🔞Capitolo 65🔞

Mentre mi inginocchio accanto a Elena, noto qualcosa sul grigio asflato. Una vecchia foto, strappata e spiegazzata, con i bordi consumati. La prendo tra le mani e il cuore mi salta un battito poiché mi ritrovo davanti una mia vecchia foto con Eva. Avevo 19 anni e mi stavo preparando per la maturità: ricordo ancora quel giorno di inizio giugno quando avrei dovuto studiare per gli esami di Stato. Invece, avevo trascorso ore intere con lei. Ricordo che era stata lei a suggerire di scattare una foto, per non dimenticare il momento. Avevo negli occhi la stessa vulnerabilità che oggi ancora mi rende schiavo dell'amore. L'immagine di noi me con Eva è un ricordo del passato che avevo cercato di dimenticare ma ora è qui, davanti dinanzi lo sguardo vuoto e perso di Elena. A quanto pare, Gabriele le ha purtroppo raccontato tutto. Ha usato questa foto sicuramente per convincerla che sono entrato nella sua vita solo per il ricordo di Eva. Posso immaginare le sue parole, cariche di odio e di astuzia. Avrà dipinto me come un manipolatore, qualcuno incapace di amare Elena per ciò che è, ma solo per ciò che rappresenta. Stringo la foto con rabbia e dolore, ma so che la colpa è solo mia. Non ho mai avuto il coraggio di raccontarle tutto, di rivelarle la verità.
E adesso, questa verità è stata usata contro di me, per distruggere quello che abbiamo costruito.

"Amore mio!!!! So cosa ti ha detto Gabriele. Lo so. Ti ha fatto credere che sono entrato nella tua vita per rivivere qualcosa di passato!!!Ma non è così, ti giuro, non è così!!!!"

Le lacrime mi bruciano gli occhi, ma continuo, o almeno ci provo.

"Quando ti ho conosciuta, non sapevo nulla. Questa scoperta è arrivata dopo, e avrei dovuto dirtelo subito, lo so. Ma non volevo ferirti, non volevo che pensassi che ciò che c'è tra noi non fosse vero. Perché lo è, Elena. Non vedo nessun altro quando guardo te. Vedo te, solo te. Ti amo, ti amo da morire!"

Elena è un fantasma tra le mie braccia, ha gli occhi socchiusi e le labbra fredde e tremanti.

"Ti prego rispondimi! Dimmi qualsiasi cosa! Ti prego! Rispondimi! Qualsiasi cosa , dimmi qualsiasi cosa ma parlami, ti prego!!!!" ma lei rimane in silenzio, senza proferire parola alcuna. Il suo corpo è rigido e freddo, come se fosse stato colpito da un fulmine. La sua pelle è bianca come la carta di un giornale. Il mio cuore batte forte, troppo forte e sento strisciare dentro di me il ricordo dell' infarto. Non posso permettermi di provare tutto questo terrore, non di nuovo. Il medico mi aveva avvertito: "Evita lo stress, Riccardo. Non puoi permetterti momenti d'ansia". Ma come diavolo faccio a rimanere calmo? Come posso non preoccuparmi quando lei è ridotta così?

"Ti amo, Elena...", le sussurro. "Ti amo, parlami... ti prego sto impazzendo!!!" ma lei continua a non rispondermi.

Mi guardo intorno per cercare di capire meglio la situazione e vedo Gabriele... quel dannato traditore schifoso. Lo vedo scappare via come un ladro ma non ho nemmeno un minimo di fiato per urlargli contro. Sono consapevole che avrei dovuto fermarlo, afferrarlo, ma non posso lasciare Elena così. Anche perché , so dove ha la casa al Gabriele e gli farò visita in questi giorni.
Ora sono concentrato solo su Elena che sembra essere diventata una statua di sale. La sua bocca è socchiusa, ma non esce nessun suono. I suoi occhi... quegli occhi che ho imparato a conoscere così bene, ora sono vuoti, spenti, buii e incapaci di riconoscermi.
È come se non riuscisse nemmeno a vedermi. Sembra intrappolata in un'altra realtà dove non puoi vedermi, lontana da me, lontana da tutto.

