Capitolo 3: Il covo

Erano passati tre giorni da quando aveva parlato con il vecchio e da allora non aveva più visto nessuno. Tutti i pasti le venivano portati mentre dormiva e non c'erano nemmeno le guardie davanti alla cella, ma d'altro canto che bisogno c'era di controllare una ragazzina ferita rinchiusa in una caverna?
Lo squarcio sul suo fianco, per quanto le era sembrato terribile all'inizio, ormai si era già richiuso e la ferita si stava cicatrizzando molto velocemente.
In quei giorni aveva esplorato tutta la caverna e ora la conosceva a memoria. Lo spazio dove si trovava il suo giaciglio era il più laterale e l'unico in tutta la grotta dal quale non si scorgesse l'uscita. In tutto il posto c'erano solo un piccolo buco sul soffitto, troppo piccolo per far passare qualcosa di diverso dall'aria e l'entrata, chiusa da una porta di sbarre di ferro e affacciata su un corridoio luminoso. Le pareti erano di un bianco abbagliante e di giorno risplendevano grazie alla luce del sole mentre di notte irradiavano nell'antro i colori delle lune.
Il tempo della convalescenza l'aveva costretta ad una approfondita analisi della situazione, e, per quanto fosse frustrante, ormai non poteva più ignorare la realtà, aveva perso ogni ricordo.
La sua casa, la sua famiglia, da dove veniva o chi era, erano tutte domande senza risposta, grandi punti interrogativi che la tormentavano, in aggiunta a quelli creati dalla corrente situazione: dov'era, cosa le sarebbe successo, cosa avrebbe fatto da quel momento in poi? L'unica cosa che ricordava, l'unico appiglio e barlume di speranza erano le sue paure, i suoi incubi. Aveva paura di quel posto, di quelle persone, gli Shariath, come aveva paura del re. Non sapeva nemmeno chi fossero, ma aveva la strana certezza, come dettata dall'istinto, che avrebbe dovuto tenersi lontana da loro. Ma non aveva idea di come fuggire o di dove andare, inoltre quelle persone l'avevano salvata e, anche se ora era prigioniera, doveva loro la vita.
Mentre rifletteva per l'ennesima volta su queste cose, sentì un rumore metallico e lo scattare della serratura e, guidata dall'istinto, si nascose appiattendosi contro la parete. Trattenne il respiro e aspettò di vedere chi sarebbe entrato, pronta a reagire in caso di minaccia.
L'uomo che le si parò davanti era forse la persona più grossa e muscolosa che avesse mai visto (o almeno così credeva), e portava una tunica come quella del vecchio Freiet, ornata da intricati ricami arancioni e rossi che risaltavano con la sua pelle scura. Portava i capelli corvini lunghi e legati in una coda che gli ricadeva sulla schiena e i suoi occhi, anch'essi scuri, sembravano sicuri e severi, ma anche gentili. Aveva in una mano un mazzo di chiavi e nell'altra una lampada ad olio. La ragazza si scostò dal muro ed entrò, restando all'erta, nell'alone di luce che circondava l'uomo. Questo la squadrò con uno sguardo confuso, stupito della persona che si era trovava davanti, ma dopo un attimo di esitazione le intimò di seguirlo fuori dalla cella. "Prendi, ti servirà per proteggerti dal freddo." Disse porgendole un mantello. "Grazie" rispose la ragazza, veramente grata, visto che avvolta nel mantello si sentiva per la prima volta in qualche modo più protetta e al sicuro. L'uomo la condusse per tutta la lunghezza del corridoio e, dopo aver aperto un'altra porta, si ritrovarono fuori. L'aria gelida della notte li colpì in pieno, facendoli rabbrividire. Ora che si trovavano all'esterno la ragazza poteva farsi un idea più chiara della situazione. Si trovava in una foresta in mezzo ai monti, in cui si erigevano alcune case. La grotta dalla quale era appena uscita era scavata in una delle montagne che circondavano tutta la valle. Il posto era pieno di vegetazione di tutti i tipi e, dovunque ci si girasse si potevano scorgere delle vette innevate innalzarsi dal mare di verde che le sottostava. "Ehi, non ti fermare". Mentre osservava il panorama si era involontariamente incantata e la sua guardia la stava richiamando. "Mi dispiace" si scusò raggiungendolo "Ma questo posto.." L'uomo sorrise per la prima volta vedendo lo stupore dipinto sul viso della giovane. "È incredibile vero?" La ragazza annuì silenziosa. "Questa un tempo era una catena montuosa. Si dice che ci qui fu una formidabile battaglia tra due enormi draghi e questi, durante il loro scontro, rasero al suolo tutta l'area creando questa valle, scavata con i corpi ed il sangue dei due possenti animali." La voce dell'uomo era gentile e profonda e la ragazza ne rimase colpita, rapita dalla storia che le veniva raccontata. "Ora dobbiamo andare" riprese l'uomo. "Come ti chiami?" La domanda venne così improvvisa che solo dopo averla posta la ragazza si rese veramente conto di ciò che aveva detto, le era uscita spontaneamente, l'aveva fatto senza pensarci. Anche l'uomo sembrava colpito da quell'improvviso interesse e rimase un istante in silenzio. -che stupida, come se me lo potesse dire, loro non sanno chi io sia, potrei essere loro nemica, oppure una spia e non sapendolo nemmeno io se lo venissi a sapere e poi dovessi ricordare...- "Velean", la voce dell'uomo interruppe il filo dei suoi pensieri. "Grazie Velean" rispose la ragazza, un po' stupita ma veramente grata a quell'uomo, quello sconosciuto, per averle parlato e essersi fidato di lei, una cosa che ormai nemmeno lei stessa era sicura di poter fare. Quello annui e ricominciò a camminare, dirigendosi verso la casa più grande e più centrale della valle, seguito dalla prigioniera. Mentre questa camminava però ripensò a ciò che la aveva detto il vecchio, era arrivato il momento delle domande e della verità, e il pensiero le rimise addosso tutta l'agitazione che la chiacchierata con Velean le aveva tolto. Come avrebbe fatto a raccontare qualcosa che nemmeno lei sapeva!

