Lungo il fiume (#1)

Ci conosciamo sin da bambini, ci siamo conosciuti lungo il fiume vicino al salice piangente, io avevo sette anni e Carlo cinque e mezzo, per lui quel mezzo anno era importantissimo, significava essere già grande rispetto agli altri bambini anche in confronto a quelli più grandi di lui di qualche anno.

Giocavo  con la spada di legno che il Vecchio del capanno mi aveva costruito, stavo vincendo contro i vari rami penzolanti di quello splendido e maestoso albero che tutto mi ricordava fuorché il piangere. Il salice era proprio a ridosso del fiume e le sue radici uscivano discrete dal terreno scendendo fino a lambire l'acqua.

"Non hai più scampo!" e affondavo la piccola e arrotondata punta della spada tra i nodi del tronco dell'albero evitando i rami che il vento, sempre presente in questa zona, muoveva lentamente.  Per la mia età ero "bassina" e tutta pelle ossa, capelli lunghi neri ed arruffati, occhi di un profondo marrone scuro, grandi, curiosi del mondo, che trasformavo a mio piacimento.

Al secondo affondo, sbuco' da dietro il tronco con il suo viso smunto, pallido e pieno di lentiggini, i capelli castano chiaro tagliati cortissimi; magro, indossava una maglietta grigia coperta da una casacca di un grigio più scuro, entrambe di due misure più grandi, e dai pantaloncini rossi, anch'essi molto grandi mantenuti in vita da una cintura di corda, fuoruscivano due "stecchini": le gambe.
Mi guardava come se fossi un fantasma ed anch'io avevo certamente un espressione simile. Il vento mi portava il suo odore, profumo di sapone. A parte i vestiti enormi, era ordinato e pulito.
Rimanemmo qualche minuto a studiarci. Poi io sbottai.
"Che cosa sei?"
"Bambina! Io non sono una cosa! Sono un ragazzo! " rispose indispettito.
"Cosa?!!! Io non sono una bambina! Io sono Aline! ... e tu di certo non sei né un ragazzo ne un bambino, perché su questo pianeta sono io l'unica bambina, cioè prima ero una bambina, ed ora sono l'unica ragazza !!! "
Carlo scoppiò a ridere piegandosi in due e poi si sdraiò facendo andare le gambe striminzite  a ritmo delle risate.
Io ero stizzita, anzi, ero furibonda.
"Smettila subito!" Urlai
Ma lui non smetteva.
"SMETTILA!" urlai più forte
"Non riesco, ah ah ah, non riesco proprio ah ah ah non riesco a smettere ah ah ah"
e rise ancor più di cuore. Non sapevo cosa pensare, effettivamente quella cosa aveva tutte le caratteristiche di un bambino ... ma io non ne avevo mai visto uno.
"OK, OK smetto di ridere ah ah ah " e si mise in piedi di fronte a me e il profumo di sapone fu ancora più intenso.
"Quindi, tu ragazza-Aline credi di essere l'unica esistente?"
Lo squadrai da capo a piedi studiando ogni particolare, le braccia e le gambe magre, la pelle bianca, i capelli cortissimi, le lentiggini sul naso. Gli occhi nocciola,  sembravano quasi dorati, erano vispi e divertiti.
"Devo ammettere che anche tu sei un bambino "
"Un RAGAZZO, ho cinque anni e mezzo e sono più grande di te!!!"
"Io ho sette anni, sono io più grande!"
"Io sono più grande di mezzo anno!! "
Non sapendo cosa controbattere decisi di mandarlo via.
"Va beh, non mi interessa ! Ora vattene! Questo posto è mio!"
"E chi lo dice? Non fa parte del tuo casolare e neanche del mio. Quindi può essere mio ! Anzi, vattene tu! Questo posto è mio!"
Aveva passato il limite, la rabbia mi sali fino alle orecchie, che divennero rosse sentivo il calore sulle guance e gli diedi uno spintone violento che lo fece cadere tra due radici dell'albero. Lui si alzò agilmente e mi diede un pugno in pancia, dolorosissimo. Era la prima volta che qualcuno si permetteva una cosa del genere, rimasi spiazzata e senza rendermi conto sentii le lacrime scendere sulle guance, non potevo permetterlo mi morsi il labbro per trattenerle: "SEI CATTIVO!!!!" e scappai via.

Corsi fino al capanno del Vecchio, e mi scaraventai dentro in lacrime. Il Vecchio era fuori a far legna. Chiusi la porta sbattendola e mi accomodai sul cuscino vicino al camino, c'era ancora la cenere calda, e piansi in silenzio finché le lacrime smisero di scendere.

