𝟏𝟏. 𝐒𝐜𝐚𝐜𝐜𝐨 𝐦𝐚𝐭𝐭𝐨 𝐝𝐞𝐥 𝐝𝐞𝐬𝐭𝐢𝐧𝐨

L'aroma di caffè si fonde al sentore zuccherino delle brioches calde, al dolce profumo di rose che aleggia perennemente tra le pareti di legno del Rose Wood. Si insinua gradualmente tra gli studenti che colmano il bar, volteggiando tra la miriade di sguardi, nel vano tentativo di ringalluzzire i pigri e far rifiorire i più malinconici. Intride gli abiti griffati e raffinati di un breve, dolce amaro ricordo, che svanirà presto, con la stessa rapidità di un sospiro.

Anche Alice ed io, in attesa della prossima lezione, siamo intente ad assorbirne gli effetti, deliziando l'olfatto e il palato con quel liquido caldo, amarognolo, sul quale abbiamo tuttavia deciso di aggiungere una cima di panna, al fine di addolcire - almeno in parte - una mattinata tutt'altro che di miele.

<<Penso che ordinerò anche una brioche>> afferma l'italiana, pulendosi le labbra a forma di cuore dei residui di panna con un tovagliolino. <<Sono solo le 10:00 e non credo di riuscire ad arrivare a fine giornata senza aver assunto una dose sufficiente di zuccheri.>>

Mi lascio andare in una risatina. <<Concordo. Ne porteresti una anche a me, per favore?>> Le domando facendole gli occhi dolci.

<<Certamente, signorina. La desidera vuota, ricolma di crema oppure...>> Alice capta al volo la mia espressione ammiccante e non ha bisogno di indagare oltre. <<Alla Nutella, ovviamente>> indovina, alzando gli occhi al cielo. <<Ma quanto sei prevedibile?>> mi prende in giro facendomi la linguaccia.

<<Mi conosci così bene, che a volte penso sia tu l'altra metà della mia mela>> affermo in tono calcatamene mellifluo, portandomi una mano al petto in maniera teatrale.

<<Ti piacerebbe, Jones>> cantilena Alice, prima di sparire tra la folla stipata al bancone del bar. Non manca di farmi un plateale occhiolino mentre si accoda alla fila di studenti.

Alice, al momento, è l'unica persona di cui mi fidi. L'unica àncora che, a differenza di Adam, Claire, mia madre o chiunque altro dir si voglia, sembra non avere intenzione di trascinarmi negli abissi di silenzio con sé; al contrario, si premura di farmi da corda, aiutandomi in qualche modo a riemergere dall'oceano privo di fondale.

Per la prima volta dopo giorni, mentre affondo il cucchiaino in un cumulo di panna, sento le labbra tendersi in un breve sorriso sincero. Senza maschere, finzione o travestimenti.

<<Posso?>>

Ho ancora sulla bocca quella ruga di momentanea serenità, quando levo gli occhi verso la delicata voce femminile.

La signorina Morris, la professoressa di matematica, sta indicando la seconda sedia vuota accanto a me.

Le iridi color caramello, contornate da folte ciglia nere, sembrano afflitte. Conservano la medesima espressione con cui, poco fa, scrutavano il volto incolore di Isaac, rimproverandolo per qualche misterioso motivo.

Annuisco e mi affretto a ripulirmi le labbra con un tovagliolo, mentre con la mano libera mi premuro di spostare la tracolla dalla sedia, per permetterle di accomodarsi.

Alice, ancora in coda alla cassa, mi lancia un'occhiata colma di domande, a cui io non posso che rispondere limitandomi a fare spallucce.

Non ho idea di cosa questa donna possa volere da me.