Era persa in questi pensieri quando arrivarono alla casa. L'abitazione non era niente di che, solo un vecchio rudere, adatto come casa per contadino o un montanare, non certo come covo di un organizzazione segreta. L'uomo si fermò davanti alla porta e, dopo averla aperta, la fece entrare, seguendola subito dopo e chiudendo la porta. All'interno la baracca era piccola e poco spaziosa, piena di cianfrusaglie sparse ovunque. L'unica luce continuava ad essere quella della lampada della sua guardia che, illuminando fiocamente l'ambiente, rivelò una seconda persona seduta su uno sgabello. Questi aveva un mantello scuro che lo copriva interamente rendendo impossibile riconoscerlo. "Beard?" chiese la guardia. "Esatto" e dopo un attimo di esitazione "è lei che devo guidare giù?" "si, fate in fretta, il consiglio si sta già riunendo" rispose Velean. "Certo, non preoccuparti". "Vi aspetteremo davanti alla stanza degli antichi sapienti". E detto questo se ne andò lasciando sola la ragazza con l'altro individuo ancora mezzo nascosto nell'ombra. Appena si chiuse la porta l'incappucciato si mosse rapidamente, le andò incontro e, prendendola per un polso, se la avvicinò fino a che i loro visi non furono a pochi centimetri di distanza. "Ehi!" La ragazza, subito presa dal panico, si dimenò e lo allontanò da se piazzandogli un sonoro calcio in una caviglia, cadendo però subito dopo a terra per il contraccolpo e la fatica di quel gesto. "Vedo che i tuoi modi non sono migliorati per niente" disse quello togliendosi il mantello e ridendo. "Tu!" rispose lei riconoscendo gli intensi occhi zaffiro fissi nei suoi.

Hey gente,
spero che la storia via stia piacendo, mi scuso per il capitolo un po' lento, ma nel prossimo capitolo andrò avanti con la trama. Vi prego di continuare a leggere e di commentare per farmi sapere cosa vi piace/non vi piace e per avere qualche consiglio utile!

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