🔥 Lezione 13 🔥 🔞 Capitolo 40 🔞

Lezione 13

Imparare a contare

Ancora una volta mi trovo a constatare di quanto io fugga dal mio passato. Il nostro passato ci appartiene con i suoi accadimenti belli e meno belli che, susseguendosi, hanno generato in entrambi un dolore grandissimo.  Un dolore che purtroppo, non mi ha permesso di aprirmi come avrei voluto.

Ci ho provato ma non ci sono riuscito.

Mi rendo conto che il mio racconto è stato conciso e pieno di vuoti ma... sono bloccato. Sono bloccato e ho bisogno di tempo per parlare del mio passato e godere del futuro che ci spetta. Un futuro dove mi affido al fatto che  i sogni, (non sempre leciti), i desideri (più lussuriosi), le speranze (le più impossibili) prima o poi si avverino.
I suoi occhi blu mi guardano pieni di commozione e le sue labbra rosee iniziano a vibrare. La scorgo nella penombra dei lampioni, ma non è titubante, anzi è sollevata dalla mia dichiarazione. Probabilmente, nel suo giovane cuore, aspettava questo momento da tanto tempo.

"Ti amo, Riccardo. Ti amo tantissimo." mi risponde come se si fosse liberata di un peso troppo grande.  Tutto questo tempo passato ad indossare una corazza deve averla parecchio indebolita. Per troppo tempo abbiamo ignorato il nostro passato: precisamente io direi che non abbiamo mai avuto il coraggio di affrontarlo.

E tutt'ora non ci riusciamo.

E quando non affronti il dolore, qualsiasi ricordo che affiora alla mente, diventa come una scarica di coltellate piantate dentro ferite aperte che sanguinano ancora ininterrottamente.

E lo credo bene, capisco che non dovrebbe essere assolutamente facile ammettere di amare uno come me: 45enne, sposato, bast***o e con prole a casa. Uno che prima di iniziare questo rapporto clandestino ha espresso la volontà di vivere attimi di leggerezza senza sentimenti. Ma adesso ci siamo cascati, il veleno deve essere espulso dalla ferita. Quest'ultima deve epurarsi per lasciare il posto alla fase della cicatrizzazione. Gli animali si leccano di continuo le ferite e cercano di lenirle come meglio possono. Invece, noi essere umani delle volte non siamo disposti a fare emarginare le ferite, anzi, decidiamo di vivere per sempre quel dolore. Stacchiamo le croste della ferita senza permettere mai ad essa di guarire. Più o meno è quello che ho fatto oggi io: ho ricordato solo il dolore che ha provocato quella senza disinfettarla, senza far favorire la cicatrizzazione. Ho evitato come la peste di parlare del mio passato e quando l'ho fatto sono stato sbrigativo e superficiale. Per difendermi ho usato il se**o e ho cercato di provocare Elena, sembrando delle volte un vero e proprio morto di fi**.

Ma come potevo sottrarmi a quel discorso senza ricorrere all'ars amatoria?

Diciamo che ho tentato in tutti i modi di non parlare e ho giocato sporco e lei in parte c'è caduta e in parte no. Non penso che si accontenterà di questa versione scarna: mi chiederà sempre di più e forse chi lo sa... scaccandomi la maschera e trovandosi davanti il mio vero volto potrebbe davvero metterci un punto.

Oppure no.

Sono confuso, ma una cosa è certa, a prescindere dalla sua reazione, lei vorrà ancora sapere.

Forse, è il caso che iniziamo ad aprirci concretamente, senza usare il se**o come anestesia al dolore. Questa volta il dolore dobbiamo affrontarlo senza ricorrere al piacere, usato come arma per godere e non pensare. E in questo momento mentre le sto sfiorando la bocca con le mie labbra, effettuo diverse considerazioni: anzitutto che un bacio non era mai riuscito a trasmettermi sensazioni così forti. Adesso mentre ci stiamo baciando ho il cuore che sta per uscire dal petto; ogni battito è suo, ogni respiro ansimante è per lei, la mia eccitazione è nelle sue mani. 
Il mio respiro sta diventando sempre più irrequieto mentre rifletto sulle nostre vite: il suo ex, il suo passato, i soprusi che ha subito.

