore gli si portò più vicino all'orecchio e sussurrò in modo da non farsi sentire.
-Ho saputo che Dioniso darà una festa questa notte e ci saranno tutti! Ti va di venirci con me?-
Thanatos si scostò, il viso gli stava andando a fuoco.
-Kore, non... Sai che non puoi. Se come dici interverrà l'intero Olimpo allora per te sarebbe più sicuro non farti vedere...-
Persefone non aveva mai avuto a che fare con le alte sfere, i soli con cui avesse mai parlato erano sua madre, lui ed Hermes. Non aveva idea di quanti problemi nascessero quando ci si andava ad immischiare con le divinità maggiori, anche solo per una parola sbagliata o non detta sarebbe potuta finire in tragedia.
-Non è giusto! Se non vuoi non m'importa! Andrò da solo! Devo solo trovare il modo di tenere la mamma fuori casa e...-
Senza rendersene conto, il giovane aveva alzato la voce e, poco dopo, alle sue spalle, comparve Demetra. Sorgendo dalle spighe di grano, la dea Madre era imperiosa e regale come sempre, Thanatos ne subì subito la presenza schiacciante, non osò immaginare come potesse sentirsi amareggiato l'amico.
-Persefone, mi meraviglio di te. Stai ancora infastidendo il figlio della Notte durante il suo operato. Quella povera anima ormai si è ingrigita e nemmeno ha varcato i cancelli dell'Ade-
Superando il figlio, Demetra si rivolse direttamente alla Morte.
-Sono dispiaciuta per l'inconveniente. Farò in modo che non si ripeta-
-Nessun inconveniente-
Aggiunse subito Thanatos, incapace di frenare la propria lingua. Perfino il castano si volse a guardarlo, sorpreso dalla sua presa di posizione.
-Desideravo parlare con Kore, ma, soprattutto, con voi, grande Demetra. Vorrei avere il vostro permesso d-di...-
Si schiarì la gola secca, lungo le caviglie gli si stavano arrampicando le radici del grano.
-... fare da guardiano a Kore durante la festa di Dioniso, questa sera. So che lei, mia signora, vi dovrà prendere parte. Affinché possiate farlo e sentirvi sicura delle condizioni di vostro figlio, essendovi amico, ritengo di essere la persona più adatta a questo compito. Di certo più delle ninfe che, per quanto fedeli, sono indifese davanti alle divinità-
I rampicanti sparirono sotto terra e Demetra sembrò riflettere sulla proposta, al suo fianco, il figlio la osservava impaziente.
-Mi sembra ragionevole, ma dovrai assicurarti che non faccia nemmeno un passo fuori dal mio giardino personale. Lascerò comunque qualche ninfa, per sicurezza-
Il castano si illuminò di gioia ed abbracciò la madre con affetto.
-Grazie! Vedrai quanto sono maturato! Me la caverò anche senza averti a casa!-
Demetra appoggiò le mani ai lati del volto del giovane e gli diede un bacio sulla fronte.
-Sarà solo per questa volta, tesoro. E non starò via a lungo, il tempo di risolvere alcune questioni-
Persefone le sorrise.
-Certo-
-Quindi comportati bene-
Thanatos vide il ragazzo voltarsi verso la propria direzione e fargli un veloce occhiolino.
-Come sempre, madre-

