🔞🔥 Capitolo 61🔞🔥 Lezione 20🔞🔞

Appena entro in casa, il rumore della porta che si chiude mi sembra troppo forte, quasi amplificato dal silenzio che mi circonda. Il cuore mi batte ancora veloce per quello che è successo con Elena e mentre cerco di mettere ordine nei pensieri, vedo Anna sul divano che mi guarda carica di sospetto.

"Dove sei stato?" chiede mentre legge un libro senza alzare lo sguardo su di me. La sua voce è calma, ma dietro quella tranquillità c'è qualcosa che mi mette a disagio. Mi sta studiando, cercando la minima crepa nella mia storia.

"Ho preso una birra con Carletto. Lo sapevi. Te l'avevo detto," dico, cercando di suonare convincente. Mi sforzo di sembrare naturale, ma dentro di me c'è solo follia.

"Con Carletto, eh?" ripete, come se stesse testando la mia risposta, cercando il minimo segno che possa tradirmi. Si alza lentamente, e ogni movimento è calcolato, misurato, come se sapesse esattamente quello che deve fare per farmi crollare.

"Adesso lo vediamo..." mi si avvicina e, senza dire altro, poggia una mano sul mio petto. Mi guarda dritto negli occhi, e io cerco di mantenere la calma.

Ma poi succede: si avvicina ancora di più e le sue labbra cercano le mie.

È la prova.

La prova del nove.

Il suo bacio è la prova del nove.

Se mi ritraggo, se non rispondo, saprà la verità. Saprà che l'ho tradita di nuovo. E io... non posso permetterlo.

Non ora.

Non così.

Le mie labbra si muovono schifosamente contro le sue, cerco di farlo sembrare naturale, ma dentro di me tutto è sbagliato e controvoglia. Il bacio purtroppo si fa più intenso e non posso ritrarmi. Lei non si ferma, anzi, si stringe a me, e capisco subito dove vuole andare a parare, palmandomi nei paesi Bassi che sembrano morti sotto il suo tocco.

"Che succede? Come mai? Non sarà forse quello che penso io?"

"No! Che dici?! Temo semplicemente di aver bevuto troppa birra" biascico e ogni parte di me grida di fermarmi, di trovare una scusa, ma so che se lo facessi, sarebbe la fine.

Capirebbe.

Le sue mani scivolano lungo il mio corpo, e mi costringono a seguirla in camera da letto.

Ogni passo è una condanna, una lotta contro me stesso e il senso di colpa che mi divora.

Ma non posso fermarmi. Non ora.

Quando ci spogliamo, tutto sembra una finzione, un film venuto malr. Le sue mani su di me, i suoi baci, tutto mi sembra distante, freddo e finto. E soprattutto provo una certa repulsione.

Ma devo farlo.

Devo convincerla.

Ci uniamo, e mentre i nostri corpi si muovono insieme, io non riesco a togliermi dalla testa l'immagine di Elena che gode sotto di me e riesco a venire solo pensando a lei. Ci ho messo un bel po', circa mezz'ora ma comunque ci sono riuscito solo ripensando al suo sedere che sbatteva alle mie palle in ascensore. Quando tutto finisce, lei si accoccola accanto a me e si addormenta mentre io fisso il soffitto, sentendo la schifezza per quello che ho appena fatto.

Il giorno dopo, non riesco a togliermi Elena dalla testa. Lascio scivolare lo sguardo sul telefono, il pollice è pronto a inviarle un messaggio, e prima di rendermene conto, le sto già scrivendo.

"Amore ❤️ buongiorno🥰Non riesco a smettere di pensarti. Ieri è stato incredibile. Vorrei averti qui adesso."

Aspetto qualche minuto, ma nessuna risposta. Forse è impegnata. Oppure sta ancora dormendo, penso, cercando di convincermi che sia così. Sono al mare, mentre i miei figli si stanno facendo il bagno e mia moglie è di fianco a me a leggere un libro.

"Sono al mare oggi, e continuo a immaginarti accanto a me, sdraiata sul lettino, con un bel costume a perizoma scelto dal sottoscritto. Mmmm. 😏 Sai quanto ti voglio, amore ❤️"

Il silenzio del telefono mi irrita. Il terzo messaggio arriva più in fretta di quanto mi aspettassi.

