Capitolo 7

Irlaviani, tenente di vascello Navio Bianchieri
Nave da battaglia Euribia, spazio interorbitale Pritio Bis-luna
107M42

I maiali erano allineati davanti a lui, dieci figli illegittimi di un siluro e una navicella, usciti dalla mente malata di qualche tecnoprete millenni prima, giustamente dimenticati per altrettanti anni e infine ritrovati da qualche adepto Malaphiano abbastanza folle da riesumarli e adattarli al presente.

Lunghi e affusolati, con a malapena lo spazio necessario per i due disgraziati che dovevano usarli, i siluri a lunga corsa erano il mezzo più strano nell'arsenale della marina Irlaviana.

I venti uomini così folli da salire su quei cosi, al momento, stavano ultimando i controlli, ogni coppia sul mezzo che li avrebbe portati all' incrociatore bersaglio.

Navio si diresse a grandi passi verso il proprio mezzo, trovando il caporale Bianchelli che armeggiava col motore assieme a un tecnoprete.

«Funziona tutto?» chiese il tenente. Bianchelli, il magro volto angelico sporco d'olio, gli rivolse un cenno d'assenso.

L'adepto dell'Omnissiah alzò il volto verso di lui, a giudicare dall'unico occhio bionico doveva trattarsi di un nuovo adepto.

«Tutti gli Spiriti sono vigili e ansiosi di collaborare» disse il regno prete, la voce meno ronzante dei suoi colleghi più anziani.

«Lode alla Forza Motrice» intonò Navio. Aveva conosciuto molta gente che non condivideva la sua religiosità, ma lui era fermo nel suo credo.

In un certo senso, doveva esserlo.

Farsi lanciare su un missile troppo cresciuto nel vuoto, per piazzare mine su un'astronave, richiedeva tutto l'aiuto, umano e divino, che si poteva ottenere.

«Bene; venite qui, gente, momento adunata!»

I diciannove uomini della prima pattuglia astronavale si disposero davanti a lui, tutti con le tute da esterno già  pronte; alle cinture, per le emergenze, portavano pistole pesanti, coltelli da combattimento e, più importanti di tutto, attrezzi da lavoro.

«Tutti attenti, ripassino veloce» urlò lui, per catturare quel poco di attenzione che serviva.

I fanti d'abbordaggio borbottarono un mezzo assenso.

«Allora, l'obiettivo della camminata è un incrociatore leggero; verremo lasciati a tre ore-spinta da lui, ci avvicineremo in formazione larga ad anello, il bersaglio sono i motori e la carena; squadre uno a cinque per la carena, sei a dieci per i motori; tutto chiaro?»

Un coro di assensi per una litania da caserma.

«Tempo per i peccati» disse ancora Navio; i soldati si guardarono l'un l'altro, poi la maggior parte si diresse verso il tecnoprete, un paio dalla confessora della nave. Nessuno voleva un peso sulla coscienza, prima di un lancio.

«Che è successo in plancia?» fece il sergente Rossoni, avvicinandosi.

Il tenente trattenne una smorfia. Rossoni non gli era mai andato a genio, arrogante e ambizioso, troppo pronto alla critica nei confronti di chiunque.

«Un fraintendimento linguistico» si limitò a dire Navio. Per rendere più evidente la sua voglia a non conversare, finse di controllare il veicolo. Rossoni non demorse.

«Tre ore-spinta sono sufficienti?»

«Sì, se hai dubbi dillo al lord capitano o al priore»

«Chi ha fatto i calcoli?» insistette il sergente.

«Il priore, due volte; tre ore-spinta ci faranno avvicinare da distanza di sicurezza, avremo tempo a sufficienza per piazzare le mine e andarcene»

Rossoni aprì la bocca baffuta per la terza volta, ma una chiamata sulla linea ufficiali permise a Navio di allontanarsi. Il contenuto per poco non lo fece bestemmiare.

«Ascoltate bene!» urlò, richiamando gli uomini «la fregata dell'Inquisizione sarà la prima a forzare il blocco, quindi il nostro punto di raccolta è il suo hangar uno, a prua lato babordo; ripeto: punto di raduno è la nave nera, prua, babordo, hangar uno»

Mormorii si diffusero tra i marinai, ma nessuno fece commenti. Era chiaro che l'ordine veniva dall'alto, e che il lord capitano Corvo lo aveva dovuto accettare. Navio si meravigliò che quella commodora, così timida, potesse aver imposto una cosa del genere.
Uno sguardo all'orologio gli segnalò che non c'era tempo per lamentarsi.

«Quindici al lancio» segnalò, facendo cenno ai tecnopreti.

Navio si inginocchiò accanto al suo mezzo d'assalto, seguito dal caporale Bianchelli, mentre i sacerdoti del Dio Macchina procedevano alla benedizione.

