𝟏. 𝐖𝐞𝐬𝐭𝐰𝐨𝐨𝐝
PRIMA PARTE
È una pioggia fredda e tetra a dare il benvenuto ad un nuovo, banalissimo lunedì di scuola, nonché a sciacquare via ogni traccia dell'estate appena trascorsa.
L'autunno imminente ha già incominciato a imporporare le foglie di rossi e marroni caldi, quasi bruciati. A spezzarne l'equilibrio, fino a farle sfarfallare a terra, in una danza della morte paradossalmente soave.
Come ogni mattina, anche in quest'ultimo primo giorno di scuola, mi appresto a salire pigramente sull'autobus, accompagnata da spintoni e gomitate.
Cerco di chiudere il mio fedelissimo e ormai antiquato ombrello nero - uno dei tanti ricordi della nonna che mi rifiuto di buttare. Come previsto, il meccanismo si inceppa e sono costretta a fermarmi dinanzi la porta del veicolo, provocando grugniti spazientiti alle mie spalle.
<<Be', vogliamo muoverci? Oppure hai bisogno d'aiuto, principessa?>> esclama ammiccante qualcuno.
Non ne riconosco la voce, ma mi volto immediatamente nella sua direzione, scegliendo uno sguardo più o meno assassino dal mio repertorio – sorprendentemente vasto - di occhiate assassine.
Non mi sfugge nemmeno l'occhiata eloquente che stava riservando al mio fondo schiena.
E' a quel punto che la sua espressione muta alla velocità della luce. <<Oh, m-merda>> esclama. Sembra aver perso ogni traccia di virilità. <<S-scusa Skye, non ti avevo riconosciuta. Hai per caso fatto qualcosa ai capelli?>>
Alzo gli occhi al cielo, ma decido di ignorarlo e riesco finalmente a salire e a prendere posto all'interno del veicolo.
È una triste scena a cui assisto da anni e a cui ormai sono fatalmente abituata: uno dei tanti invertebrati, probabilmente amico di Adam, che si fa intimorire facilmente - e al limite della dignità - dalla presunta autorità che il mio ragazzo sembra suscitare in chiunque.
Probabilmente, appena sceso dall'autobus, correrà a prostrarsi ai piedi del Dio Adam, chiedendo perdono per aver offeso la sua nobile amata e aspettando umilmente di ricevere sentenza.
Forse esagero, lo ammetto. Ma quel pensiero melodrammatico mi fa comunque alzare di nuovo gli occhi al cielo.
Ascolto musica rock ad alto volume per tutto il tragitto, cercando di zittire il vociare frenetico dei pensieri, ma invano.
Sono innamorata di Adam ormai da anni. Tuttavia, mi trovo costretta ad ammettere che spesso preferirei che fosse più umile. Meno autoritario e arrogante nei confronti degli altri.
Con me si comporta in maniera impeccabile, arrivando addirittura a sfiorare i limiti della perfezione.
E' il fidanzato che ogni genitore sogna per il proprio figlio: attento e premuroso, dolce ma non in maniera smodata, è anche bello da fare invidia ad un Adone, intelligente e straordinariamente ricco.
L'unico tratto ad essere fuori posto, per quanto mi riguarda, è la sua eccessiva e spesso asfissiante gelosia.
Tuttavia, ogni volta, non posso fare a meno di rabbrividire al pensiero di come tratti coloro che reputa inferiori: con sufficienza, superiorità e un pizzico di cinismo.
Mi ritrovo spesso a desiderare di poter smussare questo lato del suo carattere. E, di conseguenza, a domandarmi se io sia totalmente soddisfatta della persona che ho accanto.
Le mie migliori amiche, Alice e Claire, pensano che sia normale che dopo quattro anni di relazione, il bagaglio di difetti dell'altro - seppur apparentemente limitato - incominci un po' a pesare.
Ma io non sono d'accordo: l'amore dovrebbe portarmi ad abbracciare tutto di Adam. Difetti compresi.
L'autobus sgomma sull'asfalto bagnato mentre imbocca l'ultima curva prima della Westwood High School, e l'ultima brusca frenata mi riporta alla realtà.
Scendo velocemente gli scalini, sebbene sia in anticipo, ma vengo immediatamente braccata da qualcuno.
<<Non dirai niente a Westwood, vero?>> esclama l'invertebrato che poco fa si è beccato un'occhiata truce. Mi posa un braccio sulle spalle mentre ne approfitta per ripararsi sotto il mio ombrello e percorrere con me il viale che porta all'Istituto. <<Noi siamo amici, Skye, giusto?>>
Veramente, non ricordo nemmeno di averlo mai visto prima di questa mattina. Probabilmente deve aver partecipato a qualche festa a casa del mio ragazzo. Peccato che, di solito, il numero di invitati sia esorbitante e, di conseguenza, è praticamente impossibile ricordarsi di tutti.
Decido comunque di annuire, magnanima.