<<Cercherò di essere breve, signorina Jones>> esordisce in tono quasi solenne. Poi, punta un indice in direzione della tazza di caffè di Alice, abbandonata e ancora fumante dall'altra parte del tavolino. <<Vedo che non è sola.>>

<<No, la mia amica Alice...>> tento di spiegare, ma lei mi interrompe levando un palmo in aria. <<Ho bisogno di parlarle in privato di una questione piuttosto delicata, perciò temo che la sua amica dovrà fare a meno di lei.>>

Dall'espressione di Miss Morris intuisco che la faccenda debba essere davvero importante. Dunque non mi resta altro da fare se non acconsentire, remissiva, la curiosità a incendiarmi la gola come un tizzone ardente. Il presagio sempre più evidente di star ancora una volta giocando una partita con il temibile Fato; un avversario che, in qualche modo, riesce sempre ad avvalersi di un asso vincente – e che sospetto già da un po' non essere del tutto onesto.

❖❖❖

Seguo Miss Morris fuori dal Rose Wood, lasciandomi tristemente il suo sentore di rose e caffè alle spalle, per inoltrarmi in una zona misteriosa e sconosciuta. Prima, però, mi premuro di mimare ad Alice le mie scuse, ripromettendomi di offrirle spiegazioni più tardi.

Percorriamo l'una accanto all'altra i corridoi della Westwood, fino a quello che deduco essere il suo ufficio. Ogni professore qui ne possiede uno personale, nel quale ricevere alunni e genitori per le più disparate ragioni.

Una volta varcata la soglia, mi invita a sedere su una delle due poltroncine poste dinanzi una piccola scrivania in vetro laminato.

È un locale piuttosto angusto, limitato e banale, ma c'è tutto l'occorrente per fare di questa piccola stanza il covo di una professoressa di (noiose) materie scientifiche.

<<Cercherò di rubarle il minor tempo possibile>> rivela nuovamente, con lo stesso tono serioso e autorevole. <<So quanto sia prezioso. Non dovrebbe mai essere sprecato, soprattutto per mano del prossimo.>>

Le rispondo con un sorriso colmo di imbarazzo, mentre lei prende posto di fronte a me, l'irrequietezza calcificata sulla pelle lattea.

Resta a studiarmi in silenzio per qualche secondo - forse aspettandosi una risposta all'altezza della sua massima, che però fatico a trovare.
Per la prima volta, sotto il suo sguardo indagatore, mi rendo conto di quanto la sua giovinezza spicchi sulle gote rossastre, spennellate di lentiggini chiare; sui corti capelli castani, avviluppati in morbide onde; sulle minuscole rughe d'espressione che hanno già incominciato a formarsi ai lati delle labbra, a riprova dei sorrisi che devono averle scosso il volto infinite volte nei suoi venticinque anni di vita.

<<Ti domanderai perché sei qui, Skye – posso darti del tu, vero?>>

Sembra così giovane, rischiarata dalla luce calda della lampada, che mi pare inverosimile che sia qui in veste di professoressa, anziché di sorella maggiore o di amica.

Mi limito ancora una volta ad annuire.

<<Due sono le motivazioni principali>> incomincia a spiegare, incrociando le mani sulla scrivania e assumendo una postura rigida, nello strenuo tentativo di mascherare la giovane età. <<Innanzitutto vorrei discutere sui tuoi risultati, che stanno inesorabilmente peggiorando con il fluire degli anni. Temo per il tuo futuro, Skye: sai che un comportamento così negligente non è ammesso alla Westwood High School. A maggior ragione a cavallo dell'ultimo anno, con il diploma e il college alle porte.>>

Di fronte al mio mutismo, Miss Morris rincara la dose, tornando all'improvviso a darmi del lei: <<Potrebbe costarle la borsa di studio, signorina Jones.>>

Come se non lo sapessi. Come se non bastasse già la mia subdola coscienza a ricordarmi ogni giorno di star passeggiando sull'orlo del fallimento. In bilico sugli argini di un fiume tossico, senza alcuna possibilità di tornare sui miei passi, né di modificarne l'andatura; obbligata a continuare a camminare sotto cieli spioventi e asfissianti, tra edere e serpenti velenosi.