*

-Kore! Aspetta! Ti prego, mi dispiace!-
Muoversi nel folto dei boschi era un gioco da ragazzi per Persefone, per tutta la vita non aveva fatto altro che giocare a nascondino nelle selve per sfuggire alle ninfe a cui la madre lo affidava, quindi seminare Thanatos, abituato a volare più che a camminare sul nudo suolo, si rivelò più semplice del previsto. Era la giusta punizione per aver tentato di addormentarlo grazie all'aiuto del fratello Hypnos pur di non farlo andare alla festa di Dioniso. Il figlio della Notte, come tutti quelli che lo circondavano, era terrorizzato da sua madre, e a ragione, infatti anche lui stesso ne aveva paura, ma non poteva rischiare di perdere quell'unica occasione per divertirsi, anche solo una sera, senza avere il fiato materno sul collo. Virando di scatto, il castano attese di veder passare l'altro dopodiché aggirò la zona da cui provenivano i festeggamenti, allungando un po' il percorso per sicurezza, ed infine vi si avviò con il cuore che batteva a mille. Sistemadosi capelli ed abito dopo la corsa, si rese conto di aver rovinato i fiori posti fra essi e, giunto al limitare di una piccola radura, vi si fermò cogliendovi dei mughetti ed intreciandoli con cura. Non poteva presentarsi al resto della cerchia divina sfatto. Ad un tratto, un bellissimo giglio bianco a qualche metro di distanza colse la sua attenzione e solo allora, quando si alzò per coglierlo, si rese conto che c'era un uomo steso sull'erba fresca, profondamente addormentato.
-Finalmente, qualcuno di nuovo!-
Pensò e, sistemato il peplo, si avvicinò con cautela. Cercò di riportare alla mente tutti gli scenari che aveva immaginato in quegli anni, per preparare una presentazione decente, ma la sua mente divenne un foglio bianco quando osservò l'altro. Aveva un volto così delicato e triste, la pelle bianca non aveva mai conosciuto su di sé i raggi del Sole, la barba ed i capelli erano mossi, neri come il fondo di un pozzo, ispidi, impolverati ed emanavano un pessimo odore di zolfo. Era proprio l'opposto a cui era abituato e questo, se possibile, glielo fece piacere ancora di più. Sedendoglisi accanto lo scosse con dolcezza.
-Ehm... Ehi? Salve?-
Emettendo un lamento, il corvino socchiuse gli occhi ed emise un lungo sospiro dall'olezzo deciso di ambrosia.
-Una... ninfa?-
Guardandosi subito intorno terrorizzato, Persefone temette di essere stato trovato, ma non vide nessuno e così capì che l'altro si stava rivolgendo a lui. Per essere un dio era piuttosto debole e nemmeno troppo sveglio visto che non si era reso conto della sua natura divina. Spostandosi un po' in modo da lasciare che lo sconosciuto si mettesse a sedere, Kore sorrise e decise di stare al gioco.
-Esatto, posso darvi una mano in qualche...-
L'uomo si voltò di scatto e lo abbracciò scoppiando a piangere. Dispiaciuto per averlo intristito, il ragazzo cominciò ad accarezzarlo lungo la schiena e, come facevano sua madre o le sue balie quando aveva una brutta giornata, cominciò a cantare. Non ci volle molto perché lo sconosciuto cominciasse a calmarsi e, con gli occhi lucidi annebbiati dall'alcol, si appoggiasse al suo grembo in modo da poter parlare a quattr'occhi.
