Prologo

Pritio Maior, un anonimo soldato secessionista
Alba Pritiana, capitale planetaria
107M42

L'eccitazione stava cominciando a crescergli dentro.

Ricontrollò per l'ennesima volta il suo equipaggiamento: il fucile d'ordinanza, più corto del modello standard, più maneggevole e più facile da usare. Alla coscia destra, aveva legata la fondina della pistola e il pugnale che gli avevano fatto avere.

Sorrise, estraendolo e guardando per l'ennesima volta il simbolo impresso sopra il metallo. Sulla superficie lucidata svettavano due cerchi affiancati, racchiusi da un cerchio più ampio e tagliati al centro da un'unica linea.

Un sussulto del mezzo d'assalto lo fece sobbalzare, e rimise in fretta l'arma nel fodero per non perderla. Quei cani stavano bombardando a tutto spiano, incuranti della loro stessa città.

Gli altri nove membri della sua squadra, chiusi come lui in quel vecchio Chimera, mugugnavano e parlottavano tra di loro.

Erano i veterani della ribellione, loro e il resto del battaglione corazzato che stava avanzando per le strade della capitale.

Anche così, in realtà, erano alla loro terza battaglia su vasta scala. L'Imperium*, quel maledetto colosso che a malapena sapeva del loro pianeta, non si era mai preoccupato di addestrarli sul serio.

Lui si era arruolato nella forza di difesa planetaria di Pritio otto anni prima, e adesso, a quasi trent'anni, finalmente poteva seguire il suo sogno.

Fare la differenza, portare qualcosa di buono su quel pianeta corrotto e bigotto.

Molti dei suoi compagni stringevano i denti, mentre da fuori il rumore del fuoco di sbarramento si faceva più forte, e il mezzo d'assalto si muoveva con sempre più difficoltà.

«Non potremo andare avanti ancora per molto!» disse il pilota. «Preparatevi a sbarcare! Ci daranno copertura, ma dovrete raggiungere il palazzo a piedi».

Lui annuì, respirando piano per calmarsi. Il sergente si alzò, estraendo la spada potenziata e impugnando la pistola requiem.

«Bene ragazzi! Quel bastardo del governatore è fuggito, ma il grosso dei suoi tirapiedi è ancora qui! Oggi finalmente libereremo questa città dal dominio del Cadavere*!»

Urla di gioia si diffusero nel mezzo, mentre tutti loro toglievano le sicure ai loro fucili.

Il loro veicolo, un mezzo d'assalto modello Chimera nuovo di fabbrica, si fermò di colpo, e la sirena segnalò a tutti di scendere, mentre il portellone si apriva.

Il sergente corse fuori per primo, accolto da una salva di laser dei maledetti lealisti; il resto della squadra gli andò dietro, accucciandosi come possibile dietro il muro di un edificio nella piazza.

Il Chimera, sparando a tutto spiano con la sua torretta, iniziò ad arretrare il più velocemente possibile, la corazza anteriore sotto un diluvio di laser.

Lui si accucciò come poteva, muovendosi quasi in ginocchio lungo il muro. L'uomo dietro di lui non si abbassò abbastanza, e un colpo preciso gli trapassò la testa, facendola esplodere come un'arancia matura.

Si limitò a stringere i denti, un altro caduto di cui chiedere conto ai bastardi.

Il sergente li guidò verso l'angolo dell'edificio, mentre altre squadre, attorno a loro, sciamavano tra le macerie, ognuna scendendo da un Chimera.

Pochi mezzi corazzati cercarono di avanzare nella piazza, aggirando le grandi fontane e assalendo con coraggio l'enorme scalinata che portava al palazzo.

Ne vide uno, colpito da un proiettile anticarro, esplodere in un'alta colonna di fuoco mentre i suoi occupanti si precipitavano fuori, oppure imploravano aiuto, incastrati tra le lamiere.

Altri cadaveri di cui i lealisti avrebbero risposto. Altri uomini coraggiosi morti per la libertà del loro pianeta.

Il sergente stava facendo cenno a un suo omologo, e insieme si misero ad attendere ordini e istruzioni, mentre sempre più soldati si radunavano assieme nei vari edifici.

«Che stiamo aspettando?» urlò un soldato, affacciandosi tra le macerie per sparare contro i lealisti. Un colpo di mortaio cadde lì vicino, facendo volare schegge e pezzi di marmo su di loro. Il soldato si ritrasse, mezza faccia sfregiata e sanguinante, il naso un mozzicone troncato di netto.