"Aline, Aline" carezze delicate sulla mia testa. "Aline, svegliati" per un momento mi sembrò di vedere il viso di una donna, ma al suo posto si sovrapporrò il burbero viso del Vecchio. "Vecchio...perdonami... mi sono addormentata"

"Tutto bene ?"

"Si. Tutto ok... Vecchio ma... esistono altri bambini oltre me?"

Rise fragorosamente "Certo che si, mia piccola ragazzina randagia. ah ah ah Perché mai me lo chiedi?"

"Oggi lungo il fiume ne ho visto uno."

"Strano...cosa ti ha detto?"

"Diceva che il mio posto fosse suo e mi ha dato un pugno"

Il Vecchio rise ancora "Tu credi che quel posto sia tuo?"

"Si, è mio.. da sempre."

"Hai messo un legno con il tuo nome?"

"Cosa? Dovevo scrivere che era mio?"

"Certo. altrimenti quel posto è di tutti." mi guardò divertito "Tieni incidi il tuo nome su questo legno, e poi vai a piantarlo vicino al salice. Il tuo amichetto avrà il fatto suo... se fai presto riuscirai a piantarlo prima di sera." mi diede un ramo levigato, lungo circa un metro, con un paio di nodi che fuoriuscivano dal ramo, uno era posto all'inizio del ramo e l'altro quasi al centro. Intagliai il mio nome tra i due nodi - A L I N E - . Il Vecchio fece la sua tipica espressione di approvazione. Uscii di corsa dal capanno e raggiunsi la riva del fiume in pochi istanti.

Mi avvicinai con circospezione al salice piangente, ci girai attorno stando attenta a non scivolare in acqua, ed infine decisi di piantare il mio legno in bella vista tra due radici che fuoriuscivano dalla parte verso la pianura, in modo che potesse essere visto bene sia per chi arrivava da ovest sia da est, sia da nord; dal fiume ovviamente era poco visibile ma chi mai poteva arrivare dal fiume?

Guardavo soddisfatta il mio legno con il mio nome ben intagliato, lo avevo scurito mettendo il puntone nelle braci del camino.

"Ciao"

Sorpresa, feci un salto sul posto.

"Che ci fai ancora qui, tu!" gli dissi in modo sgarbato

"Ti ho guardato, ero al di la della riva" gironzolo' intorno al mio legno "quindi questo posto è tuo... ora."

"Si, quindi tu te ne devi andare via, e anche subito!"

"Volevo chiederti scusa per il pugno. Mia sorella mi ha detto che non si danno i pugni alle femmine. Per questo sono tornato."

"Ah, quanti siete?"

"Non so contare. siamo tanti, più di tre. Io ho due sorelle e due fratelli. Ma nella nostra camerata ci sono tanti letti..." si tirava le maniche della casacca e mi guardava curioso "Tu?"

"Io? Io sono sola."

"Sei bugiarda! Non esistono casolari con pochi bambini, figuriamoci con uno solo!"

"Non sono bugiarda!" urlai innervosendomi nuovamente "Vieni da me e ti faccio vedere!"

"Stai scherzando? Non si può!" Visibilmente spaventato indietreggiò di qualche passo. Mentre io non capivo la sua sorpresa. Effettivamente non avevo mai portato nessuno al casolare, ma spesso veniva qualcuno a trovare i miei coadiutori, ma mai bambini.

"Perché non si puo?" chiesi. Carlo mi guardo sorpreso, quasi incredulo

"Forse stai dicendo la verità. Tu non sei come noi. Che lavoro fai?"

"Nessun lavoro"

Era sempre più perplesso, iniziò a girarmi intorno, mi prese le mani e le guardò, poi mi tocco i vestiti, ed infine si soffermo' sulla mia spada di legno che portavo sempre in vita in una fodera di tela viola.

"Tu non abiti in un casolare. Tu sei una figlia vera."

"Io abito al casolare della sig.ra Marisa e della signorina Sarà"

Ero stufa di quel'interrogatorio avevo voglia di giocare.

"Come ti chiami tu? Vuoi giocare con me? Ti faccio costruire una spada anche per te."

"Mi chiamo Carlo, e non so giocare, ma se vuoi ci possiamo vedere anche domani, qui nel tuo posto. Mi insegnerai il lavoro del giocare."

Corse via salutandomi. Guardai il cielo e mi resi conto che mancava poco al tramonto. Dovevo correre a casa. Avrei chiesto una spada al Vecchio, l'indomani.

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