-P-Perché non scappi anche tu?-
Senza che lo volesse, a Kore sfuggì una risata.
-Scusatemi, ma non sembrate per nulla spaventoso-
Da un iniziale scoppio di ilarità il corvino si ritrovò a doversi reggere lo stomaco. Persefone non sapeva cosa avesse trovato di così assurdo nelle sue parole, ma fu felice di averlo rallegrato, significava che le sue capacità oratorie erano molto migliori di quello che sua madre credeva.
-Mio fratello...-
Tornò a singhiozzare l'altro sommessamente.
-...aveva detto che non sarebbe stata una maledizione, ma mi ha mentito... Mi sento così solo...-
Chiunque fosse doveva aver avuto una pessima serata, ma se era riuscito a tirarlo su una volta poteva riuscirci di nuovo. Non aveva programmato di perdere la festa per consolare un dio minore ubriaco, ma a dirla tutta anche conversare così, senza pressioni, sotto il cielo stellato e nella calma della foresta notturna, non era per niente male. Persefone gli accarezzò i capelli passandoli tra le dita, tirandoli indietro e, facendolo, provocò una piccola nuvoletta di polvere che gli fece storcere il naso, ma continuò fino a quando non furono puliti e la fronte aggrottata dell'altro non si rilassò.
-S-Scusami...-
In un nuovo momento di lucidità, il corvino appoggiò la mano sulla sua, fermandolo.
-Non ho potuto farci niente, avevo così tanto lavoro da fare che non ho avuto il tempo di lavarmi. So che il puzzo dell'Ade non è il massimo...-
Disse cercando di alzarsi, ma Persefone lo trattenne.
-Hai detto l'Ade?! Tu ci sei stato!?-
L'altro osservò le loro mani unite e poi incrociò il suo sguardo così Kore poté ammirarne gli occhi fiammeggiati. Erano strani, pericolosi, lo consumarono come un incendio.
-Scherzi, vero? Ovvio che sì!-
Sorrise e ciò mandò il giovane del tutto nel pallone.
-Sei una ninfa strana... Ehm... Com'è che hai detto di chiamarti?-
Il corvino intrecciò le dita con le sue e, per la prima volta da che era venuto al mondo, il castano arrossì. Guardandosi rapidamente intorno, il ragazzo cercò un nome plausibile e una pianta particolare, dalle foglie morbide e dal profumo fresco, gli diede la giusta ispirazione.
-Menta!-
-Menta...-
Sussurrò il dio chiudendo gli occhi e, portando le dita di Kore alle labbra, vi lasciò un bacio.
-Me ne ricorderò...-
Persefone sentì un fischio in lontananza, un attimo dopo il cielo sopra la festa di Dioniso si illuminò di luci e colori, era il segnale che ne sanciva la fine. Sbiancando, si scostò e lasciò la mano del corvino. Doveva tornare a casa, subito.
-Ehi, aspetta! Che succede?-
Alzandosi, il castano si allontanò.
-Devo... Devo andare! Grazie e addio!-
Detto ciò, cominciò a correre come il vento diretto al giardino.
-No! Resta! Ti pre...-
Ma la voce dell'uomo sparì alle sue spalle mano a mano che si innoltrava verso casa, felice come non mai.