"Non è lo stesso senza di te 😞. Non riesco a pensare a nient'altro che a te. Dove sei? Ci vediamo oggi? Vorrei farti vedere la casa Natale di Gabriele D'Annunzio😁 che dici? 😘 Ti prego voglio vederti 🙏🏻🙏🏻🙏🏻"

Ma il suo silenzio continua. Mi monta dentro un'inquietudine strana, quasi come se qualcosa non andasse.

"Piccolina 😍 mi stai facendo preoccupare 😞 dove sei?"

Lei non risponde.

"Ma con chi stai parlando? Puoi lasciare questo telefono?" tuona Anna.

"Con il mio editore" rispondo secco "devo andare un attimo a casa per inviarli Delle carte" invento e decido di passare all'azione, dirigendomi verso l'hotel dove so che sta soggiornando Elena. Non so neanche cosa mi aspetto di trovare, ma quando arrivo lì, alla reception mi dicono che Elena non c'è poiché è uscita presto questa mattina.

Dov'è andata?

Con chi?

Cosa sta facendo?

Perché non mi risponde al telefono?

La frustrazione mi sale al cervello e rimango agitato per tutto il pomeriggio. La chiamo diverse volte al telefono, le ho contate saranno state 20 chiamate, giù di lì. Ma lei non ha mai risposto.

Dunque , arrivata la sera, faccio l'unica cosa che mi sembra sensata al momento: esco con Carlo, il mio caro amico di Pescara. Ma è solo una scusa, voglio solo avere l'occasione di incrociarla e di capire dove si trova. Pescara non è una città assai grande ed Elena probabilmente è da qualche parte, in uno dei locali della zona frequentati dai giovani.

Eppure, non riesco a togliermi l'idea di trovarla con qualcun altro dalla testa, e questa possibilità mi divora.

Arriviamo ad un locale in città, uno dei soliti lounge bar dove andiamo sempre per sorseggiare un buon Gin mare.

E lei è lì, proprio nel mezzo della sala, la vedo.

Elena.

Ma non è sola.

Il cuore mi si blocca nel petto quando la vedo in compagnia di un ragazzo. Avrà all'incirca sui trent'anni, occhi azzurri, capelli neri e una valanga di tatuaggi.

Come può uscire con un tipo del genere che non ha nulla in comune con me? Maledizione!

Mi ferisce profondamente il fatto che lui sia affascinante e che sia a malincuore, veramente un bel ragazzo. Stanno parlando e ridono e c'è una certa complicità fra loro. Lui si avvicina a lei, troppo vicino per i miei gusti, le sorride in modo che mi fa salire il sangue alla testa. Lei non sembra minimamente turbata dalla sua presenza. Anzi, sembra divertirsi. Il modo in cui lui la guarda, in cui si protende verso di lei... mi fa impazzire.

Lei non mi ha visto, o forse sì non saprei dirlo prché la gelosia esplode dentro di me come una bomba e vedo tutto nero.

Non riesco a togliermi dalla testa quello che abbiamo condiviso ieri sera, i gemiti, i baci, il piacere infinito, i "ti amo" gridati. E ora questo ragazzo... con il quale lei sta flirtando.

Mi sembra di non riuscire a respirare. Mi sale un impulso feroce di andare lì, di strapparla via da lui, ma mi blocco, sentendomi paralizzato. Se lo faccio, tutto potrebbe saltare. Ma se non lo faccio, sento che impazzirò.

"Riccà, tutto apposto?" mi chiede Carlo mentre sorgeggiamo il nostro Gin mare.

"Sì, sì Carlè. Tutto bene"

"Comunque sai una cosa? So che non dovrei dirtelo ma..."

"Ma?"

"Quella ragazza laggiù, quella con i capelli rossi, assomiglia a Eva. Ma proprio sembra la figlia, accidenti! La tua ex di quando avevamo 20 anni!!!Quella con i capelli rossi con gli occhi blu che quando facevamo le superiori poi si doveva sposare e..." la voce di Carlo mi arriva lontana e non la sento del tutto.

