Guardami con il cuore

Si dice che l'amore incondizionato sia così forte da superare qualsiasi cosa, perfino le barriere della diversità e questo lo sapevano bene i miei genitori. Avevano sempre desiderato un figlio, dopo vari tentativi finalmente nacqui io, una splendida bambina ma con un piccolo "difetto": avevo la sindrome di down. Ai loro occhi ero perfettamente normale, certo avevo le mie difficoltà per esempio imparai a camminare all'età di due anni e spesso non riuscivo a comunicare ciò che provavo, ma loro mi guardavano sempre con amore e mi sostenevano sempre. Per loro ero una benedizione.

Avvertivo l'amore dei genitori e questo mi rendeva estremante felice , loro erano le uniche persone che non mi guardavano con pietà. Come tutti i bambini anche io avevo un sogno racchiuso nel mio cuore ed era quello di avere degli amici e di essere accettata per quello che ero. Quando iniziai ad andare all'asilo, cercai di fare amicizia, ero sempre stata gentile con i miei coetanei ma loro giocavano di rado con me perché spesso facevo fatica a comprendere le regole di alcuni giochi e a loro non andava di ripeterle, così preferivano lasciarmi da sola. La mia maestra non amava le disuguaglianze, così quando mi vedeva da sola organizzava delle attività speciali, in modo che l'intera classe potesse partecipare, compresa io. Questo mi rendeva felice e alle volte mi sentivo parte del gruppo ,come se tutti fossimo amici, ma sapevo che in realtà non era così.

Passarono gli anni e arrivò il mio sesto compleanno, mamma e papà mi annunciarono che avrei cambiato scuola e che ne avrei frequentato una per per bambini più grandi. Ne fui felice. Per il mio primo giorno di scuola avevo deciso di indossare uno dei miei abiti preferiti, un vestito rosa accompagnato dal mio cerchietto bianco. Mamma mi aveva aiutata a vestirmi e, dopo avermi sistemato i capelli in una coda di cavallo, mi condusse da papà. "Ecco qua la nostra principessa, pronta per il primo giorno di scuola" disse mia madre entusiasta. Mio padre mi guardò e si commosse "La mia bambina sta crescendo" mi aiutò a mettere la cartella sulle spalle e fu in quel momento che un dubbio attraversò la mia mente.

"E se non gli piaccio? Se mi trovano stupida?" chiesi guardando i miei genitori. Non volevo che altri bambini mi prendessero in giro, avrei sofferto ancora e di dolore ne avevo già avuto a sufficienza.

I miei genitori mi osservavano con amore, poi mio padre parlò "Certo che gli piacerai. Sei una bambina molto dolce e simpatica, vedrai che tutti vorranno essere tuoi amici". Con queste parole il mio cuore si fece più leggero e fui pronta ad affrontare quella nuova sfida.

Quando varcai il grande portone dell'edificio, il mio cuore si mise a battere velocemente per l'emozione e gli angoli della mia bocca si erano sollevati per formare un dolcissimo sorriso. I miei genitori mi accompagnarono fino in classe, mi presentarono la mia insegnante di sostegno la signorina Sofia Martini, una donna molto bella e gentile che appena mi vide mi sorrise, mi prese per mano e mi condusse all'interno della classe. Pareti bianche con dei disegni infantili circondavano la stanza, i miei occhi erano pieni di meraviglia e credo di non aver smesso di sorridere.

"Ti piace la classe Grace?" mi chiese la signorina Martini.

"Si, moltissimo" le risposi con un sorriso stampato sulle labbra.

Dopo qualche minuto arrivano altri bambini che mi guardarono con curiosità, ma io mi limitai a sorridergli. Sperai in cuor mio di poter diventare loro amica, sapevo di essere diversa ma avere degli amici era uno dei miei più grandi sogni. Poco dopo entrò un'altra donna sorridendo e guardandoci con affetto.

