4B - Ogni maledetto San Valentino
A cinque anni
«Quindi nel giorno di San Valentino si festeggia l'amore!» Teresa, maestra d'asilo, sorrise a ciascuno di loro; vide le bimbe arrossire, mentre i maschietti tiravano su un broncio o facevano smorfie disgustate. «Ora scegliete un compagno o una compagna e dimostrate il vostro affetto!»
Teresa assistette a scene esilaranti e inaspettate: bambine che si lanciavano sugli amichetti, bambini che correvano per stritolare, più che abbracciare, le povere mal capitate. Finché non adocchiò Arianna e Tommaso: lei era in piedi, ferma nell'angolo accanto alla cesta dei giocattoli, mentre lui si avvicinava con le spalle dritte e il mento alto; quando le fu davanti, si chinò e le stampò un bacio sulle labbra.
Teresa sussultò, pensando di dover correre a separarli, ma poi vide che la piccola arricciò la bocca e schioccò un altro bacio al suo amichetto.
Fu uno dei suoi San Valentino più belli.
A dieci anni
«Ragazzi» La maestra Susanna sapeva che dall'anno prossimo i suoi bambini avrebbero spiccato il volo, quindi cominciò ad abituarli, facendoli sentire maturi: «Ormai siete grandi perché vi diciamo noi come festeggiare San Valentino... Però anche quest'anno vi tocca imparare la poesia». Sospirò, fingendo rassegnazione e strappando loro una risata.
Si guardò intorno e chiamò alla cattedra Tommaso, gli passò il libro e gli chiese di leggere una poesia di Jürg Schubiger.
Questi respirò profondamente e cominciò: «"Cos'è l'amore"». Sollevò lo sguardo per posarlo fugacemente sul viso di Arianna.
Lei lo guardava attenta, pronta ad ascoltare ogni singola parola, con quei suoi occhioni nocciola.
"L'amore ha un potere smisurato.
Dentro di me qualcosa ha scatenato
Che è cresciuto e poi è scoppiato
Come un fuoco d'artificio colorato,
uno spettacolo incantato.
Ma l'amore è anche dolce e delicato".
"Sì è così che l'avevo immaginato".
Era breve, eppure passarono l'ora successiva a parlarne e a cercare di memorizzarla.
Gli occhi di Tommaso sempre fissi in quelli di Arianna, e il sorriso di lei che accendeva il viso di lui.
A tredici anni
Arianna aveva appena varcato il cancello della scuola con Marta, quando si sentì bussare su una spalla: «Ciao, Tommy!» lo salutò sorridente.
«Ciao, Ari! Vai a casa? Facciamo la strada assieme?»
Erano vicini e spesso facevano il tragitto a piedi. Marta lasciò sfuggire un sorrisetto malizioso e li salutò, prima di lasciarli soli.
«Allora...» Tommaso era agitato, eppure ormai avrebbe dovuto esserci abituato! Ogni anno la stessa storia: arrivava San Valentino e lui si scervellava per regalarle qualcosa, per renderla felice. «Oggi è...»
«San Valentino» concluse al posto suo. Lo guardò di sottecchi: «Non mi dire che hai un altro regalo?» La sua voce voleva essere dura, ma in realtà cercava di nascondere l'imbarazzo, perché ogni anno temeva e sperava che quel giorno arrivasse.
Tommaso la faceva sentire importante, ma non sapeva come gestire quelle sue manifestazioni di affetto.
Lui rise nervoso: «No, che regalo?» Voltò la testa dall'altra parte per dissimulare: «Io... Io volevo solo...» Si fermò e la trattenne per un braccio: «Conosci Shakespeare?»
Annuì: «Certo! Romeo e Giulietta...»
«Sì, sì» la interruppe: «Quello lo conoscono tutti... Ma tu sai che ha scritto anche delle poesie?»
La ragazzina rimase a bocca aperta, perché effettivamente non ne era a conoscenza.
«Io... Volevo fartene sentire una» ammise alla fine, col viso tutto rosso. Ma quando lei annuì, sembrò riacquistare il coraggio. Tirò fuori dalla tasca dei jeans un foglio e lo spiegò:
«Se leggi questi versi,
dimentica la mano che li scrisse:
t'amo a tal punto
che non vorrei restar
nei tuoi dolci pensieri,
se il pensare a me,
ti facesse soffrire».
Arianna rimase in silenzio, le labbra assottigliate in una linea seria.
«Non ti è piaciuta?» le chiese preoccupato.
«Perché me l'hai letta?» sembrava arrabbiata.
«Pensavo ti potesse piacere...» era confuso: perché stava reagendo a quel modo?
«Beh... certo che mi è piaciuta!» gli urlò all'improvviso e fuggì via, correndo, lasciandolo sul marciapiede a chiedersi dove avesse sbagliato.
A diciotto anni
«Tommy, mi ascolti?» Luigi diede una gomitata all'amico per attirare la sua attenzione, che fino a quel momento era rivolta a quella che ormai chiunque sapeva fosse la sua cotta perenne.
Arianna infatti stava poggiata con la schiena al muro, intenta a lanciare languidi sguardi a quel pesce lesso di Mattia, IL bad boy, la testa di cazzo per eccellenza, giusto per intenderci.