"Sì Carlo ho capito. Non serve che vai oltre. Conosciamo tutti la storia" lo interrompo e osservo la scena con una rabbia che cresce sempre di più.

"Vabbè Riccà, non serve che reagisci cuscì però eh"

*"D'accordo Riccardo ma non serve che tu reagisca così"

Elena mi ha ignorato, non ha risposto ai miei messaggi e alle mie chiamate e ora si sta divertendo con qualcun altro.

Non posso sopportarlo.

Avranno fatto se**o? Certo, non sono nella posizione di recriminare nulla ma la nostra non è una relazione aperta. Io non ho amanti. Ho una moglie e sono semplicemente costretto ad adempiere ai miei doveri coniugali ancora per un po'. Ma questo periodo passerà e non dovrò, presto, sottopormi a nessuna tortura.

C'è troppa chimica tra di loro, e questo mi sta uccidendo.

"Non posso più sopportarlo," mormoro, stringendo i pugni al punto che le nocche diventano rosse.

"Riccardo, calmati. Che ti succede?," dice Carlo, ma la sua voce è una eco lontana. Il mio sguardo resta fisso su di loro, il ragazzo che ora la invita a ballare.

Elena sorride, un sorriso che fino a ieri credevo fosse solo per me.

E quando si lascia andare tra le sue braccia, provocante, sento qualcosa dentro di me esplodere.

"Devo dirti tutto," gli dico, quasi di getto. Carlo mi guarda con sorpresa.

"Io e quella ragazza, Elena... beh, noi due stiamo insieme o perlomeno stavamo insieme"

"Cosa?!!!! Hai tradito Anna?" lui è davvero sorpreso.

"Ho rischiato tutto per lei, e ora... guarda cosa sta facendo"

Mi interrompo per un attimo, il respiro è spezzato dalla gelosia. "Non posso vederla così con un altro. Non posso. Madonna! Sto impazzendo!"

Carlo mi guarda preoccupato. "Lo capisco, ma non è il momento di fare una scenata qui. Se ti butti nel mezzo, peggiorerai tutto. Sei sposato e qui a Pescara ti conosce mezzo mondo!!! Oggi tradire sembra sempre più un obbligo, un atto per sentirsi vivi, unici, importanti. Si tradisce di continuo e lo si fa per noia, per mancanza di emozioni, per mettersi alla prova, per sentirsi giovani, solo perché è di moda. Hai una moglie che ti ama, una famiglia unita. Che te ne fai di una ragazzetta che appena svolta l'angolo ti mette le corna? Svegliati Riccà!!!"

" Sì, sì! Infatti adesso lo vedi come mi sveglio!" mi alzo dalla sedia e Carlo tenta di afferrarmi per il braccio, ma lo sposto con un gesto deciso.

"Riccà no! Che direbbe Anna? No!!!!"

Mi piazzo tra di loro, separandoli con un movimento fermo. Elena mi guarda sorpresa, confusa, e il ragazzo, non ci mette molto a reagire.

"Che diavolo fai, amico?" mi dice con un tono sprezzante.

Io rimango calmo. Dentro di me c'è una tempesta, ma fuori cerco di mantenere la lucidità.

"Stai ballando con una ragazza che merita rispetto," dico, fissandolo dritto negli occhi. "Non sai nemmeno chi è, ma io sì. E ti assicuro che tu non sei la persona che dovrebbe starle vicino. Fidati"

Lui ride, un suono nervoso e sfrontato.

"E chi diavolo sei tu per decidere? Vecchio squilibrato? Chi sei? Suo nonno?" scoppia a ridere di nuovo.

"No, non sono suo nonno ma sono uno che la conosce davvero," rispondo.

"Ah sì? E come la conosci? Perché ti cambia il catetere? Vedi di andare a fan**lo Perché noi qui abbiamo da fare"

Il ragazzo fa un passo verso di me, provocatorio, ma io non mi muovo.

"Fidati, mio caro, tu con lei non hai un bel niente da fare"

"Dici di no? E invece io stasera me la riporto a casa! Str**zo! E ci diamo un bel da fare in camera da letto!"

"Allontanati da lei," dico, la mia voce bassa ma ferma. "Non ti conviene"

Lui ci pensa per un attimo, poi si gira verso Elena, cercando di convincerla con uno sguardo.

