🔞 Capitolo 16 🔞
Quando arriviamo al ristorante lei è piuttosto fredda, ho deciso di portarla a mangiare il sushi in un ottimo locale, riservato ed appartato. Ho scelto il sushi perché di solito ai ragazzi della sua età piace e poi perché pesce credo e vino sono una combinazione decisamente afrodisiaca.
Quando ci accomodiamo al tavolo lei inizia ad ordinare dal tablet posto al centro del tavolo senza guardarmi.
"Elena..."
Lei non mi risponde. Mi sta trattando con sufficienza e questo atteggiamento da ragazzina viziata mi sta facendo innervosire.
"Senti mi spieghi che ca*** hai?!" sono isterico mentre chiudo il pugno sul tavolo e la guardo algido.
"Niente." risponde secca e questo mi incentiva ad alzarmi in piedi e a procedere verso di lei. Le prendo il mento fra le mani e la costringo a guardarmi.
"Dimmi cos'hai."
"Secondo te? Vediamo se ci arrivi da solo, cervellone dei miei stivali."
La guardo severamente.
"Non mi parlare così." dico e mi risiedo. Sta cominciando a fare uscire il peggio di me.
Lei sbuffa e quando arrivano i primi sushi mangia senza degnarmi di uno sguardo. Certo che se vuole, sa essere proprio antipatica e stronza.
"Elena, sto per alzarmi. E se mi alzo torno a casa."
"Mi hai chiesto di essere me stessa o no? Beh, lo sto facendo."
Sono spazientito. Non la reggo più.
"Ok. Allora ti auguro un buon proseguimento di serata. Ciao." sibilo alzandomi dalla sedia.
"Stai scherzando vero?" lei alza un sopracciglio.
"Affatto. Questa mattina sono stato comprensivo. Adesso no. Voglio dei momenti di leggerezza quando sono con te, non ulteriori nervosismi."
"Comprensivo? Mi hai fatto lasciare il lavoro poco fa, c***! Lo vuoi capire che non siamo tutti come te? Dei viziati del c**** a cui basta stare seduti su una fot**** sedia per guadagnare soldi?! Io per studiare devo rompermi il cu**."
"Te lo rompi o te lo fai rompere il cu**?" le parole mi escono di bocca senza che volessi, forse sono stato un po'troppo str**o e me ne pento immediatamente. Sono impulsivo e sono consapevole che con le parole posso tirare delle coltellate e ferire.
Lei scoppia a piangere e va via. Io la seguo perché onestamente, inizio a sentirmi un pezzo di m****. Capisco che dietro c'è qualcosa di oscuro: con quelle mie parole sono andato a toccare un capitolo terribile della sua vita. L'ho capito dai suoi occhi azzurri pieni di terrore.
Siamo fuori dal locale e lei sembra avere un infarto.
"Vai via, schifoso pezzo di m****!" grida lei mentre comincia a camminare nervosamente, sta scappando da me ma io riesco a bloccarla contro il muro di un bar ormai chiuso. La blocco posando la sua schiena sul muro. La chiudo nella morsa delle mie possenti braccia.
"Elena, scusami, ho esagerato. Ma se l'ho fatto è perché sono preoccupato. Il pensiero che tu possa esporti a pericoli dentro quel posto schifoso, mi fa uscire pazzo."
Lei continua a piangere.
"Io non sono un oggetto. Io sono una persona, ho delle emozioni nel mio cuore e ho un passato. Non puoi parlarmi come fossi una put**na da quattro soldi. Se questo rapporto è una gara di potere, dove tu pretendi di sopprimere la mia natura ribelle, beh, voglio finirla qui. Quando riuscirai ad annientare la mia personalità, non ne otterrai nulla. Lo sai?"
Io rimango a bocca aperta. Ci vuole davvero fegato a combattere con lei.
