Capitolo 12
Irlaviani, sergente maggiore Murrio Verdelli
Pritio Bis; Bredava, strade secondarie nei pressi di Piazza d'Aix
107M42
«Sergente, ci segnalano che lo scontro è cominciato!» disse il tiangtiano. Murrio annuì, guardando oltre la strada.
Un terzetto di guerriglieri stava appostato sotto un porticato, e poco più oltre si intravedeva la stradina piena di macerie che portava alla piazza.
«Situazione?» chiese a Vav. La tecnopretessa scosse la testa.
«Solo loro» disse, per poi impugnare la pistola. Murrio sospirò, mentre toglieva la sicura al proprio fucile laser.
Sollevò una mano, ben visibile a tutti nel grosso caseggiato dove erano nascosti. Doveva essere stato l'atrio di un condominio per ricconi, con ancora una parte del tappeto all'ingresso che spuntava dalle macerie grigiastre.
Murrio sollevò due dita, chiuse a pugno, aprì la mano. Eliminare i nemici, correre, attendere. I quattro genieri annuirono.
Dal canto loro, i tiangtiani fremevano, e più di uno aveva le gambe tremanti. Molti cambiavano impugnatura ai loro fucili con gesti frenetici, si scambiavano brevi frasi nella loro lingua, controllavano e ricontrollavano le sicure delle armi.
Se li avesse lasciati lì qualche altro minuto, forse, sarebbero riusciti a esplodere per l'ansia.
Però erano volenterosi, e sopperivano la mancanza di esperienza in prima linea con un addestramento rigoroso, numeri alti e il folle coraggio degli zeloti.
Almeno metà delle frasi che si scambiavano, Murrio ne era certo, erano versetti tratti da qualche salmo imperiale.
Con un gesto secco, il sergente maggiore diede ordine agli uomini di avanzare. Il piano era semplice, concordato con l'altro sergente.
Una granata fumogena, seguita da una a frammentazione, volarono verso i guerriglieri. Mezzo plotone tiangtiano, cinque uomini, si gettò nel caseggiato, salmodiando a voce alta.
I genieri corsero oltre, nella stradina verso la piazza, il resto dei fucilieri dietro di loro.
Erano a metà, quando i primi colpi li costrinsero a rallentare. Un gruppetto di esploratori tau si era appostato al primo piano, e sparava all' impazzata i suoi dardi energetici; lampi cianotici brillavano nel grigiore della città in rovina.
I fucilieri, incuranti dello sbarramento, si misero a sparate impazziti verso le finestre, costringendo i nemici a rintanarsi dentro.
«Vav» disse Murrio con calma, schiacciato contro il muro. La sorellastra annuì, prese un respiro profondo e tirò un calcio alla parete di mattoni.
Il povero muro esplose verso l'interno, mentre un pugno dell'adepta del Dio Macchina terminava di aprire la breccia.
Murrio e Violini entrarono, trovando in fretta le scale che portavano al piano di sopra. Un esploratore tau, nella sua corazza gialla, stava scendendo in quel momento.
Il sergente maggiore gli fu addosso, abbassandosi per evitare il fucile a impulsi e sparando tre rapidi colpi di pistola laser a bruciapelo.
Tre rapidi lampi cremisi, puzzo di pesce bruciato, e il tau ruzzolò per le scale, morto.
Il sergente si diresse al piano superiore, seguito dal resto della squadra. Passate le scale, un piccolo pianerottolo immetteva in un lungo corridoio adornato di porte rotte.
A Violini non servivano altri incoraggiamenti; quando tre esploratori uscirono nel corridoio, il fucile melta sparò il suo raggio, trapassando i primi due. Il terzo, a volto scoperto, si mise a urlare e sparare all'impazzata.
Gli altri due genieri, arrivati in quel momento, fecero fuoco riducendo a un colabrodo lo xeno.
Sollevata una mano, Murrio fece cenno di attendere, aspettando che qualche altro nemico si facesse vedere. Quando furono certi che non ce ne fossero, il sergente andò a controllare la stanza da cui erano usciti.
Il tau a capo scoperto attirò la sua attenzione. Il volto glabro, privo di barba, era rivolto verso il soffitto. Gli occhi porpora fissavano vacui il nulla.
La pelle blu scuro era sporcata da un rivoletto di sangue vicino alla bocca; la treccia nera era sotto il cranio, come un cuscino.
«Ti fanno quasi venire fame quando crepano, questi stronzi» commentò Verdoni. Era una battuta di cattivo gusto, rivolta all'odore di pesce alla brace dei tau uccisi coi fucili laser.