"Buongiorno bambini so che questo è il vostro primo giorno di scuola e che siete emozionati" ci sorrise poi continuò a parlare "Mi presento sono la maestra Olivia mentre lei" disse indicando la donna al mio fianco "Si chiama Sofia e sarà la maestra di Grace, la piccola ha delle esigenze speciali espero che voi tutti la tratterete bene"

Alcuni dei bambini mi guardarono poi uno di loro parlò "Perché ha quella faccia così buffa?" disse indicandomi. Quella domanda mi ferì, sapevo di essere diversa ed era brutto che la gente continuava a farmelo notare.

"Grace è una bambina speciale e so che ai vostri occhi appare diversa ma credetemi è una bambina perfettamente normale" disse la maestra Sofia in mia difesa.

"Ora bambini voglio che facciate un cerchio faremo un bel gioco così da poterci conoscere tutti" fu la maestra Olivia a parlare "Vi spiego come funziona, ora prenderò una piccola palla e la dovrete lanciare fra le mani di un vostro compagno, il bambino che avrà la pallina fra le mani dovrà presentarsi. É tutto chiaro?"

"Si, maestra" rispondemmo tutti incoro.

"Chi vuole iniziare per primo?" chiese la maestra Sofia.

"Io" rispose una bambina, teneva i capelli intrecciati e con fare sicuro prese la pallina dalle mani della maestra, mi sarebbe piaciuto essere così sicura ma io ero troppo timida.

"Mi chiamo Valeria e ho sei anni. Adoro i cavalli e disegnare. Sono molto felice di conoscervi" ci sorrise e poi lanciò la palla verso di me. Non mi aspettavo che scegliesse me, mi affrettai a prendere la pallina ma questa mi sfuggì dalle mani. Alcuni bimbi risero e io mi sentì in imbarazzo.

"Fate silenzio bambini non è carino ridere degli altri" disse la maestra Olivia.

Mi chinai e presi la pallina, poi parlai "Mi c-chiamo Grace, ho sei anni e adoro cantare, ballare e gli animali. Sono emozionata e spero di diventare vostra amica" lanciai la pallina al bambino che prima aveva posto la domanda su di me.

"Mi chiamo Thomas e ho sei anni, non so se vorrò essere tuo amico sei strana"

Quelle parole mi ferirono, ero una bambina molto sensibile e non mi resi conto che delle lacrime stavano solcando il mio viso.

"Thomas non si dicono queste cose, chiedi scusa a Grace" fu una delle maestre a parlare, il suo tono da dolce era diventato autoritario.

"La mia mamma dice sempre che devo dire la verità non ho fatto nulla di male"

"Hai offeso una tua compagna questa è una cosa molto grave" disse Sofia che si era chinata accanto a me e mi abbracciava "Su tesoro stai tranquilla" cercava di consolarmi ma io non riuscivo a smettere di piangere. Avevo tanto desiderato avere degli amici e invece per quei bambini sarei sempre stata una bambina strana e diversa.

"Thomas sei stato maleducato" fu Valeria a parlare poi si avvicinò a me "Tu non sei strana sei solo speciale e loro prima o poi lo capiranno. A me piacerebbe essere tua amica"

Quelle parole scaldarono il mio cuore e mi fecero smettere di piangere. Valeria mi guardava con dolcezza senza vedere in me una bambina diversa, da quel giorno diventammo amiche. Non smetterò mai di ringraziarla per avermi insegnato cosa vuol dire essere amici. Passammo anche la ricreazione insieme, Thomas si scusò con me per quello che aveva detto e mi offrì anche delle caramelle che aveva portato con se. Lo perdonai come mi aveva sempre insegnato mia madre, mi diceva sempre che il perdono era un dono prezioso.

Essere come me non sarà mai facile, dovrò sempre lottare contro i pregiudizi e le ingiustizie, ma basterà incontrare la gente giusta coloro che guarderanno con il cuore il prossimo e che ti ameranno così come sei, allora so che avrò la forza per poter vivere una vita piena e felice. Dobbiamo essere sempre noi stessi ed essere felici di quello che siamo, nessuno al mondo sarà ma come noi e il mondo sarebbe meno bello senza persone così speciali.

Angolo autrice: questa storia è stata ispirata ad una persona che ho realmente conosciuto e come la protagonista ha la sindrome di down. Volevo trasmettere il messaggio che ognuno è speciale e che queste persone sono esattamente uguali a noi.

Giulia21432

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