<<La seconda ragione?>> la invito a proseguire, tentando di ingoiare il nodo di panico che mi si è incastrato al centro della giugulare. Insaziabile e famelico, sembra nutrirsi di ogni grammo di saliva che deglutisco.

<<Come ben saprai, ogni professore qui alla Westwood si impegna a tutelare e proteggere la privacy dei propri studenti, con ogni mezzo a sua disposizione. È il motivo per cui, in teoria, non sarei autorizzata a discutere con te di tali argomenti...>>

Gli occhi rivolti verso il basso, Miss Morris incomincia a torturarsi con insistenza le mani, ingobbendosi un poco, forse finalmente dimentica di dover camuffare la propria giovinezza. Lascia intravedere l'angoscia in ogni movimento, ruga o espressione che le solchi il volto, senza più preoccuparsi dello status sociale. <<Tuttavia, non saprei a chi altro rivolgermi. Qui sei l'unica che lo conosca davvero... l'unica che lo abbia conosciuto più di me.>>

Di nuovo quell'oscuro presagio. Il presentimento che l'impietoso Fato stia tramando un sagace scacco matto, che probabilmente mi costerà la perdita della sfida; dell'interminabile gioco del silenzio, iniziato anni or sono, con qualcuno ostinato tanto quanto me nel proseguirlo fino alla fine dei tempi.

<<Potrei sapere di chi stiamo parlando, Miss Morris?>>

Lo stomaco ridotto a una voragine di nebbia. L'ansia che striscia nelle vene in tizzoni ardenti, aumentando l'intensità del flusso sanguigno, fino a farmi esplodere un debole incendio tra le costole.

<<Il nuovo studente>> conferma i miei sospetti, tornando a fissarmi in maniera irriverente. <<Isaac Miller.>>

❖❖❖

<<È meglio andare a parlarne da un'altra parte>> propone la giovane insegnante all'improvviso, alzandosi bruscamente in piedi, mentre sul suo viso si tessono espressioni via via sempre più insofferenti. <<L'aria viziata di questo ufficio finirà per soffocarmi un giorno o l'altro>> la sento borbottare poi sotto voce, storcendo leggermente il naso.

Da quando quel nome ha oltrepassato le labbra di Nancy Morris, non posso fare a meno di sentirmi in trappola. Quasi legata con fascette invisibili alla poltroncina di pelle marrone, dove giaccio totalmente sprofondata; le mani abbandonate fiaccamente sulle cosce, mentre avverto minuscole crepe farsi largo tra le maschere.

<<Beh, che fa ancora lì?>> Mi richiama, tornando ancora una volta ad usare un tono formale, quasi a frapporre una certa distanza.

<<Tra qualche minuto ho lezione di storia americana. Non posso...>> Ad ogni lettera, le corde sembrano farsi sempre più strette intorno alle caviglie, inchiodandomi i piedi al suolo. Ma, soprattutto, mi circondano la gola, avviluppandola come un Boa Costrittore. Obbligandomi ad ispirare ossigeno sempre con più foga, quasi con violenza, nello strenuo tentativo di non stramazzare al suolo senza fiato.

<<Parlerò io con il professor Theodor>> mi interrompe Miss Morris, la voce satura di un tono supplichevole. <<Sono sicura che comprenderà e giustificherà la sua assenza. Adesso però mi segua, signorina Jones, la prego.>>

La giovane professoressa spalanca la porta dell'ufficio con un cigolio fastidioso, che mi graffia i timpani. Poi, la sua presenza si fa sempre più sfuggente alle mie spalle, finché di lei non rimane che il sentore di lavanda e gelsomino del suo profumo costoso, a volteggiare nell'aria stagnate. A combattere con l'irrespirabile odore di chiuso, per guadagnarsi un posto d'onore all'interno della minuscola stanza.