«Non fa ridere» commentò Vav, disgustata «era uno xeno, ma stava facendo il suo lavoro»
«Che è invadere noi» ribatté il geniere.
Murrio non commentò. Non era il momento adatto per contestare l'ideologia di Vav, e il fatto che non la trovasse nemmeno errata non aiutava.
Dai segni bianchi sulla piastra pettorale, lo xeno morto era un sergente. Idea confermata dal coltello rituale legato alla tuta nera, dal ricevitore all'orecchio e, più importante, da una serie di dispacci in una tasca alla cintura.
Di nuovo, la maggior parte era in tau, ma stavolta c'erano anche dei fogli in gotico; in ogni caso, poteva essere tutta roba utile al comando, una volta analizzati.
Un selvaggio rombo di tuono spezzò il silenzio. Avevano già sentito il rumore di fucili requiem, ma era sempre assordante.
Fu un istante appena, Murrio si stava avvicinando alla finestra, quando gli sembrò che una granata gli esplodesse nel cervello. Il sergente ebbe l'impressione che il mondo intero stesse girando a folle velocità attorno a lui, mentre il suo capo vorticava nel verso contrario. Quando finalmente tutto sembrò fermarsi, aveva Vav che gli teneva la spalla, e Violini che armeggiava col kit di primo soccorso.
«Murrio, tutto bene?» fece la tecnopretessa, nel suo occhio umano brillava la preoccupazione, mentre quello bionico aveva la luce tipica delle analisi mediche.
Lui sbuffò, allontanando il medico con un batuffolo d'ovatta già pronto.
«Sto bene, sto bene. Che diamine succede?» chiese, urlando per sovrastare il rombo sempre più furibondo del fucile requiem.
«È una tiangtiana» fece Bluetti, riparandosi gli occhi con la mano per guardare fuori. «Una sororitas, molto incazzata»
Tirandosi in piedi, Murrio saggiò un momento la stabilità delle sue gambe. Sembrava che tutto il suo corpo funzionasse alla perfezione.
«Situazione?» chiese, chiudendo di scatto gli occhi per un bagliore improvviso.
«Quella fulminata va falciando tutto ciò che vede» urlò Bluetti «dei tiangtiani assaltano un misto di miliziani e kroot... ah, ci sono anche i nostri amici della bomba... oh, finalmente l'ha smessa!»
Il suono dei proiettili finalmente si spense, lasciando i genieri con le orecchie che fischiavano.
«Non è quella che è uscita dalla camera del sergente, alla base?» disse Bluetti, sporgendosi di nuovo dalla finestra. Dalla loro posizione, potevano vedere chiaramente la piazza dal fianco, e il geniere ne approfittò per qualche colpo mirato, mandando un miliziano armato di lanciafiamme all'Omnissiah.
Era difficile dirlo, ma di solito il cecchino non scherzava su cose del genere.
«Sì! Era una delle due!» si intromise Verdoni «però l'altra aveva più...»
«Fuoco di copertura, io scendo ad assisterli» Murrio zittì il trio, anche se le loro risatine continuarono senza freni. Scuotendo la testa, si incamminò giù per le scale.
Vav lo seguì, un sorrisetto inquisitorio in volto.
«Non dire niente» fece lui, riponendo la pistola nella fondina. Aprì il fodero della daga potenziata, e impugnò la carabina prima di uscire di nuovo in strada.
«Riguardo che?» rispose Vav, civettuola. Violini, venuto con loro, ridacchiò. Murrio ignorò la cosa, ma si segnò mentalmente il nome per i prossimi turni di guardia.
La squadra tiangtiana era andata avanti, e aveva raggiunto la piazza dove c'era lo scontro. Avanzavano in una linea frammentata, sparando raffiche brevi contro il fianco dei miliziani e degli alieni.
Murrio intravide la sororitas nella fontana, circondata dai cadaveri d'una mezza dozzina di kroot.
«Focosa la ragazza» fece Vav, già con la pistola in pugno.
«Decisamente» si intromise Violini. Prima che Murrio potesse rispondere, il geniere fece partire un raggio di melta contro il caseggiato da cui arrivavano i nemici.
Due miliziani quasi evaporarono per il calore, mentre un terzo si nascose dietro una porta, ma aveva perso almeno un braccio.