"Ma chi diavolo è questo vecchio? Guarda che io lo ammazzo se non se va!" grida lui verso di lei, confusa.

"Vuoi davvero passare del tempo con qualcuno come lui, Elena? Guarda come reagisce, come si comporta. È un cafone!"

Io la prendo per mano con decisione e insieme usciamo dal locale, lasciandoci alle spalle tutto il resto. Il silenzio della notte ci avvolge mentre camminiamo, e finalmente torno a respirare.

"Che diavolo stavi facendo lì dentro?!" le urlo, la voce più feroce di quanto avessi intenzione. "Ballare con quello? Lasciarti toccare così? Che pensavi di ottenere? Farmi impazzire di gelosia? Beh, ci sei riuscita!"

"Riccardo, adesso puoi finalmente capire come mi sento io. Tu puoi permetterti di essere geloso, di urlarmi contro, di farmi scenate. Ma io? Io devo stare in silenzio mentre so che sei sposato, mentre so che vai a casa da un'altra donna ogni sera, mentre hai una vita parallela. E io sono costretta ad accettarlo. Ogni volta!!! Ogni ca**o di volta!!! Pensi che non mi distrugga sapere che non sono l'unica per te? Che ogni volta che mi tocchi, so che quelle mani toccano anche lei? Pensi che mi faccia piacere dover aspettare i tuoi messaggi, i tuoi rari momenti rubati? Sai cosa vuol dire vedere l'uomo che ami vivere un'altra vita, e non poter farci niente?"

Le sue parole mi colpiscono come pugni.

"E stasera," continua, "per una volta, ho voluto provare come sarebbe uscire con qualcuno che è libero di volermi davvero, senza dovermi nascondere. E sai una cosa? Mi ha fatto male quanto ha fatto male a te vedermi con lui, ma almeno ora puoi capire un po' cosa provo io ogni giorno"

Rimango lì, congelato, mentre lei mi spara addosso la verità e io mi sento ovviamente una me**da.

"Ma ora hai provato un po' di quello che provo io. E fa male, vero?"

"Certo che fa male, Elena! Fa un male cane! Cristo!" grido, stringendo i pugni con la stessa forza con cui sto cercando di non perdere del tutto il controllo. "Ma tu hai giocato sporco, lo sai! Sapevi che sarebbe stato devastante per me vederti con quel cog**one. Tu lo sapevi e l'hai fatto lo stesso, perché? Per farmi soffrire?"

Lei mi guarda con fiamme negli occhi, pronta a contrattaccare, ma io non le do spazio, continuo, la mia voce si alza ancora.

"E se non fossi intervenuto stasera? Se non ti avessi trovata lì, che sarebbe successo? Eh? L'ho visto che c'era qualcosa tra di voi e lo sapevi anche tu! E non avresti fermato niente, vero? Lui ti avrebbe portata a letto! Anzi a questo punto devo pensare che lui l'abbia già fatto! Dimmelo, ci hai sco**ato!?"

"Ma che te ne frega eh?"

"Me ne frega! Lo devo sapere! Ci hai sco**ti?"

"No Riccardo! No!" mi urla contro, facendo un passo verso di me, con il viso ora contorto dalla rabbia. "E tu dimmi, da quanto tempo è che non sco**i con lei, eh? Da quanto tempo vai a letto con tua moglie?"

Non posso dire una bugia, purtroppo.

"Vuoi sentirtelo dire eh? Va bene! Ho dovuto cedere ieri sera, ok? Dovevo farlo per non farle sospettare niente! Ho dovuto! Qui si tratta di dovere e non di piacere come stavi per fare tu! Io non potevo rischiare, capisci? Ma questo non vuol dire niente, Elena. Non significa nulla per me! Niente!!! Ho pensato a te tutto il tempo. Io amo te, ca**o!"

Lei mi guarda con disgusto, incredula, come se la mia confessione avesse appena rotto qualcosa di irreparabile tra di noi.