Quante ne ha subite questa povera ragazza a soli 20 anni?!

Quei tagli che mi ha mostrato lungo il suo corpo mi hanno distrutto il cuore. Un terremoto ha colpito la mia coscienza da uomo empatico che invece, non si è mai accorto di quelle cicatrici.

Come ho fatto a non notarle prima?

Non dovrei addossarmi colpe. Semplicemente chi ha un segreto è abile nel nasconderlo.

Vorrei prendere tutto il suo dolore e trasferirlo dentro di me. Vorrei accollarmi tutta la sua sofferenza e annientarla. Vorrei tornare ad avere la sua età e vivere la vita che volevo. Vorrei ridisegnare tutto, progettare, costruire, senza il fardello che mi trascino dietro.
Vorrei prenderla per i capelli in questo momento e piegarla alle mie voglie. Ma allo stesso tempo, vorrei entrare dentro di lei, guardarla negli occhi e farle sentire tutta la mia tenerezza. Vorrei possederla e ricordarle ogni secondo che la amo tantissimo, un sentimento che mi è totalmente nuovo. Da quando sto con Anna, non avevo mai pensato di tradirla, il se**o l'avevo sempre associato a mia moglie e non avevo mai messo in considerazione l'eventualità di avere una relazione clandestina. So che è difficile da credere ma mai e poi mai avrei pensato di innamorarmi di una ventenne, ex spogliarellista e matricola del mio corso.

È la cosa più irrazionale che io abbia mai fatto. Forse anche la più sbagliata eticamente ma sicuramente non emozionalmente. Mi sento leggero, mi sento bene... mi sento felice.

"Dimmi che vuoi solo me, Riccardo."

"Certo che voglio solo te. Io non ho mai pensato di far l'amore con nessun'altra, tranne te. Ti amo, qualunque cosa accada, ti amerò sempre." iniziamo a baciarci come due ragazzini e io non riesco più a controllarmi. La desidero troppo e se non mi fermo potrei diventare troppo irruento e rovinare l'idillio di questo momento.

Lei lo capisce perché ormai mi conosce ma non intende porsi dei limiti. Mi stuzzica come è suo fare da quando ci siamo conosciuti quindi d'improvviso solleva la maglietta e mette in mostra i seni.

Maledetta!

Si diverte sempre a giocare con me e non potrebbe essere altrimenti, se non fosse stata così probabilmente, chi può dirlo, non ne sarei così invaghito.

Le sue te**e sono morbide e invitanti e quindi decido di affondare la mia testa fra di esse. Le lecco delicatamente e trattengo la mia irruenza perché tutto vorrei meno che sminuire questo momento.

"Riccardo, dai andiamo da me. Anche se ormai ti conosco, lo so che hai tanta voglia di fare l'amore , ti vuoi fermare in un hotel o arriviamo a casa mia?"

Quella domanda mi compiace ma allo stesso tempo mi mette in confusione. Non posso cedere alle lusinghe della carne: voglio ascoltarla, voglio conoscere il suo passato, i suoi demoni e in questo momento, il se**o passa decisamente in secondo piano.

"No, Elena. In questo momento ciò che voglio è ascoltarti. Quindi adesso rientriamo dentro, ci mangiamo qualcosa, chiacchieriamo un po' e mi racconti quello che vuoi, qualsiasi cosa ... ma ora come ora voglio ascoltarti."

Lei sgrana gli occhi. Non si aspettava di certo da me una simile risposta ma è giusto così: dobbiamo bilanciare il nostro rapporto.

"Quindi non mi vuoi?" trema lei incerta.

"Certo che ti voglio. Ma vorrei che iniziassimo a costruire qualcosa di più solido."