"Elena... mi senti?" la mia voce è bassa e tremante "Sono io, Riccardo... sono qui. Amore rispondimi! Ti prego!"

Ma lei non dà segnali di vigilanza. Il suo corpo è così fragile tra le mie mani che ho paura persino di stringerla fra le mie braccia poiché potrei farle dal male. Non mi ascolta, non mi sente, non mi vede. Un'ondata di panico mi assale perché mi sento totalmente responsabile di questa sua condizione. La mia mente corre veloce, immaginando il peggio.

Cosa le ha fatto pensare Gabriele?

Cosa le ha messo a credere per ridurla così?

La verità... o una versione distorta, carica di veleno e tritolo?

Dovevo essere io a parlarle, dovevo essere io raccontarle tutto, ma sono stato un vigliacco. E ora, lei sta pagando per la mia codardia. Non doveva andare così, non doveva scoprirlo in questo modo.

Eva... Dio, quanto tempo ho cercato di seppellire quel nome. Era un rapporto perverso, e io ero prigioniero di quei giochi, di quei ruoli che cambiavano costantemente, facendomi perdere il controllo di me stesso. Gabriele sa tutto. Sa che quella relazione con Eva non era solo un segreto imbarazzante, ma anche una verità oscura che avevo nascosto perfino a mia moglie e peggio di tutti: a me stesso. Era qualcosa che avevo sepolto, dimenticato, annientato, convinto che mai nessuno l'avrebbe scoperto. Eppure adesso Elena ha scoperto tutto e questo pensiero mi devasta. Ha creduto sicuramente ad ogni parola velenosa di Gabriele, ogni maledetta verità distorta che le ha rivelato. Ed è colpa mia, perché non ho mai avuto il coraggio di raccontarle la verità. Sono sicuro che lei adesso crede che io l'abbia usata come una copia di sua zia. Probabilmente crede che ogni bacio, ogni carezza, ogni momento passato insieme fosse solo un riflesso di quello che avevo vissuto con Eva.

Che ogni volta che l'ho guardata, ho visto il fantasma di sua zia.

Ma non è così!

Elena non è Eva!

Io l'amo davvero, profondamente e intensamente, e quello che c'è stato tra noi è reale e puro.

Non è una ripetizione del passato, non è un'illusione!!! Ma come posso farle capire questo ora, dopo tutto quello che ha scoperto?

È un turbinio di emozioni negative quello che sento, e non riesco a trovare pace. So che Gabriele l'ha convinta che mi sia avvicinato a lei solo per il ricordo di Eva, come se fosse un riflesso sbiadito di un amore perduto.

Ma non è affatto così!

Appena ho incontrato Elena, ho sentito un terremoto dentro di me, una passione e un desiderio che non avevo mai provato in vita mia. Non era una replica del passato, non era un tentativo di riempire un vuoto. Di Elena non è stata l'immagine simile o il ricordo di Eva a catturarmi, ma la sua indole e il suo spirito vivace e appassionato.
Non posso accettare che Elena possa pensare che io abbia cercato in lei un'eco di un amore sbiadito.

È terribile!

Non è così e voi, miei adorati lettori, lo sapete molto bene che non è affatto così.

La sollevo con delicatezza, anche se il suo corpo non collabora affatto. È leggera come un foglio di carta, e io la stringo al petto, cercando di darle calore ma lei continua a tremare. La porto fra le mie braccia fino alla sua casa al mare e ogni secondo le poso dei baci sulla fronte per tentare di tranquillizzarla. Una volta arrivati a casa, la adagio sul letto, coprendola con una coperta di lino. I suoi vestiti sono freddi, bagnati di sudore e così la svesto con cura, attraverso gesti quasi meccanici, perché la mia mente è paralizzata dalla paura. Le sue palpebre sono chiuse e il suo volto è immobile.

"Piccolina mia," le sussurro, sfiorandole la guancia con una delicatezza infinita.

