Capitolo 10
Irlaviani, sergente maggiore Murrio Verdelli
Pianeta: Pritio Bis; città: Bredava, quartiere residenziale Nostres Dames
107M42
La piccola squadra di insorti stava avanzando con molta più cautela del previsto, muovendosi a passo lento lungo una vecchia strada interna.
Murrio doveva ammettere che non erano degli sprovveduti, e sebbene agitassero i loro fucili con scatti nervosi e sussultassero al minimo rumore, avevano avuto la premura di posizionarsi in modo da coprire quanti più angoli ciechi possibile.
Il chimera avanzava lento, con il comandante che teneva appena la testa fuori dalla botola; attorno al mezzo, due avanti e due dietro, veniva parte della squadra che doveva essere imbarcata.
Pur non capendo perché avessero scelto di scendere dal chimera, Murrio non poteva desiderare bersagli migliori.
La stradina che stavano percorrendo terminava in un incrocio a T, con la strada alla loro destra invasa da grossi blocchi di edifici crollati, obbligando il chimera a svoltare a sinistra.
Violini, armato del suo fucile melta, era assieme a Verdoni nell'edificio all'angolo destro da dove venivano i nemici, nascosti dietro le arcate in ombra di quello che doveva essere stato un portico. Al piano superiore dello stesso edificio, nascosto dietro la finestra, Violetti attendeva il momento per sparare. Murrio, Vav e Bluetti si erano appostati tra le macerie del lungo condominio di fronte alla strada, ognuno ad una finestra e pronto a sparare.
Il sergente maggiore soppesò il proprio fucile, respirando piano e mormorando una litania al suo spirito macchina.
«Sette metri alla svolta» disse Vav, l'occhio sinistro chiuso per guardare solo attraverso quello bionico.
Espirando tutta l'aria che aveva nei polmoni, Murrio azzardò uno sguardo oltre la finestra.
I miliziani insorti erano tesi, si vedeva da come camminavano lentamente, guardando tutto intorno a loro. Uno, quello a sinistra davanti al chimera, reggeva tra le mani un'arma xenos, uno di quei fucili a rotaia dalla canna oscenamente lunga.
«Infame bastardo traditore» sibilò Vav, accanto a lui. Murrio vide la sorellastra digrignare i denti, con le dita che si tendevano vicino al grilletto della pistola.
«Dovrà compensare» le disse Murrio, ottenendo solo uno sbuffo inviperito in risposta. Intanto, il mezzo era arrivato all'incrocio, iniziando a curvare ed esponendo prima il fianco e poi il retro al melta di Violini.
Il pilota doveva essere un incapace, perché calibrò male la curva, quasi sbattendo contro il palazzo dove erano Murrio e i suoi.
«Ma che idiota!» Vav aveva il volto a fuoco dalla furia «come si fa a non saper girare! Quel deficiente per poco non ammaccava quel povero chimera!»
Murrio scosse la testa, non c'era bisogno di rispondere. Il mezzo corazzato, facendo retromarcia tra i segnali concitati dei soldati, era ormai in posizione. Il sergente maggiore non perse altro tempo.
Alzò rapido il fucile, prese la mira nel tempo in cui allineava canna e spalla, e premette il grilletto. La testa del comandante del chimera fu strattonata di lato, con uno schiocco umido e una scia di sangue che le venne dietro.
I miliziani ci misero un poco a capire cosa fosse successo, tempo più che sufficiente perché gli Irlaviani agissero come da addestramento.
Bluetti si sporse, sparando un colpo che prese in pieno il soldato davanti a destra. Il ragazzo forse non capì nemmeno di essere morto, un paio di fori apparsi di colpo sul suo petto.
Sibilando insulti in lingua tecnis, Vav esplose un unico colpo contro il miliziano armato dell'arma xenos.
I rumori da dietro il carro segnalarono che anche Violetti e Verdoni, ma Murrio notò solo il raggio di luce bianca del melta, che trapassava il cingolo destro del carro, inchiodandolo.
Il pilota cercò di manovrare, ma il veicolo rimase zoppo al centro della strada, tra le urla disperate del miliziano all'interno e quelle imbestialite di Vav. La mitragliatrice frontale fece su e giù un paio di volte, sparando con poca convinzione al muro di fronte e devastando pezzi di intonaco.
Al riparo al piano superiore, Murrio continuava a tenere sotto tiro l'abitacolo del mezzo.
«Cinque troni che escono» disse Bluetti. Dall'altro lato della strada, Violini si sporse per paralizzare anche l'altro cingolo. Sembrava non esserci una squadra all'interno. Storcendo il naso, il sergente maggiore masticò un'imprecazione colorita.
«Ehi! Non bestemmiare!» fece Vav. Murrio non rispose.
Uno dei due miliziani prese coraggio, si sporse dall'abitacolo arma in mano, sparando all'impazzata tutto attorno a lui, come in quei vecchi film di quarta categoria.