*

La luce al di sopra delle nuvole dell'Olimpo era molto più forte di quanto Ade si sarebbe aspettato. Non si trattava solo di un ambiente diametralmente opposto rispetto all'Oltretomba, ma la distanza dal proprio regno lo stava indebolendo parecchio e ciò non faceva che peggiorargli l'umore. Il corpo gli stava urlando di tornare, ma il suo cuore lo spingeva a proseguire, non si sarebbe concesso nemmeno un istante di riposo prima di aver ritrovato Menta. Poteva ancora percepirne le carezze gentili attraverso i capelli e la pelle morbida sulle labbra, poi c'erano i suoi occhi verdi e gentili, la voce melodiosa, particolare, molto più profonda e calda rispetto a quella delle altre ninfe. Doveva ritrovarla ad ogni costo dopodiché l'avrebbe portata via con sé per non lasciarla più andare. Aveva già provato di tutto, giorno dopo giorno aveva chiesto ad ogni invitato alla festa reperibile se si ricordasse di lei o almeno del suo nome, era arrivato perfino a supplicare Artemide di concedergli di incontrare tutte le sue ninfe boschive per controllare se lei fosse tra loro, ma nulla, nemmeno una traccia. A quel punto gli restava solo un'ultima figura a cui rivolgersi, il più potente fra loro, re del Pantheon e suo fratello minore, Zeus. Come sempre lo trovò a trastullarsi sul proprio trono dorato insieme a Ganimede, il suo giovane amato e coppiere degli dèi. Il solito libertino, non faceva nemmeno distinzione tra uomini e donne, il tutto sotto gli occhi di Era, troppo innamorata per lasciare il fedifrago, ma così gelosa da torturare in ogni modo possibile chi attirasse anche solo di sfuggita le attenzioni del marito. Ade era monogamo, non avrebbe mai potuto tradire la propria compagna e, soprattutto ora che l'aveva conosciuta, era certo che non sarebbe mai più stato in grado di amare nessuno altrettanto intensamente.
-Fratello!-
L'altro lo accolse a braccia aperte.
-Sapevo che saresti arrivato! Nessun successo nella ricerca della tua bella ninfa misteriosa?-
La sua allegria lo innervosì e peggiorò il malditesta ad attanagliarlo.
-No, per questo sono qui. Solo tu puoi aiutarmi...-
Prendeno un altro sorso di ambrosia dalla coppa, Zeus accarezzò il viso del coppiere che arrossì all'istante e fece un tenero sorriso. Schiarendosi la gola, Era al suo fianco prese la parola e riportò alla realtà il compagno.
-E quando l'avrai trovata, cosa pensi di fare? La condurrai nell'Oltretomba per l'eternità? Sai che come dea del matrimonio è mio compito benedire le unoni sull'Olimpo e non intendo fare nulla del genere se ignorerai il volere della tua sposa-
-Ne... terrò conto. Non sono preoccupato a riguardo! Se la celebrazione in onore di Dioniso non si fosse conclusa così presto, avrei avuto il tempo di farle la proposta all'istante! Ti prego, Zeus! Aiutami io... io devo rivederla...-
Alzandosi in piedi, il fratello gli fece cenno di seguirlo e, poco dopo, furono entrambi rivolti oltre il pendio più alto dell'Olimpo, sotto di loro tutto il mondo a disposizione dello sguardo del re degli dèi a cui niente poteva sfuggire. Per lunghi, anzi, interminabili minuti, Ade rimase in attesa che l'altro concludesse la sua perlustrazione e, quando terminò, lo interrogò subito, impaziente.
-Allora? Dove si trova?-
-Mi dispiace...-
Il signore dell'Oltretomba si inginocchiò a terra. Non c'erano più speranze. L'aveva persa per sempre, sarebbe rimasto di nuovo solo nelle tenebre. Sentì il proprio cuore andare in mille pezzi e l'oscurità avvolgerlo con ferocia, soffocando l'amore che poco prima lo faceva palpitare di gioia. Abbassandosi, Zeus gli appoggiò una mano sulla spalla.
-Ade, non fare così. C'è ancora una possibilità-
Il corvino sollevò lo sguardo, per nulla convinto.
-Se si tratta di un luogo in cui nemmeno io posso giungere significa che è protetto da un'altra divinità maggiore. Io, Era ed Estia viviamo sull'Olimpo, se sei sicuro che non si trattasse di una ninfa acquatica allora neanche Poseidone c'entra... Resta solo Demetra. Non mi è permesso rivolgere lo sguardo al suo giardino segreto, l'ha reso impenetrabile per evitare che traviassi le sue ninfe, la tua amata deve essere per forza lì!-
E così, per la seconda volta dai tempi della Titanomachia, Ade strinse suo fratello, quel donnaiolo bugiardo e crudele che lo aveva ingannato per poter regnare sui cieli e che, dopo secoli passati nella più completa solitudine, aveva finito per odiare profondamente. Lo strinse con tutto l'affetto che poté dopodiché sparì e tornò nell'Oltretomba, se voleva entrare nel giardino di Demetra non visto, c'era una cosa di cui aveva assolutamente bisogno. Lo trovò al suo posto, appoggiato al bracciolo del trono, l'elmo dell'oscurità con cui era riuscito ad ingannare suo padre Crono. Avviandosi verso la superficie, ne strofinò via la polvere dalla superficie in pelle dopodiché, quando il Sole fu allo zenit, lo indossò e divenne completamente invisibile. Nessun essere mortale o divino avrebbe potuto individuarlo a quel punto. Non impiegò molto a raggiungere il giardino di Demetra, esso era rigoglioso, più di ogni altro luogo sulla Terra, un numero incredibile di ninfe vi passeggiavano, giocavano e riposavano, gli occhi del corvino passavano da una all'altra con attenzione in modo da cogliere qualsiasi rassomiglianza con Menta. Anche dopo diversi minuti senza risultati, non demorse, quella era la sua ultima possibilità ed avrebbe cercato dietro ogni filo d'erba se necessario, ma l'avrebbe trovata. Sempre più stanco e scoraggiato dai continui fallimenti, Ade seguì il corso di un fiume alla ricerca di un punto in cui non ci fosse troppo accalcamento per sedersi e ristorarsi con calma e fu allora che lo sentì. Un canto familiare, profondo e caldo, proveniente dal lago poco distante. Il corvino accorse subito e, quando vi arrivò, la vide, anzi, lo vide ed il suo cuore tornò a battere.