"Ti ricordi perché ho iniziato a chiamarti piccolina?" le sussurro con voce bassa. "Durante una delle nostre prime uscite, mi avevi confessato che ti facevo sentire così... piccola, fragile. Come se io avessi la capacità di entrare nella tua anima, di scoprire ogni tua fragilità, ogni tuo segreto. Mi avevi detto, con quella voce che solo tu hai, 'tu mi fai sentire piccolina', e da quel momento non ho potuto fare a meno di chiamarti così. Non era solo uno sfottò, ma il simbolo del legame che si stava creando tra noi."

La osservo attentamente, cercando nei suoi occhi semichiusi un segno di risposta, un movimento che possa farmi capire che è ancora con me, che il nostro legame non si è spezzato

"Elena, ho capito presto che dietro quella maschera di spavalderia che portavi con tanta convinzione, c'era un'anima fragile, un cuore che aveva sofferto, un bisogno disperato di amore. E io... io ho fatto tutto ciò che potevo per imparare a gestire quella tua natura indomabile, quella tua alternanza di forza e debolezza, perché sapevo che sotto quella corazza c'era la donna che amo."

Mi avvicino ancora di più, le bacio piano la fronte, poi le labbra, sperando di risvegliarla, di strapparla a quel torpore che sembra averla avvolta.

"Sai, piccolina, ti sei mostrata a me come un angelo, con la tua dolcezza, la tua bellezza pura e disarmante. Ma sei stata anche un diavolo, una tentazione a cui non ho mai saputo resistere, come le eroine dannunziane, come quella Elena Muti che incarna tutte le passioni e i tormenti di chi ama e distrugge al contempo. Tu hai avuto il potere di portarmi alle vette più alte e agli abissi più profondi. E io ti ho amato in entrambe le tue forme."

Le accarezzo i capelli rossi e li sistemo dietro l'orecchio, e continuo a parlare, quasi in un sussurro, come se solo la mia voce potesse tenerla ancorata alla realtà.

"Sei stata il più bello degli angeli, disceso per me, con quegli occhi blu che sembrano racchiudere il cielo e quei capelli rossi come il fuoco che mi consuma. Eppure, sei stata anche un diavolo. Sei stata la mia salvezza e la mia rovina, l'angelo che mi ha dato la vita e il diavolo che me l'ha tolta. Non posso fare a meno di te, non posso perderti," sussurro mentre le bacio le labbra, cercando disperatamente un segno di risposta o un fremito, ma lei resta immobile con il viso bianco e privo di espressione con gli occhi fissi nel vuoto. Il terrore mi assale e capisco d'aver bisogno di aiuto quando Elena improvvisamente si contorce, portando una mano alla bocca ed emette un verso strano.

"Elena!!! Amore!!! Che ti succede???" la chiamo con voce strozzata, ma prima che possa fare altro, si piega in avanti e vomita sul letto, più e più volte. Il suo corpo è scosso da spasmi e la sua pelle è pallida come il lenzuolo che ora è macchiato. La guardo, paralizzato dalla paura, mentre il dolore nel petto si fa più acuto. Mi inginocchio accanto a lei e la abbraccio cercando di non farla soffocare tra le convulsioni del suo stomaco.

"Elena... Elena!" urlo accarezzole i lunghi capelli rossi, ma è come se non mi sentisse. Lei continua a rimettere e io mi sento completamente impotente. Elena continua a vomitare, tremante e distrutta. La nausea di lei sembra il risultato di tutto il dolore e la disperazione che le ho causato.

"Mi dispiace... mi dispiace così tanto...Amore ti prego..." la supplico mentre la stringo a me perché non so come farla stare meglio. Con le mani che tremano prendo il telefono e chiamo un mio caro amico medico che è primario all'ospedale di Pescara. È l'unico che può aiutarmi adesso. Quando risponde, non riesco nemmeno a parlare subito.

"Andrea... devi venire. Io ho una persona che... sta male. Non so cosa fare."

Andrea si precipita da noi, lui si avvicina al letto, osservando attentamente Elena, il suo sguardo è professionale e serio. E io lo guardo attentamente mentre visita Elena, con una precisione che invidio. Vorrei poterla aiutare io, ma sono impotente, relegato al ruolo di spettatore.

