Capitolo 3
Tiangtiani, sororitas* Zunyan Chen
Pianeta: Pritio Bis; città: Villa Pritiana, base imperiale
107M42
Il profumo di incenso si diffondeva nella stanza, mentre lo siji terminava le preghiere di rito. Zunyan si lasciava scorrere tra le dita il rotolo di stoffa, mentre a bassa voce sussurrava le litanie assieme ai suoi compagni.
La squadra di sororitas era inginocchiata davanti all'icona del Dio Imperatore; lo siji Zinzun, sacerdote proposto alla loro unità, proclamò l'ultima antifona, e Zunyan la ripeté assieme alle altre consorelle.
Mentre l'eco delle loro voci andava spegnendosi, lo siji Zinzun accese altri bastoncini d'incenso, uno per ognuno di loro, davanti all'icona.
Con un profondo inchino, Zunyan pose il capo a terra, la fronte a contatto con il freddo pavimento della caserma, fino a quando lo xi non chiuse i piccoli sportelli del loro santuario da viaggio. Una coppia di inservienti, nelle loro vesti nere e col capo rasato, si avvicinarono a capo chino, raccolsero l'oggetto e si ritirarono senza dire una parola o guardare gli psionici.
Soddisfatta del rito, Zunyan si accodò ai suoi compagni, mentre un'altra unità del plotone prendeva il loro posto per le preghiere quotidiane.
Loro, invece, si diressero alla mensa.
Zunyan si sedette accanto a Daiyi, mentre dei servitori in vesti verdi venivano a servire loro il pranzo. Iniziarono a mangiare con appetito, gustandosi il riso cucinato appositamente per loro.
«Aaaah! Adesso sì che si ragiona!» disse Daiyi, chiamando un servitore per avere una seconda porzione.
«Vacci piano, le scorte non sono infinite» la rimproverò Zunyan, pizzicandole il fianco con le bacchette.
«Certo certo, intanto io ho fame!» l'amica batté la ciotola sul tavolo, facendo ridacchiare i compagni. Solo lo siji Zinzun le scoccò una rapida occhiata di disapprovazione.
Intanto, un servitore era arrivato di corsa, portandosi dietro una pentola piena di riso, e aveva riempito con gesti frenetici la ciotola di Daiyi. Zunyan lo ringraziò al posto dell'amica.
L'uomo non diede segno di aver sentito, gli occhi fissi sul pavimento tornò nel gruppo, senza voltare le spalle al tavolo. La ragazza odiava che fosse proibito rivolgere loro la parola.
Altre squadre avevano terminato le loro preghiere, e stavano iniziando a riempire il refettorio.
Ogni squadra di consorelle guerriere entrava con passo preciso e regolato, ancora reduci dalle loro litanie collettive, ma presto a tavola iniziavano a fioccare i commenti e le risate delle varie adepte.
«Appena avete finito, andate nelle vostre camere» disse lo siji Zinzun, arricciandosi i lunghi baffi sottili. «Il contingente dei rinforzi arriverà tra un'ora, voglio che siate pronti a riceverli»
Quello fu il loro congedo, visto che tutti loro avevano già terminato il pasto; così, Zunyan si diresse, sottobraccio a Daiyi, verso le camerate.
L'amica lanciò più di un sorriso a qualche miliziano delle Difese Planetarie, cosa che continuava a far arrossire Zunyan. Un trio di soldati, con indosso le uniformi verdi e bianche della Guardia di Pritio, venne loro incontro. La sororitas sorrise loro, ancora non del tutto abituata a quelle persone così più alte di lei, e con gli occhi così rotondi.
Tutti i Tingtiani avevano gli occhi obliqui, stretti e scuri; pareva invece che tutti i Prixiani avessero schegge di ghiaccio nelle pupille.
«Salve, ragazze! Sentite, c'è un bar aperto da poco in città» iniziò quello al centro, mettendo bene in mostra i gradi da sergente.
Sorridendo, Zunyan scosse appena il capo, ma Daiyi fu più veloce e decisa.