Visto che dovevano far supporto, Murrio guidò Vav e Violini a destra dei fucilieri, cercando di fare il giro e arrivare alla psionica. La fontana pareva un buon punto per trincerarsi, e ormai sembrava che miliziani e xenos stessero finendo, a giudicare da come arretravano frenetici verso il palazzo alle loro spalle. Erano già a metà strada, quando qualcosa brillò tra le finestre del condominio.
Di colpo, quello che pareva il sergente dei tiangtiani in pericolo, ben riconoscibile dalla coda di cavallo sull'elmo, cadde a terra freddato da un cecchino.
La squadra arrivata con loro, per tutta risposta, si paralizzò, mentre il loro sergente urlava ordini a destra e a manca. Molti nella piazza se ne accorsero appena, ma Murrio vide un luccichio che gli mise le ali ai piedi.
Terza finestra del primo piano, un riverbero troppo grande per essere un fucile di precisione. Il sergente maggiore stava già correndo.
Si gettò sulla sororitas, la schiena rivolta alle finestre, afferrando la ragazza per le spalle mentre si gettava a terra. Mugugnò di dolore, quando sbatté contro l'armatura potenziata.
Quella fece solo una specie di squittio strozzato, ma poi qualsiasi altro suono venne ingoiato dal ruggito di una mitragliatrice pesante.
Murrio si mise una mano sulla testa, mentre cercava di tenere a terra la sororitas e ripararla dai pezzi di marmo che volavano da tutte le parti.
Andò avanti per quasi un minuto intero, poi il suono del mitragliatore che si inceppava. Il sergente si girò di lato, la pistola già pronta.
Un kroot fece capolino oltre il bordo, un sibilo bellicoso dal becco sporco di sangue. Murrio lo freddò con un colpo al centro della faccia. Un secondo xeno scostò il primo, agitando un coltello contro la sua pistola. Lui lo intercettò, ed estratta la daga la affondò fino al manico nel collo del mostro.
Un fiotto di sangue cadde sulla ragazza, che parve rianimarsi in quel momento.
Si tirò in piedi, e col requiem in una sola mano trapassò dei miliziani troppo vicini alla fontana. Murrio si tirò a sedere, e la vide toccarsi la testa con espressione persa.
«Sta giù!» disse il sergente, tirandola di nuovo a terra per un braccio. Storse la bocca, perché il contatto gli trasmise una scarica alla mano.
I tiangtiani avevano ripreso coraggio, e una dozzina di fucilieri prese d'assalto il palazzo. Poco dopo, i corpi di tre miliziani caddero dalle finestre, trapassati da baionette o crivellati di laser.
Murrio si concessa un sospiro di sollievo, e si volse a guardare la sororitas.
In effetti, era davvero la ragazza che aveva incontrato alla base, e di colpo si rese conto che non ricordava tutte le strane parole che gli aveva detto quando si era presentata. Soprattutto, non aveva idea di quale fosse di preciso il nome.
Dal canto suo, lei lo guardava con la faccia purpurea, aprendo e chiudendo la bocca come se cercasse di dire qualcosa.
«Tutto bene?» chiese lui, controllando con una rapida occhiata se fosse ferita.
Quando lei si limitò ad annuire, Murrio sentì anche lui una punta di imbarazzo. Tossicchiò un paio di volte, cercando qualcosa da dire.
«Ecco... scusa per la caduta» tentò «insomma... forse non l'avevi vista... ah scusi, non l'aveva vista! Insomma... lei sta bene? Zun... Zunyan, giusto? Mi perdoni, ma faccio fatica con i nomi!»
Cercò di ridere, per stemperare la tensione, con l'unico risultato di vedere l'altra aggrottare la fronte, e provare a parlare.
«Sto... sto bene... tutto bene... grazie» scosse la testa, gli occhi che si ridussero a fessure «tu... lei sta bene? È ferito?»
Prima che potesse rispondere, la testa di un kroot fece capolino dal bordo. Murrio sbuffò, ma la sororitas fece un urlo e alzò di nuovo il fucile.
«Ehi, ehi, ehi! Ferma là, è innocuo!» ridendo, Vav emerse da oltre il bordo della fontana, gettando via il corpo dello xeno.
La tecno prete tese una mano alla sororitas.
«Molto piacere! Io sono Vav» Murrio aveva una pessima sensazione «sono la sua ragazza»
Vav fece l'occhiolino alla sorella guerriera. Zunyan li guardò stranita.
In tutto ciò, Murrio si mise una mano in faccia, borbottando.
«Un'altra volta...»
Violini, lì vicino, sghignazzava.
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