"Non vuol dire niente?" mi urla, la sua voce rotta dal dolore. "Tu hai sco**to con lei, Riccardo, dopo che sei stato con me e ora ti aspetti che io accetti tutto questo? Che io accetti di stare nell'ombra, sapendo che ogni notte sei con lei, mentre io devo immaginare come te la sc**i? E devo crederti quando mi dici che non vuol dire niente? È finita Riccardo! Non posso continuare a vivere in questa maniera. O la lasci oppure puoi andare a fan**lo!!! Basta è finita per me!"

Non rispondo poiché non c'è molto da obiettare e so benissimo che se controbattessi finirei per peggiorare di gran lunga la situazione.

"Ah! Sai quale sarebbe stato il mio piano questa sera ? Portarmi a letto quel bell'imbusto e poi mandarti le foto! Sì! Hai capito bene! Le foto mentre ero a letto con lui mentre mi trivellava in tutti i modi! Perché è questo quello che ti meriti!!!" strilla lei allontanandosi e pronta per andare via l'ennesima volta.

Eh no! Questo no! Nemmeno per scherzo!

La rabbia mi esplode e la afferro per il polso e la trascino tra le mie braccia. La guardo negli occhi, sento il battito del suo cuore accelerare sotto il mio tocco. Le metto una mano al collo e premo. Un sospiro più forte, quando le alzo la gonna e spingo il mio dito fra il tessuto delle mutandine.

"Vedi, piccolina... adesso temo proprio che tu abbia oltrepassato il limite. Tu mi fai ingelosire, e lo fai apposta. Ti piace farlo. Ti piace vedere quando mi mandi fuori di testa. Brava , ci sei riuscita ma non scherzare con il fuoco. Perché se tu ti fossi spinta fino a tanto. Beh... ecco vedi. Non so se hai percepito davvero la pericolosità dello scoprire certe dinamiche che liberano la parte più nascosta e bestiale che è in ognuno di noi"

"Riccardo, basta..." sussurra, cercando di sembrare forte, ma c'è una debolezza nella sua voce che non può nascondere. "Non puoi continuare a..."

Non la lascio finire. Cosa avrebbe voluto dire? Manipolare, forse?

"Lo so che ti piaccio quando sono così," le dico, con un sorriso malizioso che so la farà sciogliere. " E sono sicuro che ti piacerebbe sapere come avrei potuto reagire se avessi visto quelle foto. Quando sono geloso, lo sai che succede , mh? Non fingere che non lo sai."

Lei cerca di voltarsi, ma non lo fa davvero. È solo un riflesso di autodifesa che non ha reale intenzione allontanarsi.

E io lo so.

Lo sento.

"Riccardo, smettila..." mormora, ma la sua voce non ha forza.

È una resistenza inesistente, la sua.

"Sai che non puoi resistermi," le dico con un sorriso malizioso. "Lo sai, amore. È un gioco che conosciamo solo io e te. Non devi dimostrare niente a nessuno. Con me puoi essere te stessa con le tue fragilità e... Indovina chi è la tua debolezza più grande? Io. Ora devi solo guardagnarti il mio perdono per quello che hai fatti stasera. Mi dispiace ma ti meriti una bella punizione"

Così, senza pensarci due volte, la spingo contro la porta di un magazzino abbandonato lì vicino, un angolo scuro e silenzioso. È un posto che nessuno frequenterebbe a quest'ora.

"Riccardo no" le sue mani cercano di fermarmi ma io con un colpo rapido apro la porta del magazzino dove l'interno è polveroso, ma è abbastanza buio da nascondere i nostri corpi che sudati si contorcono. La porto verso una vecchia scrivania accatastata tra scatoloni dimenticati, la spingo sopra di essa e il suo corpo si muove sotto il mio mentre la volto come fosse un peso piuma. Mi ritrovo il suo sedere in faccia mentre lei comincia ad ansimare perché ha capito cosa dovrà sopportare.

La punizione.

"Stai ferma" le ordino con tono freddo e autoritario.

"Pensavi di farla franca, vero?" sussurro al suo orecchio, la mia voce è bassa, quasi un ringhio. "E no invece... so che ti mancavano le nostre lezioni. Lezione 19: imparare a piangere per il piacere"

"Riccardo, io...," prova a dire, ma non le lascio finire la frase.

La mia mano si alza e poi si abbatte con forza sul suo sedere. Il suono della sculacciata riempie la stanza e sento il suo corpo sobbalzare.

