3. Tutta colpa di Allan Drayt
Come ho fatto a ridurmi così?
Più di un decennio di onorata carriera, e ora? Questa birra fa pure schifo. Appoggio il boccale sul tavolo e fisso il liquido bevuto per metà. Puzzo, maledizione: ho ancora addosso l'odore di barca, del pesce che ho dovuto eviscerare giorno dopo giorno, chiuso in quella cambusa orripilante.
Non ce la facevo più.
A quest'ora dovrei essere immerso negli Zuli e invece in quasi un anno per mare ho racimolato solo spiccioli. Devo ricominciare da capo, assoldare nuovi uomini, trovare chi mi faccia credito...
Tutto a causa di quel menestrello infame.
«Ehi, ma voi siete un mezz'elfo! Siete uno schiavista?»
Alzo lo sguardo, al mio tavolo si è seduto un tizio con una tunica nera e un'ispida barba grigia a coprirgli la faccia magra; è senza dubbio un cultista di Varodil e sta puntando un dito ossuto verso di me.
«Cosa volete?»
Sono tornato a Mahyr da meno di ventiquattro ore e comunque la mia professione mi si legge in faccia, a quanto pare. A Nortin il mio lavoro non è mai stato un problema, quindi perché questo interesse? Da parte di un seguace degli spiriti, poi...
Il cultista ha parlato a voce alta e ora pare ammutolito; nella piccola taverna ci saranno sì e no dieci tavoli e tutta la gente adesso ha preso a guardare da questa parte, parlottando. Assottiglio gli occhi mentre un'insolita goccia di sudore mi attraversa la schiena sotto alla cenciosa camicia nera e l'attenzione mi cade al bancone accanto al minuscolo focolare spento: il taverniere ha mollato il boccale che stava riempiendo ed è uscito.
Cos'è questa pessima sensazione? Il cuore ha accelerato i battiti.
«Siete voi che avete rapito uno spirito?»
«Eh? No!»
Cosa c'era nella birra di questo tizio? È teso, mi osserva come se stesse guardando una bestia pericolosa, però resta seduto davanti a me, i pugni ora chiusi sul legno ruvido del tavolo.
«Non avevo mai visto un mezz'elfo a Mayir e il Canto dice che lo schiavista che ha rapito Eatiel a Reah era uno della vostra razza. È una coincidenza?»
Sto per caso sognando? Di cosa mi sta accusando esattamente questo cultista? Ho rapito un sacco di gente a Reah, ma come avrei potuto vincere uno spirito?
Eatiel... è un nome elfico: sta forse parlando dell'elfetta di Beley? E cos'è il Canto?
Devo calmarmi, l'agitazione che mi sta attanagliando non è razionale ed è probabile che questo tizio sia solo ubriaco o peggio. Rilasso i muscoli e sorrido.
«Mi avete scambiato per qualcun altro. Sono stato schiavista in gioventù, ma ora sono solo un marinaio.»
Mi alzo e circumnavigo il tavolo per andarmene da questa taverna decisamente troppo stretta; il tizio resta seduto, non mi toglie gli occhi di dosso e, quando gli passo accanto, dice qualcosa che non capisco e muove le mani in modo strano.
Un forte dolore alla testa mi obbliga a portarmi le dita alle tempie e un grido mi muore in gola. Questo stronzo mi sta facendo un qualche incantesimo?
Così com'è cominciato, il dolore smette e in un lampo raggiungo l'impugnatura del pugnale che tengo alla cintura, dietro alla schiena. Alcune persone alzano la voce e tutti si allontanano da noi, qualcuno corre fuori. Il cultista mi fissa, gli occhi chiari ingigantiti e la bocca semi aperta; non pare aver notato che ora sono armato.
«Per la grazia di Varodil, siete davvero voi! Ho visto le vostre mani ai polsi delle donne, ho visto la spada puntata contro alla rosa di Lebrook, ho visto la corda al collo di Allan Drayt!»
«State delirando!»
Non ci voleva proprio il ritorno prepotente del mio passato, di quei pochi giorni che mi hanno rovinato la vita. Mi allontano da lui senza dargli le spalle e col pugnale saldo tra le dita; deve solo provare a salmodiare qualcos'altro e glielo ficco nella carotide. Lui scuote la testa con lentezza e torna a puntarmi l'indice addosso, le cespugliose sopracciglia ravvicinate a scurirgli lo sguardo.
«Dovete pregare, sì: pregate affinché lo spirito dell'equilibrio sia misericordiosa! Pregate affinché lei non vi faccia ripagare mille e mille volte il male che le avete fatto, che avete fatto a molti!»
Questo vecchio ha bisogno d'aiuto, è evidente non stia bene. Spirito dell'equilibrio? Non esiste nessun cazzo di spirito dell'equilibrio!
Allora, perché ora il sudore mi cade anche dalla fronte, perché sento i muscoli tremare? Mi deve aver fatto qualcosa con quell'incantesimo...
Mi giro e scappo senza guardarmi indietro, spintonando la cameriera che se ne sta in mezzo alle palle. L'aria salmastra del porto m'investe, così come la pallida luce del sole che muore nel mare. Non so bene dove guardare, dove andare. Ho il fiatone anche se non ho compiuto alcuno sforzo; rinfodero il pugnale e le gambe sembrano muoversi in autonomia, cominciando a correre senza una meta; basta che sia lontano dalla taverna, da quel cultista, dal passato.
«Fin, stupido orecchie a punta! Sei tornato davvero!»
Una voce familiare mi blocca all'imboccatura di un vicolo tra due edifici in pietra grigia e sono costretto a girarmi verso il suono: è proprio Igor, anche se ora tra i capelli neri sono ben visibili parecchi fili bianchi e nel volto ovale spiccano nuove rughe. Indossa una tunica pregiata più arancione di questo tramonto e pantaloni aderenti che fanno risaltare la muscolatura tonica.