Fra me e lei si è stabilito un rapporto di vera fiducia e ogni giorno che passa la vedo in una nuova luce e per questo motivo che questa sera ho voglia e a ete, di curiosità. Vorrei che ci spingessimo oltre, oltre il se**o, oltre il nostro corpo, fino a penetrarci nell'essenza delle nostre menti.

Le cingo un braccio dietro la schiena avvicinandola a me.

"In che senso? Ho detto che per il momento non riesco ad aprirmi, Riccardo."

"Non ti chiedo di aprirti, infatti! Se non te la senti rispetterò il tuo silenzio ma... vorrei conoscere di più sulla tua vita."

"Continuo a non capire."

"Ok cercherò di essere diretto. Vorrei che non usassimo il se**o per scappare dal nostro passato."

"Ma... non stiamo usando il se**o..." la blocco sfiorandole un labbro con il pollice. Accarezzo il suo contorno labbra e vedere il rossetto rosso che mi macchia il dito mi eccita.

"Tesoro, vedi... io ho qualche anno più di te. Sono navigato rispetto a te."

"E con questo?"

"Con questo voglio dire che mi piacerebbe che tu ti aprissi con me mentalmente proprio come fai fisicamente. Ok, ammetto che il se**o con te è il migliore della mia vita ma... perché continuiamo a nasconderci? Ci sono un sacco di non detti tra noi due."

C'è sempre un momento in cui una storia va raccontata e quindi sto insistendo. Altrimenti per tutta la vita si resta prigionieri di un passato tormentato.

"Mi sembra che anche il tuo racconto è stato piuttosto conciso rispetto a quello di Gabriele, o sbaglio?"

"Non ti sbagli... ma almeno io ci ho provato e sento che con impegno e cura, potrò aprirmi totalmente con te come ho mai fatto con nessuno. Perciò voglio provarci. Almeno parlo per me."

Lei  mi guarda intensamente e non mi risponde.

"Elena, hai detto che mi ami. Perché hai paura di parlami? Non dico che devi raccontarmi delle tue ferite ma almeno... della tua famiglia. Che ne so cose così."

"L'unico complice a cui ho sempre confidato i miei segreti... é il mio diario segreto."

"Hai un diario segreto?"

Ridendo ci guardiamo negli occhi, smettiamo di ridere sempre fissandoci negli occhi, avviciniamo le nostre facce ed iniziamo a baciarci. Dopo due minuti mi scollo da lei e ripristino un atteggiamento composto.
Lei nel frattempo, ha tirato fuori un quaderno spiegazzato e me lo ha posto fra le mani.

"È questo?" le chiedo aprendo il quaderno per poi iniziare a sfogliarlo.

"Sì, è il mio diario."

"Il tuo diario" ripeto lentamente. "E cosa scrivi nel tuo diario?"

Lei deglutisce, ma quando la guarda di nuovo con sguardo freddo, risponde spavalda.

"I miei pensieri."

"Ora vediamo..." apro una pagina a caso.

"10 ottobre: il professore di filologia è uno st***o ma è l'uomo più sexy che abbia mai visto, ho passato tutta la giornata a masturbarmi e a immaginare come sarebbe farmi sc***re da lui."

Maledizione!

Pensavo di leggere qualcosa di diverso e invece... leggendo questo pensiero mi eccito immediatamente ed è meglio che mi blocco.

Alzo lo sguardo dal diario e la fisso.

"Sono questi i tuoi pensieri?"

"Sì."

"Quindi mi volevi sin da subito?"

"Sì..." mi risponde lei. La tentazione è forte. Poi si avvicina, si solleva la gonna e mi obbliga a sfiorarle le natiche. Ho un brivido di piacere quando le infilo le mutande nel solco tra i glutei. Sono tentato, fortemente tentato, di toccarla lì dove la macchia di umidità mi fa chiaramente intendere che lei vorrebbe essere toccata, ma mi trattengo.

