Capitolo 1: Incontro
Le lune splendevano sulle terre conosciute, come se avessero voluto sostituire il sole e illuminare ogni parte del mondo. Ma la notte è il regno delle tenebre e queste non gradiscono la luce, poiché è solo nel buio che si possono celare le ombre. E quella sera le ombre erano più in movimento che mai, cercando di nascondersi nella notte luminosa. In particolare una di esse, correva nel giardino del grande palazzo, che si erigeva al centro della città. Correva da dentro a fuori, non come un ladro, ma come un prigioniero in fuga, nel tentativo disperato di evadere. Oltrepassò le stanze dei giardinieri ed il labirinto di siepi che si estendeva serpeggiando per buona parte del cortile. Stava pensando a quello da cui fuggiva, al posto da cui scappava, ma anche a ciò che lasciava. Alla persona da che abbandonava. Sulla scia di questo pensiero la figura incappucciata si fermò e rimase a fissare il giardino alle sue spalle, la strada che aveva percorso, e poi ancora quella davanti a se, che la separava dalla sua meta.
Fu proprio quell'istante di esitazione, quella momentanea indecisione, che le fu fatale. Una guardia passando la vide e gridò, facendo accorrere gli altri soldati e mettendo in allarme tutto il castello. La ragazza prese il coltello che teneva nello stivale e lo lanciò con precisione verso il petto dell'uomo che stava già correndo verso di lei e che sia accasciò senza neanche un gemito, privo di vita. Non c'era tempo per recuperare l'arma e la giovane si voltò e scappò, consapevole che non sarebbe passato molto prima che scoprissero la sua identità. Abbandonò ogni ripensamento, ricordando le parole della sua maestra, la quale aveva dato tutto per farla fuggire, anche a costo di rimanere bloccata in quel posto, senza alcuna possibilità di salvarsi. Non poteva sprecare il suo sacrificio e si mise a correre ancora più velocemente, superando il primo muro di cinta con un balzo. Pochi istanti dopo sentì suonare le campane e, quando arrivò in vista del portone vide due soldati già all'erta e, sicuramente, in attesa di rinforzi.
Non voleva ferire nessuno, ma probabilmente quella sarebbe stata la sua unica possibilità di fuga e decise di passare prima di ritrovarsi di fronte l'intero esercito reale. Corse verso le guardie che, non appena la videro, si misero sulla difensiva, ma era evidente che non si aspettavano un'assalto frontale. Si abbassò a schivare il fendente del primo e gli assestò una ginocchiata tra le costole, alla bocca dello stomaco, così forte che quello lasciò la sua arma e cadde a terra fuori gioco. La ragazza raccolse la spada del soldato, che era decisamente troppo grande per lei , abituata a combattere con i pugnali, ma di certo questo non l'avrebbe fermata. Fronteggiò il secondo uomo, e dopo un paio di fendenti riuscì a ferirlo alla mano con cui impugnava l'arma. Credendo ormai di aver vinto la giovane si slanciò in un affondo, accompagnando il colpo con tutto il corpo. Ma la guardia senza scomporsi afferrò la spada con l'altra mano, quasi con la stessa abilità con cui aveva iniziato il combattimento, scartò di lato e, approfittando della sua perdita di equilibrio, la colpi al fianco. La ferita era profonda, e per un attimo la ragazza non vide più nulla se non un profondo nero, ma con un grandissimo sforzo girò su se stessa e, ignorando il dolore, affondò la spada nel petto del soldato che stava cercando di colpirla alle spalle, uccidendolo all'istante.
A quel punto scavalcare il muro e uscire fu facile, nonostante dovette fermarsi e perdere tempo a fasciarsi la ferita, che ormai perdeva sempre più sangue.
Una volta fuori si concesse solo un'ultima occhiata al castello, o a quel poco che ne riusciva ad intravedere da sotto le immense mura, per poi sfrecciare tra le strade della città, senza mai fermarsi.
A quel punto sentì le campane suonare e il boato di un portone di ferro che si spalancava e capì che presto avrebbe avuto all'inseguimento l'intero esercito.
Ma dove sarebbe potuta scappare? Quando aveva deciso di fuggire senza una meta sapeva che l'idea era folle, ma rispetto a ciò che sarebbe successo se fosse rimasta al castello, vagare senza una meta, o addirittura morire nell'impresa di allontanarsi da quel posto, tutto sarebbe stato preferibile.
La sua maestra la fissava seria e le diceva "non devi per nessun motivo incontrare gli Shariath, se mai scoprissero chi sei ti ucciderebbero senza nemmeno pensarci su".
Non sapeva perché le tornavano in mente quelle parole, ma continuò a correre senza curarsene.