"Ahhhh! Riccardo!!!!"

Non aspetto, non ce n alcun bisogno. Colpisco di nuovo, più forte questa volta.

"Questo è per ricordarti chi comanda qui," le dico, stringendo la presa sui suoi fianchi, forzandola a restare immobile.

Lei geme, ma non è solo per il dolore.

C'è eccitazione in quel suono, e lo sa anche lei.

"Riccardo, ti prego..." mormora tra i denti, cercando di resistere, ma so che è solo questione di tempo.

"Ti prego?" ripeto con un sorrisetto. "E No tesoro. Ci dovevi pensare prima di farmi inferocire.

Le do un'altra sculacciata, più lenta, assaporando il momento in cui il suo corpicino si contorce dal dolore. La sua pelle inizia a diventare violacea sotto il mio tocco, e ogni colpo che le infliggo la fa tremare sempre di più.

Non è solo punizione, è dominazione, è il mio controllo totale su di lei. Essere un master, è l'accettazione di una parte oscura di me. Ci è voluto tempo, molta pazienza, autocontrollo forzato per vivere in modo pieno la mia indole.

"Senti come reagisci," le sussurro con voce roca, afferrandole i capelli e tirandole indietro la testa, esponendo il suo collo. "Lo vedi quanto ti piace?" Le do un'altra sculacciata, più decisa, e sento un gemito profondo uscire dalle sue labbra.

"Ahhh!" geme lei.

"Dimmi che ti piace," ordino, tirandole i capelli con più forza.

"Mi piace..." ammette con un filo di voce, ma non è abbastanza per me.

"Non ti ho sentita. Dillo più forte!!!"

"Mi piace, Riccardo," ripete, con più convinzione, il suo corpo è completamente sottomesso ed è tremante sotto di me.

"Come mi devi chiamare?!"

"Padrone! Mi piace padrone"

"Brava," le sussurro, lasciando che la mia mano scenda lentamente su di lei, accarezzandola con una delicatezza che contrasta con la forza dei colpi.
Mi fermo a osservarla, il mio sguardo fisso sul suo corpo, sui suoi movimenti, e il fuoco della gelosia mi divora dentro.

So che lo fa apposta, gioca con la mia pazienza, spingendomi sempre oltre.

Le mie dita scorrono sul suo sedere e poi giù, fino a quando la mia mano si alza nell'aria e colpisce con un colpo fermo e forte. Elena trattiene il fiato, e sento il suo corpo irrigidirsi per un attimo.

"Riccardo..." il suo tono è implorante.

"Senti quanto mi fai perdere la testa, Elena?" Le dico, dandole un altro colpo, ancora più forte questa volta. Il suono della mia mano contro la sua pelle riempie la stanza. Lei geme piano, e io non riesco a fermarmi. Ogni colpo la fa tremare. Il suo corpo reagisce a ogni mio gesto, e questo mi fa impazzire.

"Non è giusto...," mormora tra i respiri affannati, cercando di ribellarsi, ma non ci riesce davvero.

C'è una parte di lei che lo vuole, che desidera questo quanto me.

"Non è giusto?" La mia voce è un misto di ironia e desiderio. "Non sei stata tu a provocarmi?" Le do un'altra sculacciata, questa volta più lenta, più profonda, e sento il suo corpo che si inarca in risposta.

Il suo respiro è spezzato adesso, e capisco che sono al limite.

"Dimmi chi è che desideri, Elena," le sussurro all'orecchio, mordendole il lobo. Il mio tocco si fa sempre più invasivo e lacrime sottili le scorrono lungo le guance, lacrime che non sono di dolore, ma di un piacere primitivo.

"Ahhhh... vedi che hai imparato subito come si piange per piacere!" Sento il suo respiro accelerare mentre i miei denti si avvicinano alla sua pelle. Le sue lacrime continuano a scendere, e mi perdo nel suono dei suoi singhiozzi di piacere. La mia bocca si sposta sul suo sedere, mordendo più forte, lasciando segni, come se volessi marchiarla.

"Ti senti mia, Elena?" le sussurro all'orecchio, mentre affondo i denti nella nella sua natica destra, il mio morso si fa più deciso, più profondo. Lei annuisce, il suo corpo risponde prima ancora che la sua voce possa uscire.