❖❖❖

Impiego qualche minuto di troppo a decidermi di recidere quelle dannate radici che mi intrappolano i passi al suolo. E quando alla fine mi obbligo a raggiungere Miss Morris e i suoi misteriosi discorsi, la giovane professoressa sembra essere già svanita tra i corridoi deserti della Westwood.

Mentre curiosità e paura sgomitano nello stomaco, nell'inutile tentativo di prevalere l'una sull'altra, cerco di capire dove possa essersi diretta.

Alla fine, intuisco di dover cercare all'esterno, anziché all'interno: è chiaro che i suoi polmoni, ostruiti da una preoccupazione asfissiante, come fiori, edere e piante rampicanti, necessitassero al più presto di respirare aria pulita e frizzante. Quasi tanto quanto la sottoscritta.

Proprio mentre sto già studiando un piano per evadere dalla Westwood, cercando di passare inosservata ed eludendo i serrati controlli posti all'entrata, sento qualcuno esclamare oltre il ripiano della hall: <<Oh, signorina Jones, stavo aspettando proprio lei.>>

Prima di voltarmi verso la voce maschile che cerca di richiamare la mia attenzione, non posso fare a meno di alzare gli occhi al cielo.

Dobbiamo lavorarci su questo ruolo della fuggitiva, mi sento rimproverare dalla mia coscienza. Per il momento è stato decisamente un fiasco.

<<La professoressa Morris mi ha avvisato del progetto a cui state lavorando e mi ha detto di comunicarle che la attende nel parcheggio.>>

Il giovane Harry, incaricato dal preside Westwood di accertarsi che nessuno lasci l'edificio prima dell'orario prestabilito – a meno che non sia provvisto di una giustificazione valida, si sistema goffamente gli occhiali sul naso e mi sorride, con una fila di denti bianchissimi, perfetti.

<<Buon lavoro.>> I suoi occhi di zaffiro brillano in direzione dei miei quando mi porge un foglio, firmato da lui e da Miss Morris, con cui entrambi mi giustificano dell'uscita anticipata.

Lo ringrazio a mia volta con un timido sorriso, che gli fa correre nuovamente un indice impacciato in direzione degli occhiali, a rimarcare tutta la sua timidezza.

È carino proprio perché inconsapevole della propria bellezza, considero mentre varco le soglia dell'istituto, con il foglio stretto trionfalmente tra le dita.

Il firmamento ha ripreso a sciogliersi al suolo, gocciolando a tratti e impigliandomisi tra i capelli, onde scure che mi fluttuano sulle spalle come un mare in burrasca in una notte livida.

<<Puoi dire a Nancy che il progetto ha deciso di non collaborare.>>

Quando mi volto verso quella voce - unica fonte dei brividi che hanno incominciato ad aggrovigliarmisi intorno alle vertebre, i capelli mi turbinano davanti agli occhi in un ciclone di riccioli e gocce di pioggia.

Li scosto con le dita per poter mettere a fuoco la figura di Isaac, che si staglia a pochi metri da me, vicino all'uscita. Riesco a cogliere solo di sfuggita l'espressione imperturbabile intrecciata tra suoi occhi di pece: il corvino abbassa lo sguardo in un movimento fulmineo, indossa il cappuccio della felpa e mi supera a passi svelti, mantenendo i tizzoni di carbone rivolti verso l'asfalto.

Se le parole non mi fossero soffocate in gola, strozzate dallo stupore e dall'orgoglio, credo avrei anche potuto prendere in considerazione l'idea di fermarlo. Forse.

<<M-Miller, dove credi di andare?>> Sento strillare alle spalle. <<Ti ho detto che non puoi uscire senza... ah!>> Harry sbotta in un verso di frustrazione. Non mi volto nemmeno a guardarlo, mentre fisso insistentemente le spalle del moro correre in direzione opposta al parcheggio e sparire all'orizzonte. <<Dio, è così... così...>>

Incomprensibile.

<<Lo so, Harry>> lo interrompo, lasciando andare il fiato che non mi ero resa conto di stare trattenendo. <<Lo so.>>

Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top