«Non interessare, grazie» disse, trascinandola con lei mentre li superava.
Entrarono veloci nella grande struttura adibita a dormitorio, dirigendosi a passo svelto verso le camerate della loro unità. Altri inservienti, in vesti blu, interruppero le pulizie per inchinarsi a fondo mentre le due passavano.
Ogni consorella aveva una camera personale, ma loro si chiusero lo stesso in quella di Daiyi.
«Uffa... speriamo che tra i nuovi ce ne sia uno carino!» borbottò l'amica, Zunyan ridacchiò con lei.
«Dovremo metterci tutta la panoplia, secondo te?» chiese, mentre ispezionava i propri indumenti.
La lunga tunica color alabastro le arrivava alle ginocchia, e la ragazza non si era ancora abituata alla nuova corazza. La trovava stretta e pesante, per non parlare di quanto fosse soffocante l'elmetto. In ogni caso, preferiva essere scomoda che morta.
«Oh, spero di sì! Sai che figurone che faremo con loro! Come si chiamano... Illatani... Irlacani...»
«Irlaveni» disse Zunyan, non così sicura. Non era brava con i nomi dei pianeti.
Daiyi iniziò a tirar fuori tuniche a non finire, ben più delle tre d'ordinanza che possedevano; essere la figlia di un mercante le era di estremo aiuto in quello.
Un'ora dopo, Zunyan era riuscita a convincere l'amica a non truccarsi e acconciarsi i capelli, ma ad optare per una semplice coda di cavallo.
Avevano indossato le loro armature potenziate, controllandosi a vicenda i giunti della ceramite color bronzo. Una volta pronte, uscirono e si posizionarono in fila con gli altri, mentre la sorella superiora ispezionava l'unità e poi la conduceva fuori dai dormitori.
Dalla prima fila, Zunyan poteva vedere tutto senza difficoltà.
Ad accogliere i nuovi arrivati non c'erano solo loro, il distaccamento dell'Ordine del Loto, ma anche una compagnia di carristi di Pritio, rappresentanti della marina militare e perfino una squadra degli Eremiti di Amesa, avvolti nei loro lunghi mantelli color cenere e con in volto le maschere rosso sangue.
Se Zunyan ricordava bene le loro usanze, a giudicare dal colore del velo e dalle decorazioni, a guidarli c'era un capitano.
I mezzi da sbarco intratmosferici si erano allineati sulla pista dello spazioporto circa tre ore prima, e adesso i nuovi arrivati stavano marciando oltre il cancello del campo base.
Zunyan si sforzò di non sorridere, troppo presa dall'emozione per la vista di quelle persone da un mondo sconosciuto. Era pronta ad assistere a una nuova parata.
La sua euforia venne meno come vide il primo gruppo. Il ricordo di quando, settimane prima, gli altri contingenti si erano uniti al campo, con parate degne della Piazza dei Loti, strideva con ciò che vedeva adesso.
La Guardia di Pritio, due settimane prima, aveva marciato oltre le cancellate con un impeccabile atteggiamento marziale; file e file di soldati e carri in verde e avorio, così sincronizzati e precisi da non sembrare veri, le uniformi tirare a lucido e le armi luccicanti nel sole mattutino.
Gli Eremiti, per contro, una settimana prima erano arrivati divisi per squadre e tribù, ogni unità preceduta da un musicista che dava il tempo per una canzone gutturale, intonata dal resto della compagnia; ogni unità sembrava un mondo a parte, tutte con simboli, stemmi e decorazioni diverse.
Gli Irlaviani, come li aveva chiamati il capitano, adesso stavano passando oltre il cancello in un'accozzaglia di soldati e mezzi. Erano pochi, una manciata di centinaia appena, e sembrava che tutti fossero appena usciti da una lettiera.
Le armature blu scuro erano state pulite alla meno peggio, mentre le vesti sottostanti erano ancora macchiate in più punti. Perfino gli stivali dei nuovi arrivati, mentre camminavano, sollevavano sottili nuvolette di sabbia rossastra.