Questa volta era suo padre a fissarla, con quello sguardo compiaciuto che aveva tutte le volte che stavano in compagnia, ma lei era molto più piccola, era la prima volta che aveva seguito il re nel suo studio, la prima di molte altre, e il padre guardandola le diceva orgoglioso "sarai perfetta, vedrai mia Katleija" .
Una fitta lancinante le attraversò la testa e la ragazza rischiò di cadere mentre correva a perdifiato tra le vie della città, con i soldati, che ormai l'avevano identificata, alla calcagna. Inoltre quel ricordo le aveva messo in cuore una grande agitazione e una paura che ormai non provava più da quando era piccola.
"L'unico mode per essere libera sarebbe poter dimenticare tutta la mia vita" diceva la bambina seduta sul letto, anche se nessuno era lì ad ascoltarla.
La sua maestra la fissava con occhi seri e tristi, gli occhi che precedono un addio.
Questa volta la fitta fu così forte che fu costretta a fermarsi, ansimando per il dolore della testa e della ferita, che nonostante le fasciature non smetteva di sanguinare.
Questi ricordi l'avevano sconvolta, ma non aveva tempo per soffermarcisi. Stava a pochi passi dal fondo del vicolo nel cui si trovava, ma non avrebbe potuto seminare i soldati sulla strada principale, e non sapeva dove andare. Sentì il baccano dei piedi delle guardie e si preparò a ricominciare a correre, quando una mano la afferrò per il gomito e, tenendole premuto un lembo di un mantello sulla bocca la trascinò indietro, in un vicolo che la ragazza non aveva notato per via della sua posizione riparata. Senza aspettare la giovane diede una gomitata al costato del suo assalitore, che emise un gemito ma non accennò nemmeno a lasciare la presa. Allora, mentre si dimenava, sentì qualcosa di duro sotto la schiena e, curvandosi e storcendo il polso, afferrò il pugnale che il suo aggressore portava alla cintura. Mentre lo estraeva riuscì a ferire l'uomo, ma questo appena sentita la lama sulla pelle si ritirò mollando la presa. Consapevole di non poter tornare nella strada principale ora che aveva trovato una via di fuga la ragazza costrinse a terra l'avversario e gli puntò il coltello alla gola, pronta a colpirlo se avesse fiatato, e intanto aspettava che passassero i soldati. Quando però si voltò verso la persona sotto di lei per intimargli di smettere di agitarsi, rimase sconcertata. Quello che vide fu un ragazzo, che doveva avere intorno ai 16 anni, come lei, con gli occhi di un blu scuro tendente al nero, che la fissavano rabbiosi e sconcertati, come se non potesse credere a ciò che stava succedendo, ma la cosa strana era che non stava in alcun modo cercando di ferirla o di chiamare aiuto. La ragazza allora, sentito passare anche l'ultimo dei soldati, sollevò la lama e permise al ragazzo di alzarsi, facendolo restate però sempre sotto tiro.
"Bel ringraziamento che è questo, uno salva una ragazza in difficoltà e si ritrova sbattuto a terra e minacciato con il proprio coltello!" Disse ironicamente il ragazzo, il suo fare era rilassato, ma il suo corpo non mentiva, era ancora teso, questa volta perfettamente pronto a rispondere a qualunque mossa avesse potuto fare la persona davanti a lui. "Mi dispiace, non credevo volessi aiutarmi. Ma perché l'hai fatto?" Rispose cauta la ragazza, non ancora intenzionata a lasciarlo andare. "Beh, sottrarre una preda ai soldati del re è sempre un privilegio, e poi non ho potuto fare a meno di notarti con tutti gli amici che ti stavo portando dietro... Mi piacerebbe parlare un altro po' con te, ma credo che ora dovremo andarcene, quelli torneranno presto". "Si, credo di sì" disse la ragazza, ma non riusciva più a vedere molto bene, la ferita si era riaperta mentre si contorceva per liberarsi dalla presa dell'aggressore e aveva perso troppo sangue. "Allora?" Chiese il ragazzo vedendola immobile. "Tu... non mi posso fidare di te, ti prego di lasciarmi in pace, sei stato gentile a nascondermi, ma ora devo andarmene", e detto questo fece un passo, ma non ebbe nemmeno il tempo di posare il piede a terra che le si oscurò del tutto la vista e si sentì cadere, non capendo più nulla, sentendo solo la voce del ragazzo che la chiamava da lontano.
Poi il buio
Spazio autrice:
Salve, gente che utilizza questo programma e che per una qualche strana ragione ha letto questa storia!
Volevo solo far sapere che è la prima volta che provo a scrivere qualcosa e quindi spero che siate clementi con me, ma soprattutto che vi piaccia.
Poi sarebbe fantastico e poteste darmi qualche parere o consiglio, così che io possa migliorarlo.
Detto questo spero solo che vi piaccia (scusate la ripetitività *.*) e che continuiate a leggere!
Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top