"Rispondimi!"

"Sì, sono tua..." singhiozza tra un gemito e l'altro, le sue lacrime si mescolano al sudore che ricopre il suo corpo. "Padrone"

Ogni morso è un segno di possesso, un promemoria del fatto che non c'è spazio per nessun altro.

Lei è completamente mia, e il suo corpo lo sa.

"Senti quanto ti piace? Ogni lacrima, ogni sculacciata, ogni morso, ogni gemito, tutto mi appartiene di te," le sussurro.

"Mi sei mancato da morire. Mi è mancato terribilmente tutto ciò"

"Lo so , amore" la afferro per i fianchi con forza, voltandola verso di me quasi con brutalità, e la spingo ancora più contro il bordo della scrivania. Lei emette un gemito soffocato, ma so che lo sta aspettando, lo vuole tanto quanto me.

"Ahhhh!!! Riccardo!!!!" senza esitazione, entro dentro di lei con una forza che le fa gridare il mio nome. Le mie spinte sono feroci. Ogni stoccata è una dichiarazione di potere, una punizione. Lei vuole sentirsi donna, desiderata, e io glielo faccio capire con ogni colpo, con ogni spinta violenta. La scrivania sotto di noi cigola, scossa dalla brutalità dei miei movimenti, ma non rallento. La mia mano si stringe sui suoi capelli, tirandoli indietro mentre continuo a penetrarla con rudezza.

"Questo è quello che volevi, Elena?" le sussurro con voce rauca "Sentirti così... così mia?"

"Sì!" grida tra i gemiti, il suo corpo che si inarca in risposta a ogni mia spinta. "Riccardo, sì... mi fai impazzire!"

Le mie spinte diventano ancora più violente e animalesche. La scrivania sotto di noi inizia a cedere.

Con un ultimo colpo, forte, deciso, la sento rompersi.

Il legno scricchiola e poi si spezza sotto la pressione. Ma non mi fermo, nemmeno per un istante.

"Ca**o!!!" grida ma io la tengo stretta, non le lascio via di fuga.

"Anche la scrivania si è arresa," le sussurro, con un ghigno soddisfatto. "Ma tu non ti arrenderai mai, vero? Perché sai che nessuno può farti sentire così."

Il suo corpo trema, scosso dal piacere, e io continuo a penetrarla con forza, senza pietà, sentendo il calore di lei che mi avvolge.

"Riccardo, sei... sei l'unico che mi fa sentire così," geme, urlando il mio nome. Il suo respiro è pesante, affannato, e sento che è sull'orlo di esplodere.

"Tu sei mia, Elena. Lo senti, vero?" le dico, senza rallentare, stringendola con più forza. "Ogni parte di te, è mia."

"Sì... solo tua! Solo tu mi fai sentire così viva... come se fossi l'unica al mondo."

"Non sai quanto mi sei mancata. Nessun'altra può essere come te, nessun'altra può farmi sentire quello che provo per te."

"Ti prego, Riccardo... non fermarti! Ti voglio, voglio sentirmi tua... completamente tua."

"Lo sei già, Elena," le dico, la mia voce più bassa, più ruvida, carica di passione. "Sei sempre stata mia, anche quando non lo volevi ammettere."

Lei si volta leggermente, cercando i miei occhi e le sue iridi sono piene di lacrime e piacere. "Ti amo, Riccardo... ti ho sempre amato. Nessuno può prendermi come fai tu."

"Anche io ti amo, Elena," le sussurro all'orecchio, con voce roca. "E ti terrò così per sempre fra le mie braccia, il mio cuore, desiderata, amata, mia. Solo mia."

"Non lasciarmi mai"

"Mai..." le sussurro e scoppiamo insieme in un org**mo che ci piangere entrambi.

Quando ci fermiamo, sudati e senza fiato, ci guardiamo per un istante. E nel silenzio rotto solo dal nostro ansimare, capiamo entrambi che questo ciclo, questa storia, questo amore non finirà mai.

Siamo destinati a consumarci l'uno nell'altra, ogni volta, finché uno di noi non sarà troppo bruciato per sopportare il dolore.

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