Tommaso grugnì qualcosa di scontroso, così Luigi decise di riscuotere l'amico da quel torpore, come se dovesse farlo disintossicare dalla droga: «Ma ci pensi ancora? È dalla terza media che quella non ti fila più e tu continui a correrle dietro come un imbecille! Non le avrai mica preparato qualcos'altro per San Valentino anche quest'anno?!» gli chiese terrorizzato.
Il ragazzo si voltò di spalle, senza riuscire più a tenere a bada i nervi; non poteva continuare a contemplare quella scena, facendosi del male: «No, quest'anno no. Se lo può scordare! Si facesse regalare cioccolatini da quell'idiota!» sbottò.
«Sia ringraziato il Signore!» esordì Luigi: «Finalmente sei guarito!»
"Già, ma a quale prezzo?" si chiese, contando i cocci del suo cuore.
La musica era assordante, la gente si accalcava sulla pista da ballo e il caldo era asfissiante; la discoteca sembrava fosse stata calata nel rosso, nei glitter rossi, e affogata nei palloncini rossi, a forma di cuore che ogni tanto rimbalzavano sulle loro teste.
Tutto questo lo stava soffocando, così Tommaso decise di occludere seriamente i suoi polmoni con una sigaretta.
Uscì nel vicolo umido e male illuminato, fece scintillare l'accendino e maledisse anche la brace della sigaretta, perché gli ricordava quei dannati brillantini che si appiccicavano ovunque.
Ma come poteva Ari appiccicarsi a uno del genere? Come faceva a pendere dalle sue labbra? Di che potevano parlare? Di calcio? Di moda? Sicuramente non di letteratura!
Si costrinse a ignorare il bruciore che gli salì agli occhi, giustificandolo con il fumo della sigaretta misto all'aria della notte: molto probabilmente quei due non parlavano affatto...
«Sei solo uno stronzo!» Era lei! La sua voce era piombata nei suoi pensieri come l'esplosione di una bomba a mano; arrivava da dietro l'angolo, sentiva il rumore dei tacchi incerti sull'asfalto.
«Perché ti scaldi tanto?» Tommaso fece una smorfia, riconoscendo la voce del coglione.
«Perché? Perché ti ho visto! Ecco perché!» Era arrabbiata, anzi, furiosa: «Se non fossi entrata in bagno, te la saresti scopata!»
"Oh merda!" Il cervello di Tommaso capì al volo quello che era appena successo.
«Non ti voglio più vedere! Vattene!» Arianna continuava a urlare e Mattia continuava a redarguirla.
Non poteva sopportare ancora di sentirla gridare a quel modo. Buttò la sigaretta e girò l'angolo: «Che succede?»
La ragazza trattenne il fiato quando lo vide: un lampo illuminò i suoi occhi e sembrò sollevata che fosse lì.
«Niente. Fatti i cazzi tuoi» lo ammonì Mattia.
Ma Tommaso non demorse: «A me non sembra niente. Stai bene?» si rivolse a lei, allungando una mano sul suo braccio nudo: aveva la pelle d'oca.
Il mascara le era colato sulle guance, i capelli erano stravolti dal ballo, eppure era bellissima.
Annuì: «Mi accompagni a casa?» gli chiese.
«Ti porto io» propose l'idiota, ma Tommaso si frappose tra loro e, guardandolo dritto in faccia, lo avvertì: «Tu a lei non ti avvicini più, hai capito?» Poi si voltò, mise un braccio intorno alle spalle della sua amica e l'accompagnò alla macchina.
«Grazie». Arianna era imbarazzata per quello che era successo, per essere stata costretta a chiedere aiuto a Tommaso, ma non poteva rimanere lì un solo minuto di più: «Non so come ho fatto a cascarci...»
«Eh... Non lo so nemmeno io!» Tommy era sfinito da quella situazione, così decise di fare uscire tutto quello che aveva dentro.
Ari si meravigliò: l'aveva sempre visto pacato e controllato.
«Come diavolo hai fatto anche solo ad avvicinarti a uno così?! Sul serio, dimmelo!»
«Mi piaceva, ok?» sbottò anche lei: «Perché? Non mi posso innamorare, io?»
«Innamorare? Innamorare?!» Tommaso inchiodò l'auto con i freni che chiedevano pietà: «Tu non sai dove sta di casa l'amore!» E nel momento in cui pronunciò quelle parole se ne pentì.
Le lacrime tornarono a rigarle le guance, stavolta silenziose, senza strazi, senza urla. Fu così che gli parlò, in un sussurro: «Perché? Perché ogni maledetto San Valentino non ti preparo un dolce o non ti regalo un peluche?»
Se avesse avuto un coltello e lo avesse pugnalato al petto, gli avrebbe fatto meno male. Eppure decise di continuare: «Perché ogni maledetto San Valentino io cerco di dirti quanto ti amo!»
Erano soli in auto, eppure si urlavano contro come se dovessero sovrastare il caos di un capodanno in piazza.
«E allora perché non lo dici e basta?» gridò. Aveva il fiatone, le guance arrossate e la bocca tremante.
Tommaso si arrese al destino, a una storia che sembrava essere iniziata in una colorata aula di asilo: inspirò tutta l'aria che riuscì a contenere nel petto e la baciò.
Arianna sgranò gli occhi brillanti di lacrime, per poi arrendersi alla verità, a un amore che aveva sempre dato per scontato e che, come una stupida, stava rischiando di perdere.
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