<<Tra l'altro, stai davvero bene con questo nuovo taglio>> commenta, squadrandomi il viso. <<Ti dona.>>
La sensazione che questi complimenti siano solo un mezzo per ingraziarsi Adam è cocente e mi impedisce di sorridergli.
<<Perché lo temete tanto?>> gli domando allora a bruciapelo, bloccandomi all'improvviso.
<<Piccola, è Adam Westwood>> ribatte lui con ovvietà, ponendo l'accento sul cognome.
Lo fisso con un'espressione disorientata e scuoto la testa, cosa che lo fa sghignazzare. <<Skye, Skye...>> incomincia, posandomi le mani sulle spalle e assumendo un tono simile a quello della mia professoressa di matematica, alla decima spiegazione del medesimo argomento. <<Tu più di tutti dovresti sapere cosa significa avere a che fare con...>>
<<Jace.>> Trasalisco nel riconoscere immediatamente,
proprio alle mie spalle, la voce profonda di Adam, che al momento suona più come un ringhio.
In poche occasioni ho provato nostalgia per la mia chioma leonina, da quando lo scorso solstizio d'estate ho deciso di darci un taglio e optare per un semplice, comodo caschetto. E mai – mai – con questa intensità.
Adesso vorrei potermi nascondere dietro le mie infinite, morbide onde, come un tempo.
Mi volto verso di lui simulando un sorriso che, alla vista del suo sguardo di rimprovero, sparisce in un batter d'occhio.
<<Adam.>> Lo saluto posandogli un bacio a fior di labbra, che sembra scioglierlo leggermente ma non del tutto.
<<Westwood>> lo saluta Jace, battendogli una mano sulla spalla. <<Be', ti saluto, Skye. Ci vediamo in giro.>>
Il ragazzo si dilegua in tutta fretta e, a quel punto, Adam punta gli occhi, di un azzurro quasi surreale, dritti nei miei.
Sorride, ma sembra sforzarsi di non perdere il controllo. <<Che stavate facendo?>>
<<Proprio niente>> ribatto prontamente. <<C'è stato un piccolo malinteso durante il tragitto e stavamo chiarendo.>>
<<Siete amici?>>
Gli lancio un'occhiata perplessa. <<No. Non l'avevo mai visto prima.>>
<<Strano, sembravate molto intimi>> riflette, guardandomi di sottecchi. <<Mi stai nascondendo qualcosa, Skye Jones?>>
<<Sul serio?>> sbotto, allontanandomi da lui e proseguendo per la mia strada. <<La tua gelosia è davvero snervante, Adam Westwood.>>
Lui mi afferra da dietro, attirandomi contro il suo petto. Poi mi avvinghia in un abbraccio.
<<Hai ragione>> sussurra. <<Perdonami.>>
Annuisco, accarezzandogli le braccia con i pollici. <<Già dimenticato.>>
Adam mi lascia andare troppo presto e ho la netta sensazione che il suo malumore non sia dovuto solo a Jace.
<<È successo qualcosa?>> indago. <<Sembri strano.>>
<<Da che pulpito>> ribatte, prendendomi in giro. <<Tu sei sempre strana, eppure non dico niente.>>
<<Ah-ah. Davvero divertente>> commento con sufficienza. <<Sono seria. Sembri... Hai la stessa espressione che avevi la sera del mio compleanno, diversi mesi fa, quando non sapevi come dirmi che Pisolo aveva divorato il mio regalo.>>
Adam scoppia a ridere al ricordo, così forte da attirare alcune occhiate stranite.
Pisolo è il suo gatto – ormai nostro, visto che spesso sono io a prendermene cura. Un piccolo esemplare di pantera un po' grassoccio, dal pelo corto, nero e lucidissimo. Un dormiglione, come si può intuire dal nome, e per l'appunto un guasta feste - in senso letterale.
A febbraio, nel giorno del mio ultimo compleanno – il mio diciannovesimo compleanno, Adam ha organizzato una festa a sorpresa in un locale davvero di lusso, con tutti i nostri amici e parenti.
Per l'occasione, aveva scelto di regalarmi un vestito elegante, adatto alla serata. Peccato che Pisolo ci abbia messo le zampe sopra prima di me e che, dunque, di lui non sia rimasto che qualche brandello di stoffa blu, sparso per la camera di Adam.
Quando mi ha mestamente confidato che il mio regalo era diventato cibo per gatti, ho riso per un tempo interminabile. Lui, invece, inizialmente ha preso davvero male la faccenda. Ma alla fine si è unito a me in un attacco isterico di risa.
Questa mattina, però, la sua espressione è molto più greve. Quasi preoccupata.
Ricordargli l'accaduto sembra essere servito a stemperare un po' la situazione, tanto da spingermi a indagare di nuovo sulle ragioni del suo cattivo umore.
<<Ne parliamo più tardi>> commenta, lasciandomi ancora di più sulle spine. Poi mi prende per mano. <<Adesso entriamo. Rischiamo di fare tardi.>>
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