Il medico gli corse accanto, avvolgendogli la faccia in bende candide, che subito iniziarono a tingersi di rosso.

«Stanno arrivando! Dobbiamo solo attendere qualche altro momento!» Non si era reso conto che il tenente fosse lì con loro.

Ormai i gradi e i ranghi contavano poco o nulla, e in effetti il vecchio baffuto che dava ordini  non era il tenente vero e proprio, quello che figurava sul ruolino di servizio disperso in qualche archivio polveroso.

Lui si limitò a annuire, mentre ogni tanto dava qualche cauta occhiata oltre la copertura del muro crollato dietro cui stava riparato.

Poi, improvvisi come una tempesta estiva, arrivarono.

Caddero dal cielo, annunciati dalle grandi esplosioni dell'artiglieria. Le scale di marmo candido saltarono in aria, assieme ai loro difensori; nel grande viale centrale, volteggiando come piume d'oro, avanzavano i mezzi dei loro salvatori.

Sparando i loro dardi color cobalto, i guerrieri giunti dalle stelle in loro soccorso costrinsero i cani lealisti a retrocedere.

«Avanti! Avanti uomini!» urlò il sergente, alzando al cielo la spada potenziata e correndo verso il palazzo. «Per il Bene Superiore!»

Lui urlò, correndo dietro l'ufficiale, mentre dal cielo scendevano le armature Crisis bianco e oro della setta T'lacha.

I guerrieri del fuoco tau, scesi dai veicoli, si unirono alla carica, formando linee ordinate di fucili a rotaia.

In capo a mezza giornata ancora, lui era sulla cupola del palazzo imperiale, quella grande cupola visibile dall'intera città, su cui ondeggiava la dannata aquila bicefala dell'Imperium.

La strappò dall'asta, facendola cadere giù, sulla folla festante di umani, tau e krot*, mentre lui sventolava esultante la nuova bandiera dell'Impero Tau, del Bene Superiore, della nuova Pritio che finalmente rinasceva a nuova vita.






L'angolo dell'hobbista
Per non creare capitoli pieni di infodump e spiegoni, sopratutto all'inizio, metterò in fondo ai capitoli qualche nota per aiutare i lettori ad orientarsi nell'universo di Warhammer 40k
Avviso: questa ambientazione è enorme, con oltre dieci anni di pubblicazioni e moltissimi punti di vista; inoltre, cosa più importante, stiamo parlando del setting di un gioco di miniature, quindi molto cose potrebbero suonare strane, estreme o molto, molto cupe; per usare la "frase riassuntiva dell'ambientazione": Nella tetra oscurità del 41º millennio, c'è solo guerra

L'Imperium: il grosso della razza umana vive su pianeti che fanno capo, magari attraverso giri particolari di competenze e sottocompetenze, a questa unica entità statale, governata da una burocrazia elefantiaca che vede al "culmine", si fa per dire, l'Imperatore (non ha un nome esatto), su cui torneremo dopo, e una pletora di figure minori che si occupano di qualsiasi aspetto del governo. Nota importante: l'Imperium è razzista fino al midollo, con uno strano miscuglio di scienza e religione a tenerlo insieme, e con un organo, l'Inquisizione, i cui membri più radicali fanno sembrare un certo cancelliere tedesco dal discutibile baffetto la quintessenza dell'amore e della tolleranza

Cadavere: l'Imperatore, 10 millenni prima del periodo in cui è ambientato il racconto, è rimasto mortalmente ferito in seguito a un'enorme guerra civile, che continua ancora adesso, ed è al momento tenuto in "vita" da un complesso macchinario sulla Terra. Questo perché l'Imperatore e il macchinario in questione sono ciò che permette all'umanità di viaggiare tra sistemi solari in tempi brevi. 10 millenni di questa situazione ne hanno ridotto il corpo a poco più che uno scheletro, motivo per il quale i nemici del genere umano, almeno alcuni, lo apostrofano in questo modo

Tau: una razza umanoide che sta salendo alla ribalta solo di "recente" (nel setting vuol dire gli ultimi diecimila anni), sono più che altro una spina nel fianco dell'Imperium, perché per fare un paragone sono circa l'Isola d'Elba che, da sola, cerca di affrontare Stati Uniti, Russia e Cina insieme. I Tau, che descrivo in altri capitoli, sono più o meno delle stesse proporzioni di un umano, col volto piatto senza naso, la pelle blu e piedi a quattro dita

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