Capitolo 2: Brusco risveglio
Il buio era caldo e accogliente, una piacevole incoscienza, un totale annullamento di tutto e di tutti. Non aveva più coscienza del tempo, del dolore, della stanchezza, di nulla. Era solo lei, sperduta nel più totale nulla e sperò che durasse per sempre.
Ma purtroppo non fu così. Fu un'improvvisa fitta al fianco a svegliarla, riportandolo alla realtà, la dolorosa realtà. Quando aprì gli occhi si trovò in una grotta, o almeno così le sembrava. Era circondata da pareti di roccia bianca, ma nell'antro non si vedevano passaggi. L'unica luce presente proveniva da un angolo della caverna dove, probabilmente, si trovava l'uscita, che riversava il calore del sole all'interno, lasciando però tutto l'ambiente in penombra. La ragazza era sdraiata su un giaciglio di paglia, riscaldata da alcune coperte. Provò a mettersi in piedi ma una fitta, più forte della precedente la fece gemere e ricadere sdraiata.
"Non sforzarti troppo" una voce maschile la colse di sorpresa e si voltò, procurandosi nuovo dolore. La persona che aveva parlato era un'uomo anziano, i capelli bianchi e gli occhi scuri con un principio di cataratta, che la fissavano curiosi. Indossava una tunica scura e spoglia, ma elegante e, nonostante non fosse né alto né imponente, incuteva timore, aveva l'aria di una persona abituata a comandare e ad essere obbedita. Era seduto accanto al suo giaciglio e teneva in mano alcune bende sporche di sangue che la ragazza immaginò essere suo. Ricordava di essersi ferita e il dolore al fianco glielo confermava, ma non sapeva né come né quando, non riusciva proprio a ricordarselo. "Chi siete?" Chiese, o almeno quella era l'intenzione visto che dalla sua bocca uscì solo un rantolo strozzato. L'uomo l'aiutò a mettersi seduta e le passò una borraccia da cui la ragazza bevve avidamente. Una volta che si fu rinfrescata ripose la domanda, che questa volta arrivò al suo interlocutore. "Io sono solo un vecchio, piccola, e non credo di poterti soddisfare rispondendo a questa domanda, ma quello che tutti si chiedono è 'chi sei tu?'". Chi sono io è? Bella domanda. "Io.." Provò a formulare, ma non sapeva veramente cosa rispondere e per quanto provasse a ricordare la sua identità la sua testa non ne voleva sapere di aiutarla e, anzi, sembrava volerla ostacolare, mandandole una fitta ogni volta che cercava di racimolare le idee. "Sei stato tu a medicarmi?" evase la domanda. "Si, ma non sono stato io a prendermi cura di te", la risposta non era chiara, però non ci fece troppo caso, aveva cose ben più importanti a cui pensare in quel momento. "Beh grazie... A te e a chiunque si sia preso cura di me. Ora io non credo sia il caso di rimanere qui, se per voi va bene io me ne andrei, mi dispiace di avervi disturbato." E detto questo cercò di alzarsi ignorando il dolore. Riuscì a mettere in piedi appoggiandosi ad una umida parete di quella grotta e, senza staccare gli occhi dal vecchio, che la fissava a sua volta incuriosito, cercò di staccarsi dalla parete e avviarsi verso la parte più luminosa di quello spazio, probabilmente l'uscita. Non appena fece un passo però si sentì mancare e dovette riappoggiarsi alla parete per non svenire di nuovo. "Mi dispiace, non credo che tu possa andartene, dovresti rimetterti giù e riposare, sei stata priva di sensi per più di tre giorni." "Cosa?! Non ci credo." Ma per la prima volta la ragazza abbassò lo sguardo per guardare la ferita che le faceva tanto male e sbiancò. Aveva un profondo squarcio che si intravedeva dalle bende che, nonostante fossero appena state cambiate erano già impregnate del suo sangue. "È un vero peccato, ti rimarrà una bella cicatrice. Ora per favore vieni qui e mettiti tranquilla a riposare piccola."
Piccola? Perché questa persona mi tratta come se fossi sua figlia, e nonostante questo quando stavo per svenire o andarmene non ha mosso un muscolo? Beh lui sapeva che non avrei potuto, lui ha visto la mia ferita. Ma allora perché non ha cercato di fermarmi? E se fossi riuscita ad arrivare all'uscita sarebbe rimasto qui a non fare nulla?
"Tu chi sei e dove siamo?" Chiese nuovamente la ragazza, questa volta con voce dura e sospettosa, di chi ha bisogno di una risposta. Il vecchio sbuffò, come se si fosse raggiunto un argomento che voleva evitare a tutti i costi. "In quanto a dove siamo non credo di poter rispondere. Anche chi io sia è una bella domanda, ma come ti ho già detto prima non ne trarresti alcun beneficio a saperlo e non credo di volertelo spiegare." "Io non capisco, mi sono svegliata in una grotta con un vecchio e una ferita assurda e ora mi dici che non hai intenzione di dirmi chi sei o dove siamo? E che io dovrei rimanere qui buona ad aspettare di stare meglio e... Poi cosa?!" La ragazza aveva praticamente urlato, ma non le importava, aveva bisogno di risposte. Dopo un ultimo attimo di esitazione il vecchi parlò. "Bene piccola, mi sembra anche giusto che tu sappia almeno quello che ti riguarda." Fece una pausa e la fissò con occhi profondi e indagatori, due occhi che, in contrasto con le sue parole, non avevano niente di gentile o premuroso. Gli occhi di un predatore, che analizza la preda per decidere dove colpirla. "Hai attaccato un nostro compagno che poi, quando sei caduta priva di sensi per quella ferita, ti ha portata qui pregandomi di guarirti. Non ti è dato sapere dove questo qui sia, ma posso dirti che, in questo momento ti trovi nelle prigioni e ci resterai fino a che non starai abbastanza bene. Quando ti sarai ripresa ascolteremo la tua storia e si deciderà del tuo destino, ma sappi che non amiamo i bugiardi o le spie. Per quanto riguarda chi sono io, il mio nome è Freiet, e sono il capo degli Shariath, benvenuta piccola."
E, dopo aver detto questo sorrise e se ne andò, lasciando sola la ragazza, spiazzata e confusa.
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