"Io non sono un capriccio di un uomo di mezza età insoddisfatto e triste della sua vita. Ti rendi conto che sei riuscito a togliermi l'unica cosa che nella mia vita mi faceva sentire viva?"
"Come puoi dire che ballare mezza nuda davanti a cinque arrappati ti faccia sentire viva? È patetico ciò che dici."
"Che c**** ne sei tu della mia vita!" ringhia e i suoi capelli rosso fuoco la fanno sembrare un demone.
"Io lo so eccome. Perché se ti sei iscritta a questa c**** di facoltà e frequenti le mie lezioni... sono sicuro che è ben altro che ti fa sentire viva, non di certo fare la spogliarellista! È una cosa che fai perché ti da soldi facili ed immediati e non lo fai perché ti piace farlo e ti fa sentire viva come dici. Anzi, mi pare che sia il contrario! Dato che hai cambiato completamente il tuo modo di vedere gli uomini per colpa di questo lavoro: pensi che ti vedano tutti come un pezzettino di carne succulento da sbranare. Ma non è così. Non è così. Sono sicuro che quel lavoro non è quello che realmente vuoi. Se fosse il contrario me ne accorgerei e non ti avrei mai obbligata a licenziarti."
Siamo così vicini che involontariamente il mio pene si inturgidisce a contatto con la sua gamba. Maledizione, speriamo non se ne renda conto.
"Dimmi, cosa c'è sotto."
"Nulla." Risponde secca.
"Dimmi cosa c'è sotto. Ormai, seppur da poco, ti conosco e so benissimo che non saresti mai scoppiata a piangere per una frase del genere." lei tira su con il naso e prova a frenare il suo pianto. "Al massimo mi avresti tirato un ceffone. Dimmelo Elena."
Mi guarda negli occhi e per fortuna ha smesso di piangere.
"Ti sbagli professore. Non mi conosci."
"Elena so che ti senti sola, anch'io mi sento molto solo. In fondo è per questo motivo che ci siamo trovati. Noi due siamo così simili che... ci scontriamo di continuo e ci incediamo con poco. Quindi ti chiedo di aprirti con me. Cosa nascondi?" le chiedo dolcemente accarezzandole con il pollice le labbra. So che piace perché si sente protetta. E non vi nascondo che dentro di me sono assai compiaciuto del fatto di essere l'adulto.
"Non mi piace come mi fai sentire." spiega abbassando lo sguardo.
"Come ti faccio sentire?" chiedo continuando ad accarezzarla.
"Piccolina."
"Piccolina come?"
"Come una bambina."
"E ti piace?"
"Sì." risponde annuendo. "Ma mi secca il fatto che con te non riesco a fingere."
"Piccolina..." la chiamo con il diminutivo che lei ha usato poc'anzi e lei accenna un sorriso.
Io mi metto a ridere teneramente.
"Perché vuoi fingere?"
"Perché non voglio mostrare a nessuno le mie fragilità."
"Ma io esigo che tu lo faccia."
Lei rimane in silenzio.
"Elena, immagino che tu abbia bisogno di un'entrata fissa mensile. Non ti preoccupare. Io ho già pensato a tutto. Dato che studi lettere immagino che tu ami i libri, no?"
Lei annuisce.
"Beh, lavorerai nella biblioteca della città. Il titolare è un mio caro amico e di recente mi aveva chiesto qualche referenza. Farò il tuo nome e sono sicuro che non mi farai fare brutta figura."
D'improvviso gli occhi le si illuminano. Ha una nuova luce, qualcosa che non so spiegare.
"Perché fai questo per me? Nessuno si è mai preoccupato di me." le sposto i capelli da un lato e con la guancia le sfioro il viso.
"Invece di interrogarti sul perché io lo faccia, chiediti dentro di te il perché nessuno l'abbia mai fatto fino ad ora. Avere premura verso qualcuno è del tutto normale, ed è una cosa che nella vita ciascuno di noi deve fare con reciprocità. Bisogna dare e ricevere."