*

-Kore, ti prego, non puoi perdonarmi? Mi sono già scusato... Come puoi ancora tenermi il muso?-
Restando di spalle, nudo contro la cascata, Persefone lasciò scivolare via tutta la rabbia e si girò verso Thanatos, praticamente in ginocchio sul bordo del lago. Aveva uno sguardo afflitto e non si poteva negare che nell'ultima settimana si fosse davvero impegnato per farsi perdonare, ma c'era una ragione molto importante a non rendere il castano furibondo quanto avrebbe voluto. Se l'altro non avesse cercato di impedirgli di andare alla festa forse non avrebbe mai avuto quel piacevole incontro nella radura. Sospirando, si tirò indietro i capelli e andò a sedersi accanto all'amico.
-Thanatos, mi basta mia madre ad imprigionarmi... Non possiamo essere amici se fai lo stesso. Non sono un bambino, se potessi vivere fuori da questa bolla protettiva potrei imparare com'è davvero il mondo invece di limitarmi ad immaginarlo. Se un giorno alla mamma dovesse succedere qualcosa io non sopravviverei, a mio padre non importa di me, e so che sono immaturo e ingenuo, ma... Voglio essere libero, voglio fare le mie esperienze, voglio crescere...-
Non c'era una sola persona al mondo dalla sua parte, qualcuno che mettesse i suoi desideri prima degli ordini di sua madre, e questa consapevolezza lo intristiva, sempre di più, di giorno in giorno.
-Proprio perché non hai idea di come vadano le cose Demetra ti tiene al sicuro. Dovresti esserle grato di questo!-
-Lo sapevo, nemmeno mi stai ascoltando...-
Tornato in acqua, il castano diede le spalle all'altro nascondendo le proprie lacrime nella cascata.
-Grazie per essere passato, Thanatos-
Poco dopo, sentì nelle orecchie il battito d'ali del figlio della Notte farsi sempre più lontano e ciò gli confermò per l'ennesima volta di essere solo, nonostante le numerose ninfe a circondarlo. Nessuno era in grado di capirlo. Venir tenuto lontano da tutto e tutti non significava evitargli esclusivamente le cose brutte, ma anche quelle belle come ad esempio un certo corvino dagli occhi fiammeggianti. Non riusciva a smettere di chiedersi cosa stesse facendo nell'Oltretomba, quale potesse essere il suo nome, se anche lui sentisse la sua mancanza. Era tutta colpa di Thanatos, se non avessero litigato avrebbe potutto chiedergli dello sconosciuto visto che svolazzava sempre dentro e fuori il regno dei morti. Annoiato dal chiacchiericcio, Persefone si schiarì la voce e, guardando verso l'orizzonte, cominciò a cantare attirando l'attenzione generale ed ottenendo così un po' di quiete intorno a sé. Stava per arrivare al ritornello quando, a qualche metro di distanza, comparve dal nulla una figura avvolta in un lungo peplo nero, sotto braccio teneva un elmo in pelle e lo scrutava con le sue iridi infuocate, colme di desiderio. La maggior parte delle ninfe, notando il nuovo arrivato, fuggirono spaventate mentre, un piccolo gruppo entrò in acqua e fece scudo intorno a lui coprendolo alla vista del corvino.
-Ti ho ritrovato...-
L'uomo gli porse la mano e, nello stesso momento, la terra cominciò a tremare e creparsi in più punti.
-Lasciate che venga a me o di questo giardino resterà solo una voragine-
Nonostante la reticenza delle ninfe, Kore capì subito che non stava scherzando così le scansò e, allungata una mano verso quella dell'uomo, la prese ritrovandosi stretto tra le sue braccia. Aveva paura, non aveva idea di cosa stesse accadendo, un attimo prima era all'esterno, quello dopo lo avvolgeva un buio quasi totale, spezzato qua e là da delle torce. Non ebbe il coraggio di alzare la testa, nemmeno dopo che l'altro lo sollevò conducendolo chissà dove in quelle tenebre senza fine, la sola cosa su cui riuscì a concentrarsi furono i piccoli cerchi che il rapitore cominciò a tracciare sulla sua coscia nuda.
-M-Mia madre...-
Ebbe un'illuminazione.
-Mia madre è la dea Demetra! N-Non hai paura a metterti contro di lei!?-
-Non ha alcun potere su di me o nel mio regno. Può frignare o sbraitare quanto vuole, io non ti restituirò mai, quindi faresti meglio ad entrare nell'ordine di idee che non la rivedrai mai più-
Per il ragazzo fu come perdere un gigantesco macigno dalle spalle e, senza poterlo controllare, piegò le labbra in un tenue sorriso. Strofinandosi gli occhi inumiditi dalle lacrime, si guardò intorno rimanendo tranquillo ad osservare l'immensa magione in cui era stato portato. Era pieno di domande, la curiosità lo stava uccidendo, ma decise di restare in silenzio fino a quando non venne adagiato su un soffice letto all'interno di un'ampia stanza. Tirando a sé la coperta cremisi, Persefone si coprì senza perdere di vista il corvino. Inginocchiandosi, l'uomo prese la sua mano nella propria e vi lasciò un bacio sul dorso.
-Chiedi ed avrai, non importa quanto assurdo o irrealizzabile possa essere il tuo desiderio. Fintanto che resti con me, farò sì che tu viva felice in eterno-
Era proprio lui. Era tornato a prenderlo, proprio come aveva sperato, ma ora che stava accadendo davvero, il castano si sentì terribilmente in colpa.
-I-Io... M-Mi dispiace... Io ti ho mentito...Io non sono...-
-Oggi non sono ubriaco. Lo vedo che non sei una ninfa e che sei un maschio...-
-Il mio nome non è neppure Menta....-
-Non m'importa! Ora sei qui e c'è solo una cosa che desidero, assicurarmi di non perderti di nuovo. Voglio solo restarti accanto-
Kore non poté crederci, era assurdo.
-Mia madre non lo permetterà mai-
-Possibile che davvero tu non abbia capito chi io sia?-
Il giovane annuì e l'altro, sorridendo, si alzò e prese entrambe le sue mani nelle proprie.
-Sono Ade, Signore degli Inferi, Dio delle Ombre e dei Morti-
Il castano arrossì, incredulo. Era troppo da metabolizzare tutto insieme, quindi non pensò, agì e si presentò a propria volta.
-I-io sono Persefone...-