"Riccardo?" mi chiama Andrea.

"Sì?"

"Riccardo, conosci bene questa ragazza?"

Sento un'ondata di imbarazzo salire, ma non posso permettermi di mentire. Non adesso. Annuisco lentamente.

"Sì, noi due stiamo insieme... ecco, è una lunga storia, Andrea"

A lui sembra non importare molto della mia rivelazione.

"Prende la pillola?"

"Sì"

Andrea sembra rilassarsi leggermente, lasciando andare un sospiro di sollievo.

"Mh. Capisco. Grazie per avermelo detto."

"Perché mi hai chiesto ciò?"

"Beh, avevo pensato ad una gravidanza, ma se prende la pillola, è molto improbabile."

Una gravidanza? Cosa?!!!

Sento un colpo dritto allo stomaco. Alla mia età, di nuovo padre? Sarebbe un disastro, un vero caos. Elena ha solo vent'anni, è ancora una ragazza con tutta la vita davanti, e io... io sono un uomo con un passato, con un matrimonio e dei figli.

"Cosaaaa?Una gravidanza?" alzo il tono della voce perché sento il cuore stringersi in petto. "Non può essere no!" urlo mentre percepisco un dolore fisico talmente forte che un colpo al cuore mi paralizza.

Diventare padre, di nuovo, a quarantacinque anni... no, non posso permettermelo.

Non posso immaginare di affrontare tutto questo, non adesso.

E poi, Elena... lei ha solo vent'anni, è così giovane, così fragile, talvolta anche immatura e assettata di vita e divertimento. Ha un'intera esistenza davanti, sogni da realizzare, un futuro ancora da scrivere. E io non ho nessun diritto di imporle una responsabilità così grande, di legarla a me per sempre in un modo che potrebbe rovinarle la vita.
Il solo pensiero mi agita. La sola idea di affrontare le conseguenze di tutto questo mi uccide e mi toglie il respiro.

"Riccardo, non sono un ginecologo, ma i sintomi che ha mostrato—nausea, debolezza—potevano far pensare a quello. Tuttavia, se prende la pillola, la causa è probabilmente un'altra."

"Ah... per fortuna" ora che Andrea esclude la possibilità di una gravidanza, tiro, finalmente, un sospiro di sollievo così profondo che sento il peso del mondo sollevarsi dalle mie spalle "Un'altra causa?" chiedo, cercando di capire. "Cosa vuoi dire?"

Andrea si sistema gli occhiali, guardando di nuovo Elena.

"Ha subito uno shock, Riccardo. Qualcosa le ha provocato un trauma talmente forte da causarle questo stato di impotenza e nausea. È un meccanismo del corpo per reagire a un livello di stress e angoscia così elevato. Non preoccuparti, con riposo e cure, si riprenderà."

"Devo portarla in ospedale?" chiedo, il cuore che mi batte all'impazzata. "Cosa devo fare per farla riprendere?"

Andrea scuote la testa con calma.

"Non è necessario portarla in ospedale, Riccardo. Elena ha solo bisogno di riposo e tranquillità. Vedrai che domani mattina starà meglio."

Sospiro, ma c'è ancora una preoccupazione che mi tormenta.

"E per il trauma? Come faccio ad aiutarla?"

Andrea mi guarda con serietà.

"Considera l'idea di farle fare una visita da uno psicologo, Riccardo. Questo tipo di shock può lasciare segni profondi, e un professionista potrebbe aiutarla ad affrontare quello che ha vissuto."

Annuisco, stringendo la mano di Elena tra le mie.

"Farò tutto il possibile."

Andrea si passa una mano sulla fronte, guardandomi con un'espressione preoccupata.

"Riccardo, ti sei cacciato in un bel guaio. Hai avuto un infarto solo qualche mese fa, e questa situazione non è per niente ottimale. Non ti vedo affatto bene."

Sento un brivido lungo la schiena perché so che purtroppo, ha ragione.

"Che intendi dire?"