"Tu no? Non mi volevi sin da subito?" mi chiede lei sfiorandomi con il pollice l'erezione ed è lì che il mio istinto da predatore si accende. La prendo per i capelli e le posto la testa sul cofano della macchina.

"Non mi devi provocare. Ho pensato che sarebbe stato inquietante se avessi deciso di rovinare un momento così romantico con qualcosa di perverso. E invece mi sbagliavo. Questa sera ti becchi dieci sculacciate per avermi disubidito."

Lei non dice nulla.

Dieci sono tante. Non trovate?

"Questa è la lezione numero 13. E questa sera ti insegnerò a contare le sculacciate che ti darò. Mi aspetto che questa volta conti per bene, senza voce spezzata come la scorsa volta."

Dieci sono tante, ma dopo le prime tre, il dolore si fonde al piacere in una danza disperata.

Mi eccita profondamente l'idea di sentire la sua voce spezzata dal dolore e dal piacere pronunciare il numero della sculacciate che le regalerò.

Il primo colpo è anticipato da un bacio su entrambe le chi**pette.

"Numero?"

"Uno!" grida lei quando il mio palmo si posa sulla sua carne bollente. Poi le afferro i capelli raccolti in una coda immaginaria e avvicino le mie labbra al suo orecchio.

"Mmmm... sei stata brava questa volta." lei rabbrividisce.

Probabilmente, non arriverò a 10 e impaziente la prenderò da dietro, sia per ammirare la sua carne rossa, sia per sentire la mia carne che entra ed esce da lei.

La mia tecnica ammetto che è micidiale, non tanto per la forza che ci metto, ma perché la colgo di sorpresa. Appena si rilassa, appena sento i muscoli contratti che si distendono, colpisco seccamente la sua pelle.

Alla seconda sculacciata  i suoi occhi sono rigati già dalle lacrime.

"Due!" grida lei. "Ti prego, mi fai male! Basta ti prego!"

"Ancora 8 e abbiamo finito. E se non conti ricomincerò da capo."

L'ennesimo schiaffo.

"Tre!" conta lei.

Ancora un altro più forte dei precedenti che la fa tremare.

"Mi fa male!" grida disperata.

"Lo so amore, ma è necessario."

Un altro fortissimo e lei urla forsennata.

"Quattro!!!"

E non appena lei rilassa i muscoli dei glutei, io faccio scendere la mano sul suo c**lo e lo colpisco con una forza incredibile.

Lo schiaffo, reso più doloroso dal fatto che è inaspettato, provoca in lei una scossa di dolore che parte dalla spina dorsale per raggiungere in un attimo il cervello. La sua pelle si riempie di brividi ma dalla sua bocca non esce nessun numero, solo un gemito strozzato di dolore.

"Non hai contato. Ora sai cosa ti aspetta..."  dico e una sculacciata a piena mano sulla natica la fa  sobbalzare ed urlare di dolore.

"Ahhhhhhhhhhhh!!!"si dimena lei.

Troppo sensibile, troppo forte il dolore per trattenere le lacrime.

A quel punto la mia mano si infila lentamente tra le due natiche, facendola sussultare. Non se lo aspettava e a dir la verità non mi aspettavo nemmeno io di trovarla così bagnata. Scendo piano sino alle labbra della vagina, aprendole, ed arrivo sino al clitoride, che risponde al tocco bagnandosi e facendo incollare sul mio palmo il suo liquido viscoso.
Lei comincia a muovere il bacino avanti ed indietro, cercando il mio dito per farmi comprendere che vuole di più.
Mi abbasso i pantaloni e lei è pronta ad essere soddisfatta dal mio membro ma non è così... la illudo e quando la mia mano si alza fulminea per colpirla  seccamente, senza pietà, lei grida come una pazza.

L'alternarsi del dolore al piacere deve averla portata all'esasperazione.

"Ahhhhh! ti prego! Basta Riccardo!"