*

La terra era sterile, gelida ed avvolta da un manto candido. Quel mondo freddo ed inospitale rendeva l'abito nero indossato da Demetra un oscuro monito mentre essa calpestava i cadaveri secchi e scuri delle ninfe accanto a quelli dei mortali, magri ed infragiliti dalla carestia e dalla fame. Lacrima dopo lacrima, la dea vagava inconsolabile, privata dell'amore del proprio figlio prediletto, crudelmente strappatole dal bestiale Dio dell'Oltretomba. Già diversi mesi erano trascorsi ed ormai si era resa sorda a qualsiasi tipo di contrattazione, nemmeno Zeus in persona avrebbe potuto convincerla a riportare la fertilità se prima Persefone non fosse tornato al sicuro tra le sue braccia. Che gli umani perissero dunque, che i templi si sgretolassero e che, con essi, anche gli déi giungessero alla loro fine. Al pensiero di quali orrori stesse vivendo il proprio bambino, Demetra fu ancora più convinta della propria scelta. Meglio che anche il suo amato Kore morisse piuttosto di essere torturato in eterno nell'Ade. Una fine prematura, ma rapida, era il suo ultimo dono per Persefone, l'unica cosa che potesse fare per lui. Ad un tratto, un violento terremoto scosse le fondamenta del mondo e la dea sorrise al pensiero che il momento della fine fosse dunque giunto, ma, un attimo dopo, dovette ricredersi. A poca distanza da dove si trovava, si aprì una fenditura nel terreno e, da essa, avvolto in un ampio abito rosso fuoco e con il capo ornato da una corona nera intrecciata con i rami dell'albero del melograno, uscì Kore. Per un momento la dea guardò il figlio immobile, per accertarsi che non fosse un'illusione, ma poi il giovane le sorrise, così seppe che era davvero lui e gli corse incontro. L'abito di Demetra si vestì di fiori e, con esso, la terra alle sue spalle. Quando riuscì ad abbracciare il fanciullo, a sentirlo vivo ed in salute contro di sé, la neve si sciolse ed ogni pianta tornò rigogliosa, ancora più di prima.
-M-Mamma, mi soffochi!-
-Non m'importa...-
Il pianto che prima affamava tornava nutrimento ed i mortali inneggiavano il suo nome in ogni dove accrescendo ancora di più il suo potere, fu così che Demetra riprese vigore recuperando lo splendore perduto. Lasciando al figlio lo spazio sufficiente per poterne constatare da vicino le condizioni di salute, la dea Madre gli accarezzò il viso e, quando lo fece, percepì su di lui il gelo dell'Oltretomba e si ritrasse.
-Cosa ti ha fatto quel mostro maledetto?!-
L'espressione del ragazzo si incupì.
-Ade non è un mostro. Si è sempre dimostrato gentile e delicato con me... Sono tornato perché mio padre continuava ad inviare Hermes per convincermi a tornare in superficie a parlarti-
Lo sguardo di Persefone era deciso, osava alzare la testa più di quanto non avesse mai fatto in passato, sicuro, cresciuto. Demetra provò una punta di amarezza, ma l'orgoglio per la risolutezza del suo bambino fu molto più forte.
-Sono pronta ad ascoltarti-
Persefone parve stupito, ma solo per un momento, poi le sorrise e, sedendosi fra i fiori, la invitò a fare lo stesso.