Sarei anche felice di vederlo, se solo dietro di lui non ci fosse il taverniere con due guardie cittadine nelle loro armature scintillanti con le gialle insegne a penzolare dalle spalle. Devo darmi un contegno, però, anche perché nei miei piani c'era proprio l'andare da lui.
«Igor! Che piacere vederti. Sono stato via un po', ma nessun regno è come Nortin.»
Non so come ho fatto, ma la voce mi è uscita calma, allegra, e lui mi affianca per mettermi una mano inanellata dietro le spalle, poi mi tira una pacca sul torace.
«Sono davvero felice. Il mondo è impazzito in questi ultimi tempi e tornare a poter contare su qualcuno di fidato è una grande cosa.»
Il taverniere è rimasto indietro, vicino all'inizio del molo davanti al suo locale, mentre le due guardie si sono avvicinate; non posso fare a meno di passare lo sguardo da loro a Igor e lui pare notarlo, perché la sua stretta sulla spalla si fa più forte.
«Fin, amico mio, hai poi risolto quella faccenda a Reah? Gli interessi sul tuo prestito sono parecchio aumentati. Sei tornato per ripagarmi, giusto?»
La gola mi diventa secca di colpo e sorrido.
«Potremmo parlarne in un luogo più appartato? Stavo giusto per venire da t—»
«Via, via!» Igor m'interrompe, agitando la mano libera nell'aria senza smettere di tenermi con l'altro braccio. «Questi signori sono qui per una mera formalità. Ridammi i duemila Zuli che mi devi e poi potremo tornare a parlare d'affari in pace.»
Ecco qual era il punto, quindi. Ci avevo pagato la nave, gli uomini e l'equipaggiamento con quei soldi... sarei dovuto tornare con un gran carico di nuovi schiavi da fargli vendere, invece sono solo e puzzo di pesce: ovvio che Igor abbia voluto chiamare le guardie.
«Ascolta, posso tornare a lavorare per te, ti ripagherò in futuro. Lo hai detto tu: sai che puoi contare su di me!»
Uno dei due uomini in armatura sbuffa, l'altro appoggia la mano all'elsa della spada: non è un buon segno. Igor mi lascia e si mette in mezzo ai due, davanti a me.
«Ecco, Fin, non è così semplice. Avrai sentito anche tu il Canto della rosa e del drago, no? Sta spopolando tra i bardi delle tre Terre! Ma che dico? Forse è arrivato ormai anche al Cintira Yasa! E poi, tutta quella storia dei mortali ascesi, dell'elfa che ora è lo spirito dell'equilibrio... insomma, è un macello, capisci?»
«No, non capisco.»
Le parole mi sono uscite di bocca incontrollate. Forse non è stata una buona idea far sbollire le acque nascondendomi in un mercantile... Sarei dovuto subito tornare a Nortin per tentare di arginare questo gran casino prima che esplodesse.
Igor sospira e si fa gobbo, le mani che gesticolano in modo teatrale.
«Fin, Fin, Fin... Questo non è un buon momento per gli schiavisti e non è un buon momento per i mezz'elfi. Le voci hanno già cominciato a girare, sai? Dicono che sei tu quello di cui si parla ne—»
«Nel Canto, sì.»
Sono io a interrompere le sue parole lamentose e ormai ho capito dove vuole andare a parare. Non va bene.
«Ecco, vedi? Sai bene che io non sono razzista, ma capisci anche tu che un uomo del mio livello non può certo affiancarsi a un mezz'elfo, coi tempi che corrono. Mi dispiace tanto, Fin, dico davvero. Adesso, ridammi i miei Zuli e tutto andrà per il meglio.»
Non ce li ho i suoi dannatissimi Zuli! La mia razza non era mai stata un problema, ma pare che ora tutto si sia ridotto a questo. Il canto dei bardi... la storia di ciò che ho fatto è davvero su ogni bocca? E chi mai l'avrà raccontata in giro, eh? È così ovvio...
Avrei dovuto ammazzare il menestrello quando ne ho avuto la possibilità.
Tutta colpa di Allan Drayt, ancora.
Mantenere il sorriso fasullo mi è ormai impossibile ed è probabile che l'odio trasudi dal mio sguardo, perché la prima guardie libera una corda dalla cintura e la srotola davanti a me. Passano un paio di secondi in cui il silenzio tra noi si carica dello stridio dei gabbiani, poi mi riscuoto e metto le mani avanti; indietreggio di un passo e con la coda dell'occhio provo a guardare il vicolo alle mie spalle, ma non ci riesco.
«Bene, non c'è bisogno di scaldarsi. Vado a recuperarli dal deposito e te li porto alla villa, d'accordo?»
Cerco di sembrare convincente, ma Igor sospira con una mano a sorreggersi la fronte.
«Tu non ce l'hai un deposito, Fin.»
Mentre ancora sta parlando mi giro e scappo, di nuovo, percorrendo la stretta via tra gli edifici col rumore dei passi metallici delle guardie dietro di me e la luce del tramonto sempre più fioca: presto arriverà l'oscurità e per me sarà più facile seminare chiunque m'insegua. Le persone si appiattiscono contro ai muri quando passo e io continuo senza sosta, imboccando un paio di vicoli laterali per cercare di guadagnare terreno, ma quelli mi stanno alle calcagna; è a metà della terza strada stretta del quartiere del porto che sono costretto a fermarmi, perché a pochi metri di distanza hanno appena svoltato l'angolo altre due guardie.
Deglutisco, stringo i pugni; non c'è un'altra via che posso prendere per fuggire.
È arrivata la notte e io sono in trappola.
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