Fosse stata una pellicola, eretici pieni di corna sarebbero caduti come mosche attorno all' eroico carrista imperiale.
Murrio fece sfogare il miliziano, grattandosi pensoso la mascella, poi, quando il fucile gli si inceppò, lo mandò all'Omnissiah con una coppia di buchi nel petto.
«Ehi! Nel carro!» gridò Bluetti, nella miglior imitazione possibile del dialetto locale «esci! Sei circondato! Mani in alto, niente armi, e non ti ammazziamo!»
Passarono lunghi secondi, prima che l'ultimo miliziano mettesse la testa fuori dall'abitacolo. Era un ragazzo alto, con i capelli così biondi da sembrare bianchi, e occhi incredibilmente nerii. Indossava l'uniforme raffazzonata della milizia Nova Pritius, con simboli xenos cuciti alla meno peggio sulla stoffa scura.
Il ragazzo aveva le mani sollevate, strette a pugno. Murrio lo vide un attimo dopo la sorellastra.
«Granata» disse Vav con calma, per poi piazzare due colpi nel miliziano, uno in petto e uno in testa. L'ordigno gli ruzzolò dalla sinistra mentre cadeva, rotolando non innescato lungo la strada.
Il sergente maggiore segnalò di attendere, temendo qualche ultima sorpresa dal chimera, ma dopo un minuto intero gli unici rumori nella strada erano i motori che sbuffavano piano e i borbottii sempre più preoccupati di Vav.
«Andiamo a vedere» concesse Murrio. La tecnoprete non se lo fece ripetere due volte, infilando di corsa la tromba delle scale; lui la seguì dopo aver fatto cenno a Bluetti di coprirli.
Il chimera, da vicino, era identico a quelli standard in dotazione alla Guardia, anche se, cingolo distrutto a parte, era messo molto meglio di quelli che si vedevano di solito. Anche i mezzi in dotazione alla Milizia secessionista, così come quelli dei Carristi, parevano nuovi di fabbrica.
Trovò Vav a ispezionare il cingolo colpito. Un buco incandescente largo un braccio aveva fuso il metallo, i bordi che solo adesso viravano al rosso intenso dal bianco accecante.
La tecnoprete mormorava piano, passando la mano bionica e i suoi mecadentriti sul metallo.
«Oh andiamo!» rise Murrio «stai esagerando»
Lei gli scoccò un'occhiataccia, aggrottando ferina l'occhio umano sotto i capelli candidi. Borbottò una corta frase in tecnis
«Inutile che offendi mia madre»le rispose Murrio, ancora ridendo. L'altra sbuffò.
Il sergente maggiore, assieme a Violini appena arrivato dall'edificio di fronte, andarono sul retro. Vav sbloccò il portellone, Murrio ne afferrò la maniglia e tirò. Violini spianò il melta, pronto a colpire qualsiasi miliziano superstite.
«Libero!» disse il geniere.
Guardando nel chimera, Murrio trovò solo una grossa cassa di metallo, liscia e senza insegne distinguibili, con solo un pannello per i comandi di sblocco.
«Rifornimenti?» chiese Violini, mentre ispezionavano il resto del veicolo.
«Potrebbe essere, magari gli abbiamo rubato la cioccolata» fece Murrio, raccogliendo un foglio dalla cassa. Era scritto in tau, e lui ne capiva troppo poco per leggerlo.
«Segnala al comando, fa mandare qualcuno a prendere questa roba» alzando una mano, Murrio diede alla squadra il via libera.
L'unico a non scendere subito fu Bluetti. L'operatore vox arrivò per ultimo, il ricevitore in mano e l'espressione apatica delle brutte notizie.
«Scacchiera, cavallo uno, preso pedone. Materiale nemico nel mezzo» disse Murrio. Dall'altra parte, Sidonia era nero di rabbia.
«Cavallo uno, assistere alfiere alleato. Unirsi a pedone alleato. Piazza a nord, inchiodati da armi pesanti. Pedone ha dettagli» snocciolò il maresciallo, per poi aggiungere «comunico posizione per recupero»
«Ricevuto scacchiera. Assistiamo» fece il sergente maggiore .
Strattonando Vav dal chimera, la squadra si avviò a riunirsi con i fucilieri Tiangtiani.
«Te la prendi troppo, Vav» Murrio le diede una spallata giocosa «anche lui era un traditore secessionista»
«Era un povero chimera, appena uscito dalla fabbrica. Era giovane» fece la tecnoprete, con tono solenne, ma con un sorriso che le incurvava le labbra.
«E i miliziani?» chiede Verdoni.
«Feccia secessionista, graziati da fin troppi colpi di sacro fucile laser» sermonò lei.
La squadra rise, anche se tutti loro sapevano che la ragazza non scherzava.
«Le macchine hanno più cuore delle persone» disse Murrio, scimmiottando il vecchio Ulpio.
«Amen» gli fece eco lei.
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