-Vengo qui oggi con il cuore sereno perché, madre, finalmente ho trovato il mio posto. Voglio stare accanto ad Ade e, insieme a lui, regnare sull'Oltretomba e condurre gli esseri viventi ad una giusta fine-
Demetra sentì stringersi il cuore e, senza che potesse controllarlo, i fiori si strinsero intorno a loro intrecciandosi in un cerchio, quasi cercassero di rinchiuderli entrambi all'interno di quel piccolo spazio. Sì, era fiera del suo bambino, felice di sentirlo raccontare della sua vita serena nell'aldilà, di quanto Ade lo amasse e si prendesse grande cura di lui, ma il solo pensiero di vederlo di nuovo sparire nel nulla e non poterlo più raggiungere la stava distruggendo profondamente. Dopotutto poteva trattarsi tutto di una manipolazione di Ade, quell'uomo crudele ed infido aveva traviato il suo ingenuo figliolo convincendolo di amarlo, di potersi realizzare lontano dalla protezione della sua mamma. No, non poteva permettere che quel demonio deturpasse la purezza di Kore. Ora che il fanciullo era tornato a casa non lo avrebbe mai più perso di vista, nemmeno un secondo, per l'eternità. Sospirando, il castano si intristì e scosse la testa.
-Sapevo che avresti reagito così, madre. So che mi vuoi bene, ma non abbastanza da lasciarmi libero di costruirmi una vita mia, accanto all'uomo che amo-
Alzandosi, il castano non sembrò affatto preoccupato delle piante che si stavano intrecciando saldamente intorno al suo corpo.
-Ho mangiato il cibo del regno dei morti-
Demetra sbiancò. Era la notizia peggiore che potesse ricevere.
-Mio padre mi ha spiegato che posso restare al di fuori dell'Oltretomba solo per poco più della metà dell'anno. Nessuno può trattenermi fuori più di così-
La dea strinse i denti per la rabbia.
-Non è giusto! No! Non posso accettare tutto questo!-
Gridò contro il cielo e, poco dopo, un fulmine cadde accanto a loro e, con esso, giunse Zeus a liberare Persefone dal bozzolo di spire in cui la madre aveva cominciato a rinchiuderlo.
-Queste sono le condizioni, Demetra-
In lacrime, l'altra cominciò a prenderlo a pungi sul petto.
-Non ti sei mai curato di Kore! Non hai diritto di immischiarti! Lo fai solo per tuo fratello! Pur di rimediare ai torti nei suoi confronti sei disposto ad offrirgli il tuo stesso figlio! Sei spregevole!-
-Questo è ciò che ho decretato. Potrai avere qui Persefone per i due terzi dell'anno, ma, trascorsi questi, che tu lo voglia o no, lui tornerà nell'Oltretomba da Ade-
Inginocchiandosi, Demetra strinse i denti.
-Te lo giuro, Zeus! Ogni qualvolta mio figlio non sarà accanto a me, sulla terra non crescerà nemmeno un filo d'erba! Il gelo ucciderà ogni essere vivente! Al mio passaggio resterà solo una coltre di gelo e sterilità! Questa è una promessa solenne!-
Un tocco gentile sulla spalla fece voltare la dea che così si rilassò, tranquillizzata dal dolce sorriso del figlio. Quella distrazione fu sufficiente a Zeus per tramutarsi in aquila e tornare sull'Olimpo, ma a Demetra non importò, non era la prima volta che le voltava le spalle e, ormai da molto tempo, aveva capito di non aver bisogno di lui. Persefone le bastava. Abbracciando Kore, si rimise in piedi e, stringendo il figlio, cominciarono a passeggiare insieme riportando la primavera.