Lei riscoppia a piangere di nuovo ma questa volta ho la possibilità di cullarla nelle mie braccia e di assaporare le sue emozioni, i suoi traumi, la sua tristezza, i suoi affranti. Pablo Neruda diceva che esistono molti tipi di abbracci, ma i più veri ed i più profondi sono quelli che trasmettono i nostri sentimenti. Mai niente di più vero, perché senza che lei mi dicesse nulla, io ho già capito attraverso il suo corpo, gran parte del suo passato.
"Elena, non ti chiederò nulla perché rispetto le tue emozioni, al contrario di quello che pensi tu. Ma se te la senti, sappi che con me puoi aprirti."
Lei mi guarda intensamente.
"Questa volta, non ti puoi rialzare da sola. Chiedimi aiuto. Fidati di me, io voglio aiutarti."
"Lo so..." mi sussurra lei tra un singhiozzo e l'altro. Non è cosa nuova che qualcuno si fosse liberato di un peso con me. Questo perché sono stato sempre molto empatico e sensibile. Ma mai nessuno, così in poco tempo come lei, aveva sciolto le briglie.
"Vorrei solo portare la mia mente lontano da questi pensieri." con questa affermazione mi fa comprendere che per il momento, non vuole aprirsi, almeno verbalmente perché fisicamente ed emotivamente già l'ha fatto. Io attraverso un abbraccio mi sono già reso conto di tutto. Dopo quasi vent'anni di insegnamento non ho più bisogno di spiegazioni di nessun tipo. Elena è una persona con un passato disturbato alle spalle e non mi stupirei se dentro quel posto di me**** mi dicesse d'aver subito qualche tipo di violenza. Sarà il tempo a darmi ragione perché io non voglio assolutamente pressarla.
"Scusami se ho rovinato la serata è che..." la blocco premendo il pollice sulle sue labbra.
"Sai di cosa ho voglia ora?" chiedo con un timbro di voce particolarmente basso e roco.
"Di cosa?" mi chiede lei e nel frattempo comincia a piovere a dirotto, così mi tolgo il lungo capotto nero e lo poggio sulle sue spalle.
"Di baciarti fino a toglierti il fiato."
"Fallo..."
E di nuovo mi tornano alla mente le parole di Neruda, in un bacio, saprai tutto quello che è stato taciuto.
Le mie labbra immediatamente si scaraventano sulle sue e letteralmente, la divoro.
"Finalmente, avevo una voglia di risentire il tuo sapore..." spiega lei mentre mi sbottona la camicia e incomincia a leccarmi collo e petto. Lei ansima e i nostri baci sono diventati immediatamente più voraci e aggressivi.
Sono eccitatissimo e non riesco a stare al mio posto; infatti, le mie mani accarezzano le sue gambe spingendosi sempre più verso il suo culo.
"Dobbiamo spostarci da qui." spiego perché la situazione comincia a mettersi male e la pioggia è davvero fortissima.
Lei sembra essere - stranamente - d'accordo con quello dico. Camminiamo, riparandoci dalla pioggia con i nostri corpi, io la stringo forte a me, come fosse qualcosa di prezioso da proteggere.
Troviamo una casetta abbandonata, io serro le labbra perché l'idea di introdurmi in quel luogo non mi ispira neanche un po'.
"Entriamo..." mi propone lei e provo ad assecondarla anche perché il tempo non è dei migliori e non ho nessuna voglia di ficcarmi dentro la macchina. Avrete capito che per eccitarmi io ho sempre bisogno di una situazione nuova ed intrigante. La routine mi annoia e mi butta fortemente giù.
Quando entriamo dentro la casa abbandonata, ci sono delle ginestre che fuoriescono dal pavimento.
È un dettaglio che non mi sfugge innoservato e forse nemmeno a lei perché fissa quei fiori, molto particolari.