Lui prende lo stetoscopio e mi visita, posizionandolo sul mio petto e ascoltando attentamente. Dopo qualche istante, si allontana e scuote la testa.

"Hai i battiti al minimo, Riccardo. Dovresti andare in ospedale. Non posso permettere che ti prenda un altro infarto."

"No! Non posso!!! Devo pensare a lei. Non me ne vado da qui finché non si riprende!!!"

Andrea mi guarda con serietà, ma poi sospira, consapevole della mia determinazione.

"D'accordo, ma non posso lasciarti così. Domani mattina verrò a controllare tutti e due. Tu non rischiare, per favore. Riposati. Se si riprende , stanotte o domani mattina o quel che sia, stai buono. Non affaticare il cuore"

Annuisco, apprezzando la sua preoccupazione.

"Grazie, Andrea"

"Per te questo e altro Riccardo. A domani"

Quando Andrea va via, io misdraio accanto a lei, cauto, per non disturbarla. La stringo, leggermente, abbastanza per sentire il calore del suo corpo contro il mio, ma senza essere invasivo.

"Ti amo, Elena... Qualunque cosa ti abbia detto Gabriele, è sbagliata. Non è così. Io non ti ho mai mentito su quello che provo per te."

Mi sento un nodo alla gola. Avrei dovuto parlare, avrei dovuto affrontare tutto questo prima. Ma non l'ho fatto. Sono stato un codardo, ed ora lei soffre.

"Mi dispiace, mi dispiace tanto..." la mia voce si spezza, mentre la tengo tra le braccia.

"Elena... ti prego, ascoltami," le dico, cercando di tenere la voce calma, nonostante senta il cuore battere così forte da farmi quasi male.

"So cosa ti ha detto Gabriele. So che ha cercato di convincerti che mi sono avvicinato a te perché mi ricordavi Eva... Ma non è così. Non lo è mai stato."

Mi avvicino a lei, cercando di cogliere il suo sguardo, ma i suoi occhi sono ancora fissi in un punto lontano.

Deve ascoltarmi, deve capire la verità.

"Non sapevo che tu fossi sua nipote. Non l'ho scoperto fino a quando, quella sera a cena, hai detto il nome di tua madre"

Mi fermo un istante, cercando di scegliere le parole più adatte come se lei fosse in grado di sentirmi.

"Avrei dovuto dirtelo prima, lo so. Avrei dovuto essere onesto. Ma tu lo sai, abbiamo attraversato tanti scontri, tante incomprensioni... Ogni volta che provavo a dirti la verità, mi sembrava che un'altra frattura si aprisse tra di noi, e non volevo che quella verità ci distruggesse. Avevo in mente di dirtelo, te lo giuro. Volevo farlo una volta tornati al Nord, quando saremmo andati a vivere insieme. Ci eravamo appena riappacificati, e l'idea di mettere un altro peso sulla nostra relazione mi terrorizzava. Non volevo perderti, Elena. Non di nuovo."

Prendo fiato, sento che devo dirlo tutto adesso, che non c'è più tempo per mezze verità.

"Non avrei mai potuto immaginare che sarebbe stato Gabriele a dirti tutto... e con la sua maledetta cattiveria, con quelle bugie infarcite di veleno. Ha manipolato la verità, te lo giuro. Ha messo il suo odio in ogni parola. E tu non devi credergli. Io non ti ho mai guardata pensando a Eva. Ogni volta che ti guardo io vedo solo te. Vedo la donna che amo. Non è il ricordo di un amore passato, Elena. È il tuo sorriso, la tua passione, i tuoi profondi e glaciali occhi blu, la tua indole, la tua natura così simile alla mia... tutto ciò che ti rende speciale."

Mi inginocchio di fronte a lei, cercando i suoi occhi con disperazione.

"Ti prego, non permettere che Gabriele distrugga quello che abbiamo creato. Io ti amo, Elena. Ho sbagliato, sì... ma mai nel mio amore per te. Elena... se ti perdo, perdo tutto," le dico, e sento la mia voce tremare. "Non posso immaginare una vita senza di te. Sono un uomo finito senza di te, non potrei continuare a vivere. Sei tu che mi hai fatto riscoprire la vita. Grazie a te ho trovato la forza di scrivere di nuovo, persino di completare il mio romanzo. Senza di te... cadrei in una disperazione che non riesco nemmeno a descrivere."