*

Correndo attraverso il bosco ingiallito, circondato da una pioggia di foglie variopinte, Persefone superò il limitare della foresta e uscì dal giardino della madre giungendo in una radura, allo scoperto. Con un salto, il ragazzo si slanciò verso un cumulo di foglie, ma questo si aprì in una voragine che lo inghiottì nel terreno per poi richiudersi alle sue spalle. Finendo dritto tra le braccia dell'amato compagno, Kore lo baciò con passione prendendolo alla sprovvista. Le guance dell'uomo si tinsero subito di rosso, reso ancora più evidente dalla sua carnagione chiara, e ciò provocò una risata sincera nel fanciullo, soddisfatto dalla reazione provocata.
-Vedo che ti sono mancato-
Imbarazzato, Ade lo rimise a terra, ma il castano non se lo lasciò scappare e gli appoggiò una mano sul petto mantenendo il contatto visivo. Era stata un'attesa straziante, mesi e mesi in cui sua madre non lo aveva mai lasciato solo ed aveva impiegato ogni momento disponibile a metterlo in guardia sul corvino. Demetra dipingeva Ade come un demonio traviatore, in grado di macchiare indelebimente la sua purezza fanciullesca con false promesse e ingegnose macchinazioni, ma il castano sapeva che, nella realtà, la situazione fra lui e il fidanzato era molto diversa.
-Mi... Mi sei mancato moltissimo...-
Sussurrò il corvino conducendolo lungo i giardini ed i boschetti che aveva posto intorno alla loro dimora per compiacerlo. Il suo sorriso era ampio, dolce, quello di un uomo profondamente innamorato. Prima che si avvicinassero troppo, Persefone lo afferrò per il braccio e, spingendolo contro un tronco, lo baciò di nuovo. Mentre il maggiore si beava delle sue carezze e di quel contatto passionale, il castano lasciò scivolare il peplo a terra. Nudo davanti al compagno, sorrise ed aprì la spilla che l'altro teneva a livello della spalla, ciò sciolse anche le sue vesti, ormai un ingombro insopportabile per ciò che dovevano fare.
-Come mai, ogni volta che torni, mi ritrovo nudo ancor prima di uscire dal giardino?-
Ghignando malizioso, il giovane finse di pensarci su un attimo.
-Beh, mia madre non fa altro che mettermi in guardia su quanto tu sia lascivo...-
-Ah sì? E così la colpa sarebbe mia?-
Stringendolo per la vita, Ade cominciò a baciarlo lungo il collo solleticandolo con la barba, era una cosa che lo faceva impazzire. Ad un tratto, il ragazzo ebbe un'illuminazione e, separandosi dal bacio, si abbassò a terra e cominciò a frugare fra i loro abiti.
-Persefone, che succede?-
Non appena ebbe trovato ciò che cercava, il castano sollevò di nuovo lo sguardo e, davanti all'altro, si raccolse i lunghi capelli in una coda per poi tagliarli con l'uso del falcetto che si era portato.
-Ade, solo con te posso essere me stesso. Mi hai dato la libertà, uno scopo a cui adempiere, amore incondizionato...-
Persefone abbassò la testa, intristito.
-Non credo riuscirò mai a ripagarti per questo, ma... con questo gesto, intendo rinunciare completamente al vecchio mé stesso per donarmi completamente a te...-
Abbassandosi davanti al compagno, il corvino gli lasciò un bacio sulla fronte, commosso dal suo gesto.
-Persefone... Hai trasformato un reietto, un'ombra insignificante, in un uomo devoto al suo amore. Accetto il tuo dono e non potrei essere più felice di poterti ufficialmente definire mio sposo-
Si strinsero l'un l'altro. Nessuno avrebbe mai potuto spezzare quell'unione e, con essa, l'infinito ciclo delle stagioni.

Nota Autore

E, finalmente, anche questa one-shot è conclusa!

Sì, ci sto prendendo gusto a farle lunghe, anche se, rispetto a una normale storia, direi che vanno più che bene 😅

Per il suggerimento ringrazio @lusty-chan e non sarà l'ultima volta che userò i suggerimenti che mi hai dato sulle coppie della mitologia 😉 (finalmente la mia laurea in lettere viene impiegata al meglio 😂)

Alla prossima

Corvix ~ 💚

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