Il primo venne avanti, facendo oscillare un turibolo fumante tutto attorno a loro, tracciando un sottile anello di fumo biancastro dall'odore metallico. Navio inspirò a pieni polmoni, riempiendosi il naso; lo aiutava a calmarsi.

Il secondo si avvicinò appena l'altro si allontanò, portando un bacile pieno di olio. Intinse il pollice nel liquido scuro, e cantilenando un salmo in lingua tecnis tracciò una lunga linea sul muso del maiale, poi sulla fronte del tenente e del caporale.

Le luci del veicolo lampeggiarono un momento, segno che lo Spirito Macchina era sveglio e pronto. Quando l'ultimo mezzo fu benedetto, Navio diede ordine di prendere posto.

Dieci minuti dopo, la prima pattuglia venne lanciata fuori, iniziando la sua avanzata verso il bersaglio.

Venti uomini con mine e coltelli contro un incrociatore leggero.

Tre ore di viaggio erano estenuanti, e la loro condizione non faceva nulla per alleggerirle. I veicoli erano minimali, con a malapena lo spazio necessario per stare seduti; l'imbragatura occupava il grosso dell'abitacolo, e solo il pilota poteva muovere le mani quel tanto che bastava per manovrare il maiale. Per risparmiare ossigeno, non si poteva parlare.

Sommando tutto, Navio poteva solo guardare davanti a sé, gli occhi fissi nel punto dove, oltre la lastra divisoria, doveva esserci la testa di Bianchelli. Il compagno almeno aveva qualcosa da fare, dovendo manovrare il maiale, mentre il tenente poteva a malapena contare i suoi respiri per non addormentarsi.

Mormorò un ringraziamento a denti stretti, quando finalmente furono in posizione e gli fu segnalato di potersi muovere.

La cabina si decompresse, lasciando uscire quel poco di aria all'interno. Una volta aperto il tettuccio, Navio si lasciò la cintura di sicurezza e uscì nel vuoto.

Circa quindici metri alla sua destra ed alla sua sinistra, altri marinai stavano facendo lo stesso, manovrando con una mano i piccoli motori a spinta per muoversi fuori dai mezzi d'assalto.

Il lavoro era noioso quanto l'attesa, ma la minima distrazione era sufficiente per portare alla morte.

Arrivato a contatto con l'incrociatore, Navio morse con forza i molari destri, attivando le piastre magnetiche dei guanti. Prese una mina dalla cintura, un cerchio di metallo grosso quanto un pungo e spesso due dita; piccolo com'era, non aveva abbastanza forza da creare un gran danno, ma in numero sufficiente poteva anche distruggere una nave leggera.

Posizionato l'ordigno, il tenente premette il pollice sinistro sul palmo, attivando il puntatore laser del casco. La lucina rossa identificò la mina, e guardando lungo lo scafo localizzò il punto esatto dove collocare la seconda carica.

Stretto due volte il pugno sinistro, per segnalare ai compagni che avanzava tramite la cintura luminosa, Navio procedette a posizionare le altre mine. Dopo ognuna, guardava a destra ed a sinistra, per tener traccia della posizione e della presenza dei compagni.

Ci volle un'ora intera, anche se a Navio parve un'eternità, perché tutte le mine fossero in posizione. Tre segnali luminosi segnalarono il via libera da entrambi i lati, e quindi i marinai tornarono nei loro veicoli.

Allontanarsi era difficile e rischioso quanto avvicinarsi, ma gli Spiriti Macchina dei veicoli d'assalto svolsero il loro dovere fino in fondo. I maiali erano a due ore-spinta dall'incrociatore leggero, quando le cariche esplosero tutte insieme, in una silente e invisibile esplosione.

Nel vuoto non potevano esserci suoni o fiamme, ma questo non impedì all'incrociatore di incrinarsi nel mezzo, quasi spezzandosi sotto la spinta della gravità  e della sua assenza. Come previsto, la nave dell'Inquisizione era nel luogo dell'incontro, mentre le forze del mechanicus e la Euribua iniziavano l'attacco alle navi di scorta.

I maiali entrarono in buon ordine nell'hangar, e il tenente lasciò andare un sospiro di sollievo quando vide che tutte le squadre erano atterrate.

La baia di attracco era un via vai di marinai e soldati, tutti avvolti in lunghi mantelli color cenere e con veli bianchi sui volti.

«Ma che è, Carnivalia?» commentò Bianchieri.

Navio fermò uno dei marinai mascherati.

«Siamo gli incursori irlaviani» disse, sperando che l'altro lo capisse. Il marinaio non disse nulla, si limitò a indicare una porta della baia d'attracco e poi corse via.

Senza altro da fare, e prima che qualcuno pensasse di metterli a spostare munizioni, il tenente condusse la sua squadra all'interno della nave nera.

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