Le prendo le mani, anche se sono fredde e inanimate

"Non si tratta di possessione, no. Non è questo. È amore, Elena. Quando ami davvero una persona, non riesci a vivere senza di lei, non te ne fai una ragione. Non è ossessione, non è passione o desiderio. È amore puro. È l'amore che mi tiene in piedi, che mi ha dato un motivo per svegliarmi ogni mattina. Tu sei la mia vita, Elena. Senza di te... non c'è nulla."

Lei chiude gli occhi senza emettere alcun suono.

"Elena... non riesco nemmeno a descriverti quanto sto male," dico, cercando di respirare mentre il dolore mi stringe il petto.

"Preferirei morire che vederti così. Sento il mio cuore scoppiare... e non so quanto ancora resisterà. Non volevo dirtelo, non volevo aggiungere altro dolore, ma la verità è che temo che presto questo colpo potrebbe costarmi un altro infarto. E non te lo dico per metterti paura, ma perché... perché non posso sopportare l'idea di perderti. Se ti perso... veramente preferisco avere un altro infarto e morire"

Le stringo le mani, il tremore che le attraversa mi fa sentire ancora più impotente.

"Quando ti ho conosciuta, non sapevo nulla. Come avrei potuto immaginare che, in una metropoli del nord Italia, mi sarei innamorato della nipote della mia ex di Pescara? È una coincidenza assurda, impensabile. Certo, ho notato una somiglianza, ma non è per questo che mi sono avvicinato a te. Sei una donna bellissima, intelligente, sensuale... ma è stata la tua indole che mi ha colpito di più."

Le parole escono con difficoltà, ma non posso fermarmi ora.

"Vedi, Elena, io mi sono sempre sentito sbagliato. Per la mia natura, per le mie inclinazioni... Ma tu... tu mi hai fatto sentire libero. Mi hai fatto capire che non ero sbagliato, che non ero perverso o malato. Con te ho vissuto un amore che non avevo mai provato prima, qualcosa di puro, vero. E adesso, se tu decidessi di non vedermi più, se tu mi lasciassi... non so come potrei andare avanti"

La mia voce si spezza mentre lo dico.

"Preferirei morire, Elena, davvero... piuttosto che stare senza di te" sospiro piangendo.

"Elena, so quanto sia difficile accettare che io abbia avuto una storia con tua zia. Lo capisco, davvero. Non è facile da digerire, e non ti biasimo per come ti senti adesso. Ma ti prego, dobbiamo superare tutto questo perché il nostro amore è reale, è forte. Non è assolutamente vero quello che Gabriele ti avrà detto. Non puoi credere alle sue parole."

Mi avvicino ancora di più, sperando che la mia sincerità la raggiunga.

"Io non ho mai, mai cercato di rivivere quell'amore passato attraverso di te. Non ti ho adescata. Non sapevo chi fossi, e quando l'ho scoperto, credimi, ero sconvolto quanto te. La mia unica colpa è di non avertelo detto subito. Ma sai cosa è successo dopo... Sono finito in ospedale per l'infarto, poi abbiamo avuto quei litigi, e tu insistevi giustamente sul fatto che dovevo lasciare mia moglie. Eravamo in conflitto continuo."

Le parole mi escono con difficoltà perché sto annegando nelle mie lacrime.

"Non c'è mai stato un momento di pace per poter affrontare tutto questo. La nostra relazione è stata tormentata fin dall'inizio, ma io avevo in progetto di dirti tutto... non volevo che lo scoprissi in questo modo, attraverso Gabriele e le sue bugie. Io ti amo, Elena, e volevo che tu lo sapessi da me, quando fossimo stati più sereni. Non ho mai voluto ferirti."

Le prendo le mani, cercando di darle forza.

"Possiamo superare tutto questo, insieme."

Per ora, la tengo stretta, sperando che domani, il mondo non ci crolli addosso.

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