"Andiamo in macchina. Facciamolo sui sedili come due ragazzini. Il mio desiderio di averti sta diventando feroce e non posso più trattenermi." ci dirigiamo in macchina. Lei si siede sopra di me. Quindi libero il ca**o gonfio e dolorante dai pantaloni e inizio a sco**rla con foga mentre la sbatto contro il volante dell'automobile.

"Dai, più forte! Voglio sentirti in profondità. Ti amo Riccardo." grida. 

Le sue parole mi portano a sfondarla, incurante del luogo dove siamo, e le entro così dentro da imprimere il mio amore nel suo se**o. Inizio a cavalcarla e lei mi sta stritolando nella sua morsa. Comincio a sbatterla forte, fortissimo, comunicandole tutta la mia passione. Due, tre, quattro, cinque stantuffate nel suo buchetto, sento chiaramente le mie palle sbattere sul suo inguine. Un rumore forte ed eccitante che mi arrapa a livelli sconcertanti. E sento anche il mio liquido salire su per il mio pisello, sto per venire. Decido di lasciarmi andare quando lei emette un grido disperato.

"Riccardooo..." mi chiama e raggiungiamo l'orgasmo insieme in maniera prorompente e pericolosa. Restiamo abbracciati sui sedili della macchina per qualche minuto, cercando di controllare i nostri respiri. Resto seduto dietro di lei e mi tocco lentamente, sfiorando con la punta umida di eccitazione i suoi glutei torniti e caldi.

"Che dici? Andiamo a mangiare ora? Credo che abbiamo bruciato abbastanza calorie."

Lei annuisce e io ne approfitto per aiutarla a rivestirsi per poi prenderla sotto e braccio e rientrare di nuovo dentro il ristorante. Quando ci sediamo ordino del vino per sciogliere un po' la tensione; vedo Elena davvero agitata ma cerco di rassicurarla con il mio fare protettivo.

"Ordina pure quello che vuoi." le dico con premura.

"Gradirei una pizza."

"Una pizza? Potresti prendere qualcosa di più sofisticato."

"Gradirei una pizza. Non posso permettermi di più."

"Ma... ci sono io."

"Ci sei tu, ma non sei il mio bancomat. Lavoro dunque posso e devo pagare la mia parte."

"Mi sembra assurdo ciò che dici. Io sono un adulto..."

"E quindi? Non sei mio padre, Riccardo."

Ecco, che di nuovo si sta mettendo sulla difensiva.

Cerco di ignorare questo suo fastidio e sposto l'attenzione appunto sulla figura di suo padre dato che lo ha menzionato. Non l'hai mai nominato e ciò mi sembra abbastanza assurdo. Lei non ha mai parlato della sua famiglia.

Perché?

"A proposito di tuo padre. Com'è? Non me ne hai mai parlato."

Lei si versa una generosa quantità di vino e poi mi guarda.

"Perché non c'è nulla di cui parlare."

"Mi sembra assurdo. Mi piacerebbe che mi parlassi della tua famiglia. Mi hai detto che tua madre è di Pescara. Come me . O No?"

Lei annuisce.

"Sì, è di Pescara."

"E come si chiama? Ti immagini la conosco?" rido io.

"Mia madre si chiama Elettra."

Quando sento quel nome sgrano gli occhi e mi si mozza il respiro. Sento che il mio cuore ha appena perso dieci anni di vita. Quello che sto pensando è irreale e sbagliato.

La sorella maggiore di Eva si chiamava Elettra!

È solo una stupida coincidenza quella che sto pensando!

Non può essere così!

Devo respirare e tranquillizzarmi.

Quello a cui sto pensando è stupido, stupidissimo, in una città di 120mila abitandi, di persone dal nome Elettra che ne saranno a centinaia.

"Mia madre si chiama Elettra di Paolo. La conosci?"

Il più oscuro dei peccati si scaraventa contro la mia persona.

Elena è la nipote di Eva.

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