Quello che colpì di più Zunyan, però, furono i volti: irritati, tirati, sguardi annoiati che volteggiavano tutto intorno senza soffermarsi su nulla.
Molti camminavano con le armi posate di traverso sulle spalle, molti con l'elmetto in mano o assicurato alla cintura, più di uno si grattava senza ritegno o sbadigliava.
«Mi sa che non ce ne sono di carini» le sussurrò Daiyi, mentre anche altri compagni mormoravano.
Uno degli Irlaviani, a capofila del primo gruppo, sembrò notarli. In breve, tutti i soldati li videro, e si misero a fissarli sconvolti; qualcuno mise perfino mano alle armi, mentre la maggior parte si limitava a scambiarsi chiacchiere l'un l'altro.
«Signore» disse Zunyan alla sorella superiora. «Temo non abbiano capito che li stiamo accogliendo al campo»
«Concordo» ribatté l'ufficiale, con il disgusto evidente sul volto. «Guardate bene, guardate come addestrano malamente i soldati sugli altri mondi»
Zunyan avrebbe voluto ribadire, ma oltre a non essere il momento adatto, e a non avere argomenti, vide l'Irlaviano capofila venire avanti.
Aveva dei galloni neri sul colletto, e strisce rosse sui calzoni; Zunyan lo vide scambiare qualche parola con il capitano degli Eremiti e quello dei Pritiani, sul volto un'espressione a metà tra lo sconvolto e l'incredulo.
La conversazione durò qualche momento, poi l'Irlaviano fischiò mettendosi due dita in bocca. Un suono forte e penetrante, che perforò le orecchie di Zunyan perfino da quella distanza.
«Passo!» urlò un altro Irlaviano, mentre il contingente si allineava rapidamente. La massa informe di soldataglia proseguì marciando, con un ritmo lento e cadenzato, i volti ancora più irritati di prima.
Sorpresa da quanto in fretta avessero assunto una formazione simile, Zunyan si sporse verso lo xi, mentre le prime file degli Irlaviani arrivavano vicino a loro.
«Forse non li hanno addestrati così male» sussurrò, facendo storcere la bocca a Zinzun.
L'ordine e la precisione Irlaviane ressero fino a quando non arrivarono davanti al loro reparto, dovendo passare oltre per raggiungere le loro camerate.
I primi videro Daiyi, che ammiccò a casaccio verso un soldato. La seconda unità li stava superando, quando da un punto a caso partì dal nulla una canzone.
«Vieni bellezza, vieni a...»
Un nuovo fischio dell'uomo con i galloni neri, più penetrante e più infuriato del primo, zittì tutti. In ogni caso, Zunyan cercò di non far caso alle occhiate degli Irlaviani, ed ai sorrisi soddisfatti mentre passavano oltre.
«Mmm... forse non tutto è perduto» sogghignò Daiyi.
«Dicevi, riguardo alla loro disciplina?» la rimbeccò la superiora.
Zunyan poté solo guardare a terra e replicare.
«Mi scusi signora, mancano totalmente di disciplina» la psionica sperò con tutta sé stessa, implorando l'Imperatore sul Trono d'Oro, che l'ufficiale non si accorgesse dei suoi sforzi per non ridere.
L'angolo dell'hobbysta
Le Sororitas: l'adepta sororitas, o "sorella della battaglia" è un organo di sole donne addestrate alla battaglia, che risponde direttamente all'Ecclesiarchia, l'organo religioso dell'Imperium
In seguito ad un colpo di stato fallito, l'Ecclesiarchia non può avere uomini sotto le armi; ha quindi aggirato il divieto reclutando donne
Sono tra i soldati meglio armati e meglio equipaggiati dell'Imperium, una versione femminile degli space marine, senza ovviamente le migliorie genetiche e con una versione depotenziata di armi e armature.
Diciamo che, in genere, una singola Sorella vale circa mezza squadra di normali soldati umani (gli Space Marine sono 1=100 soldati, se disarmati)
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