"La ginestra è un fiore che rappresenta la fatica dell'uomo nel superare la sofferenza. Lo sai?" le spiego e lei annuisce.
"Infatti è un fiore che nasce in luoghi impervi." lei si butta fra le mie braccia e il contatto con la sua pelle mi provoca immediatamente un'erezione pazzesca.
"È un fiore che ti somiglia molto: bellissimo e profumato." sussurro tra un bacio e l'altro e se potessi con la lingua le arriverei in gola. "Così bella che a volte non mi sembri reale..."
"Purtroppo per te...invece esisto..." lei mi lecca le labbra, guance, scende sul collo per arrivare sul petto.
"Adesso vedi di stare un po' zitta e vedi di farmi godere." biascico ripristinando il mio ruolo da padrone. Detto questo mi appoggio al muro con i pantaloni abbassati. Il pisello svetta, duro, cappella violacea per l'eccitazione, imperlata con gocce di pre-eiaculazione e le palle decisamente troppo gonfie, sembrano quelle di un cavallo. Mi avvicino a lei, con la voglia di farmelo succhiare, perché fino ad ora non l'hai mai fatto e muoio dalla curiosità di conoscere le sue abilità nell'arte della fella***.
Lei sorridendo maliziosa scuote la testa.
"Come non puoi lasciarmi così, che c**** fai?!"
"Mas****** per me, avanti!"
"No, ora me lo prendi in bocca." mi avvicino ancora di più, lei con la mano lo schiaffeggia forte. Una sensazione di dolore mista all'eccitazione. Mi prende le palle e con la mano destra, le stringe dolcemente.
"Toccati per me, avanti."
In un primo momento mi blocco perché questa sua sfacciataggine mi rende nervoso poi quando si alza la gonna e mi regala la vista estasiante del suo culo ancora martoriato dalle mie sculacciate mi lascio andare. Incomincio a toccarmi e lei stringe un po' di più le palle.
"Avanti muoviti, dai, vai veloce, non dirmi che in questi giorni non ti sei se**** pensandomi. Quando ti sei fatto l'ultima s*** per me?"
Mento.
"Direi la settimana scorsa."
Lei capisce bene che fingo.
"Quando? Non dirmi ca***e altrimenti la mia fi** non la vedi più."
La situazione è paradossale, io sono il padrone ma adesso le sto concedendo di condurre i giochi in questa maniera.
"Ieri, mi sono se***o ieri. L'avrei fatto anche oggi pomeriggio ma sapevo che ti avrei vista e quindi ho provato a contenermi." rispondo mentre la mia mano continua a masturbarmi.
"Adesso fermati." la mia mano continua.
"No non mi fermo non puoi lasciarmi così, non riesco. Sono eccitatissimo."
Mi stringe le palle forte, fa malissimo.
Sta mostrando la sua natura da dominatrice e devo dire che la cosa non mi dispiace affatto. Come ho sempre detto amo le donne che prendono iniziativa e la lascio fare solo perché non potrebbe mai riuscire a dominarmi ma mi piace il fatto che ci provi.
"Devi smettere. Domani ci vedremo e voglio che sino ad allora non ti mas****** e rimani con la stessa voglia."
Mi bacia con passione, si riveste e compone, mi guarda, mi dà un bacio alla cappella.
"Prima sei stato tu a rifiutarmi dicendomi che avremo fatto se*** dopo cena e adesso sono io che ti rifiuto." mi fa l'occhiolino.
Brutta str****!
"Buonanotte professore." ed esce dalla casa abbandonata. Mi lascia così, con il pisello duro e fon una voglia incredibile che per quanto l'ho duro non riesco nemmeno a guidare per bene. Frastornato dalle sue parole, dal suo ruolo, dai suoi comandi, dalla situazione così eccitante e dall'aver trovato per la prima volta una persona autoritaria capace di ribaltare i ruoli, decido di accettare il gioco, mi rivesto e torno a casa.
Noi siamo fatti della stessa natura.
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